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venerdì 21 novembre 2014

Rischio Vesuvio: vivere in zona rossa porta dei vantaggi?...di Malko






Il Vesuvio visto da sud

“Rischio Vesuvio: vivere in zona rossa porta dei vantaggi?” di MalKo

L’assessore alla protezione civile della regione Campania, Edoardo Cosenza, ha chiesto ai sindaci dei comuni vesuviani di assumere ogni utile iniziativa per informare i cittadini dei rischi a cui è sottoposto il territorio in caso di allarme vulcanico.
L’iniziativa del Prof. Cosenza è assolutamente condivisibile perché i sindaci troppo spesso assumono un atteggiamento terzo rispetto ai grandi problemi di sicurezza, dimenticando che la norma prevede per i primi cittadini il ruolo tutt’altro marginale di autorità locale di protezione civile. Quello dell’assessore in realtà è un ulteriore pungolo perché già esistono dei disposti legislativi (Legge 3 agosto 1999, n. 265 art.12) che hanno da tempo passato l’onere dell’informazione sui rischi territoriali dal prefetto al sindaco.
L’informazione da dare ai cittadini sul rischio vulcanico deve essere chiara ed efficace in modo che ogni singolo abitante possa decidere in piena autonomia se accettare o meno un’esposizione a un pericolo non ancora mitigato dalle tecniche di previsione e da quelle organizzative attraverso l’adozione di un piano di evacuazione purtroppo ancora in itinere.
In termini di previsione, anche se la nostra scienza avveniristica e super tecnologica ci ha consentito di inviare un lander su di una cometa, ancora non siamo in grado di prevedere un’eruzione, sia in termini di quando (t) si verificherà l’evento sia con quanta energia (VEI) balzerà fuori dalle viscere della Terra.
Il dato che possiamo mettere sulla bilancia nel piatto dell’ottimismo, è che le eruzioni catastrofiche non si verificano con una certa frequenza e quasi sempre e in generale queste presentano sovente dei sintomi che lasciano presagire con un certo anticipo l’evento. Ma non v’è certezza…  Nessun ottimismo è possibile riporre nella salvaguardia delle case invece, che a causa della loro inamovibilità sono esposte alle manifestazioni energetiche e meno energetiche di un’eventuale eruzione vulcanica, comprese quelle a bassa velocità di propagazione come le lave.

Il mondo scientifico ha definito quattro livelli di allerta vulcanica corrispondenti in termini operativi ad altrettanti fasi che dettano il da farsi all’occorrenza. Le fasi potremmo quindi interpretarle come azioni codificate che i cittadini e le istituzioni attuano ogni qualvolta si registrano variazioni di rilievo dello stato di pericolo del vulcano sancite da un atto dipartimentale o governativo.
Ancora una volta pubblichiamo i livelli di allerta:

I livelli di allerta vulcanica
Il livello di allerta base è anche quello che caratterizza ad oggi lo stato di quiete del complesso vulcanico del Somma Vesuvio. In sintesi significa che non c’è nulla da temere o da segnalare nell’odierno a proposito del pericolo eruttivo.
La quiete del vulcano però, comporta non la passività operativa e programmatica (il dolce far niente), ma l’elaborazione a cura delle istituzioni competenti di progetti di difesa attiva e passiva per proteggere la comunità vesuviana da un’eruzione quando questa verrà. L’informazione troverebbe spazio nelle logiche di prevenzione…
Il secondo livello di allerta vulcanica è quello di attenzione. Significa che uno o più dati (fisici e chimici) presentano delle anomalie di cui non è chiaro il trend, e quindi viene richiesta all’autorità scientifica e di vigilanza (Osservatorio Vesuviano), un’accentuazione delle osservazioni e una maggiore frequenza nella diramazione dei bollettini informativi. Se dovessero aumentare quantitativamente e qualitativamente le anomalie rilevate dalle stazioni di monitoraggio del vulcano si passerebbe a uno stato di pre-allarme. Il superamento di certi parametri oltre una determinata soglia di rischio, anche per effetto di una percezione valutativa a cura degli esperti della commissione grandi rischi, segnerebbe una condizione sintomatica pre-eruttiva del vulcano, che farebbe scattare lo stato di allarme eruzione in tutto il comprensorio vulcanico.
Ovviamente ad ognuna di queste allerte dovrebbe corrispondere una fase operativa di pari grado. I piani comunali d’emergenza a fronte del rischio Vesuvio e flegreo, servono appunto a riempire queste caselle che oggi sono irresponsabilmente vuote (????). 

Le fasi operative
Per capire appieno il senso di quanto appena detto, prendiamo l’esempio dei Campi Flegrei. Nei Campi Flegrei è stato dichiarato lo stato di attenzione vulcanica nel dicembre 2012: condizione che permane ancora… Sono passati due anni ma non ci risulta che i comuni di Napoli, Pozzuoli, Quarto, Bacoli e Monte di Procida, per rimanere nella prima classificazione della zona rossa flegrea, abbiano mai riempito quelle caselle bianche a fronte del rischio eruzione nella caldera del super vulcano flegreo. Ogni casella (fase), prevede tra le azioni da compiere quelle necessarie e preparatorie per l’ingresso nella fase successiva. Il Comune di Pozzuoli ha dichiarato lo stato di attenzione, ma non può rodare l’organizzazione per la fase successiva (preallarme) perché non ha il piano d’emergenza a fronte di una possibile escalation dei livelli di allerta vulcanica, che prevedono nella fase 2 l’esodo spontaneo della popolazione verso le regioni gemellate, ancora non definite per l’area flegrea, e che rientrano in termini di competenza e risoluzione in capo all’autorità statale. Come si vede allora, la responsabilità e i ritardi sono equamente divisi tra il Dipartimento della Protezione Civile e i Comuni che non si sono mai presi la briga di segnalare lo stallo del percorso strategico operativo. In assenza di manifestazioni percepibili del pericolo infatti, l’allarmismo non rende politicamente quanto  il cemento ristoratore e i condoni edilizi e il recupero statico di rustici e ruderi che portano voti e consensi…In questo modo però, è lo Stato a produrre rischio.
L’urbanistica territoriale dovrebbe seguire le necessità del piano d’emergenza e di evacuazione e non viceversa come spesso accade. Il piano deve essere uno strumento sicuramente aggiornabile, ma non deve rincorrere di continuo le metamorfosi dettate dall’edilizia abusiva o gli stravolgimenti proposti da concetti di sviluppo che non rispettano le logiche che ci pervengono da un’attenta analisi territoriale, che nel caso della plaga vesuviana vanno tutte in direzione della decrescenza demografica. Da questo punto di vista le dichiarazioni novembrine del Prefetto Gabrielli rilasciate all’inaugurazione del Centro Operativo Comunale di Pozzuoli lasciano un tantino perplessi, ad iniziare da quella che :<< vivere su di un territorio a rischio porta pure dei vantaggi…>> ed ancora continuando : <<è vero che questi territori (vulcanici N.d.R.) non possono avere ulteriori forme accentuate di antropizzazione, ma va seguita comunque la logica di dare servizi e prospettive di sviluppo alla comunità >>.

A voler sintetizzare il pensiero, nel primo caso rifuggiamo dall’idea che il vantaggio consisterebbe nel contributo di sfollamento... La seconda affermazione ci sembra che vada nella direzione del consenso alla modica quantità cementizia in un territorio drogato dalla conurbazione selvaggia. Concentrasse la sua attenzione il Prefetto Gabrielli sui ruoli precipui della protezione civile, che attengono alle pratiche di previsione, prevenzione, interventistica e superamento dell’emergenza. Gabrielli deve occuparsi di portare in salvo in caso di necessità e fuori dalla zona rossa i settecentomila abitanti del vesuviano e i circa cinquecentomila dell’area flegrea. Per quanto riguarda lo sviluppo modicamente antropico del territorio, lasciamo i proclami al mondo della politica maggiormente avvezzo alla propaganda. Il dipartimento della protezione civile quale struttura di coordinamento dell’unico piano d’emergenza di taglio nazionale che è appunto quello del Vesuvio, vigili e sia parte diligente anche sulle attività di coordinamento dei piani comunali che ancora non saltano fuori dai famosi cassetti incasellati nel “comò regionale” campano, e al momento pieni solo di banconote provenienti dai fondi europei in attesa di trasformazione in bond sulla sicurezza (piani d’emergenza).
I livelli di responsabilità decisionale
Consigliamo ai comuni interessati da massici piani di evacuazione della popolazione, come quelli ricadenti in area vulcanica (Vesuvio e Campi Flegrei), di emanare a scopo precauzionale, un decreto sindacale che vieti con la dichiarazione dello stato di allarme (fase 3), la circolazione sul territorio comunale di autoveicoli commerciali che superano le 3,5 tonnellate, per non intasare il traffico e soprattutto per non correre il rischio che questi mezzi pesanti, per avaria, incidente o altro, blocchino la viabilità comunale o le rampe d’accesso in autostrada. Il piano d'emergenza Vesuvio non deve assolutamente prevedere il recupero di masserizie nella fase di evacuazione...

venerdì 7 giugno 2013

Rischio Vesuvio e Campi Flegrei: ultime notizie...di Malko

Il Vesuvio visto da Terzigno
“Rischio Vesuvio, Campi Flegrei, commissioni e gruppi” di MalKo

La Regione Campania ha organizzato qualche giorno fa una conferenza stampa per annunciare lo stanziamento di fondi europei da destinare ai comuni e alle province, col fine di dare slancio alle pianificazioni d’emergenza e alle attività informative connesse con i rischi naturali e industriali, secondo linee programmatiche dettate dalla stessa Regione.
L’assessore regionale Edoardo Cosenza ha annunciato l’istituzione di un ufficio di piano, dove dovranno confluire le più aggiornate pianificazioni dei comuni per costituire un archivio. Gli elaborati in corso d’opera invece, dovranno seguire un iter diverso ed essere convalidati dal predetto ufficio.
I comuni che ricadono in zona rossa Vesuvio e Campi Flegrei, avranno a disposizione un budget maggiore per l’indubbia e oggettiva difficoltà nel pianificare piani di evacuazione e di protezione in zone particolarmente difficili e complesse per pericolo e antropizzazione.
Soprattutto per i Campi Flegrei, Il Prefetto Franco Gabrielli ha posto l’accento sulle difficili analisi scientifiche che sono state fatte e che si sono concentrate sugli ultimi cinquemila anni di attività della caldera, ricordando che la nascita del Monte Nuovo nel 1538 non può annoverarsi tra i fenomeni più intensi del supervulcano. Affermazione che suona come un monito a non sottovalutare il pericolo insito in quell’area sulla falsa scorta di una plurisecolare quiescenza.
La nostra impressione è che la caldera flegrea al momento è quella che suscita qualche inquietudine, probabilmente per lo stato di attenzione dichiarato dalla comunità scientifica in seguito ai recenti fenomeni di bradisismo tuttora in corso.
Il Capo Dipartimento della Protezione Civile, nell’ambito della conferenza ha ricordato il notevole lavoro della Commissione Grandi Rischi (CGR) e anche quello della Commissione Nazionale (CN) per l’aggiornamento del piano d’emergenza Vesuvio e dei Campi Flegrei. Quest’ultimo consesso forse è meno noto, anche se in primis è quello impegnato da qualche tempo nella elaborazione degli scenari di pericolo in caso di ripresa dell’attività eruttiva dei vulcani napoletani.
Come anamnesi giornalistica, la data del 7 maggio 2003 è quella che ri-costituisce la commissione nazionale incaricata appunto di provvedere all’aggiornamento dei piani d’emergenza. L’atto fu firmato dall’allora capo dipartimento Guido Bertolaso.
Questo documento ormai decennale, menziona molti partecipanti e incomincia a essere in verità un po’ datato, perché fra costituzione e ricostituzione sul groppone porta ben vent’anni di lavoro sicuramente alacre, ma senza il parto di un piano di evacuazione.
Il documento istitutivo appena accennato (CN), prevede la formazione di ben 4 gruppi di lavoro. Il Gruppo A è quello incaricato di provvedere alla definizione degli scenari e dei livelli di allerta per il Vesuvio e per i Campi Flegrei.  A capo del Gruppo A non poteva che esserci l’Osservatorio Vesuviano per le sue competenze che ne fanno un centro di riferimento per gli aspetti scientifici del rischio.  Altri partecipanti di questo comitato ristretto, sono il Dipartimento della Protezione Civile, un rappresentante della Regione Campania e tre esperti: due di essi ex direttori dell’Osservatorio Vesuviano. 
Il Gruppo A, nella relazione conclusiva consegnata al Dipartimento il 13 aprile 2012 con doppia firma, stranamente non menziona il lavoro scientifico   Pyroclastic flow hazard assessment at Somma-Vesuvius based on the geological record di Lucia Gurioli e altri.
Sarà la Commissione Grandi Rischi consultata dal DPC come previsto, ad assumere il 27 giugno 2012 tale compendio, che definisce su carta (linea nera), il limite terminale dei depositi piroclastici rilasciati in situ dal passaggio delle nubi ardenti formatesi in seno ad eruzioni a media e ad alta probabilità di accadimento.  Questo lavoro campale di ricerca è servito da un punto di vista tecnico a stabilire un confine statico e statistico.
La commissione Grandi Rischi ha utilizzato invece la linea nera come (hazard), utile per tracciare limiti di pericolo legati a limiti comunque statistici ma accettati dal dipartimento della protezione civile che fa capo a un organo politico.
La linea Gurioli ha dettato anche la rimodulazione geografica della zona rossa che si è allargata inglobando altri sei comuni e un’enclave nel settore a maggior rischio. 

L’importante assise di esperti (CGR), per la parte rischio vulcanico oggi si avvale della collaborazione del Prof. Alessandro Aiuppa, Università di Palermo, e del Prof. Raffaello Cioni dell’Università di Pisa.
Per quanto riguarda la Regione Campania, vorremmo consigliare all’assessore alla protezione civile, Prof. Edoardo Cosenza, che sarebbe necessario che gli euri stanziati dall’Europa fossero utilizzati in un modo proficuo, magari elaborando studi e progetti finalizzati alla realizzazione di strutture e infrastrutture da destinare in concreto alle attività di protezione civile nelle aree a maggior rischio. Ad esempio, è sconcertante che ogni comune flegreo o vesuviano non abbia almeno un’area di atterraggio elicotteri con annesso cartello di località a lettura verticale. 
Per i comuni in area vulcanica di fascia costiera, pianificare opere di dragaggio dei porti, soprattutto quello di Torre del Greco particolarmente strategico per la posizione mediana che occupa nella zona nera, ci sembra fondamentale. Lo stesso dicasi per la progettazione e la realizzazione di banchine ad attracco rapido, utili per sfruttare al massimo le potenzialità della flotta di catamarani e monocarene, quali navi a basso pescaggio, che ogni giorno percorrono in lungo e in largo il Golfo di Napoli costituendo una vera risorsa operativa...  
La spianata di Bagnoli, sede del deep drilling project,  capiamo che è particolarmente appetibile per spazi e ubicazione geografica. Quest’area però, si offre egregiamente quale area strategica e polifunzionale di protezione civile, perché ricade in punti nodali per i trasporti aerei, ferroviari e stradali e navali. Bisognerebbe solo bonificarla davvero…
Progettare attraversamenti pedonali sopraelevati e protetti agli incroci stradali complessi per traffico e velocità, non guasterebbe già in tempi normali. Lo stesso dicasi per una verifica e un potenziamento della copertura radio in tutta la zona rossa del Vesuvio e dei Campi Flegrei, a iniziare dalla rete delle radio telecomunicazioni dei Vigili del Fuoco, che saranno i primi a ritrovarsi in trincea all’occorrenza.
Il Gruppo B della commissione nazionale incaricata dell’aggiornamento dei piani d’emergenza, ha come referente il dipartimento della protezione civile e un affollatissimo seguito. Il Gruppo B è quello che dovrebbe mettere su le linee guida e la strategia per i piani di evacuazione. Ovviamente e come sapete, siamo all’anno zero.  
Una particolare utilizzazione delle autostrade per l’evacuazione, anche in questo caso rapida di emergenza, dovrebbe essere nel campo delle attenzione, e forse lo è, della Direzione Regionale dei Vigili del Fuoco Campania.
Il Gruppo C , informazione ed educazione, ha come referente istituzionale la Regione Campania.
Il Gruppo D, sotto l’egida della Provincia di Napoli, dovrebbe trattare i piani d’emergenza e d’evacuazione comunali o intercomunali,  che vanno tarati in accordo con le strategie del piano nazionale.  All’atto della stesura del documento di ri-costituzione della commissione nazionale, fu sancito che il Gruppo D si sarebbe potuto costituire solo dopo che gli altri tre gruppi fossero giunti a delle conclusioni scientifiche e operative. Probabilmente tale Gruppo D non si è mai riunito, salvo smentite graditissime…
I giornali stamani riportano la notizia di un evento sismico al Vesuvio di magnitudo 2,3 che potrebbe non essere una notizia se avessimo strumenti di tutela. Lascia veramente perplessi la dichiarazione del Direttore dell’Osservatorio Vesuviano, che in un’intervista al Mattino di Napoli facendosi carico di problemi non scientifici, parla di piani di sicurezza della protezione civile pronti da molti anni…
Rinnoviamo ancora una volta l’invito alla classe politica ma anche scientifica, ovviamente in entrambi i casi generalizzando, acchè non profetizzino che la previsioni delle eruzioni è possibile  mesi o anni prima dell’evento. Omettano poi, di dire sciocchezze sui piani d’evacuazione che ancora non esistono. 

Non ricalchiamo gli errori commessi all’Aquila: sarebbe una grossa imprudenza. Innanzitutto e purtroppo perché il dato della previsione eruttiva che si conta a mesi non è comprovato matematicamente. E poi, intuirete, se così fosse, più che piani di evacuazione sarebbero sufficienti piani di mobilità extraurbana, risolvibili con la consegna ad ogni cittadino vesuviano o flegreo di un biglietto Unico Campania, magari di fascia U3 o E3 da obliterare alla partenza, cioè al livello 4 di allerta vulcanica…




martedì 28 maggio 2013

Campi Flegrei e bradisismo



"Campi Flegrei: incognita bradisismo" di MalKo
Nei Campi Flegrei c’è un livello di allerta vulcanica classificato di attenzione o, se preferite, giallo. Secondo processi standardizzati di valutazione voluti dalla stessa autorità scientifica, il passaggio a un livello successivo diverso da quello base si verifica nel momento in cui la rete di sorveglianza registra variazioni significative dei parametri fisici e chimici del vulcano preso in esame. E così è stato.
Il Direttore dell’Osservatorio Vesuviano, Marcello Martini, qualche settimana fa ha annunciato uno stato di attenzione scientifica per i Campi Flegrei, dovuto alla constatazione che ci sono state:<<delle variazioni significative dei parametri sismici, geochimici e di deformazione del suolo, rispetto ai livelli ordinariamente registrati>>.
A voler semplificare certi linguaggi, siamo in una fase di ripresa del bradisismo flegreo. Ovviamente il bradisismo con il suo rigonfiamento dei suoli presenta sempre delle incognite dal fondo e di fondo, in questo caso alleggerite dal dipartimento della protezione civile, che ha sottolineato che le ipotesi interpretative dei fenomeni in corso non evidenziano al momento variazioni tali da far presupporre situazioni di criticità a breve termine.
A fine novembre poi, la commissione scientifica istituita nel 2009 ha consegnato, al dicastero della protezione civile retto dal Prefetto Franco Gabrielli, una relazione contenente gli scenari previsti in caso di ripresa dell’attività eruttiva nell’area flegrea. Si sapranno quindi con certezza i fenomeni da cui bisognerà difendersi e l’E.M.A., che suona come un prefisso trasfusionale, ma in realtà è l’acronimo dell’eruzione (ipotizzata) massima attesa nel breve – medio termine. Per il Vesuvio, ricorderete, è stata presa a campione quella sub pliniana del 1631.
Ovviamente tale documento dovrà contenere anche i limiti della zona rossa, quella a maggior pericolo, e poi di quella gialla, dove sono previsti fenomeni di ricaduta dei prodotti piroclastici. La consegna di questo documento scientifico i cui autori rimangono sempre un po’ sconosciuti alle masse, darà poi il via alla stesura dei piani d’emergenza che, pare, devono essere solo aggiornati.
Il deep drilling project (CFDDP), cioè la perforazione profonda che si sta facendo nell’area ex italsider di Bagnoli (Bagnoli Futura) per installare degli innovativi sistemi di controllo dei parametri vulcanici e sismici nell’area, ha raggiunto il 26 novembre 2012 quota meno 430 metri. Poche diecine di metri ancora e si toccherà la profondità prevista dei 500 metri. Che cosa succederà dopo non lo sappiamo. Ovviamente anche per il clamore suscitato dalla trivellazione e dalla situazione di allerta esistente oggi nell’area flegrea, un’eventuale ripresa dell’attività perforativa oltre la misura indicata, dovrà essere condivisa da tutti gli attori istituzionali che hanno un ruolo nella previsione e prevenzione dei rischi sismici e vulcanici nell’area flegrea, a iniziare dalla commissione grandi rischi, che presumibilmente sarà interpellata, e dal sindaco di Napoli che dovrà tenere in debito conto più fattori, compreso l’allarme sociale che si è creato intorno a questo  progetto di perforazione profonda.
I fenomeni di bradisismo sono stati da sempre una caratteristica dei Campi Flegrei (Campi ardenti). Di recente si ricordano i movimenti ascensionali dei primi anni ’70 caratterizzati da scarsa attività sismica, e poi di nuovo un rigonfiamento dei suoli tra il 1982 e il 1984, questa volta con manifestazioni sismiche intense (migliaia di scosse) e un terremoto di magnitudo 4 che creò non poche apprensioni il 4 ottobre del 1984.
L’innalzamento notevole del suolo costrinse le autorità a far evacuare precauzionalmente circa quarantamila persone, molte delle quali abitavano in palazzi particolarmente fatiscenti. Per far fronte alle necessità degli alloggi, fu edificato in poco tempo un complesso residenziale popolare nella frazione di Monteruscello. Fortunatamente non ci fu eruzione e l’allarme rientrò. La nota critica, e che le nuove e squadrate  costruzioni sorsero su suoli ubicati nel Comune di Pozzuoli, che rientra a pieno titolo nella zona rossa.
E poi gli alloggi prontamente costruiti potevano ospitare quarantamila persone: una cifra in realtà sproporzionata rispetto al reale fabbisogno abitativo misurato in diecimila sfollati. Si largheggiò molto col denaro pubblico. Il vulcanologo Haroun Tazieff adirato ebbe a dire: «È davvero triste che la gogna sia stata abolita. Una gogna moltiplicata all’infinito dalla televisione sarebbe il mezzo migliore per smascherare le truffe che si commettono in nome del rischio sismico».
Dal 2005, scrive l’Osservatorio Vesuviano, il suolo ha ricominciato a innalzarsi per un totale di 15 centimetri. Nel 2012 il fenomeno pare si sia notevolmente incrementato dando origine il 7 settembre 2012 a uno sciame sismico di circa 200 scosse a bassa magnitudo.
Nel puteolano si annoverano rigonfiamenti e sprofondamenti, a volte lentissimi altre volte ancora incalzanti, ma non dimentichiamo che ci sono state anche eruzioni come quella del Monte Nuovo nel 1538, evento annunciato da deformazioni metriche sviluppatesi nell’arco di pochi giorni e da un appariscente arretramento del mare che lasciò all’asciutto moltissimi pesci per la gioia dei pescatori ignari del pericolo.
Le cause del bradisismo restano un problema ancora irrisolto per una molteplicità di fattori, anche se, da un punto di vista concettuale, il fenomeno in se comunque è da ascriversi, direttamente o indirettamente, al magma nel sottosuolo e alla sua verve ardente.
L’area flegrea rimane quindi una grossa incognita scientifica e tecnica ma anche politica per gli aspetti della prevenzione, che in questo caso dovrebbe ruotare inesorabilmente e prevalentemente su un abbattimento della pressione demografica, una riqualificazione antisismica dei fabbricati e un’organizzazione del territorio che garantisca una rapida mobilità degli abitanti in caso di dichiarata emergenza vulcanica. Elementi di difficile attuazione: ma ci dovrà pur essere un inizio…

lunedì 27 maggio 2013

Rischio Vesuvio e piani di emergenza nel cassetto.

Prefetto Gabrielli - Capo Dipartimento Protezione Civile
"Rischio Vesuvio: i piani nel cassetto" di MalKo

Il Prefetto Franco Gabrielli, come tutti sanno, da novembre 2010 occupa lo scranno di capo dipartimento della protezione civile. Sostituisce un personaggio scomodo e inviso a molti: Guido Bertolaso. Quest’ultimo, nel suo commiato pseudo pensionistico, scrisse che scendeva dalla nave e che il suo successore (Gabrielli), era salito a bordo già dalle prime ore del terremoto all’Aquila, senza neanche rendersene conto: << gli lascio due medaglie d’oro, bofonchia, e il sacrosanto diritto di reclamarne una terza>>. E ancora: gli lascio un servizio nazionale che ha dato il meglio di se in Abruzzo …siamo riusciti per la prima volta nelle grandi tragedie italiane a non far scrivere a nessuno che i soccorsi erano in ritardo, che qualcuno non aveva ricevuto subito aiuto>>.
Franco Gabrielli, leggiamo, è entrato in polizia nel 1985, ed è stato impegnato tantissimo nell’antiterrorismo. A Dicembre del 2006 viene nominato direttore del SISDE. Poi, su indicazioni di Bertolaso, nel 2009 assume l’incarico di Prefetto dell’Aquila fino a quando non sostituirà alla guida del dipartimento il suo chiacchierato predecessore.
 
Del Prefetto Gabrielli sappiamo ben poco e il tempo ci dirà se la sua nomina è stata oculata per riportare onore e competenza a una struttura “sporcata” da non pochi scandali e zavorrata all’inverosimile dalla politica. Gli imbarazzi però non sono solo quelli del malaffare fatti di appalti, sprechi, affitti e donnine. Gli scandali sono anche altri. Un po’ più profondi e che attingono direttamente ai compiti istituzionali del dipartimento stesso. Il riferimento è tutto rivolto al piano nazionale per l’emergenza Vesuvio che ancora una volta è in cima alle nostre attenzioni.
 
Il capo dipartimento Gabrielli si è recato a Napoli il 18 febbraio 2011 per incontrare le autorità regionali e le istituzioni competenti in tema di rischio, con un occhio di riguardo a quello vulcanico. Nelle prime battute il prefetto esordisce chiarendo subito che:<< Il rischio si misura sull’antropizzazione del territorio e questo è uno dei territori più antropizzati>>. Gli astanti annuivano tutti. Parole sante! La missione napoletana comprendeva visita e rilancio dei piani d’emergenza, soprattutto quelli a maggior… polemica; quindi, in primis quello per il rischio Vesuvio; in secundis Campi Flegrei e a seguire Ischia e qualcun altro a minore pericolosità.  Nel merito, il prefetto ha affermato che molto spesso questi piani sono semplicemente chiusi nei cassetti e, quindi afferma << Si dice abbiamo i piani: ma i cittadini di questi piani cosa sanno?
 
Non vorremmo ovviamente contraddire il capo dipartimento della protezione civile, il prefetto Gabrielli, che è di recente nomina e deve ancora “guardarsi intorno”. Vorremmo però, che prima di affermare che i piani d’emergenza sono chiusi nei cassetti, li verificasse questi piani. Perché i cassetti potrebbero anche contenere tante carte accuratamente rilegate che non costituiscono in se un piano d’emergenza. Un piano quando è pronto e collaudato, si semplifica e si condensa per la parte che interessa la popolazione, con linguaggio semplice che non lascia arbitrii interpretativi: disegni e carte tematiche da questo punto di vista aiutano molto. Dopodiché, il piano si distribuisce in forma cartacea ai possibili utenti da salvaguardare, con tanto di firma del sindaco (autorità locale di protezione civile), avvisando che è fatta salva la possibilità di aggiornamenti che vanno segnati a tergo e in apposite pagine lasciate intenzionalmente in bianco.
 
Certamente la regione Campania rappresentata dal governatore e soprattutto dall’assessore alla protezione civile Edoardo Cosenza, vigilerà acchè i cassetti siano effettivamente aperti, pratica questa che sarebbe dovuta iniziare, se diamo un peso alle parole, il 19 febbraio 2011,  garantendo così alla popolazione vesuviana, in verità ottimista e poco vigile, quell’imprescindibile diritto alla sicurezza che un po’ sembra manchi, quando si toccano i tasti del rischio Vesuvio, Flegreo e, grazie alla famosa frase del colpo in canna dell’isola d’Ischia.
 
Purtroppo pensiamo che ci siano delle incongruenze fondamentali nelle affermazioni che rilasciano i nostri rappresentanti istituzionali e amministrativi. Gabrielli ha detto una cosa giustissima all’inizio del confronto con le autorità campane, tra l’altro condivisa dal presidente Caldoro e dall’assessore Cosenza: l’antropizzazione mina in termini di rischio il territorio!  Che cosa fa quindi il sindaco di Napoli il 4 marzo 2011? Leggiamolo dal Mattino di Napoli: … oggi per lei normale pomeriggio di lavoro. Il primo cittadino ha presieduto una giunta durante la quale è stata approvata la variante PUA di Bagnoli e sono stati prorogati i termini del condono. Nel primo caso è previsto un aumento di 600 case a uso residenziale, mentre per il condono i termini sono stati prorogati al 31 dicembre 2011.
 
Bagnoli per chi non lo sa, è un quartiere della città di Napoli ricadente nella zona rossa a maggior rischio vulcanico dettato dalla caldera Flegrea, in un settore dove è maggiore la probabilità che si riversino flussi piroclastici in caso d’eruzione o super eruzione. Bagnoli è anche il sito dell’esperimento internazionale di perforazione profonda (Deep drilling Project), progettato e finalizzato al sondaggio per carpire dati fisici e chimici dal sottosuolo pieno zeppo di magma sotterraneo. Una perforazione che potrebbe innescare terremoti o eruzioni, affermano alcuni autorevoli scienziati nazionali e internazionali. Il sindaco di Napoli quindi, prudentemente ha sospeso l’esperimento giudicandolo troppo pericoloso per un simile territorio (Bagnoli), rimandando ogni responsabilità decisionale al dipartimento della protezione civile che potrebbe non essere super partes in questa faccenda. E le case?
 
La legge regionale n° 21 del 2003, era molto importante perché prevedeva l’inedificabilità assoluta nell’area rossa a maggior rischio vulcanico, rappresentato in questo caso dal temibile Vesuvio. Il 5 gennaio 2011, presso la regione Campania succede che passa un emendamento che modifica il comma 2 articolo 5 della succitata legge del 2003. La postilla in questione caldeggiata da una consigliera regionale di Somma Vesuviana, consentirà interventi di ristrutturazione, anche mediante demolizione e ricostruzione in altro sito, in coerenza con le previsioni urbanistiche vigenti, a condizione che almeno il cinquanta per cento della volumetria originaria dell’immobile sia destinata a uso diverso dalla residenza.
L’assessore regionale alla protezione civile, prof. Edoardo Cosenza, esattamente quello che ha incontrato Gabrielli, dice che vigilerà su questa piccola postilla. La nostra preoccupazione è che la modifica citata possa essere un primo passo per favorire i tanti cittadini che premono per dar mano al cemento, oppure che sperano attraverso questa prima opportunità e come atto successivo, che si aprano anche i termini per richiedere provvidenziali condoni edilizi che sanino decenni di abusi che si perpetrerebbero con fiducia.
 
Intanto il sindaco di Somma Vesuviana e quello di Sant’Anastasia si scaldano perché la perimetrazione della zona rossa gli va troppo stretta. Anzi strettissima. Il sindaco di Boscoreale concorda e plaude. Bisogna restringerla questa maledetta zona rossa! Un esponente regionale però, di lungo corso, dice che non bisogna restringerla anzi: sarebbe opportuno allargarla. Allarghiamola. Ovviamente senza queste limitazioni all’edificazione così fiscali…
 
Leggiamo poi che un partito politico si sta organizzando per presentare il numero di firme necessarie per varare un referendum abrogativo della zona rossa. Siano i cittadini a decidere è lo slogan… Qualcun altro parla di zona arancio, mentre da San Sebastiano si alza il grido: resti pure la zona rossa: ma almeno dateci soldi in cambio. Anche in questo caso dobbiamo precisare che la zona rossa non va bene a nessun arco politico. La par condicio in questo caso è perfettamente rispettata. Se gli togli il cemento, affogano tutti, generalizzando, nella mediocrità che li caratterizza…
 
Intanto bisognerebbe capire perché le autostrade meridionali hanno ingabbiato la popolazione di Portici, vincolandola a un unico casello d’ingresso in autostrada da condividere con Ercolano e da raggiungere attraverso un po’ di incroci e qualche galleria realizzata per sotto passare un … giardino. Eppure l’autostrada è la via di fuga per i comuni litorali… Al danno la beffa! Per fare questo magnifico tracciato hanno dovuto pure utilizzare lo spazio vincolato nel piano di urbanizzazione quale area atterraggio elicotteri per esigenze di protezione civile… che dire. Se non lasciano qualche rampa praticabile almeno nelle emergenze, i porticesi saranno come topi in gabbia. Il progetto ovviamente, è stato cofinanziato dalla regione Campania.
 
Tra pochi giorni sarà un mese che si aprono cassetti al dipartimento. Bisogna saper aspettare…Vorremmo essere i primi a dare la notizia del piano d’emergenza Vesuvio che vede la luce.  Intanto vorremmo sottolineare che il Vesuvio sarà anche il più grande problema di protezione civile che abbiamo in Italia, ma è anche il più inestricabile problema politico.
Forse siamo pessimisti. Ovviamente possiamo anche resettare le nostre apprensioni e dire così, tutti insieme cittadini e politici, che abbiamo consapevolezza e giudizio sufficiente per accettare il giochino del cerino acceso…