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venerdì 1 gennaio 2016

Rischio Vesuvio: piano vince piano perde... di Malko

 Vesuvio



Una delle maggiori perplessità che riguardano le misure di protezione dei cittadini dell’area vesuviana, è la straordinaria capacità che hanno le amministrazioni pertinenti nel continuare a rassicurare e pubblicizzare l’esistenza del piano di emergenza Vesuvio, omettendo di riferire che l’elegante malloppo cartaceo non contiene il piano di evacuazione, perché ancora in itinere…
In queste condizioni parlare del piano di emergenza e del piano di evacuazione come se fossero automaticamente la stessa cosa non è corretto, ma nel caso del Vesuvio è la regola che funziona da tempo... Su questo argomento abbiamo disquisito più volte, constatando tra l’altro come certa stampa disattenta (?) non abbia mai sollevato il velo sul refuso terminologico, svelando che l’annesso più importante del piano di emergenza Vesuvio, cioè il piano di evacuazione, ancora non è una realtà consegnata agli archivi delle garanzie e delle tutele dei sonnolenti vesuviani...

Nei testi sulla sicurezza non è raro imbattersi nel concetto che se bisogna dare attuazione al piano di evacuazione, il significato che immediatamente se ne ricava e il fallimento o l’impraticabilità delle politiche di prevenzione. Il ragionamento sostanzialmente fila, anche se nel vesuviano ovviamente ci ritroviamo con una storia pregressa di mancata prevenzione che parte da molto lontano, dal 79 d.C. e nessuno, in nome del progresso e delle necessità economiche della fertile area, ha mai ritenuto di spezzare questa spirale contorta del rischio, proibendo l’urbanizzazione selvaggia e senza nessuna regola prudenziale, come quella assolutamente necessaria di costruire ampie vie di allontanamento tangenziali e radiali all’apparato vulcanico. 
Nel 2003 ci fu finalmente il varo di una legge regionale, la numero  21, che proibisce l’edificazione residenziale in zona rossa Vesuvio; pratica che in realtà continua a est, lì dove si protende la zona rossa 2, grazie a una foglia di fico offerta qualche anno fa dalla Regione Campania e dall’assessorato pertinente. La legge 21/03 voluta dall'allora assessore regionale Di Lello, è continuamente oggetto di tentativi di scardinamento da parte di quelle forze politiche che vedono nel cemento e nel consumo del territorio l’unico sviluppo possibile. Speriamo che il bastione legislativo regga all’azione dei magli del liberismo cementizio, sotto sotto portato avanti dagli stessi paladini politici che senza distinzione di dottrine inneggiavano al condono edilizio. Voto non olet...

Il piano di emergenza Vesuvio è monotematico e ha nelle premesse l’analisi dell’unico e micidiale fattore di rischio che il pianificatore pone in evidenza e prende in esame per quell’area: l’eruzione vulcanica esplosiva.  Nel documento scientifico di premessa, è indicata statisticamente l’intensità eruttiva da cui bisognerà difendersi (VEI 4) nel medio e breve termine e i territori (zona rossa) su cui gli indesiderati fenomeni, a iniziare dai flussi piroclastici, si andrebbero a spalmare in modo particolarmente deleterio per la popolazione.

Nel piano di emergenza sono stati individuati gli indicatori di rischio consistenti nei parametri geofisici e geochimici del vulcano che vengono permanentemente monitorati dall’Osservatorio Vesuviano. Infatti, la famosa struttura di sorveglianza dell’INGV, attraverso una procedura di segretezza gira i dati raccolti al Dipartimento della Protezione Civile, che in caso di anomalia convoca la Commissione Grandi Rischi (CGR-SRV) per valutare l’eventuale necessità di variare lo stato di allerta vulcanica.   Al Presidente del Consiglio spetta la decisione finale di dichiarare lo stato di pre allarme e allarme con evacuazione totale dell’area, se i dati e il parere degli esperti dovessero indicare una condizione pre eruttiva dell’apparato vulcanico…


i 4 livelli di allerta vulcanica 


Per le fasi operative corrispondenti c’è un’organizzazione da mettere in campo quale frutto di strategie e sinergie ancora da diffondere, ma che sostanzialmente dovranno convergere tutte ed esclusivamente sulla necessità di evacuare l’area vesuviana, possibilmente prima dell’eruzione e possibilmente non senza eruzione.
Agli utenti del piano di evacuazione prima o poi bisognerà impartire istruzioni semplici quanto precise sul come raggiungere all’occorrenza un luogo sicuro.  Con il termine luogo sicuro intendiamo non la regione di destinazione finale, ma il primo punto adatto a proteggersi dall’elemento più pericoloso, in primis le nubi ardenti, da cui vogliamo difenderci mettendo magari sufficiente distanza tra noi e la valanga di fuoco, anche se ci hanno assicurato in termini deterministici che le colate piroclastiche non supereranno la linea nera Gurioli e il preavviso eruttivo avrà un margine di almeno  72 ore.

La linea nera Gurioli è indicata forse impropriamente  come limite di pericolo per i flussi piroclastici
perchè non prende in esame l'eruzione massima conosciuta ma quella media dall'indice VEI 4 

Per poter raggiungere un luogo sicuro, la natura, prima ancora della norma tecnica, ha previsto per l’uomo l’istinto irrefrenabile della fuga. La fuga è l’abbandono precipitoso e disordinato e angoscioso e spesso irrazionale del luogo pericoloso verso una direzione il più delle volte non definita. La parola evacuare sottintende invece l’abbandono un po’ più ragionato di un certo numero di persone da un luogo teatro di un’emergenza, che può essere un edificio, una nave, un aereo, o anche una zona, un quartiere, un comune, una regione, una nazione o finanche il Pianeta se avessimo la capacità tecnologica per farlo e una meta da raggiungere.  
Per non lasciare nulla al caso ed evitare la contrapposizione delle direzioni di allontanamento, gli strateghi delle emergenze, in base alle risorse viarie e ai mezzi di locomozione a disposizione, pianificano l’evacuazione dell’area vesuviana da attuare in caso di emergenza vulcanica. Il piano evacuativo di dettaglio quando sarà pronto conterrà istruzioni precise circa la direzione e i mezzi autonomi o collettivi da utilizzare per portarsi in luogo sicuro. Chi governerà l’esodo sarà una regia locale, e regionale e statale e le operazioni coinvolgeranno l’intero Paese (Piano Nazionale). A livello comunale si renderà operativo un centro di coordinamento dei soccorsi chiamato COM, con a capo il sindaco quale autorità locale di protezione civile, e che teoricamente dovrebbe essere l’ultimo a lasciare il comune.

Tutti i passaggi tecnici, scientifici e burocratici concernenti il piano di emergenza Vesuvio, pur con alcune incongruenze e inadempienze sono stati quasi ultimati e quindi si può dire che la fase di pianificazione generale è prossima al traguardo. Mancano però i piani di protezione civile comunali che conterranno anche i piani di evacuazione che ogni singola amministrazione campana dovrebbe aver consegnato entro il 31 dicembre 2015, e quindi siamo in attesa della pubblicazione online e delle considerazioni finali a cura del dirigente regionale, ing. Italo Giulivo, responsabile di questa pluri pianificazione economicamente onerosa per la comunità europea.

I piani di evacuazione probabilmente necessiteranno di un coordinamento regionale e dipartimentale perché dovranno incastrarsi l’un l’altro nel senso della continuità rotabile, esattamente come i binari dei trenini.  Rimanendo nell’esempio, se un binario salta, tutti i treni incolonnati a monte dell’interruzione rimarranno fermi nel nostro caso nella zona rossa e nessun locomotore riuscirà a superare l’ostacolo rappresentato dal binario divelto o tranciato...
Il piano d’emergenza nazionale Vesuvio è una pianificazione che dovrà rendersi attuativa quando il pericolo eruttivo ancora non è manifesto. Cioè l’unica garanzia possibile per la popolazione è proprio quella di andare via prima dell’eruzione e non durante l’eruzione… Questo significa che al mondo scientifico e politico è demandata una responsabilità enorme e purtroppo senza esperienze pregresse, sia in termini di valutazioni scientifiche che di gestione di un piano (evacuazione) che obiettivamente per indice di difficoltà e numeri in gioco è senza dubbio il più complesso a livello mondiale. 
La nota stonata è che il problema piano è stato messo sul tavolo istituzionale nel lontano 1993 e solo 10 anni dopo si sono accorti che forse bisognava porre un freno all’edilizia abitativa che proliferava in zona rossa; dopo il varo della legge 21/03, il proibizionismo edilizio ha scatenato l'abusivismo edilizio, per il quale, grazie a un'inerzia istituzionale e a un finto buonismo politico che chiede clemenza per gli abusi di necessità,  ancora oggi il fenomeno è  una piaga aperta 

Rispetto al passato, qualche voce di protesta scientifica, tecnica e giuridica sulle omissioni di tutela di un’intera popolazione purtroppo poco attenta a questi argomenti: c’è!  Il piano di emergenza è prossimo alla conclusione mentre i piani di evacuazione di ogni singolo comune che dovranno essere assemblati secondo logiche di coerenza direzionale, sono forse in una fase conclusiva ma non ancora operativi. L’operatività è garantita solo dalla consegna casa per casa di un vademecum illustrato contenente le regole evacuative che il comune deve imporre…

Da un punto di vista prettamente tecnico, a prescindere da quello che argomentano Dipartimento della Protezione Civile e Regione Campania, ad oggi non ci sono ancora strumenti di tutela della popolazione vesuviana. I piani d’evacuazione (Vesuvio e Campi Flegrei) non vedono ancora la luce mentre per l’isola d’Ischia mancano addirittura gli scenari di rischio…

Quello fin qui fatto in termini legislativi e organizzativi non rappresenta nell'attualità una soluzione nella gestione di una possibile emergenza vulcanica. La crisi sismica del 7 ottobre 2015 che si è registrata  nel distretto vulcanico dei Campi Flegrei, con 33 scosse di terremoto a bassa intensità ma superficiali, e le scuole opportunamente evacuate, ha dato un assaggio di quelli che sono i timori della popolazione. 
Il sindaco di Pozzuoli, Vincenzo Figliolia, pare non abbia gradito l’iniziativa dei direttori didattici di far evacuare le scuole. Viceversa crediamo che i dirigenti scolastici abbiano ben operato, in quanto si sono mossi secondo quella che era la percezione del pericolo in quel momento. Sancire l’evacuazione del plesso è una cosa in linea con il ruolo e le decisioni assunte dai direttori, e non possono essere censurate dal sindaco che non ha nessuna autorità gestionale delle scolaresche e degli insegnanti in frangenti d'emergenza. Siamo sicuri che il piano d'emergenza scolastico infatti,  non menzioni il sindaco alla voce terremoto ed eruzione vulcanica se non per l'evacuazione della cittadina che è un'altra faccenda...


lunedì 30 marzo 2015

Rischio Vesuvio: gli incubi del prefetto Gabrielli...di Malko


  
Rischio Vesuvio: un vulcano da incubo..." di MalKo

Recitano i giornali che il capo della protezione civile Franco Gabrielli ha raccontato che il Vesuvio e un possibile terremoto in Calabria sono le due condizioni di rischio che gli tolgono il sonno… L’analisi è assolutamente da condividere con qualche precisazione che riguarda il suo dicastero a proposito del piano di evacuazione che ancora non salta fuori dai famosi cassetti.

In molte pubblicazioni ad oggetto il rischio vulcanico si evidenziano come i danni subiti dalle popolazioni sarebbero generalmente rapportati all’energia che sprizzerebbe fuori dal sottosuolo, secondo alcune logiche che evidenziano uno stretto collegamento tra l’energia liberata sotto forma di eruzione, le fenomenologie vulcaniche e la superficie territoriale coinvolta.
Tutti dati che non è possibile reperire a priori perché l’incognita sul quando e con quanta energia si verificherà la prossima eruzione del Vesuvio, rimane un’irrisolvibile equazione matematica che grava sull’agglomerato urbano vesuviano. Almeno oggi…domani chissà!

Alcuni ricercatori per rispondere al duplice interrogativo appena prospettato, e soprattutto per fornire elementi di valutazione alla parte politica e istituzionale che ha responsabilità dirette nella gestione del territorio a rischio, hanno elaborato studi statistici pubblicando alla fine percentuali probabilistiche sull’eruzione che verrà. Una sorta di proiezioni con la differenza che qui il campione rappresentativo (eruzioni) è numericamente irrisorio e oltremodo datato. Diciamo che ci provano a ipotizzare le energie che verrebbero messe in gioco per capire quanto territorio verrebbe interessato dalle varie fenomenologie… ma sul quando avverrà nessuna proiezione al mondo potrebbe avere un minimo di utilità pratica. Lo stesso dicasi per il rischio sismico che è ancora più imprevedibile e meno puntiforme della bocca di un vulcano. Di contro però, strategie costruttive antisismiche possono ridurre significativamente le conseguenze per le popolazioni esposte. Di fronte a un flusso piroclastico invece, non c’è difesa di superficie che tenga.

Una ripresa eruttiva con eruzione di tipo VEI 3 viene data quantitativamente parlando probabile, semmai il Vesuvio dovesse interrompere il suo stato di quiete nell’arco dei prossimi 130 anni. Nella peggiore delle ipotesi assisteremmo a una VEI 4 dicono gli esperti analisti, cioè a una eruzione di tipo sub pliniana simile a quella che flagellò l’area vesuviana nel 1631. L’eruzione pliniana (VEI 5), quella famosa di Pompei e Avellino, è stata letteralmente esclusa negli scenari di rischio elaborati dall’insonne capo Dipartimento della Protezione Civile.

Il  Prefetto Gabrielli sa perfettamente che in Italia il rischio lo si vuole maneggiare senza rinunce e senza scontentare gli amministratori regionali e comunali che hanno dalla loro il disinteresse di non poca parte della popolazione vesuviana che affronta il problema Vesuvio con una semplice alzata di spalle.
C’è poi la minoranza silenziosa che vive con ansia la sua condizione di promiscuità con il vulcano, e se non va via dalla plaga a rischio è solo perché l’informazione gli propina un quadro di iniziative rassicuranti, edulcorate e senza approfondimenti. Le notizie date in un certo modo implicitamente diffondono fiducia nello Stato di diritto che dovrebbe garantire ad ogni cittadino il bisogno sociale di sicurezza. Purtroppo non è così e la storia dell’Aquila, del terremoto  e della commissione grandi rischi che poi non era commissione, così dicono in quel contesto generatosi il 31 marzo 2009, dovrebbe far riflettere sulle necessità di indipendenza della scienza dal mondo dei gatti e delle volpi. La sicurezza e le tutele non possono essere di apparenza…

Al Capo Dipartimento manca l’arma della prevenzione, e forse pure quella dell’interventistica perché non siamo sicuri che prima della sua prossima destinazione funzionale il prefetto Gabrielli riuscirà a battezzare un serio piano di evacuazione per l’area vesuviana di cui auspichiamo di avere presto notizie in rete. Un piano tra l’altro, che al Prefetto compete direttamente e istituzionalmente (piano di livello nazionale), anche se condivide il fardello con la Regione Campania rappresentata dall’assessore Edoardo Cosenza. Il vulcanico amministratore a tal proposito pubblicizza la carta strategica  evacuativa con la fine dei lavori per la realizzazione della terza corsia sull’autostrada A3 Napoli – Salerno, senza dare enfasi al fatto che da Pompei a Salerno le corsie sono e saranno tombalmente due e senza corsia di emergenza…

Lo spigoloso capo dipartimento ha dimostrato zelo da vendere, intimando ai parenti di alcune delle vittime del terremoto dell’Aquila la restituzione delle somme percepite in anticipo quali danni dovuti dalle rassicurazioni ricevute da un ex dirigente della protezione civile. Tecnicamente parlando avrebbe dovuto profondere pari piglio nel campo della prevenzione, magari valutando bene i contorni della nuova zona rossa e le complicanze tecniche e amministrative che tale scelta ha determinato.
Infatti, contrariamente al battiage pubblicitario, il diametro della zona rossa a maggior rischio vulcanico in realtà si è ristretto rispetto alla vecchia perimetrazione, mentre si è allargato il diametro dei territori da evacuare all’occorrenza, attraverso un piano di evacuazione che ricordiamo a noi e alla corte di  Strasburgo e alla Procura di Torre Annunziata, ancora non c’è.

Non è semplice spiegare bene questo concetto della zona rossa per chi non segue l’argomento da tempo e con attenzione, ma è necessario cercare di comprendere astuzie e ingenuità, visto che in gioco ci sono le vite dei burattini vesuviani odierni e futuri.
Il Comune di Boscoreale con sentenza del tribunale amministrativo regionale (TAR) n° 02561/del 05.08.2014 si è visto riconoscere il diritto ad estrapolare la parte di territorio comunale eccedente la linea nera Gurioli, in modo da uscire dalla tenaglia regionale che vieta l’edificato residenziale e i condoni edilizi nella zona vulcanica a maggior rischio (Rossa 1). La sentenza del TAR infatti, ha accolto il ricorso del Comune di Boscoreale e per tale motivo la Regione Campania nonostante il grande impegno dell'assessore Edoardo Cosenza, dovrà procedere alla ridefinizione della zona rossa 1 che sarà, in assenza di volontà specifiche dei comuni o decreti governativi, coincidente totalmente con l’area definita dalla linea nera Gurioli. La sentenza infatti, sostanzialmente lascia intendere che la Regione non può sostituirsi alla commissione grandi rischi (consesso scientifico) nella definizione della zona a maggior pericolo identificata appunto col perimetro Gurioli.

Boscoreale prima della sentenza TAR:
 intero territorio in rossa1
La mappa a sinistra mostra il comune di Boscoreale prima della sentenza del TAR. Tutto il comprensorio è in zona rossa 1 e quindi come detto soggetto alla legge regionale 21 del 2003 che vieta l’edilizia residenziale. La cartina sottostante invece,mostra il Comune di Boscoreale dopo la sentenza del TAR del 2014. Come vedete la parte eccedente la linea nera Gurioli deve 
Boscoreale dopo la sentenza TAR: territorio suddiviso
dalla linea nera in rossa 1 e rossa 2
intendersi amministrativamente in zona rossa 2. Cos’è la zona rossa 2? Una parte di territorio dove si dovrà scappare a gambe levate in caso di allarme vulcanico ma nel contempo è ancora possibile costruire con tanto di licenza edilizia e condonare gli abusi edilizi… Ovviamente le sentenza fanno giurisprudenza e,quindi, ciò che vale per Boscoreale vale pure per gli altri comuni attraversati dal segmento Gurioli, tra cui Pompei, Torre Annunziata e altri..

Con la sentenza del TAR tutte le casette in rosso nella mappa sottostante si trasformeranno in verde. La linea Gurioli sarà quindi destinata ad avere una crescente importanza al catasto quale limite di inedificabilità totale piuttosto che un limite scientifico di pericolo, tra l’altro di taglio deterministico…
Difficile dormire con queste schizofrenie amministrative… alla fine rimane solo l'amarezza nel constatare che lo stesso Stato è produttore di rischio in un mondo che pare quello di Collodi e l’informazione che dovrebbe puntare su un giornalismo investigativo quale valore della democrazia, si riduce invece alla pubblicazione in serie delle veline passate dalle varie segreterie... 


Le casette rosse identificano il territorio soggetto inizialmente all'inedificabilità residenziale. Con la sentenza del TAR del 2014  l'area compresa tra il tracciato rosso e nero diventa Rossa 2 e sarà quindi possibile edificare e condonare gli abusi edilizi.