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sabato 21 ottobre 2023

Rischio eruttivo ai Campi Flegrei: solo bradisismo dicono... di Malko

 

La darsena di Pozzuoli a ridosso del Rione Terra


Da quando il suolo si è sollevato di oltre un metro di altezza nel caseggiato del Rione Terra a Pozzuoli a causa del bradisismo, i Campi Flegrei sono assurti a evento mediatico di tutto rispetto, carpendo l’attenzione dei media e delle massime autorità scientifiche e di protezione civile che, anche per le diverse vedute degli esperti sull’origine e la pericolosità dell’ultra millenario fenomeno bradisismico, hanno favorito l’accensione dei riflettori sulla città di Pozzuoli.

In molti sono accorsi all’au secours lanciato dai primi cittadini flegrei, e principalmente dal sindaco Manzoni, capitano di cordata e  titolare amministrativo dei territori puteolani dove si registra la maggiore gibbosità crostale. Il primo risultato politico raggiunto, è stato l’approvazione di quattro punti da parte del ministro Musumeci, comprendenti:

1.    un piano di evacuazione in caso di grave bradisismo;

2.    un’analisi valutativa sulla vulnerabilità degli edifici;

3.    il potenziamento delle strutture di Protezione Civile;

4.    un piano per la comunicazione istituzionale.

Cosa sia il grave bradisismo non è stato circostanziato dalle autorità scientifiche, ma presumiamo che si voglia intendere una accelerazione del fenomeno del sollevamento del suolo impossibile da decifrare nell’immediato, accompagnato da sciami sismici cagionati dalle pressioni esercitate nel sottosuolo dai fluidi surriscaldati dal materiale magmatico. Questi, acquisendo energia espansiva, curvano e piegano e spezzano gli strati rocciosi soprastanti producendo onde elastiche. Non si può neanche escludere nelle dinamiche del fenomeno, una diretta partecipazione del prodotto incandescente in lentissima e pulsante ascesa… L’ osservatorio vesuviano però, esclude quest’ultima possibilità, perché, dicono, eventuali movimenti magmatici verso l’alto, verrebbero immediatamente rilevati dalle loro potenti strumentazioni multi parametriche posizionate nell’area flegrea…

Secondo le intenzioni della protezione civile, politicamente coordinata dal ministro Musumeci, entro poche decine di giorni dovrà essere messa su carta la zona rossa bradisismica, che non va confusa con la zona rossa vulcanica legata al rischio eruttivo. Non va neanche confusa con la mappa di pericolosità sismica zonale, che ci rimanda un quadro di terremoti a bassa e moderata energia, i cui epicentri in prevalenza si spostano dalla "campana" bradisismica verso la Solfatara, fino a raggiungere il popoloso quartiere di Bagnoli.

Anche per il bradisismo, ci si attende una zona rossa e arancione e gialla, in modo da avere il gradiente di sollevamento almeno sui capisaldi di misura, con la specifica della soglia di riferimento in centimetri per ogni settore menzionato in ascesa. 

La classificazione della zona rossa bradisismica dovrebbe garantire una puntualità e una priorità nei sopralluoghi di verifica statica degli edifici. Occorre notare però, che le paure dei puteolani sono tutte concentrate nei terremoti più che nel fenomeno che li genera, impercettibile per lentezza: se non fosse così, dovrebbe scattare immediatamente l’allarme evacuativo della zona rossa. Onde definire con buona logica la zona dove cominciare i sopralluoghi, la zona rossa bradisismica già circoscritta dall’INGV, dovrebbe sovrapporsi a quella sismica zonale, e quindi offrire un riferimento da dove partire con i controlli: diversamente occorrerà procedere con il sopralluogo a richiesta. È appena il caso di ricordare che la zona rossa bradisismica e quella sismica ricadono totalmente nella zona rossa a rischio eruttivo, e quindi contrariamente a quanto dicono i discorsi ad commodum sul  bradisismo, certamente la zona a maggiore pericolosità rimane quella vulcanica.

Nella mappa sottostante dell’INGV che mostra la “campana” bradisismica, abbiamo riportato a nostra mano tre zone discorsivamente utili, e non scientificamente determinate.

carta tematica INGV rimodulata con tre zone a scopo discorsivo

Invece, la carta messa a punto dall'INGV (immagine sottostante), degli eventi sismici sul breve periodo, rende bene l’idea sul dove si scaricano generalmente le energie bradisismiche. D'altra parte se i terremoti sono dettati dal bradisismo, quelli che si presentano fuori dal raggio del fenomeno, presupponiamo che debbano essere di origine direttamente vulcanica o tettonica.

Carta tematica INGV

Pur avendo contezza della zona bradisismica e simica, è utile precisare che non è possibile riportare con precisione l'indice di pericolosità del fenomeno sismico, perché questo dato, pur abbastanza circoscritto come area d'origine, dipende certamente dalla magnitudo e dalla profondità degli ipocentri, ma anche dalla vulnerabilità degli edifici: dati questi ultimi, non noti agli organi di protezione civile. Le autorità scientifiche hanno chiarito che per la loro natura è difficile che si possano generare sismi di grandi magnitudo (la stima è ≤ 5 Richter). Mentre invece è probabile che gli ipocentri dei sismi si verifichino nei primi 4 chilometri. Diciamo pure che forse è l’unico caso quello del flegreo, dove è possibile ipotizzare in linea assolutamente generale, magnitudo e profondità ipocentrale dei terremoti, fermo restante la nota impossibilità a prevederli temporalmente. Nel disegno sottostante abbiamo materializzato il triangolo di pericolosità sismica, dove l’unico dato ad oggi, che potrebbe fare la differenza è la vulnerabilità degli edifici. 

Quello che attende i verificatori di stabilità degli edifici sarà un compito arduo, perché sarà molto difficile classificare le cause riguardanti lesioni minori o distacchi di intonaco, magari dovuti a infiltrazioni acquifere e rigonfiamenti da ruggine; altre cause possono essere la cattiva qualità dei materiali utilizzati o i difetti costruttivi o semplici assestamenti preesistenti alla crisi bradisismica. Tutte cause che con i terremoti a bassa energia hanno scarsa correlazione. Quale debba essere il destino dei fabbricati dichiarati pericolanti, ce lo diranno i tecnici e i sindaci e la regione. Quello da cui bisognerà rifuggire però, è lo sperpero di denaro pubblico, perché se determinati palazzi necessitano di adeguamento sismico a partire dalle fondamenta, e magari vengono evacuati perchè dichiarati pericolanti, sarà conveniente abbatterli  assegnando agli sfollati della zona bradisismica grave, una residenza fuori dal perimetro della zona rossa vulcanica. A nessuno venga in mente in nome di una discutibile resilienza,  di spendere moneta per stabilizzare case o palazzi,  in un settore che rimane ad alta pericolosità vulcanica, e pure sismico e bradisismico a permanenza...

Il 13 ottobre 2023 è entrato in vigore il Decreto Legge sul bradisismo, finanziato dallo Stato con 52,2 milioni di euro. Il sindaco di Napoli Manfredi, così come il collega di Bacoli, premono affinché si possa assumere personale da dedicare agli uffici tecnici per almeno tre anni, e non per un solo anno come previsto dal decreto, altrimenti, dicono, sono difficili le assunzioni. Stranamente pure i sindaci di altre zone cercavano mano d'opera tecnica, per evadere le migliaia di pratiche di condono... 

Il presidente De Luca visto il movimentismo di terzi, ha chiarito  che la viabilità è una competenza regionale come la sanità e i piani d'emergenza ospedalieri... tra l'altro ha aggiunto:<< che non possiamo avere un’espansione irrazionale di edilizia in area a rischio>>. Interessante... come  pure l’accento che il governatore ha messo sullo stato di attenzione giallo:<< …Ma non è ancora chiaro cosa e quando potrebbe spingere i tecnici a passare a quello arancione…>>. Su quest’ultimo interrogativo pensiamo che non ci siano risposte adeguate. Non abbiamo esperienze e dati delle precedenti eruzioni… Quindi il passaggio eventuale delle fasi di allerta da giallo ad arancione, saranno per loro natura frutto di interlocuzioni tra le autorità governative e la commissione grandi rischi. 

I contenuti di questo D.L. 12 ottobre 2023 n° 140, sono stati successivamente oggetto di una riunione tenutasi presso l’accademia aeronautica militare di Pozzuoli. All’incontro hanno presenziato due ministri: Sangiuliano e Musumeci; e ancora i vertici del dipartimento della protezione civile, i rappresentanti dei comuni e della regione e dell’area metropolitana e dell’INGV; del parco flegreo e altri… Tutti portatori di interessi.

Il sindaco di Pozzuoli ha espresso grande soddisfazione per il raggiungimento dell’obiettivo più atteso: il riconoscimento del bradisismo come calamità a sé stante, diversa dal rischio sismico e diversa dal rischio vulcanico inviso agli amministratori. Non pochi evitano di riflettere sul fatto che il fenomeno bradisismico è certamente una diretta conseguenza del calore magmatico: per sollevare una città di oltre un metro, s’intuirà che occorre un bel po’ di energia (calore)… Da un punto di vista tecnico, occorre dire che il bradisismo ha nella sua radice semantica il termine lento. Lento sollevamento (o abbassamento) del suolo… Quindi, questo movimento verticale al momento non sembra incidere sulla statica dei fabbricati o sulle infrastrutture.  

Dalla cartina in basso (Barberi et altri), si evince il sollevamento rilevato nell’ultima crisi bradisismica degli anni ’80. Sulle pagine dell'INGV a proposito di questo periodo si legge:<< L'inizio della crisi bradisismica 1982-84 può farsi risalire all'estate del 1982 quando si evidenziò un sollevamento del suolo anomalo, seguito il 2 novembre da uno sciame sismico di 17 eventi in 2 ore localizzati poco a nord del porto di Pozzuoli ed avvertito dalla popolazione. Nel periodo giugno-novembre 1982 il sollevamento del suolo al porto di Pozzuoli fu stimato di circa 15 cm. Nei mesi successivi la sismicità si mantenne di lieve entità fino al 15 maggio 1983 in cui si verificò un evento di magnitudo 3.4 localizzato a Pisciarelli, nella conca di Agnano. Da quel momento la sismicità diventò più intensa concentrandosi nell'area Solfatara-Accademia. Il 4 ottobre 1983 si verificò l'evento di maggiore intensità (magnitudo 4) e il 13 ottobre si ebbe il primo sciame sismico costituito da numerosi eventi (229 eventi in poche ore). Dall'inizio della crisi fino alla fine del 1983 si registrarono oltre 5.000 eventi significativi. Nel 1984 aumentarono il numero di terremoti di magnitudo più elevata fino all'evento di magnitudo 3.8 dell'8 dicembre. Da quel momento la sismicità diminuì drasticamente fino a cessare del tutto nel 1985. Durante il periodo di crisi furono eseguite livellazioni geodetiche di precisione con periodicità trimestrale. Tali misure evidenziarono che il massimo sollevamento si ebbe nell’area di Pozzuoli. Nei due anni e mezzo intercorsi dall'estate del 1982 fino a tutto il 1984 si ebbe un sollevamento dell'area del porto di Pozzuoli di circa 185 cm che, unito al sollevamento di circa 170 cm del 1970-72, portò ad un sollevamento totale di circa 3.55 m.>>.

Bradisismo anni '80 (Barberi et altri).


Le indagini e le verifiche che si appresterebbero a fare i tecnici neo assunti, riguarderanno anche il famoso Rione Terra (Pozzuoli), luogo simbolo del bradisismo acuto e  ultra secolare, ma anche luogo simbolo della ricostruzione post bradisismo degli anni ’80, con interventi non si sa quanto oculati, atteso che le ristrutturazioni sono avvenute sulla punta dell’iceberg bradisismico. Sarebbe interessante sapere a che destinazione d’uso saranno adibiti i palazzoni del Rione Terra una volta ultimati, anche se sembra che a priori si voglia scartare una finalità abitativa, visto che trattasi di un agglomerato alto e senza spazi esterni immediatamente sicuri. Diventeranno uffici o bed and breakfast? Intanto pure  la fruibilità di questo luogo antico e storico a scopo turistico attraverso percorsi pedonali guidati è stata per il momento sospesa per motivi di sicurezza. Limitazioni numeriche sono state imposte anche per le visite ai sotterranei dell'anfiteatro Flavio.

Il Rione Terra di Pozzuoli


L’azione del ministro Nello Musumeci nel destinare risorse ai comuni ubicati territorialmente nel campo vulcanico flegreo per fronteggiare il bradisismo è sicuramente lodevole, ma senza prese di posizioni sull'edilizia, la sua azione è di assoluta impotenza a fronte del rischio vulcanico. Sarebbe stato encomiabile l'operato della commissione grandi rischi riunitasi per analizzare il rischio sismico e bradisismico ed eruttivo, se avesse rappresentato a chiare lettere che non si può continuare a edificare in una zona soggetta a multirischi, tra cui quello vulcanico, che sovrasta quello sismico e bradisismico per letalità dei fenomeni associati. D'altra parte sarebbe utile che s'imponessero dei vincoli antisismici maggiormente tutelativi nella zona focale puteolana, magari quale enclave della zona  sismica 2. 

Bene ha fatto il deputato Antonio Caso a chiedere in audizione alla camera, al dirigente della protezione civile della regione Campania Italo Giulivo,  come mai non è stato imposto uno stop legislativo all'edificazione residenziale in zona rossa vulcanica ai Campi Flegrei, alla stregua di quanto fatto per il Vesuvio nel 2003. Il Dott. Giulivo nella seduta citata ha risposto con qualche esitazione che il problema è politico, ma che avrebbe relazionato a chi di dovere. Il medesimo dirigente, alla domanda se nel flegreo e nell’attualità ancora si costruisse, ha preferito non rispondere.. 

Ovviamente è prevedibile che i verificatori della grave zona bradisismica provvedano nell'ambito delle verifiche, piantine catastali alla mano, a stilare una scheda per ogni singolo palazzo esaminato, verificando pure la liceità delle costruzioni e la loro regolarità in termini di licenze edilizie, di conformità, e condoni e sanatorie. Il lavoro di verifica dei tecnici pagati coi soldi pubblici, non può e non deve essere perduto. Tra l'altro dovrebbe poi essere informatizzato, per avere una rapida consultazione dei dati archiviati, onde usufruire di elementi di comparazione in caso di recrudescenza di questo fenomeno, per la prima volta assurto a calamità a se stante, classificato come bradisismo che può variare la sua incidenza in termini di gravità. Ci sembra di capire che oggi è un bradisismo giallo...

In tutti i casi da oltre oceano le autorità governative americane hanno invitato i propri marinai di stanza a Napoli, a tenere a portata di mano un kit di sopravvivenza nel caso dovesse cambiare il livello di allarme vulcanico ai Campi Flegrei...




giovedì 5 ottobre 2023

Rischio eruttivo Campi Flegrei - osservatorio vesuviano a guardia del magma: Ipse dixit... di Malko

 

Uno spaccato della darsena di Pozzuoli

I recenti per quanto periodici ma incalzanti eventi sismici che martellano i Campi Flegrei, ripropongono ancora una volta il grande dilemma: sismicità dettata dal rigonfiamento dei suoli per effetto del bradisismo puteolano, o sussulti da inquadrare come i più classici dei prodromi pre eruttivi? A saperlo…

Dicono che Nello Musumeci, ministro per la protezione civile e per le politiche del mare, abbia detto che sono stati sprecati quarant’anni per la realizzazione di un piano di evacuazione.  Diciamo pure che dall’ultima crisi bradisismica, ci si è cullati nell’idea che, passati i sussulti crostali degli anni ’70 e ’80, la situazione geologica in questo lembo di terra sarebbe ritornata alla normalità. Però, avrebbe cosa buona il ministro, a non rimanere sul vago, bensì a citare l’incuria quarantennale non solo sulla mancata redazione di un piano di evacuazione degno di questo nome, ma anche e soprattutto sulla mancata applicazione di regole di prevenzione della catastrofe vulcanica, realizzabili innanzitutto con la limitazione dell’incremento del valore esposto (numero di abitanti), che avrebbe portato positive ricadute sull’efficacia della stessa pianificazione evacuativa. Sarebbe anche interessante capire perché negli anni scorsi si è concentrato l’interesse della scienza e della politica solo sul Vesuvio e non sui Campi Flegrei. Infatti, si nota la grave assenza di una legge che avrebbe dovuto inibire la realizzazione di ulteriori manufatti ad uso abitativo sulla gobba bradisismica e nelle zone limitrofe, con disposti anti cemento da estendere a tutta la plaga flegrea. La legge che vieta ogni ulteriore insediamento sul Vesuvio infatti, risale al 2003, cioè almeno 20 anni dopo il bradisismo flegreo, senza che quest’ultimo territorio fosse accomunato a quello vesuviano, e senza essere sfiorato da alcuna norma che limitasse l’edilizia residenziale. Il vulnus della prevenzione della catastrofe vulcanica allora, a chi bisogna addebitarlo, a una scienza disattenta o a una politica noncurante che insegue il consenso con la mediazione dei dirigenti pubblici?

Nel flegreo, i problemi legati all’insofferenza geologica del sottosuolo, si riaffacciano e si riaffacceranno pure a distanza di decine di anni, senza scartare l'idea di una forma più cruda. Quindi, è da mezzo secolo che si sprecano tempo e risorse sull’altare dell’opportunismo politico e della  furbizia, dei tanti che inseguono il bradisismo come fonte di opportunità economica, con a margine il consenso elettorale. Il pericolo vulcanico, diciamo la verità, quello delle colate piroclastiche che vaporizzano in pochi secondi i liquidi corporei, porta solo rinunce, tant’è che nelle viscere dei Campi Flegrei sembra dimorare certamente la dea Penia che nessuno vuole invocare, piuttosto che l'operoso dio Vulcano. Le decine di vulcani monogenici e i territori litorali periodicamente inabissatisi o sollevatosi dal mare per effetto del bradisismo, hanno insegnato poco, visto che l’antropizzazione della caldera ha dato luogo a una calderopoli da oltre mezzo milione di abitanti. Ancora oggi  si dà importanza alla gobba bradisismica del rione Terra, e non alla causa del fenomeno insita negli importanti volumi di magma sottostanti. D’altra parte temiamo che se il picco di sollevamento è localizzato periodicamente e da decenni al rione Terra (Pozzuoli), questa storica collinetta dovrebbe essere trasformata in una sorta di parco urbano archeologico, perché, ammesso che si fermi o retroceda il fenomeno del sollevamento, è probabile che anche a distanza di anni si ripresentino più vivi che mai, il bradisismo, i sismi e la minaccia eruttiva.

La commissione grandi rischi per il rischio vulcanico, tra i compiti consultivi operativi incentrati sulle valutazioni di pericolosità, ha anche quello di fornire indicazioni volte alla prevenzione delle catastrofi. Sarebbe quindi il momento buono acchè questa assise di luminari dica al ministro Musumeci e a chiare lettere, che non si può continuare a concentrarsi solo sulla pianificazione d’emergenza, ma è giunto il tempo di passare a drastiche soluzioni di prevenzione della catastrofe vulcanica. Sempre la commissione, terminata la sessione dell’analisi dei dati e degli ascolti dei rappresentanti dei centri di competenza, prima fra tutti l'INGV, nella seduta a "porte chiuse" ha deciso che per i Campi Flegrei deve permanere il livello di attenzione (giallo). Intanto il ministro prospetta entro pochi giorni un piano di emergenza (di esodo) relativo al bradisismo irrefrenabile, quello da bollino rosso, di cui sarà interessante vedere che confini saranno assegnati al fenomeno destinatario di aiuti di Stato. I rappresentanti dei comuni flegrei, hanno chiesto al governo per tramite della VIII commissione ambiente della camera, fondi per rinfoltire gli uffici tecnici comunali con ingegneri e architetti, ancorché di agenti per i comandi locali della polizia municipale. In questa commissione, tutti i partecipanti sono stati concordi che la minaccia è il bradisismo e i sommovimenti sismici che il fenomeno reca seco. Il rischio eruttivo è decisamente in seconda battuta e a margine del problema, per le rassicurazioni offerte dal mondo scientifico (INGV), sulla prevedibilità garantita dal monitoraggio del magma, che assicurano che al momento se ne sta buono a 7 chilometri di profondità. Infatti, su tutti capeggiano le rassicurazioni del capo dipartimento vulcani dell’INGV e del suo entourage, che, forti delle strumentazioni multi parametriche disseminate nell’area flegrea, ritengono di monitorare l’eventuale salita del magma in superficie, in modo da lanciare inequivocabilmente all'occorrenza l’allarme eruzione. In sintesi, la tesi dominante dell’osservatorio vesuviano, è quella che non si è in grado di prevedere quando salirà il magma, ma si è sicuramente capaci di captarne i movimenti ascendenti se questi si presenteranno. Questo spiega la ripetuta asserzione della ex direttrice Bianco che spiega: :<<… i piani di emergenza sono piani basati sull’idea che ci sia un cambio di livello di allerta prima dell’eruzione, conseguenza di una valutazione basata su dati scientifici>>. Questa idea datata, portò tempo fa i rappresentanti della protezione civile nazionale e regionale, a rassicurare i cittadini che mai avrebbero vissuto una condizione di fuga col fuoco alle spalle… Su questo argomento però, si registrano recentissime dichiarazioni discordanti, anche a livello del presidente INGV, che invece  ha avvertito che il magma può risalire pure nel giro di un paio di ore. Un tempo che comunque consentirebbe alla ex direttrice dell’osservatorio vesuviano, di fare qualche telefonata prima di scappare a gambe levate dalla sede INGV di via Diocleziano, insieme agli oltre 500.000 cittadini che la seguirebbero da vicino. Struttura quella dell’osservatorio, incredibilmente ubicata in via Diocleziano, in piena zona rossa, a testimonianza del tempo che si è perso…

Il piano di emergenza messo a punto dalle istituzioni competenti (dipartimento protezione civile, regione Campania e comuni) per fronteggiare il pericolo eruttivo nei Campi Flegrei, contiene delle strategie poco convincenti, in quello che ci sembra più un progetto aritmetico che operativo, che può reggersi solo sulla certezza della previsione dell’evento vulcanico: non è un caso che è nato come piano di allontanamento e non di evacuazione… D’altra parte il capo dipartimento vulcani dell’INGV, che occupa da pochi giorni pure un posto di componente della commissione grandi rischi, è stata presa in parola, magari cinicamente o convintamente da chi ha prodotto la pianificazione d’emergenza in veste di stratega designato, ben felice dell’endorsement proveniente dalla scienziata sulla previsione minima garantita a 72 ore: una misura che nessuno ha contestato.

Per meglio riflettere e a fronte di multiformi pensieri sulla pericolosità dell’area, dobbiamo ancora una volta prendere in esame le tre possibilità che possono caratterizzare l’evoluzione di questa fase di unrest vulcanico. Infatti, operativamente parlando, dobbiamo partire dal principio che possiamo andare incontro a tre condizioni, che sono anche la summa delle opinioni scientifiche sull’argomento :

 - falso allarme;

- mancato allarme;

- previsione dell’evento vulcanico in tempi utili (≥ 72 ore).

In assenza di indici probabilistici differenziati, occorre procedere con calcolo pragmatico su quello che non è deterministico. Abbiamo quindi:

 - un 33,33% di probabilità che si arrivi a un falso allarme;

 -un 33,33% che s’incappi in un mancato allarme;

 -un 33,33% che la previsione dell’evento vulcanico sia ufficializzata in tempi utili per l’evacuazione totale e ordinata della popolazione.

Il tecnico pianificatore, in realtà per fronteggiare situazioni e imprevisti, dovrebbe avere un piano d’emergenza o anche un sotto piano o anche un piano d'emergenza d'emergenza, per ognuna di queste possibilità, e non unicamente sull’ultima citata, quella da mulino bianco, come invece ha fatto la protezione civile. Avere un piano A, B e C, non significa che occorre garantire il successo in tutti i casi citati, ma almeno se non è possibile la riuscita al 100%  delle pratiche di salvaguardia, almeno si può raggiungere il risultato del minor danno possibile, in condizioni obiettivamente critiche in cui si andrebbe ad operare.

D’altra parte è di fondamentale importanza la collaborazione dei cittadini che dovrebbero adoperarsi per non lasciarsi prendere dal panico: condizione che porterebbe a disattendere qualsiasi regola civile e morale. La differenza comportamentale della popolazione ai fini dell’evacuazione, è tutta centrata sulla percezione attraverso i sensi dei prodromi pre eruttivi. La percezione o meno dei segnali di pericolo (terremoti; boati; tremori; fumarole; forte odore di zolfo; geyser) determinerebbero le reali caratteristiche del piano di emergenza, che oscillerebbe da ordinato allontanamento a caos diffuso.



Gli elementi che uno stratega dovrebbe tenere in debito conto ai fini della realizzazione di un documento validamente protettivo per la popolazione in frangenti di pericolo, sono i dati reali nel nostro caso del pericolo vulcanico (magnitudo), e il numero degli esposti al pericolo (numero abitanti).

Il campo calderico dei Campi Flegrei, per il passato e fino al 1538, è stato terra di eruzioni esplosive che hanno generato pure le temibili colate piroclastiche. Fenomeno quest’ultimo, particolarmente distruttivo, che non contempla sistemi di protezione validi, perché trattasi di una sorta di densa miscela composta da brandelli di magma, e poi liquidi e gas ad altissima temperatura (± 500°C.), che si muovono e scorrono a grande velocità.

Il secondo e non meno pericoloso fenomeno vulcanico che si materializzerebbe fin dai primi momenti dell'eruzione, anche se questa fosse moderata,  è quello della pioggia di cenere e lapillo. Materiale quest’ultimo relativamente leggero, che una volta scagliato in aria dalle dirompenze vulcaniche, diverrebbe preda dei venti dominanti, dando corpo nel brevissimo al fenomeno di ricaduta dei prodotti piroclastici. Questa pioggia incalzante, determinerebbe depositi al suolo e sui tetti di spessore pericolosamente variabile, in una misura inversamente proporzionale alla distanza dal centro eruttivo e dal peso. I danni susseguenti potrebbero essere anche molto seri, in larga misura dipendenti dalla vulnerabilità degli edifici (sprofondamento dei tetti e dei solai), e all’aperto dall’aspersione in aria della cenere: elemento dannoso alla respirazione e alle mucose, per il carattere irritante delle microparticelle silicee.

Nel nostro sistema di protezione civile, l’autorità scientifica ha determinato quella parte di territorio che potrebbe essere coinvolto dai fenomeni vulcanici più deleteri, classificandoli come zone rosse. Per poter allontanare la popolazione da queste aree a rischio, i piani di evacuazione che risultano vigenti, prevedono in prima battuta l’utilizzo di autoveicoli privati o mezzi pubblici (Bus). Ed ancora si ipotizza l’uso del treno ad alta velocità (Stazione centrale di Napoli) e le navi che attraccherebbero e ripartirebbero sempre dal porto partenopeo.

A livello comunale, in quel di Pozzuoli pare che abbiano già definito circuiti viari per l’evacuazione con autovetture private, il cui transito dovrebbe avvenire attraverso i cancelli stradali. Chi invece deve usufruire del trasporto pubblico per allontanarsi, deve rispettare criteri di priorità in favore dei quartieri maggiormente vulnerabili agli effetti sismici. Costoro dovrebbero recarsi a una certa ora concordata sulle 48 disponibili, ai punti navetta: trattasi di una fermata dove passerebbe il bus comunale che porterebbe gli astanti all’area d’attesa (hub). Dall’area d’attesa i bus regionali trasporterebbero gli utenti ivi raggruppati fino alle aree d’incontro fuori zona rossa. Dalle aree d’incontro le amministrazioni regionali gemellate garantirebbero agli esodati l’ulteriore trasbordo verso i punti di prima assistenza nelle varie regioni e province italiane…



Secondo logiche operative, un piano d’emergenza a fronte di una eruzione che potrebbe presentarsi anche in modo improvviso, deve prevedere due step: il primo è quello di mettere almeno 20 chilometri di distanza tra uomo e eruzione; in contemporanea (seconda fase) e a cura di altro personale, si procederebbe a trasportare gli evacuati fuori dalla regione Campania, per dare loro una sistemazione alloggiativa magari temporanea.

Pensare che in una condizione di prodromi pre eruttivi incalzanti si possa dare un appuntamento orario a un cittadino che deve andare alla fermata dell’autobus, magari il giorno dopo, e lì attendere la navetta è fantascientifico in un contesto di acclarato pericolo. Pensare di evacuare alla stazione di Napoli i puteolani per farli imbarcare sui treni veloci è semplicemente controproducente, tra l’altro con una rete ferroviaria che deve essere monitorata post evento sismico. Ma poi non c’è nessun bisogno di un treno veloce per mettere 20 chilometri di distanza tra gli evacuati e il vulcano. Più che la velocità infatti, serve la capienza e il numero di convogli e la loro affidabilità. D’altra parte e a proposito del puteolano, a Villa Literno si è già fuori pericolo… Prevedere il trasporto della popolazione flegrea  verso il centro di Napoli, significa che lo stratega ha obliato completamente la possibilità che si debba andar via con eruzione in corso. In questa malaugurata ipotesi infatti, si concretizzerebbe una strategia dannosa per i puteolani e per i partenopei, con questi ultimi magari interessati essi stessi da operazioni di evacuazioni, visto che i quartieri Pendino e Mercato sono in zona gialla piuttosto contigua alla zona rossa. Con eruzione in corso, presumibilmente moltissimi cittadini flegrei andrebbero, piano o non piano di evacuazione, verso nord, raggiungendo la linea di demarcazione del fiume Volturno per sentirsi al sicuro: ed è comprensibile. Quelli metropolitani-flegrei invece, dovrebbero andare verso est, magari ove possibile utilizzando proprio la rete tangenziale nell'occasione dedicata. La separazione tra puteolani e partenopei gioverebbe alla fluidità del traffico. 

Ovviamente nessuno ha la soluzione in tasca, ma puntare tutto sulla previsione d’eruzione sarebbe l’ideale solo se fosse deterministicamente accertabile e in tempi utili. Diversamente, il ministro Musumeci faccia valutare tutte le strategie possibili per ogni possibile scenario. Ai cittadini della zona rossa dei Campi Flegrei e alla politica memorabile, consigliamo di monitorare i processi edilizi relativi alla spianata di Bagnoli, le cui progettualità sono ancora in itinere. Se riverseranno in questo sito come si teme, ondate di calcestruzzo per la costruzione di palazzi di prestigio con pilastri spessi e armati e forti da sorreggere il mondo alla stregua di Atlante, si conoscerà non solo la regia, ma anche la volontà di non accreditare il rischio vulcanico tra quelli possibili nel territorio metropolitano flegreo. Stesse congetture sul litorale di Licola (Pozzuoli), dove sembra che siano in elaborazioni progettualità non a cemento zero e non a costo zero per il rischio vulcanico.

Per i cittadini costretti a vivere col rischio sismico e bradisismico, ricordiamo che la scienza riferisce che in zona rossa la crosta vulcanica è fratturata, e quindi non consente grossi accumuli di energia: i terremoti, dicono, difficilmente dovrebbero superare il 4,5/ 5 della scala Richter. Per chi vive in palazzi realmente fatiscenti, potrebbe essere allora saggio spostarsi in altra sede, forse definitivamente ma a rigor di logica necessariamente  fuori dalla zona rossa. 

Per le scuole qualche regola: sarà la percezione della classe insegnante e quindi del dirigente scolastico a stabilire la necessità di lasciare l'edificio dopo un sussulto sismico. Non si aspetta la decisione del sindaco. Non si suona la campanella. Insegnare ai bambini a proteggersi addossandosi negli angoli della classe e nei muri prossimi a questi, evitando vetrate. L'insegnante al centro della porta.  Mettersi sotto i banchi a volte e problematico per gli alunni alti e robusti. Disegnare sul muro i punti dove devono addossarsi gli studenti. Se si decide di uscire, il percorso verrà verificato dal direttore o da suo incaricato fino ai punti di raccolta. Ricordatevi che il primo gradino della sicurezza scolastica, è la buona funzionalità delle uscite di emergenza che vanno controllate ogni giorno e prima che entrino gli alunni, con apposita nota sul registro dei controlli. Uscire se necessario, proteggendosi il capo, ove possibile, con gli zaini o caschetto per chi ne è in possesso (valutare questa dotazione). Al mattino si compili con precisione l'elenco dei presenti che deve essere sempre a portata di mano delle maestre.