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lunedì 27 maggio 2013

Ischia isola vulcanica: Intervista al Prof. G. Mastrolorenzo.




         
           " Ischia isola vulcanica: intervista al Professor Giuseppe Mastrolorenzo " di MalKo
L’isola d’Ischia comprende un distretto vulcanico che ha dato per il passato origine a fenomeni eruttivi molto intensi, come quelli che circa  55.000 anni fa diedero corpo al tufo verde, un litoide caratteristico le cui sfumature verdastre sono il risultato dell’ingressione del mare nell’area calderica.
L’eruzione dell’Arso nell’anno 1302 è stata l’ultima registrata sull’isola. Da allora persistono fenomeni di vulcanesimo che generano prevalentemente acqua calda e vapore in una quantità tale da rendere Ischia particolarmente ambita per il turismo termale.
Il Monte Epomeo, formatosi su di un campo vulcanico, è il rilievo più alto dell’isola (787 metri sul livello del mare). Questa cima è ritenuta da molti e a tutti gli effetti un  vulcano. La classificazione in realtà è un po’ più complessa perché non si tratterebbe di un edificio vulcanico nel senso classico, bensì di un “pilastro” tufaceo sorto all’interno di un’area vulcanica. L’Epomeo, infatti, non ha un condotto e una storia eruttiva autonoma recente. Ovviamente però, è “figlio” di quel campo vulcanico da cui si erge per cause dinamiche afferenti alla camera magmatica sottostante.  Anche se il rischio eruttivo non sembra manifesto, l’isola d’Ischia è comunque la parte emersa di una caldera vulcanica ancora attiva.
Sulla ridente isola verde, la sera del 28 luglio del 1883 avvenne un violento terremoto (Casamicciola): durò sedici secondi, ma fu sufficiente per cagionare 2.333 morti. La sventura coinvolse pure l’allora giovanissimo Benedetto Croce, ad Ischia per le vacanze estive, che rimase ferito e bloccato per diverse ore tra le macerie, prima di essere tratto in salvo.
In termini di rischio Ischia ha insito nelle sue viscere due pericoli potenziali: quello vulcanico e quello sismico. Per la fragilità del tufo poi, il dissesto idrogeologico particolarmente evidente sui versanti scoscesi delle alture, non fa che accrescere i rischi già menzionati che potrebbero essere amplificati dall’insorgere di frane causate dai sommovimenti crostali (terremoti).
L’ex capo dipartimento della protezione civile, Bertolaso, quasi un anno fa esordì con un’affermazione per molti versi discutibile e che fece letteralmente scalpore:<< Il Vesuvio indubbiamente è il problema più grande di protezione civile che abbiamo in Italia, disse…ma Il colpo in canna però, ce l’ha il Monte Epomeo ad Ischia…>>.
Per dissipare qualche dubbio attuale e annoso, facciamo appello, come sempre, sulla gentile disponibilità del Professor Giuseppe Mastrolorenzo, cui ci rivolgiamo per chiarimenti.
1) Egregio Professore, la storia geologica d’ischia è molto dissimile dagli altri due distretti vulcanici campani (Campi Flegrei e Vesuvio)?
L’Isola di Ischia è il risultato di una lunga sequenza di eventi vulcanici e vulcano-tettonici, che almeno per  quanto riguarda la parte rilevabile in superficie, è iniziata oltre 150000 anni fa. Benché la composizione dei magmi eruttati si avvicini a quella dei Campi Flegrei, la storia dell’Isola è indipendente da quella degli altri vulcani dell’area napoletana (Vesuvio, Campi Flegrei e Procida). Dal punto di vista dell’evoluzione vulcanologica, Ischia presenta alcune analogie con la caldera dei Campi Flegrei, seppure età degli eventi e tipologie eruttive mostrino notevoli differenze. Infatti, anche l’Isola, dopo la prima fase di attività eruttiva intensa, fu interessata da estesi sprofondamenti vulcano-tettonici, con la formazione di una struttura calderica. Analogamente a quanto avvenne nella caldera flegrea, questa fase fu seguita da una stasi e, quindi, da nuova attività vulcanica con bocche eruttive distribuite su di una vasta area. In sintesi, contrariamente a quanto avviene in vulcani centrali come il Somma-Vesuvio, l’attività vulcanica dell’isola si è manifestata lungo strutture tettoniche estese, con la formazione di decine di singoli apparati vulcanici, similmente a quanto è successo nel campo vulcanico dei Campi Flegrei.
2) Potrebbe verificarsi un’escalation eruttiva capace di coinvolgere tutte e tre le aree vulcaniche campane contemporaneamente?
I centri eruttivi, così come i sistemi magmatici superficiali dei tre distretti vulcanici campani, sono totalmente distinti. Pertanto, non è assolutamente ipotizzabile un evento vulcanico che coinvolga Vesuvio, Campi Flegrei ed Ischia. E’ possibile invece, che eventi di particolare intensità possano produrre la deposizione di materiale piroclastico (cenere e lapilli), in un’area abbastanza vasta da comprendere i tre sistemi vulcanici citati. Eventi simili sono già avvenuti in passato e i depositi vulcanici sono ancora oggi rilevabili nelle sequenze stratigrafiche.
3) Il Monte Epomeo cos’è esattamente? E’ corretto definirlo un vulcano?
Erroneamente il Monte Epomeo è stato definito come un vulcano non solo dai mass media ma anche da autorevoli esponenti della Protezione Civile Nazionale. In realtà si tratta di una struttura tettonica definita Horst vulcano-tettonico: in parole semplici è il risultato dell’innalzamento avvenuto nel corso di migliaia di anni di una sorta di “pilastro tufaceo” che ha raggiunto quota 787 metri sul livello del mare. L’inizio di tale ascesa è probabilmente databile a non meno di 33000 anni fa e in un periodo successivo all’attività eruttiva che generò appunto il tufo verde del Monte Epomeo. Eruzione quest’ultima, di 55000 anni fa, che ha lasciato una sequenza di depositi vulcanici spessi diverse centinaia di metri di natura litoide. Le cause del sollevamento del “blocco” (Monte Epomeo), sono state ricondotte alla spinta verticale generata dal sistema magmatico presente  al di sotto dell’isola che è anche responsabile  dell’intenso vulcanismo. In realtà il processo di sollevamento, definito pure come risorgenza calderica, sembra essere il risultato di una più complessa combinazione del campo di sforzo regionale e, quindi, delle compressioni e delle tensioni crostali attive lungo il margine tirrenico, che si combinano con la spinta verticale prodotta invece dal sistema magmatico superficiale. L’attività eruttiva successiva alla formazione del tufo verde dell’Epomeo, non si colloca in prossimità del rilievo montuoso, ma lungo linee di debolezza strutturali, poste prevalentemente ai bordi del blocco sollevato. In altre parole, non esistono bocche eruttive sul Monte Epomeo.
4) Bertolaso quando esordì con la famosa frase del colpo in canna, parlava di pericoli potenziali, presumibilmente di natura vulcanica. Sono stati predisposti degli scenari su questi eventi ipotizzati dall’ex capo dipartimento alla stregua di quanto è stato fatto per il Vesuvio?
Allo stato attuale, a fronte delle dichiarazioni allarmistiche e scientificamente errate dell’ex Capo della Protezione Civile, Guido Bertolaso, non esiste alcun piano di emergenza per un eventuale possibile evento eruttivo a Ischia, così come non sono stati elaborati scenari di riferimento su base vulcanologica. Tale situazione è molto critica, data l’elevata attività documentata sull’isola nelle ultime migliaia di anni e l’evidenza di una notevole attività sismica di origine vulcano-tettonica, che testimonia l’elevata energia disponibile nel sistema.
5) I sommovimenti della camera magmatica sono all’origine dei terremoti sull’isola verde?
Le relazioni genetiche tra l’attività sismica e l’evoluzione del sistema magmatico restano di difficile investigazione. E’ probabile, infatti, che l’attività sismica sia riconducibile almeno in generale alla presenza di un importante sistema magmatico a bassa profondità, ma restano poco chiare le relazioni tra le diverse fenomenologie.
6) Perché qui i terremoti sono per certi versi ristretti come raggio ma intensi e micidiali?
Un’idea del rischio associato a eventi sismici sull’isola, ci proviene dalla cronaca del drammatico terremoto avvenuto la sera del 28 luglio 1883, che causò la distruzione pressoché totale di Casamicciola con 2.333 vittime. L’evento, generato da faglie attive bordanti a nord il Monte Epomeo, la zona più attiva dell’isola, di magnitudo stimata intorno al quinto grado Richter, a causa della bassa profondità ipocentrale causò elevatissimi valori d’intensità macrosismica, che in alcune aree raggiunse addirittura l’XI grado MCS (scala del danneggiamento di uso corrente derivata dalla Scala Mercalli). La percentuale di edifici crollati o gravemente lesionati dal sisma fu altissima. L’estrema superficialità dell’evento, tra 1 e 2 km. di profondità, fu alla base di effetti intensi entro un raggio di circa 2 km. dall’epicentro, e di una rapidissima attenuazione degli stessi già nel vicino comune di Ischia, dove l’intensità risultò in media inferiore al VI grado.   L’amplificazione degli effetti in superficie in una ristretta area intorno all’epicentro, con modesti valori di magnitudo, e quindi dell’energia rilasciata dal terremoto, sono tipici delle aree vulcaniche e derivano sempre dalla bassa profondità degli ipocentri. Comportamenti analoghi furono registrati anche durante l’ultima crisi bradisismica ai Campi Flegrei.
7) C’è una continuità di fenomeni vulcanici sottomarini tra Ischia e i Campi Flegrei o le due caldere sono strettamente divise e riconoscibili?
In realtà l’isola di Procida, localizzata tra la caldera attiva dei Campi Flegrei e quella di Ischia, sia cronologicamente che come tipologia di fenomeni eruttivi, presenta analogie con i due sistemi vulcanici appena citati. Tuttavia la composizione dei prodotti eruttivi presenta caratteristiche distinte, indicando che seppure il vulcanismo dell’area ha certamente radici comuni, almeno a livello dei sistemi magmatici attivi superficiali presenta distinzioni sostanziali. In particolare, l’isola di Procida non ha manifestato eventi eruttivi negli ultimi 14000 anni.
8) L’ordine di pericolosità per Ischia prevede il rischio vulcanico al primo posto o tale primato spetta a quello sismico?
Ischia presenta le stesse tipologie di rischi naturali comuni alle altre aree vulcaniche dell’area napoletana: rischio sismico, vulcanico e idrogeologico. Tutti rischi questi, strettamente connessi tra di loro, che si manifestano con intensità diversa e che sono di complessa valutazione. In termini di frequenza, cioè di numero di eventi nell’unità di tempo, certamente frane, terremoti ed eruzioni vulcaniche, presentano una probabilità di accadimento nell’ordine molto diversa fra loro.  I fenomeni franosi sono ovviamente più frequenti di quelli sismici e vulcanici, che di contro però, sono molto più devastanti.  Il rischio sismico, rispetto a quello vulcanico è più facilmente mitigabile attraverso la realizzazione di costruzioni antisismiche. Il rischio vulcanico comunque, consente pure un buon livello di mitigazione, purché si adottino validi piani di emergenza capaci di porre lontano la popolazione esposta al pericolo, nel momento in cui dovessero manifestarsi fenomeni precursori significativi.
Queste differenze rendono poco indicativa una classifica dei rischi. Oltretutto un’eventuale crisi vulcanica comporterebbe con grande probabilità tutte le tipologie di eventi citati. Tant’è che un’intensa attività sismica pre-eruttiva ed eruttiva, così come eventi franosi durante e prevalentemente dopo l’evento vulcanico, potrebbero uguagliare se non superare, in termini di devastazione, la stessa eruzione. Contrariamente all’attività sismica che è da ritenersi limitata a valori modesti di magnitudo, l’attività vulcanica può raggiungere livelli energetici anche di notevole intensità (Volcanic explosivity index).
9) Il monitoraggio dei fenomeni legati al vulcanesimo ischitano negli ultimi anni, cosa lascia ritenere nel breve medio e lungo periodo? Ovviamente con tutti i limiti della previsione scientifica in questo campo…
L’isola di Ischia è monitorata dall’Osservatorio Vesuviano con un completo sistema di sensori in grado di rilevare qualsiasi modificazione di natura geofisica e geochimica. Purtroppo, a causa della sua estrema complessità, il sistema vulcanico non consente alcuna previsione a lungo termine, ma solo l’immediata rilevazione di qualsiasi modificazione del sistema, quale possibile precursore di eruzioni. Allo stato attuale l’assenza di anomalie non può costituire motivo di rassicurazione per il futuro, ma solo per il breve termine. D’altra parte questa è una condizione comune a tutti gli altri vulcani attivi. Lo strumento indispensabile per garantire la sicurezza della collettività esposta al rischio vulcanico,ripetiamo, è un adeguato piano di evacuazione e un’autorità di protezione civile in grado di assumere efficacemente la gestione delle operazioni di salvaguardia, nel caso che vengano rilevate  significative modificazioni  dei parametri geofisici e geochimici. Qualsiasi improvvisazione o valutazione ottimistica sulla pericolosità di Ischia, così come per i Campi Flegrei e il Vesuvio, è un pericoloso azzardo.

(Un particolare ringraziamento va al Professor Giuseppe Mastrolorenzo che, attraverso una  dettagliata esposizione delle caratteristiche dei distretti vulcanici campani, ci ha consentito di avere un quadro d’insieme molto chiaro sul rischio vulcanico che caratterizza il territorio napoletano).

 

1 commento:

  1. articolo pubblicato su hyde park il 28 marzo 2011.
    http://www.rivistahydepark.org/rischio-vesuvio-campania/%E2%80%9Cischia-l%E2%80%99isola-vulcanica-intervista-al-professore-giuseppe-mastrolorenzo%E2%80%9D-di-malko/

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