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domenica 7 febbraio 2016

Rischio Vesuvio: vulcano o non vulcano? Questo è il problema... di Malko



Vesuvio

I dati che riguardano il numero di abusi edilizi perpetrati nella Regione Campania sono molto alti, anche se non è possibile contabilizzarli con precisione. Alcune fonti di un certo credito stimano in 175.000 gli immobili o le opere irregolari da sanare o abbattere, con migliaia di queste che affastellano proprio la zona vesuviana. Solo nel comune di Torre del Greco infatti, le pratiche di condono pare siano oltre diecimila. Un dato assolutamente drammatico per la sicurezza e l’ordine sociale, ma è anche un numero che da solo vale una congettura su un altrettanto e preoccupante fenomeno che si chiama accidia istituzionale, perché è impossibile che tante case possano sorgere dal nulla senza che i preposti all'ordine se ne avvedano… 

L’impasse dettato dalla tardiva legge regionale n° 21 del 2003 che stabilisce il divieto di edificare per usi residenziali nella zona ad alta pericolosità vulcanica, ovviamente va molto stretta agli imprenditori edili nel loro insieme, così come ai lavoratori dell’edilizia e a tutti quei cittadini che hanno poco provvidamente investito nel cemento irregolare all’ombra del Vesuvio. Una tale e folta lagnanza è pane per i denti della scaltra politica del consenso…

In ragione di un allarme sociale dovuto alle circa 70.000 sentenze di abbattimento emesse negli ultimi anni, la Procura della Repubblica di Torre Annunziata aveva provato nel 2013 a gestire almeno nel vesuviano questo dramma sociale, mettendo in campo delle logiche demolitive già adottate nel 2012 nel casertano a cura della Procura di Santa Maria Capua Vetere.
Nel nostro caso però, più che un protocollo operativo si è tentato di mettere insieme un concordato tra i comuni di Torre del Greco, Boscotrecase, Boscoreale, Trecase e il Parco Nazionale del Vesuvio e il Corpo Forestale dello Stato. Un dispositivo estendibile anche altrove per guadagnare tempo... Gli abbattimenti finanziati dal Parco avrebbero seguito nel loro incedere una sorta di cronologia del demerito: «Abbiamo individuato precisi criteri di priorità negli abbattimenti – riferì il procuratore capo - a partire dagli edifici che costituiscono pericolo per la pubblica e privata incolumità, le abitazioni occupate abusivamente, gli immobili utilizzati per attività criminose e i locali nella disponibilità di soggetti appartenenti a organizzazioni camorristiche fino ai fabbricati di rilevante impatto ambientale».



L'area del Parco Nazionale del Vesuvio

L’iniziativa doveva riguardare in prima battuta la demolizione di case all’interno del territorio del Parco Vesuvio, in modo che si ripristinasse la legalità nell’area protetta e si lanciasse contemporaneamente un monito a chi ritiene di aggirare le leggi edificando nottetempo sulla scorta di assicurazioni provenienti dalle zone opache del territorio.
La recente introduzione della linea nera Gurioli però, che circoscrive la zona a massima pericolosità vulcanica e sui cui vige il divieto di inedificabilità totale, contiene e racchiude interamente il limite territoriale del Parco Vesuvio.






 Vesuvio: la linea nera Gurioli circoscrive la zona a massima pericolosità vulcanica. All'interno di questo perimetro vige il divieto di edificare ad uso residenziale: legge regionale 21/2003.

Di fatto allora, la strada degli abbattimenti mirati delle case secondo un profilo criminogeno delle stesse non poteva e non può essere perseguito nel vesuviano, poiché la sicurezza ha una valenza superiore alla repressione del crimine. Rendiamo chiaro il concetto con un esempio: non possiamo blindare una scuola perché rubano i computer se mettendo sbarre alle porte e alle finestre non ci sono poi vie di fuga sufficienti da utilizzare in caso di incendio…Le norme di salvaguardia della vita umana infatti, si applicano a tutte le frange della popolazione senza subordine e senza alcuna distinzione di sorta. Nel caso in esame poi, il rischio è quello vulcanico, accertato non solo da documenti e relazioni scientifiche, ma sancito addirittura da un atto di governo.

L’invisa norma regionale (21/2003) anti edilizia nella zona rossa 1 del Vesuvio, risponde all’esigenza di non aumentare il Valore Esposto, cioè il numero di vite umane all’interno di una zona invadibile dai flussi piroclastici, che rimane il fenomeno più devastante in assoluto ma non unico, insito nelle eruzioni esplosive pliniane e sub pliniane.
Quale politica o accordo giuridico può quindi sanare o ritardare a tempo indeterminato l’abbattimento di un fabbricato abusivo fatto in un territorio che potrebbe essere spazzato via dalle colate piroclastiche senza certezze matematiche di previsione dell’evento e senza piano di evacuazione che è ancora in itinere? La norma che sancisce la totale inedificabilità a uso residenziale nel vesuviano, non è stata adottata per salvaguardare una cosa terza seppur importante, come il paesaggio o l’archeologia o la flora o la fauna o l’ambiente nella sua interezza, bensì è una legge varata per la tutela di un bene unico e irripetibile: la vita umana.

Addirittura, se volessimo adottare un elenco delle priorità di abbattimento in ordine alla sicurezza, l’inconfutabile formula del rischio: (Rischio= Pericolo X Valore Esposto), comporterebbe lo scientifico utilizzo delle ruspe innanzitutto contro gli immobili abusivi che registrano l’allocazione di famiglie particolarmente numerose. Una procedura che può sembrare un paradosso e che sarebbe socialmente invisa ma tecnicamente è ineccepibile, perché diminuendo il valore esposto si diminuisce l'indice di rischio. Addirittura in zona rossa 1 Vesuvio gli abbattimenti da concretizzarsi per ultimi dovrebbero essere proprio quelli che non comportano un carico abitativo stabile, cioè i fabbricati allo stato grezzo di spiccato, i manufatti per uso commerciale (magazzini e depositi) e le seconde case ad uso weekend e quelle turistiche. Ovviamente queste congetture sono molto diverse da quelle stabilite dalla procura che logicamente ha una sua naturale propensione verso la lotta al crimine: da qui le indicazioni degli interventi che vertevano e tenevano conto della qualità e quantità e finalità dell’infrazione edilizia.

La zona rossa suddivisa in R1 e R2. 
Intanto è al vaglio parlamentare una proposta di legge a firma del senatore verdiniano Ciro Falanga: il disegno di legge dal titolo Disposizioni in materia di criteri di priorità per l’esecuzione di procedure di demolizioni di manufatti abusivi, è stato già approvato al Senato e quindi è stato rinviato alla Camera dei deputati per il relativo iter procedurale e approvazione finale.
Nel prospetto di legge menzionato e di cui il senatore torrese è primo firmatario, si sono recuperati i parametri e le logiche di abbattimento già previsti dalla procura oplontina riportandoli nel disegno di legge. Le cronologie individuate dai procuratori per l’ordine di abbattimento, conferiscono al documento politico un alibi inoppugnabile di legalità per chi non vuole distinguere le due funzioni. 
La legge in questione propone, è bene ricordarlo,  questa scaletta di priorità d'intervento per smantellare i manufatti abusivi:
a) immobili che, per condizioni strutturali, caratteristiche o modalità costruttive ovvero per qualsiasi altro motivo, costituiscono un pericolo, già accertato, per la pubblica e privata incolumità, anche nel caso in cui l'immobile sia abitato o comunque utilizzato;
b)   immobili in corso di costruzione o comunque allo stato grezzo e non ultimati;
c)  immobili, anche abusivamente occupati, utilizzati per lo svolgimento di    attività criminali;
d) immobili di qualsiasi valore e dimensione, anche se abitati dai componenti della famiglia, nella disponibilità di soggetti condannati per i reati di cui all'articolo 416-bis del codice penale o per i delitti aggravati ai sensi dell'articolo 7 del decreto-legge 13 maggio 1991, n. 152, convertito, con modificazioni, dalla legge 12 luglio 1991, n. 203, o di soggetti colpiti da misure di prevenzione irrevocabili ai sensi della legge 31 maggio 1965, n. 575, e del codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione, di cui al decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159, e sempre che non siano acquisibili al patrimonio dello Stato;
e) immobili di rilevante impatto ambientale o costruiti su area demaniale o in zona soggetta a vincolo ambientale e paesaggistico ovvero a vincolo idrogeologico o a vincolo archeologico;
f) immobili di complessi o villaggi turistici o comunque oggetto di lottizzazione abusiva;
g)  immobili non stabilmente abitati (seconde case, case di vacanza);
h)  immobili adibiti ad attività produttive di tipo industriale o commerciale;
i)  immobili abitati, la cui titolarità è riconducibile a soggetti appartenenti a nuclei familiari che dispongano di altra soluzione abitativa;
l) altri immobili non compresi nelle categorie sopraindicate, ad eccezione di quelli di cui alla lettera m);
m) immobili abitati, la cui titolarità è riconducibile a soggetti appartenenti a nuclei familiari che non dispongano di altra soluzione abitativa, con contestuale comunicazione alle competenti amministrazioni comunali in caso di immobili in possesso di soggetti in stato di indigenza.

Se passa alla camera questa cronologia di abbattimenti, praticamente i casi che rientrano nelle lettere l) ed m) possono contare su di una sorta di immunità permanente dovuta alla farraginosità della burocrazia che ha bisogno di tempi lunghi per concordare la demolizione di un fabbricato. Anni d'implicita immunità... Una legge che in ragione delle logiche da formula inversa, consentirebbe viceversa di progettare l’abuso avendo l’accortezza di crearsi una situazione collocabile lontano dalle prime lettere, meglio ancora da lettera m) … Si resterebbe complessivamente abusivi, ma modicamente al sicuro dalle ruspe.

In realtà questa logica delle demolizioni non già per numero di protocollo ma, diciamo per tipologia di reato, nel caso dell’area vesuviana ad alta pericolosità vulcanica non dovrebbe essere una strada percorribile, perché lo Stato dovrebbe avere innanzitutto il dovere di provvedere alla sicurezza dei cittadini, e poi all’esigenza abitativa e non viceversa a scapito della salvaguardia di uomini, donne e bambini. Un particolare quello della linea nera Gurioli che le solerti amministrazioni comunali avevano forse e probabilmente dimenticato di portare all’attenzione della volenterosa e sovraccarica procura di Torre Annunziata.

Il nostro parere tecnico va sicuramente nella direzione di operare tenendo conto e ben distinguendo tra le opere abusive ricadenti all'interno del perimetro Gurioli dalle altre. Nella zona infra Gurioli infatti, vige la denominazione di zona ad alta pericolosità vulcanica, quindi si comprenderà che difficilmente potrà essere disposta una sanatoria edilizia, un condono o qualcosa che gli somigli, per evitare che sullo Stato ricada il ridicolo giurisprudenziale delle garanzie obliate. Chi sana il rischio?
Al di fuori di questo perimetro che pure doveva essere oggetto di regolamentazione edilizia, se la Regione Campania consente ai Comuni di Scafati e Poggiomarino di rilasciare ancora licenze edilizie, gli altri comuni o parte di essi oltre la linea nera potranno ben pretendere una sanatoria o una scaletta di priorità negli abbattimenti, in modo da salvare machiavellicamente capre e cavoli che, diciamolo ancora una volta,  hanno proliferato in un contesto di totale assenza di validi pastori istituzionali.
Una commissione d'inchiesta che accerti responsabilità nei mancati controlli sull'edilizia abusiva, dovrebbe essere il minimo sindacale dell'azione di un governo che governa, che prima ancora di qualsiasi formula alchimistica per fronteggiare il problema abbattimenti e condoni, dovrebbe innanzitutto individuare misure concrete di debellamento del fenomeno dell'abusivismo edilizio sul nascere e dei controlli che mancano.

Il ricatto lavorativo non è applicabile in una zona dove l'alito rovente (surges) del vulcano può vaporizzare con i suoi 500° C. tutto il materiale organico che incontra sul suo cammino, come successe in soli tre minuti ad Ercolano nel 79 d.C. .
Diversamente possiamo dichiarare il Vesuvio un vulcano estinto, cosicché facciamo fiorire il lavoro, le imprese, condoniamo le case abusive, favoriamo il business del cemento, offriamo maggiore tranquillità sociale e soprattutto dormiremmo meglio e risparmieremmo non poco tra commissioni e gruppi e affini che non sono a costo zero. Possiamo fare diverse cose, ma dobbiamo assolutamente evitare la margherita politica del rischio: vulcano sì, vulcano ni; vulcano sì,  vulcano ni...

In un sistema di tutela basato sulla prevenzione delle catastrofi, questo articolo doveva essere condensato in una nota a cura di chi ha compiti istituzionali di prevenzione. Magari scrivendo a tergo del DDL C.1994 quale suggerimento e per competenza, la seguente modifica alla lettera a): immobili che, per condizioni strutturali, caratteristiche o modalità costruttive, ovvero per ubicazione in zona ad alta pericolosità vulcanica o idrogeologica, costituiscano un pericolo già accertato, per la pubblica e privata incolumità, anche nel caso in cui l'immobile sia abitato o comunque utilizzato.

 Tutto qui!