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lunedì 30 marzo 2015

Il Vesuvio e gli incubi del prefetto Gabrielli...


  
Rischio Vesuvio: un vulcano da incubo..." di MalKo

Recitano i giornali che il capo della protezione civile Franco Gabrielli ha raccontato che il Vesuvio e un possibile terremoto in Calabria sono le due condizioni di rischio che gli tolgono il sonno… L’analisi è assolutamente da condividere con qualche precisazione che riguarda il suo dicastero a proposito del piano di evacuazione che ancora non salta fuori dai famosi cassetti.

In molte pubblicazioni ad oggetto il rischio vulcanico si evidenziano come i danni subiti dalle popolazioni sarebbero generalmente rapportati all’energia che sprizzerebbe fuori dal sottosuolo, secondo alcune logiche che evidenziano uno stretto collegamento tra l’energia liberata sotto forma di eruzione, le fenomenologie vulcaniche e la superficie territoriale coinvolta.
Tutti dati che non è possibile reperire a priori perché l’incognita sul quando e con quanta energia si verificherà la prossima eruzione del Vesuvio, rimane un’irrisolvibile equazione matematica che grava sull’agglomerato urbano vesuviano. Almeno oggi…domani chissà!

Alcuni ricercatori per rispondere al duplice interrogativo appena prospettato, e soprattutto per fornire elementi di valutazione alla parte politica e istituzionale che ha responsabilità dirette nella gestione del territorio a rischio, hanno elaborato studi statistici pubblicando alla fine percentuali probabilistiche sull’eruzione che verrà. Una sorta di proiezioni con la differenza che qui il campione rappresentativo (eruzioni) è numericamente irrisorio e oltremodo datato. Diciamo che ci provano a ipotizzare le energie che verrebbero messe in gioco per capire quanto territorio verrebbe interessato dalle varie fenomenologie… ma sul quando avverrà nessuna proiezione al mondo potrebbe avere un minimo di utilità pratica. Lo stesso dicasi per il rischio sismico che è ancora più imprevedibile e meno puntiforme della bocca di un vulcano. Di contro però, strategie costruttive antisismiche possono ridurre significativamente le conseguenze per le popolazioni esposte. Di fronte a un flusso piroclastico invece, non c’è difesa di superficie che tenga.

Una ripresa eruttiva con eruzione di tipo VEI 3 viene data quantitativamente parlando probabile, semmai il Vesuvio dovesse interrompere il suo stato di quiete nell’arco dei prossimi 130 anni. Nella peggiore delle ipotesi assisteremmo a una VEI 4 dicono gli esperti analisti, cioè a una eruzione di tipo sub pliniana simile a quella che flagellò l’area vesuviana nel 1631. L’eruzione pliniana (VEI 5), quella famosa di Pompei e Avellino, è stata letteralmente esclusa negli scenari di rischio elaborati dall’insonne capo Dipartimento della Protezione Civile.

Il  Prefetto Gabrielli sa perfettamente che in Italia il rischio lo si vuole maneggiare senza rinunce e senza scontentare gli amministratori regionali e comunali che hanno dalla loro il disinteresse di non poca parte della popolazione vesuviana che affronta il problema Vesuvio con una semplice alzata di spalle.
C’è poi la minoranza silenziosa che vive con ansia la sua condizione di promiscuità con il vulcano, e se non va via dalla plaga a rischio è solo perché l’informazione gli propina un quadro di iniziative rassicuranti, edulcorate e senza approfondimenti. Le notizie date in un certo modo implicitamente diffondono fiducia nello Stato di diritto che dovrebbe garantire ad ogni cittadino il bisogno sociale di sicurezza. Purtroppo non è così e la storia dell’Aquila, del terremoto  e della commissione grandi rischi che poi non era commissione, così dicono in quel contesto generatosi il 31 marzo 2009, dovrebbe far riflettere sulle necessità di indipendenza della scienza dal mondo dei gatti e delle volpi. La sicurezza e le tutele non possono essere di apparenza…

Al Capo Dipartimento manca l’arma della prevenzione, e forse pure quella dell’interventistica perché non siamo sicuri che prima della sua prossima destinazione funzionale il prefetto Gabrielli riuscirà a battezzare un serio piano di evacuazione per l’area vesuviana di cui auspichiamo di avere presto notizie in rete. Un piano tra l’altro, che al Prefetto compete direttamente e istituzionalmente (piano di livello nazionale), anche se condivide il fardello con la Regione Campania rappresentata dall’assessore Edoardo Cosenza. Il vulcanico amministratore a tal proposito pubblicizza la carta strategica  evacuativa con la fine dei lavori per la realizzazione della terza corsia sull’autostrada A3 Napoli – Salerno, senza dare enfasi al fatto che da Pompei a Salerno le corsie sono e saranno tombalmente due e senza corsia di emergenza…

Lo spigoloso capo dipartimento ha dimostrato zelo da vendere, intimando ai parenti di alcune delle vittime del terremoto dell’Aquila la restituzione delle somme percepite in anticipo quali danni dovuti dalle rassicurazioni ricevute da un ex dirigente della protezione civile. Tecnicamente parlando avrebbe dovuto profondere pari piglio nel campo della prevenzione, magari valutando bene i contorni della nuova zona rossa e le complicanze tecniche e amministrative che tale scelta ha determinato.
Infatti, contrariamente al battiage pubblicitario, il diametro della zona rossa a maggior rischio vulcanico in realtà si è ristretto rispetto alla vecchia perimetrazione, mentre si è allargato il diametro dei territori da evacuare all’occorrenza, attraverso un piano di evacuazione che ricordiamo a noi e alla corte di  Strasburgo e alla Procura di Torre Annunziata, ancora non c’è.

Non è semplice spiegare bene questo concetto della zona rossa per chi non segue l’argomento da tempo e con attenzione, ma è necessario cercare di comprendere astuzie e ingenuità, visto che in gioco ci sono le vite dei burattini vesuviani odierni e futuri.
Il Comune di Boscoreale con sentenza del tribunale amministrativo regionale (TAR) n° 02561/del 05.08.2014 si è visto riconoscere il diritto ad estrapolare la parte di territorio comunale eccedente la linea nera Gurioli, in modo da uscire dalla tenaglia regionale che vieta l’edificato residenziale e i condoni edilizi nella zona vulcanica a maggior rischio (Rossa 1). La sentenza del TAR infatti, ha accolto il ricorso del Comune di Boscoreale e per tale motivo la Regione Campania nonostante il grande impegno dell'assessore Edoardo Cosenza, dovrà procedere alla ridefinizione della zona rossa 1 che sarà, in assenza di volontà specifiche dei comuni o decreti governativi, coincidente totalmente con l’area definita dalla linea nera Gurioli. La sentenza infatti, sostanzialmente lascia intendere che la Regione non può sostituirsi alla commissione grandi rischi (consesso scientifico) nella definizione della zona a maggior pericolo identificata appunto col perimetro Gurioli.

Boscoreale prima della sentenza TAR:
 intero territorio in rossa1
La mappa a sinistra mostra il comune di Boscoreale prima della sentenza del TAR. Tutto il comprensorio è in zona rossa 1 e quindi come detto soggetto alla legge regionale 21 del 2003 che vieta l’edilizia residenziale. La cartina sottostante invece,mostra il Comune di Boscoreale dopo la sentenza del TAR del 2014. Come vedete la parte eccedente la linea nera Gurioli deve 
Boscoreale dopo la sentenza TAR: territorio suddiviso
dalla linea nera in rossa 1 e rossa 2
intendersi amministrativamente in zona rossa 2. Cos’è la zona rossa 2? Una parte di territorio dove si dovrà scappare a gambe levate in caso di allarme vulcanico ma nel contempo è ancora possibile costruire con tanto di licenza edilizia e condonare gli abusi edilizi… Ovviamente le sentenza fanno giurisprudenza e,quindi, ciò che vale per Boscoreale vale pure per gli altri comuni attraversati dal segmento Gurioli, tra cui Pompei, Torre Annunziata e altri..

Con la sentenza del TAR tutte le casette in rosso nella mappa sottostante si trasformeranno in verde. La linea Gurioli sarà quindi destinata ad avere una crescente importanza al catasto quale limite di inedificabilità totale piuttosto che un limite scientifico di pericolo, tra l’altro di taglio deterministico…
Difficile dormire con queste schizofrenie amministrative… alla fine rimane solo l'amarezza nel constatare che lo stesso Stato è produttore di rischio in un mondo che pare quello di Collodi e l’informazione che dovrebbe puntare su un giornalismo investigativo quale valore della democrazia, si riduce invece alla pubblicazione in serie delle veline passate dalle varie segreterie... 


Le casette rosse identificano il territorio soggetto inizialmente all'inedificabilità residenziale. Con la sentenza del TAR del 2014  l'area compresa tra il tracciato rosso e nero diventa Rossa 2 e sarà quindi possibile edificare e condonare gli abusi edilizi.

mercoledì 11 marzo 2015

Rischio Vesuvio:2015... la zona gialla...


Eruzione Vesuvio 1944. Bombardieri americani B25 schierati a Terzigno  vengono flagellati
dalla pioggia di cenere e lapilli.
  Rischio Vesuvio 2015: la zona gialla, quella della pioggia 
di cenere e lapilli…” di MalKo

La zona gialla nelle mappe di pericolosità dettate dal rischio Vesuvio, identifica quella parte del territorio campano dove la ricaduta di cenere e lapillo potrebbe assumere intensità tali da costituire un serio problema per la tenuta statica delle coperture dei fabbricati che, a causa degli accumuli, potrebbero cedere con gravi conseguenze per gli abitanti ricoverati negli ambienti sottostanti.
Lo scenario massimo (VEI 4 - eruzione sub pliniana) adottato dal dipartimento della protezione civile su input dell'INGV, può considerarsi deterministico e prevede per il Vesuvio una colonna eruttiva di 10 - 15 chilometri che verrebbe imbrigliata dal vento soprattutto nella parte alta composta da materiali più leggeri e oramai con scarsa energia cinetica da contrapporre ai refoli. I lapilli, ma soprattutto la cenere, verrebbe così spinta e aspersa pure a notevole distanza dal cratere, con la conseguenza che si andrebbe a depositare anche sulle case in una misura influenzabile dalla direzione e dall’intensità del vento, dalla distanza degli agglomerati urbani dal cratere e dalla posizione dei fabbricati rispetto alla direttrice del vento passante per il cono sommitale (nell’esempio la linea celeste).

In siffatte condizioni e abbastanza velocemente (ore), si accumulerebbe tanto materiale piroclastico sui tetti, da costituire soprattutto se imbibito, un peso sufficientemente grande da compromettere seriamente la statica delle coperture in piano e delle terrazze.
Nelle zone sottovento, in ragione dell’intensità del vento e dell’altezza raggiunta dalla colonna eruttiva (nelle pliniane anche oltre 30 Km. di quota), si avrebbero precipitazioni intense di cenere ed altro particolato, che determinerebbero nelle aree maggiormente esposte un innaturale calare della notte. Si avrebbero poi difficoltà nell’orientamento a causa della coltre sottile che tutto ricoprirebbe, ma i danni da tenere in debito conto sarebbero soprattutto fisici laddove dovessero sprofondare i solai, e quelli all’apparato respiratorio e agli occhi, in assenza di protezione, con arrossamenti e lacrimazioni già nelle prime fasi eruttive a causa delle fini ceneri che potrebbero contenere a percentuali variabili prodotti nocivi di tutto rispetto come la silice e il fluoro.
I danni fisici per le popolazioni esposte sarebbero quindi commisurati alla concentrazione e al diametro delle particelle rocciose diffuse nell’aria, e al tempo di esposizione alla polvere vulcanica e alla sua composizione che è un dato forse stimabile per il Vesuvio. Certamente i danni alla salute avrebbero un’incidenza dipendente anche dalle condizioni fisiche iniziali degli esposti, con una platea più vulnerabile laddove composta da asmatici e allergici, vecchi e bambini. 
Le istruzioni dettate dalle autorità dipartimentali e regionali indicano per la popolazione della zona gialla esposta all’eventuale problema della massiccia ricaduta di cenere e lapilli, la necessità di permanere in luoghi riparati e chiusi, che abbiano però coperture capaci di sopportare il sovraccarico innaturale dettato dall’accumulo delle ceneri sui tetti. A tal proposito le indicazioni dipartimentali invitano i comuni a inquadrare e classificare finanche ogni singolo fabbricato, in ragione della resistenza delle coperture. Inoltre, e sempre a cura delle autorità locali, sarà necessario individuare edifici che, per caratteristiche costruttive, non temano i sovraccarichi e consentano ripari collettivi alle popolazioni da proteggere. Le avvertenze poi, consigliano di individuare luoghi dove poter ammassare i prodotti piroclastici rimossi dalle strade presumibilmente in un momento successivo all’evento.
Mappa 2015 - Zona Gialla a cura del Dipartimento della Protezione Civile
Sempre nella minuta che accompagna la cartografia tematica della zona gialla, si evidenzia in caso di eruzione la probabilità di black out elettrici, interruzione dei collegamenti telefonici, intasamento delle fogne, spegnimento dei motori e impercorribilità delle strade.
Da queste prime considerazioni dovrebbe risultare alquanto problematica l’attuazione dinamica del piano di evacuazione per alcuni settori della zona gialla con eruzione in corso. Il grosso problema che si presenterebbe in caso di ripresa eruttiva, è che già a distanza di alcune ore dal risveglio del vulcano, il settore sottovento potrebbe essere gravemente compromesso in termini strutturali, di viabilità e di impianti tecnologici che diverrebbero inutilizzabili, senza contare possibili scuotimenti sismici che minerebbero ulteriormente la resistenza dei fabbricati, laddove il tetto risulterebbe inusualmente appesantito.
Non si capisce bene quindi in un cotale inferno e in assenza di collegamenti anche radio che potrebbero essere compromessi, in che modo si fornirebbero precise e vitali informazioni alle popolazioni arroccate nei fabbricati. E in caso di situazione insostenibile, in che modo si porterebbero via le persone dai settori maggiormente colpiti della zona gialla, posti all’interno della curva di isocarico da 300 kg a metro quadro di cenere, cioè con spessori al suolo superiori ai 30 centimetri in una condizione operativa ambientale tra l’altro proibitiva pure per gli elicotteri.
Nell’immagine d’apertura risalente al mese di marzo 1944, si vedono i bombardieri americani B-25 schierati sul campo d’aviazione ubicato tra Terzigno e Poggiomarino, danneggiati e bloccati da cenere e lapilli per un improvviso cambiamento dello stile eruttivo del Vesuvio che diede luogo a una colonna sostenuta di circa 5 chilometri che asperse in quella direzione il suo gravame piroclastico.

I nostri lettori sanno che dopo la zona rossa e la zona gialla manca all’appello ancora un tassello del mosaico a tema il rischio Vesuvio: la zona blu. 
Ubicata a nord – est del Vesuvio, comprende una serie di comuni che potrebbero subire intensi allagamenti, dovuti alla posizione areale depressa che pare tocchi un massimo nella conca di Nola, proprio nei pressi del vulcano buono…. 
Nola - Il vulcano buono
Si stimano altezza delle acque di circa due metri… Il comune di Nola ha una particolarità: il suo territorio comprende la zona rossa, quella gialla e quella blu.  Ai piani terra? Solo garage all’ombra di tetti spioventi…