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lunedì 27 maggio 2013

Monte Somma baluardo protettivo? Intervista al Prof. G. Mastrolorenzo...

A sinistra l'orlo calderico del Monte. Somma e a destra il Vesuvio innevato.
Al centro la valle dell'inferno.

"Rischio Vesuvio: l'orlo calderico del Monte Somma è uno scudo protettivo?Lo chiediamo al Professor Giuseppe Mastrolorenzo..."
di MalKo
Nell’area vesuviana il rumore di fondo da un po’ di tempo non proviene dalle viscere del noto vulcano, bensì dal sindaco del comune di Sant’Anastasia. Con enfasi il primo cittadino segnala come l’abbattimento dei fabbricati abusivi molto spesso danneggia le fasce più deboli della popolazione, col rischio che poi qualcuno potrebbe dedicarsi al malaffare per sopravvivere. Lo spunto per siffatta filippica indirizzata ad autorità e colleghi, proviene dalla cronaca che registra l’abbattimento di un capannone nel comune di San Giorgio a Cremano.
Non molti mesi fa lo stesso sindaco dichiarò provocatoriamente che non bisognava fare figli nella zona rossa, in modo da dare pieno riscontro alle politiche preventive consistenti nello sfoltimento demografico del settore geografico dichiarato a rischio. Il primo cittadino poi, dando mostra di uno spirito d’iniziativa un tantino dissacrante contro la zona rossa, ebbe a realizzare pure una canzoncina canzonatoria, mettendo in parodia il testo della più nota rose rosse per te di  Massimo Ranieri.
Le ferree limitazioni all’edilizia residenziale nell’area rossa dettate dalla legge regionale numero 21 del 10 dicembre 2003, incombono e caratterizzano la plaga vesuviana che conta ben diciotto comuni a rischio per un totale di circa seicentomila abitanti. Molti cittadini però, non intravedono in questo disposto legislativo un baluardo logico per frenare l’incremento demografico che metterebbe altre persone in pericolo. Tutt’altro! La legge regionale è vista come un intollerabile freno allo sviluppo e all’economia della red zone: pensiero questo favorito dall’opera oratoria di navigati opinion leader locali.
Le voci dei fustigatori del decreto regionale si alzano prevalentemente dal versante nord del Somma-Vesuvio. Costoro ritengono che l’orlo calderico del Monte Somma (foto d’apertura), sia sufficientemente alto per porli al riparo da qualsiasi fenomenologia vulcanica proveniente, in caso di eruzione, dal cono del Vesuvio (sulla destra). Una convinzione che non regge tantissimo però, tant’è che l’eruzione del 1906, pur non assurgendo a valori d’intensità pliniana, portò morte e rovina soprattutto nelle cittadine di San Giuseppe Vesuviano, Ottaviano, Somma Vesuviana, Sant’Anastasia e addirittura nella città di Napoli. Comuni questi, ubicati proprio sul versante in questione. I danni furono causati dai prodotti piroclastici di ricaduta (cenere, sabbia e lapilli) che, appesantendo le coperture dei fabbricati, causarono in alcuni casi lo sprofondamento dei solai. A San Giuseppe Vesuviano in particolare, per l’insolito sovraccarico crollarono molti tetti tra cui quello della chiesa entro cui si erano rifugiati tantissimi cittadini in preghiera che rimasero travolti e sepolti dalle macerie. Si contarono più di cento morti: una stele, alla stregua della più nota lapide di Portici, ricorda il tragico evento lanciando un monito ai posteri.
IN
S. GIUSEPPE VESUVIANO
LO STERMINIO DEL VESUVIO
NELLA NOTTE SENZA
ALBA DELL’VIII APRILE MCMVI
ATTERRAVA
L’ORATORIO DELLO S. SANTO
E CV FEDELI
ACCORSI ALL’ALTO PERDONO
FURONO PIETOSA MACERIE
SIA QUESTA PIETRA
SACRA MEMORIA AI VENTURI
XXXI AGOSTO MCMXIII
Sono anni che nel settore orientale pedemontano del Somma-Vesuvio, si mormora contro la zona rossa e la legge regionale che sancisce (oggi un po’ meno), l’inedificabilità assoluta. Il motivo del malcontento è da ricercarsi nel mancato eldorado edilizio cui poteva essere sottoposta tale area che racchiude, rischio a parte, ancora spazi liberi e di sicuro interesse per gli speculatori e per coloro che cercano consensi elettorali.
Il versante marittimo (occidentale) invece, è “muto”, non per convinzione ma perché lì hanno già edificato dal dopoguerra in poi in modo giulivo e massiccio, esautorando tutti gli spazi a disposizione con una conurbazione asfissiante. Il risultato finale si misura in migliaia di persone addossate, con una qualità di vita prossima a quella di un termitaio. Ogni altra espansione risulta quindi impossibile lungo la linea del miglio d’oro, a causa dei limiti imposti da barriere tutte naturali come il mare e i pendii scoscesi e friabili del Vesuvio. Pur di non lasciare cazzuola e cemento allora, in questi “lidi” si accontentano delle opere pubbliche: difatti e in nome dell’interesse collettivo, si bruciano gli ultimi fazzoletti di terra rimasti.
Da Sant’Anastasia dicono che mettere mano al cemento significherebbe anche garantire l’adeguamento antisismico dei fabbricati esistenti e fatiscenti. Non a caso e si sa, i terremoti rientrano tra i prodromi eruttivi. Probabilmente questi consolidamenti statici senza aumenti di volumetria potrebbero essere sicuramente autorizzati, ma non per sanare amministrativamente i fabbricati abusivi. D’altra parte chi mette in sicurezza la propria casa non può chiedere una contropartita diversa dai benefici fiscali. Se dovesse passare questa logica, dovremmo offrire qualcosa pure a quelli che in auto non utilizzano le cinture di sicurezza …
E’ bene che i cittadini sappiano che contro i terremoti e le profezie benevoli di certe commissioni (grandi rischi), ci si può anche difendere attraverso appunto l’adeguamento strutturale dei fabbricati. Purtroppo però, ciò non vale per le temibili nubi ardenti, che potrebbero caratterizzare le eruzioni esplosive, come quella presa in esame (1631) dal comitato scientifico che ha tracciato i possibili scenari massimi eruttivi del Vesuvio. Contro le colate piroclastiche, infatti, non c’è modo di difendersi, se non attraverso l’allontanamento preventivo nel momento in cui si avvertono o si segnalano le prime avvisaglie pre-eruttive.
Per dare una risposta eloquente a quanti si pongono dubbi sulla reale utilità dell’orlo calderico del Monte Somma, in termini di difesa passiva a fronte di una possibile eruzione del Vesuvio, chiediamo al Professor Giuseppe Mastrolorenzo, ricercatore ed esperto vulcanologo, un parere nel merito.
Professore, il Monte Somma dovrebbe essere un baluardo, una sorta di diga per tutto quello che scivola dalle pendici del Vesuvio: è così?
Il Monte Somma così com’è rappresenta certamente una barriera naturale atta a deviare eventuali colate laviche che potrebbero scaturire dal cratere del Vesuvio o dalle bocche eruttive che potrebbero originarsi sui versanti del Gran Cono in caso di eruzione. I territori a Nord del Vesuvio però, non avrebbero alcuna protezione per quanto attiene la pioggia di cenere e lapilli e i flussi piroclastici.  Al riguardo dobbiamo rilevare che i mass media e talvolta anche alcuni operatori del rischio vulcanico, hanno contribuito a creare false certezze.
In effetti, le evidenze vulcanologiche come gli studi sul campo, dimostrano come i comuni a Nord del Somma siano a rischio almeno quanto quelli della fascia costiera. Basti pensare che buona parte delle conoscenze sulla storia eruttiva passata del Somma-Vesuvio, si basano sugli studi dei prodotti vulcanici (strati di ceneri e lapilli) depositatisi nel corso dei millenni in questi luoghi, eruzione dopo eruzione.
Tutte le evidenze geologiche mostrano come il territorio a Nord del Somma, fino a una distanza di oltre 20 km dall’orlo dell’antico edificio vulcanico, sia stato devastato molte volte da eruzioni sub-pliniane e pliniane, e in alcuni casi anche da eventi di minore intensità. Ad esempio, in una mia ricerca sull’eruzione sub-pliniana avvenuta nel 472 dopo Cristo, ho rilevato la totale distruzione dei centri abitati di epoca romana localizzati sui versanti a nord del Somma, con danni in tutta la piana fino ai territori di Pomigliano D’arco, Acerra, Nola e Sarno. L’intera area in esame, dopo un parziale seppellimento dovuto a una spessa coltre di cenere e lapilli, fu soggetta poi a vaste inondazioni e frane, quali effetti secondari dell’eruzione. Alcune zone furono coperte da depositi piroclastici e fangosi dell’ordine di 10 metri di spessore.
Quello dell’eruzione del 472 d.C. è l’esempio più eclatante su come siano poco fondate le rassicurazioni circa la protezione offerta dal Monte Somma ai paesi limitrofi a quel versante, anche se molti altri eventi eruttivi documentati nelle stratigrafie geologiche, evidenziano coerentemente l’elevato livello di pericolosità del settore geografico in dsicussione.
Quest’area quindi è esposta al rischio di accumulo di spessi strati di cenere e lapilli, quali prodotti di ricaduta, perché le colonne eruttive possono raggiungere altezze di qualche decina di chilometri sul cratere, rispetto alle quali il dislivello di alcune centinaia di metri dell’orlo del Somma, non servirebbe a riparare alcunché. Infatti, il materiale piroclastico sbalzato in alto dall’eruzione, cadrebbe con traiettorie balistiche sia dentro (Atrio del Cavallo – Valle dell’Inferno) sia fuori dai contrafforti del Monte Somma.
Più complessa invece è la spiegazione per quanto riguarda i flussi piroclastici (pyroclastic flow e pyroclastic surge). Questi in realtà, non di rado derivano dal collasso ad alta quota delle colonne eruttive che poi avanzano con fronti spessi decine o centinaia di metri, che si espandono ulteriormente per l’inglobamento di aria che, raggiungendo a sua volta alte temperature, migliora ulteriormente la mobilità dei flussi.
Simulazioni al computer che abbiamo sviluppato sulla base delle conoscenze vulcanologiche e delle equazioni che controllano la mobilità dei flussi piroclastici, dimostrano come non esistano zone sicure intorno al Vesuvio.
L’unica certezza di salvezza nel caso di una possibile eruzione è la totale evacuazione di un’area estesa almeno 20 km dal vulcano. Qualsiasi altra soluzione sarebbe comunque un puro azzardo, e purtroppo l’attuale piano di emergenza, basato non sul massimo prevedibile e conosciuto, ma su un evento intermedio (1631), costituisce un rischio permanente per la collettività.
Le cittadine di Sant’Anastasia e di Somma Vesuviana, in caso di eruzione simile a quella massima preventivata del tipo 1631, sostanzialmente a cosa andrebbero incontro in termini di pericolo?
Ovviamente Sant’Anastasia e Somma Vesuviana, come tutti i comuni a nord del Somma, sono esposti a un elevato livello di rischio in caso di eruzioni esplosive. In particolare, in queste zone a causa dell’elevata pendenza dei versanti, agli effetti primari dell’eruzione (caduta di lapilli e flussi piroclastici), si aggiungerebbero quelli secondari (lahar, inondazioni, frane), indotti dall’accumulo di materiale incoerente sui versanti del vecchio vulcano.
E’ poco probabile che sui versanti del Monte Somma si possano aprire bocche eruttive?
Sulla base della storia eruttiva del Somma-Vesuvio, e per il quadro vulcano-tettonico esistente, l’apertura di bocche sul versante nord del Somma è improbabile. In ogni caso l’eventuale attivazione di un settore, inattivo da migliaia di anni, sarebbe preceduto molto probabilmente da rilevanti fenomeni precursori.
Cosa ci dicono i parametri fisici e chimici del Vesuvio per l’anno che è appena passato?
Nel corso del 2011 non si sono verificate modificazioni apprezzabili nei parametri meccanici e chimico fisici, rilevati dalla rete di monitoraggio. E’ stato un anno geologicamente tranquillo, ma come ho sottolineato in altri casi, non ci sono ragioni per stare del tutto rilassati sotto il Vesuvio. La tranquillità può essere costruita solo con un adeguato livello di preparazione delle autorità e della collettività a fronte di una possibile crisi vulcanica che, come spesso ho sottolineato, potrebbe manifestarsi tra secoli o decenni, o anche domani…
Come sempre la redazione ringrazia il Professor Giuseppe Mastrolorenzo per l’importante contributo scientifico che ci ha assicurato, tutto volto a fare chiarezza su alcuni punti importanti legati al rischio Vesuvio.
Alcune riflessioni sono d’obbligo. Come tutte le barriere che non arginano ma deviano, anche nel caso delle colate laviche potrebbe esserci in ultima analisi qualche paese risparmiato grazie alla naturale barriera del Monte Somma e qualche altro ancora votato per orografia e posizione geografica a ricevere puntualmente, speriamo mai, materiale lavico incandescente.
Inoltre, visto che l’orlo calderico del Somma non è una pensilina acclivata, abbiamo capito che i comuni a ridosso del vecchio monte vulcanico non sono al sicuro in caso di eruzioni esplosive, tanto dalla pioggia di lapillo quanto dalle nubi ardenti.
In termini d’informazione corretta e puntuale bisognerebbe dire a chiari lettere che contro le colate piroclastiche, fenomeno imprevedibile e distruttivo al massimo, non c’è riparo. In termini di prevenzione invece, risulterebbe certamente proficuo ogni intervento atto a consolidare le abitazioni dai sussulti sismici. Sarebbero poi parimenti utili, tetti spioventi (per evitare accumuli) e vie di comunicazioni larghe che si irradiano in modo diametralmente opposto al cratere con larghezza crescente. Tutti interventi insomma, che andrebbero nella direzione della prevenzione con significativi spiragli di lavoro per le imprese edili locali. L’aumento del numero di abitanti invece, non farebbe che accrescere i livelli di rischio che, ricordiamo, potrebbero anche assurgere a livelli di inaccettabilità. Parametro quest’ultimo che discende anche dalla cultura, dal progresso e dalla emancipazione di un popolo.
 
 

1 commento:

  1. articolo pubblicato su hyde park il 18 gennaio 2012.
    http://www.rivistahydepark.org/rischio-vesuvio-campania/%E2%80%9Crischio-vesuvio-l%E2%80%99orlo-calderico-del-monte-somma-e-uno-scudo-protettivo-che-difende-dalle-eruzioni-lo-chiediamo-al-professor-giuseppe-mastrolorenzo%E2%80%A6%E2%80%9D-di-malko/

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