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martedì 27 settembre 2016

Campi Flegre: l'inquieta caldera vulcanica... di MalKo


Campi Flegrei - Pozzuoli - Il Rione Terra


I Campi Flegrei sono un’area vulcanica di circa 10 Km. di diametro, che caratterizza la parte occidentale della città metropolitana di Napoli, che in questa zona annovera non pochi quartieri che insieme alle cittadine di Pozzuoli, Quarto, Bacoli e Monte di Procida, formano il semicerchio subaereo della caldera flegrea, il cui continuo digrada e affonda nelle acque del Golfo di Pozzuoli. La città puteolana si trova nella parte centrale della caldera vulcanica, lì dove le spinte sotterranee sembrano avere una maggiore incidenza…



La Zona Rossa flegrea che vedete in figura, è quella da evacuare cautelativamente in caso di ripresa dell’attività eruttiva dei Campi Flegrei, così come sancito dal D.M. del Presidente del Consiglio in data 24 giugno 2016. Infatti, il rischio che tale area venga invasa dalle colate piroclastiche, il fenomeno più temibile di un’eruzione vulcanica, è molto alto. Questa classificazione di alta pericolosità vulcanica avrebbe dovuto comportare in pari data l’emanazione del decreto legge regionale di inedificabilità totale ad uso residenziale. Sostanzialmente la stessa regola utilizzata per la zona rossa Vesuvio (Rossa 1), che è vincolata per le attività cementizie ai disposti della legge regionale Campania n° 21 del 2003. Nelle zone rosse si dovranno costruire solo opere d’interesse pubblico che non comportino un aumento della popolazione residente.

La zona rossa flegrea, comprende quindi Pozzuoli, Monte di Procida, Bacoli, Quarto e alcune porzioni dei territori di Giugliano in Campania e Marano di Napoli. Ed ancora e per intero le circoscrizioni della città di Napoli quali Soccavo, Pianura, Bagnoli, Fuorigrotta e parzialmente settori delle municipalità di San Ferdinando, Posillipo, Chiaia, Arenella, Vomero e Chiaiano, per un totale di 550.000 abitanti.

La storia eruttiva dei Campi Flegrei narra di tre periodi diversi dove le eruzioni si sono susseguite con una certa frequenza ma anche intervallate da lunghe quiescenze vulcaniche. Secondo alcuni ricercatori, ai fini della determinazione degli scenari eruttivi da cui bisognerà un giorno difendersi, occorre concentrare l’attenzione sulla terza fase dei Campi Flegrei, ovvero sugli ultimi 5000 anni di vita geologica.
Secondo pubblicazioni ufficiali, la secolare subsidenza che ha interessato i Campi Flegrei, ha avuto un’inversione di tendenza a partire dal 1950. Un anno che potremmo definire di svolta geologica, perché il suolo ha iniziato a sollevarsi a tratti anche velocemente, dando così corso e spazio al famoso fenomeno del bradisismo puteolano. Un fenomeno che ancora oggi procede lentamente, segnando anche brevi periodi di stasi se non di regressione, che comunque e nell’insieme presenta un perdurevole trend al rialzo. Altre fenomenologie ancora indicano chiaramente una rinnovata quanto preoccupante vivacità del sottosuolo calderico dei Campi Flegrei.

Nell’attualità si registra alla stazione del Rione Terra (Pozzuoli) e a partire dal mese di gennaio 2016, un innalzamento del suolo misurato in 7 centimetri.

Durante la crisi bradisismica dal 1982 al 1985, la massima velocità di sollevamento si ebbe nel mese di ottobre del 1983 con 14,5 cm in un mese. Quando terminò il fenomeno nel 1985, si contò un dislivello di + 1,79 m che, sommato ai rigonfiamenti ascrivibili alle crisi precedenti, segnò una deformazione totale e verticale del piano campagna valutabile in + 3,34 metri rispetto ai livellamenti del 1968.
Dal 1985 e fino al 2004 il suolo ha ripreso ad abbassarsi di quasi un metro, anche se in quest’arco di tempo bisogna registrare oscillazioni tanto positive quanto negative del bradisismo. Dal 2004 al 2005 si registrò una stasi nelle deformazioni. Già dal 2005 però, nuove energie ridiedero tono al sollevamento del terreno congiuntamente a una modifica nella quantità e qualità dei gas fumarolici soprattutto a ridosso della Solfatara.

Il bradisismo quindi, oltre ad essere un fenomeno particolare del vulcanesimo che implica strascichi strutturali nell’edificato, è senz’altro un indicatore di rischio vulcanico, perché direttamente o indirettamente implica il magma sottostante. L’attuale ascesa dei suoli dura da ben 11 anni. Anche le manifestazioni idrotermali nell’area flegrea sono abbastanza diffuse tanto in mare quanto nel settore interno ed esterno della Solfatara, in località Pisciarelli, dove alcune macroscopiche fenomenologie, come l’aumento dell’attività fumarolica e di temperatura dei fluidi, insieme a un massiccio incremento della degassazione dell’anidride carbonica dai suoli, che raggiunse (2001) un’emissione di 1500 tonnellate al giorno, hanno contribuito ad accendere l’attenzione sul rischio vulcanico ai Campi Flegrei.

Secondo gli studi e le analisi campali condotte dal Dott. Giovanni Chiodini (INGV), è stato possibile valutare che la degassazione di anidride carbonica nella zona di Pisciarelli è praticamente raddoppiata rispetto al 2001, tant’è che nel mese di gennaio 2015 si contava una dispersione di questo gas asfissiante nell’ordine delle 3000 tonnellate al giorno.
Un dato di tutto rispetto… Come di notevole valore sono i 420° C. misurati un po’ di anni fa alla base del pozzo di S. Vito (-3046 mt.): una temperatura per dare l’idea, sufficiente per cagionare la fusione dello zinco. Nella zona di Mofete, a 2700 metri di profondità, non da meno si riscontrano temperature nell’ordine dei 350° C.
 
Probabilmente all’origine della decisione della commissione grandi rischi di segnalare alla Protezione Civile la necessità di instaurare lo stato di attenzione vulcanica ai Campi Flegrei (dicembre 2012), cioè il passaggio a un primo livello di allerta vulcanica tuttora vigente, non è da escludere che ci siano proprio le anomalie fumaroliche della zona Pisciarelli congiuntamente alla ripresa del bradisismo.


Livelli di allerta vulcanica



Lo Sato di attenzione vulcanica comporta l’emissione settimanale di un bollettino vulcanologico a cura dell’Osservatorio Vesuviano. L’informazione dovrebbe poi essere replicata e diffusa ai cittadini attraverso i mezzi di comunicazione locali. Il comune d’altra parte nella fase di attenzione ha il precipuo compito di rodare le attività previste nella successiva fase di preallarme, che contempla tra l’altro l’esodo spontaneo delle popolazioni e l’evacuazione preventiva degli ospedali.

La zona di Pisciarelli tanto per rimanere ancora nell’attualità, coincide praticamente con quella di Scarfoglio, località dove secondo un’ipotesi progettuale dovrebbe realizzarsi una centrale geotermica per la produzione di energia elettrica. L’impianto sfrutterebbe i fluidi geotermici a 180° C prelevati a circa 1000 metri di profondità per poi reiniettarli nel sottosuolo d’origine.
Il rischio connesso a un’esplosione freatica in questa zona pregna d’acqua e di calore ci sembra alto, come alta potrebbe essere la dispersione in atmosfera di indesiderate e massicce quantità di anidride carbonica, favorite dalla pratica delle trivellazioni o dall’esplosione del pozzo. Un progetto geotermico che riteniamo francamente improponibile in un contesto territoriale ribollente e classificato ufficialmente da un atto dello Stato come ad alta pericolosità vulcanica…

Ulteriori e recenti studi a cura del Dott. D’Auria (INGV), lasciano ritenere probabile che nei suoli flegrei si siano insinuati dal profondo della camera magmatica (8 Km), filoni di magma che sono ascesi fino a 3 km dalla superficie per poi slargarsi brevemente, generando quei micro sismi con qualche evento a sciami che tanto hanno allarmato la platea scolastica qualche anno fa. Queste intrusioni potrebbero apportare calore ed essere responsabili dell’aumento dalle fumarole dei gas di origine magmatica.

Campi Flegrei: vecchia zona rossa, nuova zona rossa e linea nera Orsi.

Secondo il ricercatore Dott. Orsi (INGV), la storia eruttiva degli ultimi 5000 anni come già accennavamo in precedenza, è quella contenente gli elementi di geo vulcanologia da cui bisogna trarre gli scenari eruttivi di riferimento per la redazione dei piani d’emergenza.

La linea nera Orsi che qui vediamo raffigurata, indica i limiti di deposito dei flussi piroclastici prodotti da eventi verificatesi appunto negli ultimi 5000 anni nella caldera. Si contano in tale periodo 24 eruzioni di cui 21 a carattere esplosivo e 3 ad andamento effusivo. L’ultima eruzione riportata negli annali storici è quella che portò alla nascita del Monte Nuovo (Pozzuoli), che si erge per 133 metri sul livello del mare. L’eruzione si verificò nel 1538 e fu preceduta da eventi sismici e poco prima dell’eruzione da un sommovimento bradisismico accentuato al punto da mettere allo scoperto il fondo del mare costellato di pesci.
Dagli studi statistici che hanno analizzato le eruzioni in caldera negli ultimi 5000 anni di attività, è stata elaborata una stima statistica circa la probabilità condizionata di accadimento di quella che potrebbe essere la futura eruzione ai Campi Flegrei. La tabella sottostante indica quindi queste percentuali:

Campi Flegrei: statistica VEI 

Analizzando i risultati, è stato ritenuto probabile che una prossima eruzione ai Campi Flegrei possa presentare valori di esplosività non eccedenti una eruzione di intensità VEI 4.  Sostanzialmente queste conclusioni rispecchiano quelle già elaborate per il Vesuvio dove una VEI 4 corrisponde similmente a una sub pliniana…
Ovviamente la scala energetica dell’eruzione potrebbe essere influenzata dall’ingressione delle acque che potrebbero contattare il magma. Infatti, stante le caratteristiche della caldera, non si può escludere che una eventuale eruzione possa verificarsi in mare o nelle zone lacuali o in altri settori pregni di acqua idrotermale come quelli di Agnano-Pisciarelli.

La zona dove secondo gli esperti sussiste una maggiore possibilità di apertura di una bocca eruttiva è quella che vedete cerchiata grossolanamente nell’immagine sottostante.
Trattasi ovviamente, precisiamo, di una probabilità, perché le relazioni scientifiche sottolineano che qualsiasi punto della depressione calderica potrebbe essere sede di una bocca eruttiva.
Le problematiche della previsione del rischio vulcanico comportano elementi di incertezza oggettivi e comuni ad altri distretti napoletani, come ad esempio sul quando avverrà un’eruzione e di che tipo sarà quest’eruzione: domande clou che rimangono senza risposta. A differenza degli imprevedibili terremoti, nel caso delle eruzioni la previsione dell’evento potrebbe azzardarsi con una certa probabilità di successo alcuni giorni se non poche ore prima dell’evento.

Con siffatti tempi a disposizione (72 ore), evacuare un milione di persone (Vesuvio) non è facile nel giro di qualche giorno, così come sarebbe oggetto di grosse polemiche un'evacuazione senza che si manifestasse poi l’eruzione.


Per evitare il mancato allarme o il falso allarme, le due condizioni estreme, è necessario attendere ragionevolmente che i prodromi eruttivi siano colti in una misura e in un tempo tale da non incorrere in una delle due condizioni citate in precedenza. Cogliere il momento giusto è molto difficile, ma può aiutare molto un'efficiente organizzazione evacuativa capace di mettere rapidamente in sicurezza i cittadini. Non c’è previsione invece, neanche a ridosso dell’evento, per individuare la tipologia eruttiva che sarà svelata esclusivamente con eruzione in corso.  

Per la caldera flegrea, l’ulteriore elemento d’incertezza è dato dall’incognita circa il punto dove avverrà l’eruzione, che anche in questo caso potrebbe essere individuato solo poche ore prima dell’evento. A queste non marginali incertezze, bisogna aggiungere pure la considerazione che non si può escludere che si possano attivare contemporaneamente più bocche eruttive…

La popolazione flegrea oggi è forse quella più in evidenza a proposito del rischio vulcanico, perché questo sottosuolo ardente è teatro di una serie di processi geochimici e geofisici che lasciano ritenere fortemente probabile l'innesco di interazioni da parte di intrusioni magmatiche. Un situazione però, che, nonostante le evidenti anomalie, potrebbe mantenere queste soglie di incertezza con alti e bassi per secoli, o, viceversa, gli eventi potrebbero evolversi in un pericoloso crescendo nel giro di poco tempo...

Il passaggio allo stato di attenzione vulcanica non è un mero processo burocratico, ma rende necessario stabilire anche politicamente delle assolute priorità in ordine alla organizzazione di protezione civile che bisognerà assegnare all’area flegrea.

Nel merito si rende quindi improcrastinabile varare il vincolo vulcanico alla cementificazione di tipo residenziale nella zona rossa flegrea, perché le esigenze della protezione civile e le incertezze legate a un pericolo di cui non è garantita un’utile prevedibilità, non tollerano oltre un aumento del valore esposto (abitanti).

Bisognerebbe poi stabilire quali elementi strutturali e infrastrutturali e viari bisogna progettare e realizzare per favorire le politiche della sicurezza areale oramai racchiusa nell’evacuazione preventiva.

La grande spianata di Bagnoli, terra di dissidi e interessi politici, dovrebbe essere bonificata e dovrebbe continuare ad offrire alla cittadinanza il concetto di spiaggia, di mare e soprattutto di spazio, magari secondo alcune e necessarie priorità infrastrutturale e strutturali che troverebbero una marcata utilità nel campo della protezione civile e non solo flegrea. Un argomento che tratteremo prossimamente...

Rimane poi il grande problema dei piani di evacuazione ancora da completare e che devono ultimarsi tenendo conto dell’attualità e non della progettualità futura di grandi opere e arterie stradali da venire… Un vademecum illustrativo sancirà l'effettiva ultimazione della pianificazione d'emergenza, e dovrà essere distribuito casa per casa garantendo ai cittadini e prima ancora delle applicazioni operative sui smartphone, l'imprescindibile diritto all'informazione che è il primo tassello della prevenzione.. 
E ancora bisognerebbe discutere della zona gialla con le maestranze di Palazzo San Giacomo, perché allo stato dell’arte questa zona comprende sostanzialmente tutto il centro storico di Napoli. A parità di quantità di materiale piroclastico di ricaduta, la vulnerabilità di questo settore storico cittadino, è almeno doppia rispetto alla zona gialla del Vesuvio. 

Campi Flegrei: zona rossa e gialla

Occorrerebbe pure definire al meglio la vulnerabilità delle coste esposte al rischio maremoto, atteso che metà della caldera flegrea è sott’acqua e come abbiamo detto in precedenza, un’eruzione è possibile in uno o più punti dell’intera depressione calderica…

Diciamo che c’è molto da fare… La morale conclusiva è che la previsione dell'evento vulcanico non è ancora una realtà contenente quelle certezze di cui abbiamo bisogno per vivere in sicurezza. Bisognerebbe quindi privilegiare la strada maestra della prevenzione che però difetta di seguaci, perché è un percorso multidisciplinare difficile, comprendente tecnica e scienza e politica e soprattutto è una disciplina un po’ invisa perché richiede tante rinunce… La misura della prevalenza dell’interesse pubblico, la darà la progettualità da realizzarsi sulla colmata di Bagnoli.





 

domenica 22 novembre 2015

Rischio Vesuvio, terremoto dell’Aquila e commissione grandi rischi: un unicum?... di MalKo



 


La cassazione il 20 novembre 2015 ha completamente e definitivamente scagionato non già la commissione grandi rischi, bensì il gruppo di accademici composto da Franco Barberi, Enzo Boschi, Giulio Selvaggi, Gian Michele Calvi, Claudio Eva e Mauro Dolce. Nella sostanza parliamo dell’equipe che si presentò all’Aquila il 31 marzo 2009 per discutere di rischio sismico e forse dell’indice di pericolosità incombente sulla cittadina abruzzese. Pur firmando in tempi diversi un verbale di riunione che sembrava da commissione, in realtà per il tribunale lo staff inviato da Guido Bertolaso era una cosa diversa dalla commissione grandi rischi, e quindi, probabilmente non aveva un particolare titolo giuridico responsabilizzante.

Gli scienziati escursionisti furono catapultati nel capoluogo abruzzese per rassicurare con la loro presenza e curriculum, gli abitanti in apprensione per gli incessanti eventi sismici a bassa intensità che da mesi toglievano il sonno. Non pochi invece pensarono e pensano ancora oggi, che forse gli esperti erano giunti fin lì anche e soprattutto per zittire un ricercatore locale, Giampaolo Giuliani, che profetizzava con previsioni al radon, l’imminenza di un terremoto distruttivo. In quel momento e in quel contesto politico, col dipartimento in tutt’altre faccende affaccendato, gli allarmi di Giuliani risultavano intollerabili per tutti gli uomini del presidente…

Bernardo De Bernardinis, vice capo Dipartimento della Protezione Civile, all’epoca dei fatti comandante di questa spedizione primaverile quale fido indiscusso del navigato Bertolaso, andò oltre nella missione elargitrice di sopore, offrendo alla stampa mediatici ottavini e tesi stupefacenti sugli scarichi energetici che a suo dire alleggerivano la tensione litosferica che non avrebbe così dato vita al micidiale colpo sismico che invece giunse puntuale una settimana dopo… le vittime furono 309.  Portavoce del gruppo, De Bernardinis si beccò la condanna senza menzione poi confermata nei vari gradi di giudizio a due anni di reclusione per negligenza e imprudenza. Parlò troppo e fu troppo in vista… Non sappiamo con quanta buona fede, ma riscatterebbe interamente la sua posizione di colpevole offrendo qualche verità recuperata dagli armadi delle quinte del potere.

La cassazione con la sentenza del 20 novembre 2015 ha allora prosciolto definitivamente da qualsiasi responsabilità il gruppo di esperti dichiaratosi tra l’altro ignaro delle rassicurazioni che improvvidamente il capo cordata dette alla popolazione aquilana quel giorno…

La faccenda non può ritenersi ancora conclusa però, perché rimane un appiglio giudiziario in danno a Guido Bertolaso in merito ad un’altra previsione che non ha nulla a che fare con la geologia, ma è tutta racchiusa in un’intercettazione telefonica in cui il potente Capo Dipartimento anticipa all’assessore regionale alla protezione civile, Daniela Stasi, che da quella riunione di esperti del 31 marzo 2009 usciranno solo rassicurazioni. Semplice preveggenza?

Da notare che nella settimana successiva al 31 marzo 2009, gli eventi sismici incominciarono a intensificarsi come le richieste di verifica statica ai fabbricati presentate ai Vigili del Fuoco. I pompieri in assenza di rassicurazioni avrebbero probabilmente accorpato i turni in modo da raddoppiare il personale disponibile in caso di necessità. Quando il terremoto colpì il 6 aprile 2009, il comando provinciale purtroppo era presidiato da un esiguo numero di soccorritori…

Questo processo, ma in realtà l’intera faccenda ha insegnato qualcosa: innanzitutto se a fronte di un rischio si riunisce la commissione grandi rischi in una qualsiasi delle sue branche specialistiche, bisogna chiedere il visto di certificazione istituzionale dell’adunata, per evitare che successivamente e a posteriori, si sancisca che non era affatto una riunione commissariale ufficiale. Chiedere sempre al portavoce poi, se le sue affermazioni sono state condivise con la commissione grandi rischi magari in quel momento distratta.
Il secondo elemento da cui trarre insegnamento è il ruolo di una certa parte della stampa particolarmente sbilanciata sulla difesa nel nostro caso degli imputati, al punto da creare ad arte la ridicola storia della scienza sotto processo. Si è gridato allo scandalo inquisitorio perché il tribunale dell’Aquila si permetteva, come i più classici tribunali dell’inquisizione, di processare la pseudo commissione grandi rischi per non aver previsto il terremoto. Il quarto potere in questo caso non è stato equidistante, forse per aiutare gli amici degli amici in un momento di difficoltà processuale: buttarla sul ridicolo funziona sempre.

Dopo questa storia aquilana, chi abita alle falde del Vesuvio dove il destino delle popolazioni potrebbe essere affidato come da programma a una decisione della commissione grandi rischi (ramo rischio vulcanico) che passerebbe poi alla politica la bandierina dello start evacuativo, quanto seguito avranno nei settecentomila abitanti le decisioni che si prenderanno? C’è ancora chi pensa sul serio di mandare i lettori vesuviani beatamente a letto sulla scorta dell’editoriale del direttore? Un dubbio amletico grava oramai sulla credibilità di una scienza forse concupiscente con la politica in un contesto di totale assenza di giornalismo investigativo…

Una scienza che ha applicato al Vesuvio la statistica nella definizione dell’eruzione massima da cui difenderci ridimensionandola *(VEI 4), in modo da mantenere fuori da una pliniana (VEI 5) dei territori su cui si costruiscono, ohibò, ancora case con licenza edilizia. I cittadini sono quindi alla mercé della probabilità statistica e delle politiche non dichiarate dei costi-benefici. L’ex assessore alla protezione civile della regione Campania, ing. Edoardo Cosenza, amava ripetere che nel vesuviano possiamo avere solo 4 matrici di possibilità: un’eruzione (VEI 4) senza evacuazione; un’eruzione (VEI 4) con evacuazione; un’evacuazione senza eruzione (VEI 4); un’evacuazione con eruzione (VEI 4). Il successo a suo dire era del 50%, concentrato sulle due possibilità favorevoli alla tutela, cioè eruzione con evacuazione e l’evacuazione con eruzione.

Già oggi e ancora di più col passare del tempo, stante la situazione attuale bisognerà aggiungere altre due matrici di probabilità: eruzione (VEI 5) con evacuazione; evacuazione con eruzione (VEI 5). Questo significa che se si dovesse verificare un’eruzione pliniana che nessun scienziato al mondo può escludere, anche in caso di successo evacuativo potremmo arrivare a settecentomila salvati e a un milione di morti.
Schema non in scala e semplicemente concettuale dei territori invadibili dai fenomeni 
eruttivi con differenti VEI. La linea nera è quella Gurioli...
Potrebbe anche essere un discorso drammaticamente valido quello dei costi benefici, cinicamente ineluttabile in un mondo dove il business ha il sopravvento su tutto, esseri umani compresi… Bisogna però dichiararlo questo cinismo, perché il cittadino non è un suddito e quindi bisogna dargli una possibilità di scelta attraverso l'informazione. D’altro canto non c’è nessuna moralità in queste criteri di realpolitik circa l’accettazione dell’ineluttabilità statistica…nessuna, se ancora oggi la politica si ostina e consente di costruire in quelle zone che potrebbero subire tutti gli effetti di un’eruzione pliniana, che può essere esclusa solo dalla politica ma non dalla scienza che avrebbe dovuto puntare il dito sulle facili costruzioni in zona rossa.

Per fronteggiare e sul serio il rischio vulcanico in Campania, bisogna sostenere le iniziative in corso circa la necessità di costituire una commissione d’inchiesta parlamentare, che faccia luce sui rapporti tra scienza e politica, a iniziare dai fatti legati al terremoto dell’Aquila, alla riunione del 31 marzo 2009, e anche e soprattutto cosa è successo e cosa si è fatto nella settimana che ha preceduto il sisma del 6 aprile 2009. Da queste risultanze bisognerà capire quale virata dare alle politiche di sicurezza nel loro insieme, ai compiti istituzionali dei vari corpi dello Stato comprensivi dei Prefetti, forse troppo sbilanciati sulle ragioni di Stato e sul principio di non allarmare… 

Terzigno-Poggiomarino : eruzione del Vesuvio 1944. I bombardieri americani non fecero 
in tempo  ad alzarsi in volo e furono "bombardati" dalla pioggia di cenere e lapillo.

Bisognerà rimettere il rischio Vesuvio e Campi Flegrei e anche Ischia di nuovo al centro dell’attenzione mediatica per varare delle serie politiche di prevenzione. Si proceda poi con l’analisi dei progetti di edilizia che gravano nel settore orientale e occidentale della città di Napoli, e sul piano urbanistico ischitano, onde evitare di accrescere il rischio vulcanico in queste aree già fortemente compromesse da una spiccata urbanizzazione mangia spazio. Lo sviluppo non è nelle pratiche cementizie di edilizia residenziale di cui non se ne sente francamente il bisogno in certi luoghi, esattamente come le trivellazioni in terreni che si gonfiano per la circolazione di fluidi caldi o per il magma che sale o da entrambe le cause all'origine di fenomeni bradisismici tutt'altro che rassicuranti...


* VEI: indice di esplosività vulcanica




domenica 23 giugno 2013

Rischio Vesuvio: alcuni eventi sismici allarmano la popolazione...di Malko

Il Vesuvio da quota 1000
“Terremoto al Vesuvio” di MalKo

I recenti eventi sismici che hanno interessato l’area vesuviana hanno ridestato la paura atavica degli abitanti dell’omonima plaga su questi scuotimenti che qualche ansioso interpreta come sintomi premonitori di una possibile variazione dello stato di quiete del Vesuvio. In realtà anche i terremoti di origine vulcanica per essere considerati sintomi pre eruttivi necessitano generalmente di un incremento, cioè un incalzare del fenomeno sismico, accompagnato dalla variazione di altri parametri fisici e chimici che la geologia prende a riferimento come possibili indicatori di rischio vulcanico.
L’Osservatorio Vesuviano ma più ancora l’autorità scientifica, ha sancito in tempi non sospetti e alla stregua di quanto già è avvenuto per i Campi Flegrei, che per far spostare il livello di allerta vulcanica da base a quello di attenzione, sono necessarie variazioni significative dei parametri controllati (si noti il plurale). Cioè, più di uno dei valori base di riferimento dovrebbe cambiare e non unicamente il fattore sismico ancorché si presenti con scosse isolate o sequenze distanziate nel tempo.
I vesuviani devono avere la consapevolezza che, anche se dovessero cambiare questi famosi parametri base di riferimento per il Vesuvio, e si passasse quindi al livello di attenzione, ciò non significherebbe automaticamente una condizione di

allarme rosso con relativa e precipitosa fuga verso la salvezza.
Lo stato di attenzione è una sorta di attesa che è comunicata dal mondo scientifico alla popolazione (tramite Dipartimento Protezione Civile), per renderla consapevole che qualcosa è cambiato all’interno e nel sottosuolo del vulcano o della caldera, e che sono in corso approfondimenti per capire se i parametri misurati abbiano una tendenza verso livelli critici pre eruttivi o rappresentano semplicemente un’anomalia momentanea.
Ovviamente così com’è successo per il passato nella zona di Pozzuoli con il bradisismo, i parametri controllati potrebbero regredire e riportarsi nella normalità, e il livello di allerta vulcanica ritornerebbe allora su valori base.
Il livello di attenzione presenta purtroppo delle incertezze circa i tempi di attesa. A esser chiari, il “semaforo” giallo potrebbe permanere in questo stato per mesi o anni, così come nel giro di poco tempo la variazione dei parametri controllati potrebbe subire delle impennate in direzione del preallarme. Meno veloce sarebbe invece il ripristino della normalità (base).
Il sindaco di San Giorgio a Cremano preme perché si stabilisca un contatto diretto con la Protezione Civile, gestita dal Prefetto Gabrielli, per affrontare il problema dei piani di evacuazione che non esistono.  Il secondo problema da mettere in evidenza è come mai l’assenza di questo fondamentale strumento di tutela sia stato sottaciuto per anni.
I sindaci di altri comuni non hanno questa urgente necessità perché in capo alle loro attenzioni c’è il problema ben più grave dei condoni edilizi che mal si sposano con la necessità di tutela che, nel caso del rischio Vesuvio, dovrebbe incentrarsi sulla prevenzione.  Un problema nel problema quello dei condoni, che alla fine dovrà essere affrontato senza tentennamenti attraverso un tavolo di lavoro probabilmente sovra comunale.

Ai nostri lettori che risiedono nella zona rossa Vesuvio possiamo dire che il loro riferimento per quanto riguarda il diritto alla sicurezza non può che essere  il  sindaco. Per chi non lo sapesse la legge 225/92 individua proprio nel primo cittadino l’autorità locale di protezione civile. Cioè il soggetto giuridico su cui ricadono le responsabilità della prevenzione e del primo soccorso in caso di necessità. Anche della previsione se il dato dovesse rientrare nelle capacità di calcolo e di analisi del comune. Ovviamente i piani di emergenza e di evacuazione rispondono e rientrano nelle logiche della prevenzione delle catastrofi. Così come l’informazione corretta, puntuale e istituzionale, rientra nei compiti precipui del sindaco e non può essere delegata a terzi neanche se trattasi d’istituti o eminenze scientifiche (L'Aquila docet!).
Le responsabilità del mancato piano d'evacuazione sia per il Vesuvio che per i Campi Flegrei sarà una querelle fra dipartimento della protezione civile, trattandosi di una pianificazione di livello nazionale, e i comuni che hanno una gran coda di paglia.  
Se nei Campi Flegrei il livello di allerta dovesse passare da attenzione a pre allarme, cosa succederà in assenza di piani d'evacuazione? L'esodo in questa fase si ipotizza già spontaneo... come e verso dove? 

martedì 28 maggio 2013

Rischio vulcanico ai Campi Flegrei: la geotermia democratica...di Malko


"Campi Flegrei Deep Drilling Project e la geotermia democratica" 
    di MalKo


Antonio Luongo, consigliere delegato dal sindaco di Napoli De Magistris ai problemi dell’energia, durante un convegno ha chiarito pochi giorni fa che, con una geotermia “democratica” di superficie, non invasiva e con impianti di nuova generazione a reiniezione, potremmo aprire un nuovo futuro per la città di Napoli (Ansa med).
Il consigliere pare abbia precisato che l’intendimento dell’amministrazione partenopea è quello di installare nell’area flegrea, ma non sui suoli di Bagnoli Futura (foto), un impianto geotermico supportato da altre fonti energetiche come il solare termodinamico e l’utilizzo di biomasse consistenti in oli vegetali e alghe.
In realtà, e non traspare bene nelle interviste, per utilizzare oli vegetali e oli prodotti dalla spremitura di alghe, temiamo sia necessario un bruciatore, anche se c’è da dire che brucerebbe una sorta di carburante oleoso, in termini di emanazioni però,  alquanto rispettoso dell’ambiente.
Inizialmente, afferma sempre il consigliere Luongo, il geotermico sarà utilizzato per il teleriscaldamento (calore nelle case) e in seguito anche per la generazione di energia elettrica.
L’individuazione del sito ove ubicare l’impianto, dovrà probabilmente tenere in debito conto prevalentemente le caratteristiche del sottosuolo, perché per le altre forme di energia, quali il solare e il biodiesel, la scelta del luogo dovrebbe presentare minori difficoltà per le opzioni tutte di superficie. Ovviamente il sito non potrà ricadere a ridosso o all’interno di aree urbanizzate, ma forse neanche dove si prevedono sommovimenti dei suoli dovuti al bradisismo flegreo.
Da questo punto di vista riteniamo che qualsiasi progettazione e pianificazione dello sviluppo nell’area Flegrea, debba essere momentaneamente sospesa, fino a quando non siano resi pubblici gli scenari eruttivi ipotizzati per la caldera flegrea con la definizione delle aree a differente pericolosità.
Infatti, sarebbe oltremodo sgradevole, dopo il paradosso dell’Ospedale del Mare costruito in zona rossa Vesuvio, proporre qualcosa di simile in quel di Bagnoli o PozzuoliFuorigrotta o Bacoli.  Peggio ancora varare un piano di insediamento residenziale in un’area a rischio di distruzione totale, delimitata dalla linea nera (black line) come al Vesuvio.
Intanto, con la storia della geotermia è entrato di nuovo negli interessi della popolazione, ma in modo più contenuto rispetto al recente passato, la querelle che riguarda il famoso Campi Flegrei Deep Drilling Project (CFDDP), cioè la perforazione profonda in area calderica.
Il pozzo pilota ha raggiunto sul finire del 2012 i cinquecento metri di profondità. A questo livello saranno collocate le attrezzature con dei sensori, particolarmente sensibili e precisi, al punto da captare sul nascere dicono, e con una precisione mai prima raggiunta, le eventuali variazioni di alcuni parametri geofisici e geochimici del supevulcano, quali precursori per la previsione dei fenomeni eruttivi nella caldera flegrea.
La trivella, in assenza di cambiamenti progettuali, riprenderà probabilmente la sua marcia per raggiungere nel 2014 i tremila e ottocento metri di profondità, proseguendo con una certa inclinazione in direzione di Pozzuoli.
A tali quote nel profondo, ci si dovrebbe imbattere in acque molto calde; superati gli acquiferi, ci s’incanalerebbe nel mezzo di rocce calde. Per interpolazioni che si riferiscono alla trasmissione del calore per conduzione, si potrebbe a questo punto stimare a che profondità sono ubicate le sacche magmatiche superficiali.
 All’inizio dei lavori di scavo le inquietudini della popolazione locale erano concentrate sui rischi in generale che le operazioni di perforazione comportano, stante alcuni episodi di pericolo verificatisi qua e là nel mondo, ampiamente  reclamizzati da articoli di stampa e anche dal nostro giornale.
Ovviamente e per molti versi, ha un valore di rischio diverso trapanare nella caldera poco abitata dello Yellowstone (Stati Uniti) piuttosto che in quella calderica di un quartiere metropolitano napoletano come Bagnoli. Così come uno scavo infracalderico a cinquecento metri di profondità ha un margine di rischio anche statistico molto diverso da una perforazione chilometrica profonda realizzata direttamente nella bocca del vulcano quiescente.
Nelle profondità calderiche si stimano temperature dell’ordine dei cinquecento gradi; imbattersi in una sacca di vapore surriscaldato o altro potrebbe non essere un fatto remoto. Comunque, il sistema a tenuta della trivella e i doppi sistemi di sicurezza, pare siano sufficienti a mitigare qualsiasi pericolo che possa presentarsi dal fondo.
In termini di autorizzazioni però, pensiamo che non possa procedersi oltre nello scavo senza il preventivo parere della commissione grandi rischi (CGR). Dovrebbe essere questo consesso di esperti, di cui fa parte anche l’Osservatorio Vesuviano come centro di competenza, a esprimersi sulla reale portata del pericolo insito in una perforazione infra calderica. Se il parere non sarà chiesto d’ufficio dal capo dipartimento della protezione civile Franco Gabrielli, dovrebbe essere sollecitato dal sindaco o, in surroga, dai comitati locali attraverso una petizione popolare.
Il mayor Luigi De Magistris dovrà analizzare il parere della commissione grandi rischi e pronunciarsi sulla fattibilità dell’esperimento, riservandosi nell’analisi del rischio, la valutazione di fattori che potrebbero anche non essere pertinenti al mondo scientifico e tecnico. Ad esempio potrebbero frapporsi ostacoli di ordine   sociale o di indice di affollamento ma anche di semplice opportunità, mettendo in conto pure i falsi allarmi che potrebbero scatenare panico soprattutto per una  mancata percezione del pericolo da parte di cittadini che solo oggi, recitano gli organi di stampa dipartimentale, sembrano scoprire il supervulcano quiescente.
Nel mondo s’inizia a discutere sui reali rischi che comporta lo sfruttamento della geotermia che, specie per la produzione di elettricità, richiede lo scavo di pozzi un tantino profondi e a volte tecniche di reiniezione o di emungimento dei fluidi.
In un recentissimo comunicato dell’INGV si mette in guardia sulle pratiche di pompaggio o di estrazione di fluidi geotermali sotterranei, per la possibilità che si verifichino  terremoti medio-piccoli (Vincenzo Convertito). Questo potrebbe spiegare una dichiarazione sibillina del Direttore dell’Osservatorio Vesuviano,Marcello Martini, rilasciata in un recente convegno sulla geotermia a proposito dei rischi:<<bisogna sempre rapportarli agli impieghi…ovviamente per tutte le cose umane, l’uso che se ne fa determina anche le condizioni di sicurezza>>.
comitati flegrei non devono schierarsi e manifestare simpatie nel senso della trivella si, trivella no. Devono molto più semplicemente chiedere che siano applicate le prassi di tutela previste dal nostro ordinamento anche in termini di cautela.  Le associazioni di cittadini possono pure esprimere un parere profondamente diverso dalle istituzioni: è lecito. In tal caso il problema diventerebbe non di contrapposizione tecnico scientifica, ma squisitamente di natura politica che, com’è noto, è l’arte della mediazione dei bisogni sociali.
La vocazione geotermica del comune di Napoli sia oggetto di valutazioni e non di speculazioni. La priorità che deve avere l’amministrazione comunale non è l’estrazione dei fluidi energetici dal sottosuolo o l’urbanizzazione della spianata ex italsider di Bagnoli, bensì mettere in sicurezza dal rischio sismico e vulcanico, chi nei Campi Flegrei ci vive o ci lavora.

Campi Flegrei e bradisismo



"Campi Flegrei: incognita bradisismo" di MalKo
Nei Campi Flegrei c’è un livello di allerta vulcanica classificato di attenzione o, se preferite, giallo. Secondo processi standardizzati di valutazione voluti dalla stessa autorità scientifica, il passaggio a un livello successivo diverso da quello base si verifica nel momento in cui la rete di sorveglianza registra variazioni significative dei parametri fisici e chimici del vulcano preso in esame. E così è stato.
Il Direttore dell’Osservatorio Vesuviano, Marcello Martini, qualche settimana fa ha annunciato uno stato di attenzione scientifica per i Campi Flegrei, dovuto alla constatazione che ci sono state:<<delle variazioni significative dei parametri sismici, geochimici e di deformazione del suolo, rispetto ai livelli ordinariamente registrati>>.
A voler semplificare certi linguaggi, siamo in una fase di ripresa del bradisismo flegreo. Ovviamente il bradisismo con il suo rigonfiamento dei suoli presenta sempre delle incognite dal fondo e di fondo, in questo caso alleggerite dal dipartimento della protezione civile, che ha sottolineato che le ipotesi interpretative dei fenomeni in corso non evidenziano al momento variazioni tali da far presupporre situazioni di criticità a breve termine.
A fine novembre poi, la commissione scientifica istituita nel 2009 ha consegnato, al dicastero della protezione civile retto dal Prefetto Franco Gabrielli, una relazione contenente gli scenari previsti in caso di ripresa dell’attività eruttiva nell’area flegrea. Si sapranno quindi con certezza i fenomeni da cui bisognerà difendersi e l’E.M.A., che suona come un prefisso trasfusionale, ma in realtà è l’acronimo dell’eruzione (ipotizzata) massima attesa nel breve – medio termine. Per il Vesuvio, ricorderete, è stata presa a campione quella sub pliniana del 1631.
Ovviamente tale documento dovrà contenere anche i limiti della zona rossa, quella a maggior pericolo, e poi di quella gialla, dove sono previsti fenomeni di ricaduta dei prodotti piroclastici. La consegna di questo documento scientifico i cui autori rimangono sempre un po’ sconosciuti alle masse, darà poi il via alla stesura dei piani d’emergenza che, pare, devono essere solo aggiornati.
Il deep drilling project (CFDDP), cioè la perforazione profonda che si sta facendo nell’area ex italsider di Bagnoli (Bagnoli Futura) per installare degli innovativi sistemi di controllo dei parametri vulcanici e sismici nell’area, ha raggiunto il 26 novembre 2012 quota meno 430 metri. Poche diecine di metri ancora e si toccherà la profondità prevista dei 500 metri. Che cosa succederà dopo non lo sappiamo. Ovviamente anche per il clamore suscitato dalla trivellazione e dalla situazione di allerta esistente oggi nell’area flegrea, un’eventuale ripresa dell’attività perforativa oltre la misura indicata, dovrà essere condivisa da tutti gli attori istituzionali che hanno un ruolo nella previsione e prevenzione dei rischi sismici e vulcanici nell’area flegrea, a iniziare dalla commissione grandi rischi, che presumibilmente sarà interpellata, e dal sindaco di Napoli che dovrà tenere in debito conto più fattori, compreso l’allarme sociale che si è creato intorno a questo  progetto di perforazione profonda.
I fenomeni di bradisismo sono stati da sempre una caratteristica dei Campi Flegrei (Campi ardenti). Di recente si ricordano i movimenti ascensionali dei primi anni ’70 caratterizzati da scarsa attività sismica, e poi di nuovo un rigonfiamento dei suoli tra il 1982 e il 1984, questa volta con manifestazioni sismiche intense (migliaia di scosse) e un terremoto di magnitudo 4 che creò non poche apprensioni il 4 ottobre del 1984.
L’innalzamento notevole del suolo costrinse le autorità a far evacuare precauzionalmente circa quarantamila persone, molte delle quali abitavano in palazzi particolarmente fatiscenti. Per far fronte alle necessità degli alloggi, fu edificato in poco tempo un complesso residenziale popolare nella frazione di Monteruscello. Fortunatamente non ci fu eruzione e l’allarme rientrò. La nota critica, e che le nuove e squadrate  costruzioni sorsero su suoli ubicati nel Comune di Pozzuoli, che rientra a pieno titolo nella zona rossa.
E poi gli alloggi prontamente costruiti potevano ospitare quarantamila persone: una cifra in realtà sproporzionata rispetto al reale fabbisogno abitativo misurato in diecimila sfollati. Si largheggiò molto col denaro pubblico. Il vulcanologo Haroun Tazieff adirato ebbe a dire: «È davvero triste che la gogna sia stata abolita. Una gogna moltiplicata all’infinito dalla televisione sarebbe il mezzo migliore per smascherare le truffe che si commettono in nome del rischio sismico».
Dal 2005, scrive l’Osservatorio Vesuviano, il suolo ha ricominciato a innalzarsi per un totale di 15 centimetri. Nel 2012 il fenomeno pare si sia notevolmente incrementato dando origine il 7 settembre 2012 a uno sciame sismico di circa 200 scosse a bassa magnitudo.
Nel puteolano si annoverano rigonfiamenti e sprofondamenti, a volte lentissimi altre volte ancora incalzanti, ma non dimentichiamo che ci sono state anche eruzioni come quella del Monte Nuovo nel 1538, evento annunciato da deformazioni metriche sviluppatesi nell’arco di pochi giorni e da un appariscente arretramento del mare che lasciò all’asciutto moltissimi pesci per la gioia dei pescatori ignari del pericolo.
Le cause del bradisismo restano un problema ancora irrisolto per una molteplicità di fattori, anche se, da un punto di vista concettuale, il fenomeno in se comunque è da ascriversi, direttamente o indirettamente, al magma nel sottosuolo e alla sua verve ardente.
L’area flegrea rimane quindi una grossa incognita scientifica e tecnica ma anche politica per gli aspetti della prevenzione, che in questo caso dovrebbe ruotare inesorabilmente e prevalentemente su un abbattimento della pressione demografica, una riqualificazione antisismica dei fabbricati e un’organizzazione del territorio che garantisca una rapida mobilità degli abitanti in caso di dichiarata emergenza vulcanica. Elementi di difficile attuazione: ma ci dovrà pur essere un inizio…

lunedì 27 maggio 2013

Campi Flegrei: a Bagnoli il deep drilling project


"Campi Flegrei: Deep Drilling Project e Bagnoli Futura" di MalKo

Luigi De Magistris, sindaco del comune di Napoli, ha espresso il proprio consenso acchè si dia corso al progetto di perforazione profonda dei Campi Flegrei (deep drilling), esattamente nell’area della spianata dell’ex italsider di Bagnoli.
Esplorare il sottosuolo anche attraverso la trivellazione, è sempre scientificamente significativo e interessante e aggiungeremmo affascinante, e non si dovrebbe perdere occasione per farlo, purché non si incida sulla sicurezza dei cittadini.
In virtù di questo principio, infatti, è stato sancito dal diritto il dovere della precauzione di fronte a pericoli anche solo ipotizzati, remoti o da quantificare in termini percentuale di accadimento.
Gli scienziati con enfasi parlano dell’importanza di conoscere ai fini della previsione e della prevenzione delle catastrofi, che cosa nasconde la caldera flegrea. Un problema diremmo tutto scientifico, perché sappiamo perfettamente cosa nasconde il Vesuvio, e pur tuttavia non è stato prodotto un solo grammo di prevenzione, pianificazione o di organizzazione del territorio o di delocalizzazione di una parte degli abitanti, utile per scemare il valore esposto. Eppure ci troviamo di fronte a un arcinoto e ben documentato rischio tutt’altro da trapanare…
Addirittura alcuni sindaci del comprensorio vesuviano, sfidando il buon senso, si sono armati di populismo per tentare di strappare alle autorità regionali e nazionali un condono edilizio da lanciare lì sulle piazze vesuviane in pasto ai famelici professionisti dell’abuso cui non garbano le restrizioni all’edilizia residenziale imposte dalla legge regionale 21 del 2003 sulla zona rossa. Va da se che il provvedimento sanatorio nel vesuviano è atteso soprattutto da chi possiede case e palazzi fermi allo stato di spiccato o di pilastratura, e aspettano quindi con la bava alla bocca il prezioso condono per ultimare il manufatto e immetterlo sul mercato del mattone che tira sempre anche in tempi di crisi. Ovviamente la contropartita è il consenso…
A che cosa servirà quindi la strategica e improcrastinabile e fondamentale e rischiosa perforazione sotterranea dei Campi Flegrei? A produrre previsione nella ricerca vulcanologica per la mitigazione del rischio, come si legge nel progetto CFDDP (Campi Flegrei Deep Drilling Project) ?  Farà Prevenzione? Produrrà le basi per tirare fuori dal cratere energia a basso costo lì dove ci hanno provato le grandi società che di energia campano (Agip – Enel) ?  A cosa? Non siamo scienziati e parliamo da profani, ma condurre un’operazione a rischio per mettere sensori a fibre ottiche sotto terra capaci di monitorare deformazioni micrometriche in una zona avvezza a deformazioni decametriche, con cinquecento scosse al giorno in tempi di crisi, non ci sembra il massimo della previsione.
Le indicazioni che perverranno dal sottosuolo abbiamo garanzie che saranno poi utilizzate dal sindaco De Magistris e dalla sua giunta per dare corso a provvedimenti magari impopolari atti a ridurre il rischio nei quartieri di Bagnoli e Fuorigrotta e Soccavo e Pianura?  E com’è che da un lato si opera in via del tutto straordinario per valutare il pericolo vulcanico flegreo e dall’altra c’è chi valuta sempre a livello comunale di aumentare le licenze edilizie sugli stessi suoli da perforare (Bagnoli)? Analizziamo il rischio per mitigarlo e nel frattempo aggiungiamo abitanti agli abitanti? Anche il battere cassa dovrebbe avere un limite…
Il “suggerimento” che alla fine uscirà dalle viscere del vulcano se si farà la trivellazione, sarà sicuramente nella direzione della necessità di non sovrappopolare queste zone già classificate a rischio senza la trivella, e di mettere a punto un buon piano di protezione civile per fronteggiare i rischi potenziali offerti dal distretto vulcanico flegreo: lo sa bene il direttore Marcello Martini dell’Osservatorio Vesuviano, così come lo sanno tutti gli altri ricercatori interessati con finalità diverse al progetto.
In altre pagine della nostra rivista, parlando dei suoli di Bagnoli Futura, avevamo segnalato e suggerito di non urbanizzare a tappeto l’area della spianata dell’ex italsider, giacché per dimensioni e ubicazione potrebbe rappresentare una straordinaria area strategica di protezione civile. (Punto di riunione, area di smistamento, di ammassamento, di prima accoglienza; area atterraggio elicotteri ed altro). Il sito, infatti, può essere raggiunto con tutti i mezzi di trasporto: navali, terrestri, aerei e ferroviari.
Ecco. La città di Napoli per tutta una serie di rischi legati a pericoli naturali o indotti dall’uomo, avrebbe fatto bene a dotarsi pure di una struttura di protezione civile polifunzionale magari avanzando anche al Dipartimento di Protezione Civile e alla Regione e alla provincia un concorso finanziario.
D’altra parte se il comitato CFDDP avrà il definitivo nulla osta da parte di De Magistris (autorità locale di protezione civile – Legge 225/1992) e si procederà alla perforazione, sarà necessario produrre il famoso documento di analisi del rischio, tanto per i lavoratori chiamati a operare in loco quanto per gli abitanti di quella zona che hanno gli stessi diritti di tutela.
A fronte dei rischi prospettati poi, si dovrà procedere alla stesura del piano d’emergenza rispetto al pericolo massimo individuato. Dovrebbe poi essere circoscritta una zona rossa quale fascia di rispetto e nelle misure di sicurezza dovrebbe prevedersi il modo di sigillare il foro in caso di necessità, così come si dovrà procedere anche all’analisi dell’impatto ambientale.
Noi non siamo contro la scienza, ma la scienza deve pure capire che un’attività di ricerca che racchiude comunque dei rischi seppur minimi per gli abitanti, non è possibile che venga espletata esclusivamente perché non si possono perdere i finanziamenti ricevuti o attesi.
D’altra parte questo impianto dovrebbe sorgere su suoli destinati a parco urbano, con roseti, spazi verde, centri integrati per il turismo, la didattica, congressi, parcheggi, acquario per le tartarughe, e tanto altro ancora tra cui un polo per l’ambiente. Sussiste francamente una discordanza d’intenti… Purtroppo su questo sito così “goloso”, sussistono pure lotti edificabili in termini residenziali ma in una percentuale che si tenta di far battere al rialzo, visto che le gare di alienazione dei suoli edificabili sono andate deserte (speculazioni?). Si prospetta quindi di aumentare un po’ la percentuale destinata alla realizzazione di prestigiose residenze per invogliare i possibili acquirenti ad acquistare.

Il sindaco di Sant’Anastasia Carmine Esposito forse non ci ha pensato, ma nell’area flegrea c’è la stessa classificazione di zona rossa come nel vesuviano: eppure lì appaltano a cura del comune lotti anche edificabili in senso abitativo. Strana questa sorta di sperequazione territoriale, atteso che, i campi flegrei vissero una situazione di reale allarme addirittura nel recentissimo 1983 col bradisismo. Forse l’Osservatorio Vesuviano avrebbe dovuto fare una premessa nella riunione del 24 maggio 2012 col comune di Napoli (commissione urbanistica e beni comuni presieduta da Iannello), ricordando che Bagnoli è in zona rossa flegrea, e il primo passo verso la prevenzione non è il deep drilling, ma una legge regionale identica alla 21/2003 che stabilisce l’inedificabilità a scopo abitativo in zone vulcaniche a rischio. Non ci sembra una cosa da poco…
Limiti della vecchia zonazione di pericolo