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venerdì 10 novembre 2017

Pericolo Vesuvio: chi ci salverà? di MalKo

Il Vesuvio

Le peggiori fenomenologie vulcaniche che hanno caratterizzato le dinamiche eruttive del Vesuvio nell’arco di alcune decine di secoli, certamente non sono state contemplate direttamente dalla nostra generazione smartfonica. Il Vesuvio nell’immaginario collettivo sembra consolidarsi come quel vulcano buono che un po’ di tempo fa consentiva di cuocere le patate nella cenere. Un tubero fumante da offrire ai forestieri che si avventuravano in quota fino ai margini della lava incandescente, che offriva un senso di avventura ai turisti che affollavano la metropoli partenopea.

Nel 1787 anche Goethe, nel gran tour italico, rimase affascinato tanto dalla città di Napoli quanto dal Vesuvio, lanciandosi per tre volte lungo i pendii per arrivare sulla sommità dello Sterminator Vesevo, onde ammirare direttamente la lava pulsante che caratterizzava con grosse volute di vapore alcuni anfratti della famosa montagna.

Le immagini o i filmati che ci offrono una testimonianza abbastanza ampia dei fenomeni eruttivi del 1944, cioè dell'ultima eruzione, ci presentano scene di palazzi abbattuti dalle inesorabili colate laviche e i carri stracolmi di masserizie che si allontanano mogi dal fronte del fuoco. Intanto gli aerei americani allineati sul campo d’aviazione ubicato tra Terzigno e Poggiomarino, vennero anch’essi martoriati dalla pioggia di cenere e lapilli probabilmente perché non fecero in tempo a decollare quando il vento cambiò direzione irrorandoli di pietrisco...
Aeroporto Terzigno - 1944 -
Nelle vecchie pellicole si notano quasi sempre spettatori che osservano il movimento lentissimo e strisciante della lava, che avveniva alla stregua delle salvifiche processioni con San Gennaro in testa.

La straordinaria eruzione pliniana del 79 d.C. invece, cataclisma che seminò lutti e sventura in una plaga letteralmente sconquassata dalla potente eruzione, è fuori dalla portata percettiva dei vesuviani e degli interessi della politica e delle istituzioni che non allarmano. Un evento quello pliniano, che tutti conoscono indirettamente grazie all’area archeologica di Pompei, ma che ritengono sostanzialmente irripetibile perché appartenente al passato millenario che non torna, e quindi alla leggenda come il mito di Atlantide.

Che non ci si dovesse preoccupare per un'eruzione pliniana lo diceva spesso l’ex assessore regionale alla protezione civile della regione Campania, che non riteneva utile nelle pratiche di prevenzione delle catastrofi dare spazio ad eventi con tempi di ritorno troppo lunghi. Sovente tirava in ballo e con una battuta il diluvio universale, da cui, diceva, non ci possiamo difendere soprattutto se non ci si chiama Noè… Quindi perché evocarlo?

Questa filosofia ad excludendum non ha aiutato moltissimo il principio di precauzione consentendo all’organizzazione dipartimentale sostenuta dalla commissione grandi rischi e alla stessa Regione Campania di condividere la scelta dello scenario eruttivo di riferimento tarato sul medio evento, cioè su un indice di esplosività VEI 4 (sub pliniano). Il primo risultato è stato quello di consentire ai cittadini di Scafati e di Poggiomarino ubicati in zona rossa 2 (quella dell’aeroporto appena citato), di continuare a edificare palazzi con regolare licenza edilizia.

L’eruzione di taglia pliniana (VEI 5), nei documenti scientifici ufficiali è stata ritenuta poco probabile ma mai obliabile come invece ha fatto la politica. Non c’è una sola nota redatta dagli esperti che la cancelli. Tant’è che i relatori hanno scritto nel documento plenario ad oggetto gli scenari di rischio, che nel breve e medio termine il Vesuvio potrebbe produrre un’eruzione di tipo stromboliano o al massimo di taglia sub pliniana, ma non possiamo escludere, aggiungono congelando il precedente assunto, che il livello energetico possa essere di taglia superiore a quelli fin qui ipotizzato.  Mani avanti insomma...
Statistica eruttiva Vesuvio su due archi di tempo.
Incredibili sono i silenzi del mondo scientifico in generale e dell’INGV in particolare, che nulla hanno fatto e detto circa la magica sparizione dell’eruzione di taglia pliniana dalle carte della politica. Lapidario fu la sintesi espressa da un recente direttore dell’Osservatorio Vesuviano, che ebbe a dire che loro non si occupano di sicurezza e di allarmi ma solo di ricerca e monitoraggio, e quindi non entrano in dibattiti che competono al Dipartimento della Protezione Civile. Ergo, le uniche denunce sull’argomento a tutela di una distratta popolazione, provengono da uno sparuto gruppo di esperti che a contarli si utilizzano poche dita di una sola mano.

Il Prof. Giuseppe Mastrolorenzo, vulcanologo dell’INGV, è l’indice di questa mano, tra l’altro oggetto qualche anno fa, di attenzioni amministrative disarmanti, per aver avallato tesi che non escludono il pericolo pliniano e la città di Napoli dalle conseguenze di una possibile per quanto remota eruzione VEI 5. Teorie che comportarono minacce per procurato allarme per mano di Guido Bertolaso, all’epoca deus ex machina del dipartimento della protezione civile.

Qualche anno fa ci fu pure chi ebbe a ridire in risposta a una critica circa l’assenza di un piano di emergenza per fronteggiare un’eruzione pliniana, che sarebbe stato utile anche una pianificazione per fronteggiare un meteorite che piomba nel centro di Roma: ma non c’è un tale piano!   L’esempio naturalmente voleva essere un paradosso sarcastico...  Intanto diciamo subito che ci sono studi anche su quest’argomento ma non certo da parte del Dipartimento della Protezione Civile italiana che non ha razzi e missili e testate esplosive per deviare o disintegrare fuori dall’orbita terrestre i macigni in arrivo che sbucano dallo spazio.  Diversamente, il primo passo per difendersi dai massi che piombano dal cielo è quello di individuare con il maggior anticipo possibile un meteoroide in rotta di collisione con la Terra. Poi, occorrerebbe affidarsi ai calcoli matematici per scappare dal punto stimato d’impatto, con la speranza che le conseguenze fisiche del tremendo botto non colpiscano le popolazioni presumibilmente in fuga magari da regione a regione.

Le incognite che regolano questo rischio proveniente dallo spazio, non consentono di produrre in anticipo un piano di emergenza per i meteoriti perché non siamo in condizione di dare al pericolo (P) una quantizzazione energetica che è assolutamente variabile per composizione e massa e velocità dei bolidi. Elementi di assoluta indeterminatezza che non ci consentono di assegnare una magnitudo al fenomeno che potrebbe anche comprendere un mega asteroide che spazzerebbe totalmente la vita dal Pianeta. Il meteorite quindi, non c'entra niente col Vesuvio di cui si conoscono invece le coordinate geografiche (40° 29’ N – 14° 26’ E) e la massima magnitudo (VEI5) espressa nell’arco di una millenaria esistenza, così come i limiti di territorio (zona rossa) su cui s’infrangerebbero le fenomenologie vulcaniche più deleterie per la vita umana… Come si evince, la differenza c’è…

Per cercare qualche determinatezza nel discorso del rischio vulcanico, alla direttrice dell’Osservatorio Vesuviano inviammo una lettera certificata con richiamo al freedom of Information Act (FOIA), dove chiedevamo se corrispondesse a verità che una eruzione pliniana fosse da escludere nel prossimo futuro perché manca magma a sufficienza nella camera superficiale del Vesuvio. Affermazione quest'ultima di grande importanza strategica, riportata tra l’altro nel documento scientifico redatto dal gruppo di lavoroA”. Un’equipe di esperti nominata dal Dipartimento della Protezione Civile per offrire ai tecnici dipartimentali e regionali lo scenario di riferimento su cui attagliare la relativa pianificazione d’emergenza carente a tutt'oggi e come sapete del piano di evacuazione.

La dirigente dell'INGV - OV direttrice Bianco, non ha trovato tempo per rispondere come non lo trovò parimenti l’ex direttore Martini, nonostante sia stato tra i firmatari del documento in questione.

Intanto le eruzioni del Vesuvio, secondo le analisi petrografiche effettuate sui minerali espulsi durante l’evento del 79 d.C., sono avvenute con materiale magmatico asceso direttamente dalla camera magmatica ubicata allora come nell’attualità, a circa 10 chilometri di profondità.  In assenza di risposte chiarificatrici, si potrebbe pensare che la nota sulla camera superficiale sia un assist alla famosa politica ad excludendum.

L’Osservatorio Vesuviano è anche quella istituzione scientifica che in occasione del terremoto di Ischia del 21 agosto 2017 ebbe bisogno di alcuni giorni per indicare la posizione esatta dell'epicentro del sisma, inizialmente dato a nord, in mare e lontano dalla costa. Si scoprì poi che la localizzazione esatta era sotto i piedi degli abitanti di Casamicciola Terme, così come segnalarono alcuni esperti in diretta televisiva analizzando semplicemente i danni che si riscontrarono sull’isola. Se l’errore epicentrale fosse stato sbilanciato verso est, si sarebbe dovuta attivare la commissione grandi rischi perché l’evento si collocava al di sotto dei Campi Flegrei che già gode di un livello di allerta gialla: con un sussulto da 4.0 si sarebbe dovuto seriamente valutare il passaggio a una fase operativa di pre allarme…

Alcuni accademici hanno rumoreggiato su questo svarione che segue e anticipa una serie di perplessità sull’organizzazione interna dell’istituto napoletano dell’INGV. Tra l’altro incomincia ad essere noto a una platea sempre più ampia che i dati di monitoraggio dei vulcani napoletani ricavati dall’Osservatorio Vesuviano non possono essere forniti in tempo reale alle popolazioni. Infatti, c’è un’esclusiva contrattuale che prevede l’invio dei valori strumentali corredati da note ad oggetto Vesuvio e Campi Flegrei e Ischia, in prima battuta al dipartimento della protezione civile. E solo successivamente pare che possano essere immessi sul mercato dell’informazione libera in favore dei sudditi…

In questi giorni il corriere del mezzogiorno ha pubblicato la notizia che un certo numero di costose attrezzature di monitoraggio giacciono inutilizzate in un deposito dell’Osservatorio Vesuviano. Altri media recitano il contrario. In un altro articolo ancora viene pubblicato un pourparler telefonico tra due tecnici della sede dell’Osservatorio Vesuviano (INGV): non si capisce bene se trattasi di una intercettazione, ma la discorsiva abbraccia temi delicati come l'efficienza del sistema di vigilanza e i dati di monitoraggio che a loro dire e a proposito dei Campi Flegrei, non vengono commentati nella loro reale gravità...  C’è anche una preoccupante allusione al discusso progetto geotermico di Serrara Fontana.  Un progetto tra l’altro ancora al vaglio del Ministero dell’Ambiente che intanto ha archiviato con buona pace di tutti l‘ipotesi di un impianto pilota geotermico a Scarfoglio (Pozzuoli). L’idea proposta prevedeva di perforare il ventre della Solfatara e carpire calore dai fluidi caldi che poi sarebbero stati reiniettati in profondità… la provvida archiviazione e non bocciatura ha salvato i promoters anche istituzionali che si sono spesi moltissimo per la geotermia nel flegreo e più in generale sulle trivellazioni.

Cosa bolla realmente nel sottosuolo della caldera flegrea non è dato saperlo con certezza. I segnali colti dalle strumentazioni sono certamente preoccupanti e da tenere sotto stretto controllo. Occorre pure dire che gli strumenti per quanto sofisticati registrano i dati in tempo reale ma non come questi evolveranno un minuto dopo. Le apparecchiature quindi non prevedono le eruzioni, che è una pratica complicata e sovente imperfetta e che resta tutta nelle mani degli scienziati e a seguire in quelle del premier…

Secondo alcune teorie recenti, la coltre rocciosa e tufacea che ricopre la camera magmatica flegrea è stata intaccata dal calore, dalla chimica termale e dalle sollecitazioni fisiche dettate dal bradisismo. Questo significa che se gli strati litoidi che coprono il magma agissero come una sorta di porta tagliafuoco, ebbene la struttura di contenimento così provata potrebbe cedere in qualsiasi momento alle "fiamme" astenosferiche e più velocemente rispetto a una copertura monolitica indenne. Questa bassa resistenza potrebbe allora innescare più facilmente eruzioni ma di piccola taglia in ragione della cedevolezza? Impossibile prevederlo… il mondo della vulcanologia è ancora oggi costellato di forse.
Statistica eruttiva Campi Felgrei
Chi ci salverà dai vulcani non lo sappiamo… Il quadro generale è disarmante e non c’è una reale opinione pubblica che lamenti efficienza e chiarezza su questi grandi argomenti tra l’altro relegati erroneamente a un ambito regionale. La classe politica locale è tutta protesa ad accaparrarsi la proposta contenuta nel decreto Falanga che non è altro che un disposto di tolleranza dell’abusivismo edilizio anche in zona rossa.

I brontolii del pubblico si sono avuti con gli incendi boschivi al Vesuvio perché il fuoco era ben visibile come i fumi e le vampe nella boscaglia che in alcuni casi hanno lambito le case. Il fuoco vulcanico non si vede perché interrato come gli incubi, e quindi non si coglie la pericolosità che è un fattore assegnato alla percezione dei sensi o a una grande cultura della prevenzione che latita...

I piani di evacuazione del Vesuvio, paciocconamente e realisticamente appellati di allontanamento, così come quello dei Campi Flegrei sono ancora in itinere, mentre Ischia non compare neanche nel computo degli inadempienti perché manca ancora uno scenario di rischio. Terme e turismo intanto, diciamola tutta, non si conciliano con gli allarmi sismici e vulcanici…

In conclusione, per superare la china dell’indifferenza e della sfiducia e della inefficienza, occorre che l’Osservatorio Vesuviano, quale struttura di riferimento per il rischio vulcanico, intanto riprenda la sua autonomia e il suo ruolo di attenta sentinella vulcanica.  Occorre poi che si riporti ordine nell'organizzazione e che si valuti una sede diversa da quella ubicata all'interno del super vulcano flegreo.
La nomina del direttore deve essere sicuramente corroborata da alte competenze scientifiche, ma anche da un credo istituzionale volto a garantire ai cittadini l'imprescindibile diritto alla sicurezza, attraverso un operato che non lasci niente di intentato per evitare che un evento naturale, come un'eruzione vulcanica, possa trasformarsi in catastrofe.
A volte per raggiungere questo obiettivo, risulta necessaria mantenere una certa distanza dal mondo politico e  da quei poteri forti che fanno business...