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domenica 30 dicembre 2018

Vesuvio: Pompei in Sardegna... di MalKo

Vesuvio visto dagli scavi archeologici di Pompei

Forse non tutti sanno che il gruppo di lavoro A, cioè la commissione di esperti vulcanologi incaricata dal dipartimento della Protezione Civile di definire la zona rossa Vesuvio, riferì esplicitamente nelle conclusioni, che buona parte del territorio comunale di Pompei poteva essere estrapolato dal perimetro di massima pericolosità vulcanica.

Anche la linea nera Gurioli, introdotta dalla Commissione Grandi Rischi per circoscrivere scientificamente il limite d’invasione dei micidiali flussi piroclastici, non include la parte sud - sud - est di Pompei, portando alla conclusione che la famosa cittadina mariana è totalmente vulnerabile alle sole eruzioni di taglio pliniano, come quella che nel 79 d.C. sconvolse e seppellì letteralmente Pompei, ma anche Ercolano, Oplontis e Stabia…

La taglia eruttiva pliniana (VEI5) è stata esclusa dagli scienziati dell’INGV dal ventaglio delle probabilità di accadimento almeno per i prossimi 130 anni: il che equivale un po’ azzardosamente a una previsione deterministica. Tant’è che lo scenario eruttivo adottato per la redazione del piano d’emergenza Vesuvio, prende in esame solo eventi e fenomenologie di media portata (VEI3; VEI4), perché gli scienziati, come dicevamo in precedenza, ritengono che per oltre un secolo una eventuale interruzione della quiete vulcanica del Vesuvio, ci porterebbe a dover fronteggiare solo eruzioni ultra stromboliane o al massimo sub pliniane. La notizia è data con sicurezza scientifica, nonostante i sistemi magmatici siano molto complessi e ben poco decifrabili in anticipo e con accuratezza prognostica…

Il sindaco della città di Pompei ha tenuto lunedì 17 dicembre 2018 una riunione con i vertici regionali della protezione civile della Sardegna: Regione con cui i pompeiani sono gemellati, per vedersi riconosciuta accoglienza, qualora dovesse rendersi necessario fronteggiare il pericolo vulcanico, da cui bisognerà sottrarsi in anticipo attraverso l’evacuazione preventiva della popolazione verso l’isola nuragica.

Secondo le indicazioni ricavate dalle procedure di evacuazione, i cittadini di Pompei che non hanno nella loro disponibilità un mezzo di locomozione, dovrebbero confluire ove necessario con formula assistenziale, in una o più aree di attesa localizzate all’interno del territorio comunale.

idea di massima di un'area di attesa comunale

Dall’area di attesa poi, occorre attendere gli autobus messi a disposizione dalla Regione Campania, che si incaricherebbero di prelevare e trasportare gli sfollati fuori dalla zona rossa e fino all’area d’incontro.

Nell’area d’incontro, i cittadini verrebbero presi in consegna dalla Regione con cui sono gemellati, che assicurerebbe il coordinamento dei mezzi di trasporto necessari per garantire lo spostamento delle popolazioni fino ai punti di prima accoglienza e successivamente nelle strutture di accoglienza.
Schematizzazione allontanamento popolazione in caso di allarme vulcanico

Per evacuare i cittadini da Pompei in Sardegna c'è uno schema da rispettare: gli sfollati verrebbero trasportati nelle aree d’incontro che sono state individuate nel porto di Salerno; da qui con l’impiego di navi traghetto si arriverebbe a Cagliari e poi in modo intermodale alle varie strutture di accoglienza disseminate sull’isola.

Le cronache giornalistiche portano la notizia che l’incontro tra l’amministrazione regionale Sarda e quella comunale di Pompei, si è caratterizzata per un nulla di fatto in quanto la Regione Campania pare che non abbia inviato alcun dirigente o esponente politico a presenziare alla discussione che doveva essere propedeutica ai protocolli d’intesa necessari per dettagliare operativamente le procedure di accoglienza.

Perché i vertici regionali campani hanno disertato l’incontro rendendo vana la trasferta degli omologhi sardi non è dato saperlo… Uno dei motivi potrebbe essere che l’amministrazione di Pompei si sia spinta troppo in avanti rispetto all’attuale stato dell’arte della pianificazione emergenziale nel suo complesso, che dovrebbe forse subire un processo di maggiore riflessione e in ogni caso di coinvolgimento di altri attori amministrativi e istituzionali.

Anticipare gli accordi sull’accoglienza potrebbe risultare in questo momento inopportuno, soprattutto se si è agito senza una preventiva intesa con la Regione Campania che ha la responsabilità del trasporto  dalle aree di attesa a quelle d’incontro, così come la Regione o le Regioni concorrenti dovranno presiedere alle operazioni di traghettamento e di accoglienza delle popolazioni sfollate, presumibilmente coordinandosi con le Capitanerie di Porto che devono indicare procedure e varchi, e spazi e servizi infrastrutturali, e poi con la Polizia che dovrà definire modalità utili per mantenere l’ordine pubblico, e con i Vigili del Fuoco per una sicurezza gestionale connessa in ogni caso agli affollamenti.

Secondo la bozza di piano di evacuazione, è misurato in 25.440 unità il numero dei pompeiani che occorrerà evacuare dalla zona rossa in caso di allarme vulcanico, utilizzando mezzi collettivi (Bus), ma anche veicoli privati. Infatti, l’intera popolazione di Pompei dovrà convergere nel porto di Salerno, ma non tutto è chiarissimo e ben spiegato, perché non siamo riusciti a rintracciare il piano di emergenza e di evacuazione che dovrebbe essere già stato elaborato dalla Polizia municipale di Pompei, che ha la responsabilità delle attività di protezione civile sul territorio…

A leggere per sommi capi le strategie del piano di evacuazione generale, è stato previsto orientativamente che il 50% dei cittadini di Pompei, cioè circa 12.720 residenti, necessiterebbero di essere prelevati dalle aree di attesa comunali e trasferiti con gli Autobus regionali fino all’area di primo incontro individuata nel porto di Salerno.
L’altro 50% della popolazione residente si muoverebbe da Pompei utilizzando il parco auto privato, raggiungendo parimenti il porto di Salerno per imbarcarsi sulle navi traghetto. Quindi, nell’area portuale salernitana si ammasserebbero quasi 25.440 cittadini e circa 6000 autovetture: ovviamente sono stime e non dati certificati.

Traghetto tipo per Sicilia e Sardegna

L’impegno navale dovrebbe allora commisurarsi su circa 10 ferry boat o corse corrispondenti per il trasporto delle autovetture, e circa 16 traghetti per trasportare l’intera popolazione. I dati sono assolutamente indicativi e tutti dipendenti dal tipo di navi che s’impegnerebbero all’occorrenza.

Un altro elemento che comporterebbe qualche affanno nelle pratiche d'imbarco, è la contemporanea evacuazione, sempre dal porto di Salerno, di circa 25.007 scafatesi, che sarebbero trasportati sempre con autobus, dalle aree di attesa del comune di Scafati al porto di Salerno, per essere imbarcati su navi traghetto ma in direzione della Sicilia, presumibilmente con destinazione Palermo.


Gli altri 25.007 cittadini che si muoverebbero da Scafati con mezzi propri, seguirebbero presumibilmente il tracciato autostradale della Salerno Reggio Calabria, per raggiungere lo stretto di Messina e da lì la Trinacria.
Quindi e riassumendo: il porto di Salerno è area d’incontro per 2 comuni della zona rossa: Pompei e Scafati per un totale di 50.447 persone e circa 6000 veicoli.
Facendo un po’ di calcoli, per trasportare i 37.727 abitanti tra pompeiani e scafatesi al porto di Salerno, occorrerebbero circa 10 corse orarie di Autobus, per un arco di tempo diuturno misurato in 48 ore. In totale occorrerebbero quindi 471 corse di autobus dalla zona rossa al porto di Salerno…

Consigliamo di valutare bene la necessità di impegnare la Sardegna, che forse poteva rimanere una Regione di riserva per spostamenti di secondo livello e non legati all’evacuazione preventiva.

Sarebbe anche necessario valutare una reale strategia evacuativa d’emergenza, perché quella attuale di allontanamento messa a punto dalle autorità competenti, non è particolarmente efficace a fronteggiare situazioni impreviste che possono materializzarsi anche per il solo insorgere di prodromi eruttivi incalzanti e largamente percepibili, senza per questo chiamare in causa l’imminenza di un’eruzione.

Le filosofie legate alla precauzione, consiglierebbero di elaborare un piano B di evacuazione, autoportante e immediatamente finalizzato a porre fuori dalla zona rossa il maggior numero possibile di vesuviani e nel minor tempo possibile. E poi si pubblichino i piani comunali se esistono, perché fino ad ora siamo stati costretti a partire dal risultato finale, una sorta di formula inversa, per intuire la strategia di salvaguardia dei cittadini dal rischio eruttivo, ma senza ritrovarla scritta nei dettagli da nessun’altra parte… A tal proposito un vademecum  distribuito ai cittadini sarebbe molto utile.
Qualsiasi rettifica o precisazione sull'argomento verrebbe immediatamente pubblicata nei commenti...




sabato 8 dicembre 2018

Vesuvio: gli stoici del pericolo eruttivo... di MalKo


Vesuvio - Eruzione 1944
      
I recenti eventi sismici a bassa magnitudo che hanno interessato per giorni il complesso vulcanico del Somma – Vesuvio, hanno destato nel vesuviano una certa interessata curiosità più che preoccupazione, soprattutto per il protrarsi delle irrequietezze nel sottosuolo del vulcano più famoso del mondo.

Una parte della popolazione che vive alla base dell’arcinoto Vesuvio, percepisce il vulcano come una “montagna” che ha avuto certamente una sua furente giovinezza sancita dall’eruzione di Pompei del 79 d.C., con energie poi sfumate nel corso dei secoli con eventi energeticamente decrescenti fino all’ultima eruzione del 1944. 

I settantaquattro anni che ci separano da questa data, hanno rimosso nell’attuale generazione di giovani e meno giovani, il ricordo dei miti fenomeni vulcanici che si svilupparono in un contesto bellico portatore di molti e più pregnanti problemi: ovviamente in modo direttamente proporzionale alla distanza dall’apparato eruttivo.  Le colate di lava snodandosi molto lentamente nelle terre segnatamente vesuviane, non minacciarono direttamente i vesuviani, ma solo le loro case in modo molto localizzato e in tutti i casi senza intaccare la vicina Napoli.

Vesuvio 1944 - La lava a Terzigno

Neanche la generazione degli scienziati che oggi lavorano e studiano il Vesuvio hanno nel loro curriculum esperienze dirette circa l’osservazione e lo studio dell’andamento dei prodromi prima di un'eruzione. 

Le congetture degli studiosi dell’Osservatorio Vesuviano sono tutte di tipo analitico e tutte da confermare a proposito delle supposizioni che pure è necessario fare, ma occorrerebbe evitare toni da chi ha la situazione in pugno dal punto di vista della previsione delle eruzioni. La comparazione dei dati che si registrano con altri vulcani simili al Vesuvio, certamente aiuta ma non è sinonimo di equivalenza comportamentale dei sistemi magmatici, perché ogni apparato ha caratteristiche diverse, come diverse sono le innumerevoli variabili che entrano in gioco in una scienza, la geologia, che ha limiti esplorativi oggettivi e insormontabili, almeno nell'attualità.

Cosa abbia nel suo grembo il fantomatico Vesuvio nessuno lo sa. Questa crisi sismica che ha riguardato e caratterizzato prevalentemente gli ultimi trenta giorni, è stata definita dalla direttrice dell’Osservatorio Vesuviano assolutamente normale ancorchè rientrante in quegli episodi che periodicamente un vulcano attivo come il Vesuvio manifesta, senza per questo mutare la sua condizione di vulcano quiescente. 
Sono una consuetudine – ripete la Dott.ssa Francesca Bianco - l’insorgere di sciami a bassa magnitudo in questo distretto. Gli strumenti tra l’altro non indicano alcuna variazione dello stato di quiete del Vesuvio, tant’è che l’indice di allerta vulcanica ristagna sul colore verde (Base).

In realtà la stessa cosa la si diceva il 9 ottobre del 1999 quando una scossa di origine vulcanica abbastanza potente (3,6 M) da essere avvertita distintamente dai vesuviani, scatenò paure manifeste. Ne nacque pure una diatriba scientifica tra il Prof. Luongo e la direttrice Civetta, circa la necessità o meno di passare al livello di attenzione vulcanica. In quel periodo però, solo gli addetti ai lavori conoscevano la tavola di allerta con i rispettivi colori e significati. Tra l’altro inizialmente erano 7 i livelli con due di colore giallo: attenzione 1 e attenzione 2.  Su elementi scaturiti dall’esercitazione di protezione civile (Portici) - Vesuvio 2001 -, successivamente furono adottati 4 livelli per 4 corrispondenti fase operative.

La soluzione che adottò l’istituzione scientifica nel 1999 fu salomonica: nei fatti si accentuarono le osservazioni scientifiche ma senza dichiarare alcunché a una popolazione che non era assolutamente in grado di qualificare lo sconosciuto termine attenzione vulcanica, che poteva passare facilmente come allarme vulcanico…

Da un certo punto di vista gli eventi del ’1999 e quelli del ’2018 fanno scuola. Nel primo caso, ne fummo testimoni, si andò molto vicino a una situazione di panico perché i residenti percepirono direttamente il terremoto, e in qualche caso ci furono atteggiamenti molto vicini alla paura. In quel periodo più di qualcuno lasciò la zona rossa…  

Negli eventi di questi giorni invece, la maggior parte della popolazione è stata informata delle scosse sismiche che si susseguivano con frequenza, prevalentemente attraverso i media, spiccatamente i social e i giornali online. Quelli che hanno percepito i leggeri sommovimenti sono stati pochi. Questa condizione ha favorito un’apprensione veramente minima e sonni tranquilli quasi per tutti.  

Come abbiamo avuto modo di dire altre volte, all’occorrenza sarà proprio la percezione diretta che qualcosa stia cambiando nello status del Vesuvio, a minare la compostezza e l’efficacia delle operazioni di evacuazione della popolazione vesuviana. Diversamente, lo stato di allarme dichiarato dalle autorità governative senza che i cittadini avvertano i segnali ambientali di pericolo, favoriranno un esodo meno caotico e pericoloso.

Intanto i reportage giornalistici dalle falde del Vesuvio ci hanno proposto stoici personaggi che affermavano con grande sicumera di non aver paura della montagna buona, con cui condividono amorevolmente e da tanti anni, spazi e percorsi di vita. Premesso che il Vesuvio non ha amici ma neanche nemici, la realtà come sapete è tutt’altra.  

Generalmente quando il pericolo diventa qualcosa di molto più concreto di una sensazione o di una informazione, come può essere quella dettata dall’ambiente circostante che vibra e trema e oscilla e tuona, i freni inibitori del panico cedono in una misura anche legata al perdurare dello stimolo inusuale.  L’eroismo consiste nel governare la paura e l’istinto di sopravvivenza attraverso la contrapposizione di uno stimolo bilanciante ancora più grande, che può essere un alto ideale o il bene supremo che ci porta magari al sacrificio della nostra vita per salvarne altre.

Nella resistenza…nella resilienza al vulcano, non c’è nulla di tutto questo. Offrire il petto non già alle pallottole ma alla colata piroclastica, non avrebbe nulla di eroico, e non si passerebbe alla storia come Leonida alle Termopili, solo perché cenere e lapilli oscurerebbero il cielo… Gli stoici allora dovrebbero dire la verità, cioè -  non abbiamo un altro posto dove andare e soprattutto finché è possibile non vogliamo allontanarci dal teatro delle nostre radicate abitudini perché tutto sommato il Vesuvio dal nostro punto di vista è una imperturbabile montagna minimamente vitale, ma non per questo percepiamo pericoli e in tutti i casi il monte ci darebbe il tempo di scappare -.

Vesuvio - 1944


Gli stoici del vesuviano in realtà sono intervistati da molte televisioni con intervistatori che si fanno dire da costoro esattamente quello che già sanno che diranno. In altri casi invece, gli intervistati segnalano il fatalismo della loro condizione di “esposti”, della serie il destino ci ha messi su questa ruota territoriale esponendoci a dei rischi, che accettiamo nella consapevolezza delle incognite esistenti abitando in questi luoghi pericolosi. Versione rispettabile…

Lo stoico viene sempre preso con le molle però, e quindi è meno pericoloso mediaticamente di quelli che dall’alto di pulpiti a maggior incidenza persuasiva, dicono che gli strumenti non segnalano variazioni allarmanti. Occorre dire che il mutismo dello strumento per sua natura non allarma, bensì registra: è l’uomo che può allarmare o chetare. Certo, sapere che c’è un accordo di riservatezza tra chi ha gli strumenti in mano e chi dovrà decidere di diffondere l’allarme, non facilita l’instaurarsi di un rapporto di fiducia, visto che si censura il diritto alla conoscenza. Anche in questo caso, sono in pochissimi a conoscere l’esistenza di questi accordi…

Ancora più micidiali sono quelli sempre di collocazione istituzionale o pseudo tale, che dicono che un’eruzione è rilevabile almeno un mese prima, grazie ai formidabili strumenti iper tecnologici ben collocati su ampio raggio, che sono capaci di cogliere ogni piccolo cambiamento nel sottosuolo profondo vulcanico...

Dal nostro punto di vista un po’ pragmatico invece, ogni sciame sismico rappresenta un grosso punto interrogativo, perché la presenza e la persistenza dei sussulti crostali e litosferici non è decifrabile in seno ad un vulcano, e soprattutto non sono prevedibili le intensità dei sismi che potrebbero ancora ripresentarsi come continuità del fenomeno, con esiti magari imprevedibili e indesiderati. La sequenza sismica può interrompersi dopo alcune ore o giorni o settimane, così come può continuare magari per mesi e al rialzo, e non ci sono strumentazioni che hanno il dono della preveggenza dando un significato certo ai valori colti in automatico, anche dal punto di vista della temporalità del fenomeno. La scienza può e dovrebbe solo dire nel merito: per il momento la situazione indicata dai valori strumentali non sembra evolversi verso una condizione diversa dalla quiescenza di base…

In quest’ottica, la lezione che ci proviene dal terremoto dell’Aquila del 6 aprile 2009, dovrebbe essere alquanto formativa. In qualsiasi modo la si voglia girare, la riunione di esperti che si riunì nel capoluogo abruzzese pochi giorni prima del forte sisma, a prescindere dal livello di responsabilità personale, escluse che la sequenza di terremoti a bassa energia che si protraeva da mesi in quella zona, potesse poi sfociare in un terremoto ad alta magnitudo. Purtroppo la previsione ad excludendum così formulata dal consesso di esperti, appena una settimana dopo si rivelò fallace: la catastrofe sismica si abbatté su uomini e cose, seguita poi da una spirale di polemiche mai completamente sopite.

l comunicati allora dovrebbero essere maggiormente calzanti alle incognite e ai risultati fin qui raggiunti dalla scienza, per non ricalcare gli antefatti dell’Aquila dove qualcuno per distinguersi volle essere più rassicurante di altri.

Questa ed altre crisi sismiche, che si focalizzano più o meno sempre nello stesso punto, cioè nell’area del condotto centrale del Vesuvio, che dovrebbe essere anche il luogo maggiormente cedevole alle insufflazioni di fluidi e magma, deve essere seguita, e sicuramente lo è, con molta attenzione dal mondo scientifico ma anche dalla popolazione, che ricopre con molta partecipazione il ruolo di mero terminale delle informazioni istituzionali. I cittadini non dovrebbe essere un elemento astratto a cui dar conto solo quando il grande manovratore decide che è arrivato il momento di muovere le leve che lo riguardano…

Vesuvio 1944 - la lava distrugge case


L’autorità scientifica qualche volta e con fastidio chiama in causa i blogger e i social, rei di allarmismo ingiustificato. Viceversa, da alcuni blogger, partono note contrarie che accennano a un eccessivo manifesto ottimismo dell’autorità, perché mancano quei presupposti scientifici incontrovertibili e rigorosi per aspergere certezze. Magari ci sarebbe maggiore serenità se i dati di monitoraggio del vulcano venissero pubblicati online in tempo reale.  

I Sindaci neanche provano ad entrare in questo dibattito e ringraziano caldamente, perché in questo piccolo scambio di vedute utile a concentrare l’attenzione su aspetti diversi dalle loro dirette e fondamentali competenze in tema di sicurezza, possono continuare nel loro collaudato e sostanziale atteggiamento da pesce in barile, almeno fino a quando non dovranno affrontare un primo livello di allerta coi cittadini che batteranno alla loro porta per sapere, fagotti in mano, se devono o non devono lasciare la zona rossa

Vesuvio 1944 - Aeroporto Terzigno/Pompei -
 Bombardiere americano bombardato dalla cenere e dai lapilli dell'eruzione.


domenica 2 dicembre 2018

Rischio Vesuvio: apprensione nel vesuviano... di MalKo


Vesuvio


Da un po' di tempo il Vesuvio sembra vivere una certa irrequietezza sismica anche se a bassa magnitudo. Il dato che sembra emergere da questi moderati sussulti non è comprensibile e classificabile da parte delle autorità scientifiche, che possono emettere solo comunicati della serie è un vulcano quiescente ma pur sempre attivo, e quindi che ci sia attività sismica rientra nella normalità delle cose.

Che sia normale o anormale in realtà lo possiamo constatare a distanza di tempo, analizzando gli sviluppi dei precursori che possono pluralizzarsi e acuirsi, o viceversa riassopirsi fino a valori strumentali minimi e classici per la condizione di base.

Secondo le procedure scientifiche, se più parametri di monitoraggio vulcanico presentano anomalie rispetto ai valori definibili di base, lo stato di allerta vulcanica viene portato a un livello di attenzione (vedi tabella sottostante), alla stregua di quanto è stato fatto per i Campi Flegrei. Lo stato di allerta vulcanica al Vesuvio, è bene ricordarlo, al momento è a un livello verde (Base).

I Livelli di Allerta Vulcanica.

In tutti i casi la sola anomalia sismica pare non sia sufficiente per far scattare l’automatismo scientifico verso una condizione di attenzione. Quindi, sarebbe interessante sapere se gli altri parametri (temperatura fumarole; composizione gas fumarolici; deformazioni dei suoli; ecc.) mantengono in questo periodo e nell’attualità, valori di tutta tranquillità. Occorre attendere il bollettino mensile…

Quello che ci chiediamo spesso, a proposito della scala dei livelli di allerta, è il perché occorre che debbano variare almeno due parametri per passare allo stato di attenzione (giallo). Semmai dovesse permanere una condizione accentuata e perdurante di sciami sismici e tremori simici con un’incidenza al rialzo, che si fa, si aspetta il mutamento di un altro valore che potrebbe non esserci per dichiarare lo stato di attenzione vulcanica? Il Vesuvio non è una depressione: è una montagna…

Occorre poi dire che l’accordo di riservatezza stipulato dall’Osservatorio Vesuviano con il Dipartimento della Protezione Civile a proposito della trasmissione dei dati geofisici e geochimici ad oggetto il Vesuvio, non è rassicurante.  
Ai cittadini bisogna poi dire: non focalizzatevi solo sul mondo scientifico a proposito della vostra sicurezza, perché ci sono dei limiti di insondabilità oggettivi del sottosuolo profondo che oggi non è possibile superare.

Avete mai pensato invece, che in superficie a proposito della incolumità ci sono responsabilità precise che ricadono sul Sindaco quale autorità di protezione civile? Il Vostro sindaco sta facendo il suo dovere a proposito del rischio Vesuvio? La risposta è affermativa se rispondete a queste domande senza tentennamenti:

  1. Conoscete i contenuti del piano d’emergenza comunale a fronte del rischio Vesuvio?
  2. Conoscete le aree di attesa dove tutti coloro non provvisti di mezzi di locomozione devono attendere i Bus regionali per allontanarsi?
  3.  Conoscete l’ubicazione delle aree d’incontro che vi riguardano?
  4. Conoscete i punti di prima accoglienza e la regione di destinazione a cui siete legati per le clausole di gemellaggio?
  5. Conoscete i vostri diritti legati all’informazione corretta e puntuale che deve esservi assicurata dal Sindaco?
  6. Conoscete i dispositivi di viabilità locale a fronte di un’evacuazione totale dei territori comunali?
  7. Conoscete l’ubicazione del cancello da varcare per potersi immettere sulla viabilità principale di allontanamento?
  8. Sapete quello che potete fare se viene dichiarato lo stato di pre allarme?

Gli eventi sismici di origine vulcanica che hanno caratterizzato questi ultimi giorni, potrebbero essere semplici sommovimenti di riassestamento ad oggetto il sottosuolo vulcanico. Se sarà qualcosa di diverso ce ne accorgeremo nei prossimi giorni, settimane o mesi. Chi vive in area vulcanica non può permettersi né di allarmarsi oltre misura ma neanche di assumere un atteggiamento di indifferenza. Bisogna essere sereni e attenti e documentarsi e avere le idee chiare,anche a proposito dei diritti come quello alla sicurezza che oggi forse non è garantito…

Zona rossa Vesuvio: comprende tutti i comuni che devono evacuare in caso di allarme vulcanico.