Translate

giovedì 24 maggio 2018

Campi Flegrei:un vulcano nuovo? di MalKo






Rione terra - Pozzuoli (Campi Flegrei)


I Campi Flegrei rappresentano un rebus geologico molto preoccupante per la plaga napoletana, al punto da destare l’interesse scientifico della comunità nazionale e internazionale, con quest’ultima che non riesce a comprendere come possa essersi concretizzata una cotale commistione tra uomo e super vulcano: nel catino calderico infatti, sono immerse circa 550.000 persone… Intanto i segnali geofisici e geochimici che provengono dall’insondabile sottosuolo, non danno spazio alle certezze previsionali ma ai supposti, che difficilmente possono offrire garanzie di totale salvaguardia.


L’allarme nel flegreo in realtà ha avuto inizio negli anni 70’ col bradisismo, fenomeno di abbassamento e sollevamento del terreno, accompagnato da sismicità persistente, che ovviamente incise sulla statica dei palazzi e specialmente di quelli più vecchi.  Gli elementi di preoccupazione quindi, si focalizzarono sulla stabilità degli edifici e sulle scosse sismiche, piuttosto che sul potenziale rischio eruttivo che pure c’era. 

Il 2 marzo 1970 ci fu l’evacuazione della popolazione dal Rione Terra di Pozzuoli, che venne poi allocata in quello che oggi è il Rione Toiano, cioè appena a ridosso del Lago D’Averno.  Monterusciello con i suoi 16.000 vani è un’ulteriore quartiere nato anch’esso dalle problematiche bradisismiche questa volta degli anni ’80, con punte di totale allarmismo raggiunte il primo aprile del 1984. Ciò comportò ancora una volta lo spopolamento del centro storico puteolano; Toiano e Monteruscello quindi, sono due insediamenti residenziali nati dai problemi bradisismici e sismici che comportarono una ricollocazione di un gran numero di cittadini da una zona molto sismica a una zona molto vulcanica…


Rione Toiano - Pozzuoli 
Tra le polemiche striscianti post emergenza, ci fu pure chi profferì che il bradisismo aveva fatto da spalla a una colossale speculazione edilizia, in un contesto di disorientamento della classe scientifica colta di sorpresa e senza strumentazioni di monitoraggio installate nell’area. Il sismografo più vicino al super vulcano flegreo infatti, pare che fosse quello installato all’interno della facoltà di geologia a largo San Marcellino nel centro storico di Napoli…

Quartiere Monterusciello - Pozzuoli (Campi Flegrei)
La défaillance scientifica e strumentale in quei frangenti di totale azzardo, ebbe pure una parentesi polemica per l’arrivo del vulcanologo Haroun Tazieff, decisamente snobbato, mentre uno scienziato giapponese fu invitato per una consulenza, non si sa quanto utile, perché in assenza di dati e di una pregressa storia di monitoraggio della caldera, si dissertava su di un illustre quanto sconosciuto sottosuolo. John Guest, vulcanologo inglese invece, pare sia stato lo scienziato che più di ogni altro temeva un evento eruttivo: un allarmista sfegatato, secondo le cronache di quei momenti.


La scelta di reinsediare i 30.000 sfollati dal centro storico e dal rione Terra (Pozzuoli), nella zona periferica di Monte Rusciello, fu frutto della logica che sul piccolo rilievo (110 mt.) il rischio sismico era minore rispetto alla zona portuale puteolana  Questa scelta ovviamente lascia pochi dubbi sul fatto che l’eruzione vulcanica non era contemplata tra le ipotesi di maggiore pericolosità; oppure che una tale evenienza veniva circoscritta ad un evento molto misurato, alla stregua dell’eruzione del Monte Nuovo nel 1538. Questo fu l’evento più piccolo in assoluto avutosi nel flegreo, sopraggiunto dopo circa 3000 anni di pace vulcanica, ancorchè introdotto da un rigonfiamento dei suoli. 

In altre parole e sempre generalizzando, i Campi Flegrei politicamente, tecnicamente e scientificamente, furono “scoperti” come distretto vulcanico appena negli anni ’70 – ‘80. In pochi decenni si è passati dalla sottostima iniziale del pericolo eruttivo, alla consapevolezza che i Campi Flegrei col “fratello” Vesuvio, sono il problema più grande di protezione civile che abbiamo in Italia e in Europa.

Col tempo abbiamo appreso pure che tra i Campi Flegrei e il Vesuvio c’è un’unica grande camera magmatica, su cui galleggia la città di Napoli con buona parte della sua estensione metropolitana.  Il trasporto ferroviario, la metro, tra l’altro passa nelle gallerie realizzate interamente nel corpo tufaceo che borda la caldera flegrea, e poi sul basalto vulcanico del Vesuvio: un collegamento tout court tra la zona rossa flegrea e la zona rossa Vesuvio con poche analogie nel mondo.

La caldera dei Campi Flegrei oggi è in una condizione di attenzione vulcanica, e in caso di allarme le popolazioni non sarebbero ridistribuite all’interno dello stesso territorio comunale, tanto di Pozzuoli che di Quarto o Bagnoli o Fuorigrotta, bensì in altre regioni italiane. Del resto pure l’Osservatorio Vesuviano cerca una sede fuori dalla zona rossa flegrea, perché in caso di allarme il personale tecnico e scientifico sarebbe costretto ad abbandonare la struttura, in un momento particolarmente importante per l’interpretazione dei dati di monitoraggio del vulcano.

Oggi abbiamo una tabella che enuncia i 4 livelli di allerta vulcanica, che introducono a loro volta un corrispettivo operativo. Se questa tabella fosse stata vigente negli anni ’80 c’è da chiedersi quale livello di allerta sarebbe stato dichiarato, e quale fase operativa sarebbe stata promossa.  Il primo aprile 1984, con picchi nel sollevamento e sciami sismici incalzanti, con le logiche dell’attualità sarebbe stato impossibile non dichiarare almeno lo stato di pre allarme vulcanico. In realtà lo si fece con un manifesto sindacale che consigliava alla popolazione di lasciare il centro storico, quello coi fabbricati meno resistenti al martellio sismico. In molti accettarono l’invito…



Oggi siamo in attesa di una legge dello Stato che oltre a classificare l’area flegrea ad alta pericolosità vulcanica, favorisca un disposto regionale che vieti qualsiasi costruzione finalizzata ad incrementare il numero di abitanti nella caldera, alla stregua di quanto è stato già fatto sui pendii del Vesuvio. Trentaquattro anni fa, tecnici scienziati e politici furono catapultati in un incubo: qualche errore fu commesso e non risaltarono meriti particolari nella gestione dell’emergenza. La doppia esperienza del bradisismo puteolano non è servita a catturare fino in fondo l’attenzione delle istituzioni politiche che passano… Manca ancora un sistema di evacuazione, una informazione veritiera e non soporifera, così come si sente l’assenza di pratiche integrate di prevenzione delle catastrofi.


L’assenza di una classificazione ad alta pericolosità vulcanica così come la mancanza di una legge che ponesse fine all’insediamento residenziale nella caldera flegrea, ha fatto sì che dal 1971 al 2011 la popolazione di Pozzuoli aumentasse di circa 23.000 abitanti, grazie anche ai nuovi insediamenti prima accennati.



Intanto l’incubo bradi/eruttivo è ritornato. Le temperature aumentano e i suoli seppur minimamente montano, e dal vulcano Solfatara sbuffa via anidride carbonica in quantità industriale. L’autorità scientifica macina monografie e intanto teme che possa arrivare il momento assolutamente cruciale di dover esprimere un parere sulla pericolosità vulcanica in un contesto operativo caratterizzato da piani di evacuazione in itinere. Con questa crisi attuale modicamente bradisismica e vulcanica da quantificare, non ci possiamo permettere titubanze, disorganizzazioni, conflitti di competenza e soprattutto non possiamo neanche accettare l’allineamento acritico delle istituzioni.

Concludiamo con una piccola nota che pretende riflessioni: 240 cattedratici in rappresentanza di otto Facoltà universitarie napoletane, guidati dal rettore di architettura, negli anni ’80 presero in mano e studiarono la faccenda del reinsediamento degli sfollati, poi risolto con la realizzazione degli alloggi a Monterusciello (Pozzuoli), in piena zona rossa vulcanica flegrea. A leggere le cronache di allora, la cosa più sensata la dissero quelli del WWF (World Wide Fund for Nature), contrari al progetto Monte Rusciello perché troppo vicino ai pericoli del bradisismo. L’emerita associazione insisteva per la realizzazione degli alloggi a Villa Literno. Occorre dire che tecnicamente sarebbe stata una scelta di prevenzione ineccepibile, perché lontana dai flussi piroclastici, dalla pioggia di cenere e lapilli, in un contesto territoriale già servito da una metropolitana di superficie…