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sabato 23 settembre 2023

Rischio eruttivo ai Campi Flegrei - Col Prof. Mastrolorenzo i limiti della previsione eruttiva... di Malko

 

La Solfatara di Pozzuoli

I Campi Flegrei sono una vasta area calderica ubicata a ovest di Napoli: trattasi di un distretto classificato come sede di un super vulcano; da questo sito infatti, si potrebbero generare eruzioni di modesta intensità, ma anche con indici di esplosività notevoli, pur se quest’ultima eventualità è considerata dai matematici a bassa probabilità di accadimento. Nella fattispecie del discorso, un’eruzione pliniana viene data all'1% di probabilità per il Vesuvio e ai Campi Flegrei arriviamo al 4%...

statistica tipologia eruttiva Campi Flegrei


In seguito ad alcune riflessioni espresse dal Professor Giuseppe Mastrolorenzo su radio radicale, si è acceso sui media un dibattito sul rischio eruttivo nell’area flegrea. Secondo il famoso vulcanologo, non è possibile produrre con certezza una previsione di eruzione, così come non è possibile escludere taglie eruttive superiori agli scenari massimi prospettati (VEI4 n.d.r.), che metterebbero a dura prova la validità dei piani di emergenza. Ai meno esperti ricordiamo che il piano di emergenza vulcanica, nel caso del Vesuvio e dei Campi Flegrei, contempla un solo rischio che è quello eruttivo, con l’unica azione di tutela possibile consistente nell’evacuazione della zona rossa, cioè facendo in modo che si interponga per tempo una certa distanza tra il Pericolo vulcanico e il Valore Esposto. Quanto debba essere questa distanza, dipende dall’indice di esplosività vulcanica (VEI) assegnato all’eruzione di scenario: il piano di emergenza vulcanico allora, si condensa tutto nel piano di evacuazione. Per l’isola d’Ischia, mancano ancora gli scenari di pericolo…


La funzione schematica del piano di evacuazione. (d) dipende dall'indice di esplosività vulcanica (VEI).


La direttrice del dipartimento Vulcani dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV), con una intervista all'ANSA a proposito dei Campi Flegrei, ha ritenuto opportuno precisare quanto segue: <<...abbiamo potenziato l’infrastruttura di monitoraggio su più parametri… è inoltre costante sia lo sforzo di migliorare la sensibilità degli strumenti, sia il grande lavoro di analisi dei dati generati dagli strumenti, e chiunque abbia la possibilità di studiare i dati, si rende conto che questi danno un quadro reale della situazione>>.

In realtà pensiamo che il quadro non può essere mai reale al cento per cento, perché ci sono chilometri di spessori di crosta insondabili, con strumenti che analizzano fenomeni di superficie ed altri in profondità attraverso prospezioni indirette. L’esempio che meglio chiarisce le cose che vogliamo dire, è che ancora oggi non siamo in grado di distinguere le origini dei terremoti nel flegreo, che prevedono cause riconducibili al magma o agli acquiferi surriscaldati o da entrambi. La discriminazione causale in questo caso sarebbe stata importante... Siamo convinti che la strumentazione multi parametrica installata in loco aiuti molto la conoscenza dei complicati processi naturali che regolano la vita di un vulcano, purtuttavia le apparecchiature ultra tecnologiche sono in grado di garantire un’istantanea precisissima e aggiornatissima dei dati geofisici e geochimici, ma fino allo stop orario corrispondente al momento del clic strumentale. Questi dati poi, presumibilmente vengono cristallizzati per procedere a un’analisi teorica dello stato di turbolenza sotterranea del vulcano, confrontando gli elementi di monitoraggio raccolti con quelli di altre aree calderiche in altre aree geografiche del mondo, che hanno avuto una storia eruttiva recente e soprattutto documentata: da qui e con la comparazione, gli esperti tenterebbero di elaborare delle previsioni comprensibilmente probabilistiche.

La responsabile del dipartimento vulcani continua:<<Sulla base di questi dati, vengono poi elaborati modelli e scenari futuri, a breve, medio e lungo termine… Nei Campi Flegrei è perciò attiva una rete di monitoraggio complessa, affiancata da un sistema di analisi avanzate, tutti elementi che insieme sono fondamentali per individuare eventuali cambiamenti e per fornire gli elementi utili alla realizzazione di scenari di pericolosità>> …Dagli scenari dipendono i piani di evacuazione: questi ultimi sono basati sugli scenari che forniamo al dipartimento della Protezione Civile…>>.

Se non si precisano in mesi e anni i termini a breve, a medio e a lungo termine, non si chiariscono molto le argomentazioni addotte. Analizzando i dati che emergono dai monitoraggi assicurati dalle strumentazioni multi parametriche e dal sistema di analisi avanzate, riteniamo che gli unici scenari utilmente ponderabili e nella migliore delle ipotesi in chiave probabilistica, sono quelli nel breve e brevissimo termine. In altre parole, quello che serve alla popolazione è l’a previsione corta dei tempi d'attesa eruzione, perché potrebbe essere quella statisticamente più attendibile per evitare un falso allarme, o una probabilità d'errore molto alta nel medio periodo.

La storia eruttiva ai Campi Flegrei dovrebbe suggerire al sindaco di Pozzuoli di inibire l’ulteriore antropizzazione della caldera, perché ogni atto di edilizia residenziale, anche in chiave di sanatoria, è una mutua assunzione di responsabilità, perché espone con atto amministrativo un cittadino, una famiglia, all’azzardo vulcanico. Le stesse osservazioni valgono per il sindaco di Napoli (leggi Bagnoli), e dagli altri sindaci flegrei che si sono presentati recentemente dal ministro Nello Musumeci a chiedere fondi, chiamando in causa la sismicità lieve e moderata dettata dal bradisismo nella zona prevalentemente puteolana. Il rischio eruttivo non lo hanno evocato tanto: lo evitano come la dea miseria (Oizys), perché non porta opulenza e non rimpingua le casse…

Per quanto riguarda gli scenari di pericolosità, legati tra l’altro alla taglia eruttiva, proprio per non doverli inseguire attraverso esercizi complessi e complesse analisi puramente teoriche, dovrebbero essere contemplati nei piani di emergenza in una misura cautelativa e non come media mediata della magnitudo d’evento. Da un punto di vista tecnico, cautelativo significa in linea di principio adottare la massima eruzione conosciuta. Diversamente è misura cautelativa anche quella che adotta la massima energia da cui oggi è possibile verosimilmente difendersi. Quindi, in un regime democratico quale il nostro, la popolazione necessariamente dovrebbe essere informata sui limiti della scienza e non sui presunti miracoli della scienza, e ancora conoscere con certezza il livello di protezione garantiti dal mondo istituzionale con annesse impossibilità. Sarebbe auspicabile che le autorità di governo del territorio, in nome di una certa deontologia politica, iniziassero anche in nome dei posteri, a organizzare il territorio con progetti finalizzati a ridurre la presenza abitativa, favorendo poi il riordino urbanistico, soprattutto in chiave di resilienza e di sicurezza di territori invadibili dagli effetti deleteri di una possibile eruzione esplosiva. 

La ex direttrice dell’osservatorio vesuviano, continua la sua intervista chiarendo… :<<… Esiste, perciò, “un sistema organizzato “, nell’ambito del quale “una variazione del livello di allerta viene concordata con la Commissione Grandi Rischi”, in questo caso per il rischio vulcanico. Questo significa che “i piani di emergenza sono basati sull’idea che ci sia un cambio di livello di allerta prima dell’eruzione, conseguenza di una valutazione basata su dati scientifici”.

Leggiamo che i piani di emergenza sono basati sull’idea che ci sia il cambio dei livelli di allerta vulcanica basati su dati scientifici. D’altra parte ci sembra il caso di precisare che la commissione grandi rischi non concorda con terzi ma delibera in ambito assembleare interno il livello di allerta vulcanica da assegnare ai Campi Flegrei, attraverso un parere finale scritto. Il referente di vecchia e nuova nomina della commissione grandi rischi per il rischio vulcanico, è il Prof. Mauro Rosi, già referente del comitato tecnico scientifico del comune di Pozzuoli.  La Dottoressa Francesca Bianco è stata nominata componente della stessa commissione per l’INGV. Il livello di allerta vulcanica che caratterizza la caldera flegrea, nell’attualità è giallo: diciamo pure che è il livello più semplice da determinare e dichiarare.


La valutazione circa lo stato di unrest vulcanico, effettuata come detto dall’autorità scientifica attraverso l’analisi strumentale dei fattori geochimici e geofisici rilevati dall’osservatorio vesuviano, potrebbe fornire elementi utili per aggiornare la scala dei livelli di allerta vulcanica: anche in questo caso però, questa scala di sintesi, è di chiara matrice probabilistica. Infatti, attraverso il passaggio da un colore all’altro, si vuole indicare il progressivo acuirsi di fenomeni che, presumibilmente, potrebbero avvicinarsi a una ipotetica soglia preeruttiva ed eruttiva, ma senza alcuna certezza deterministica. Il problema è proprio questo, cioè non si conosce una soglia oltre la quale il vulcano potrebbe dirompere da una o più bocche; non c’è un pregresso ben documentato dei sintomi preeruttivi dei vulcani flegrei, atteso che l’ultima eruzione risale al 1538: un periodo dove le osservazioni erano sostanzialmente limitate al macroscopico e percepite direttamente dai sensi dagli occasionali osservatori. D’altra parte non c’è neanche una soglia fisica oltre la quale il rigonfiamento del bradisismo potrebbe sfociare in una manifestazione eruttiva o freatica. Il bradisismo, da molti inteso come fenomeno a sé stante rispetto al rischio eruttivo, non ha una scala autonoma di pericolosità che accompagni il fenomeno nella sua ascesa o discesa. Il danno statico dettabile dalla micro sismicità in genere è lieve fuori da momenti preeruttivi e eruttivi; con l’attuale equidistanza delle isoipse e la velocità d’innalzamento del terreno, non dovrebbero esserci per il momento complicazioni per l’edificato esistente, soprattutto se non sono edifici di vecchia fattura e mal manutenuti. Una forte e improvvisa accelerazione dei suoli in ascesa, potrebbe far aumentare la pericolosità dell’area non solo dal punto di vista sismico e bradisismico, ma anche e soprattutto vulcanico eruttivo magmatico o freatico.

Per poter passare da un livello di allerta all’altro, sia in forma anterograda che retrograda, non esistono tempi di attesa predefiniti. Se esistessero (e una volta esistevano), avremmo la previsione d’eruzione. In realtà non ci sono neanche valori minimi predefiniti, al cui raggiungimento sarebbe possibile dichiarare lo stato di preallarme o allarme scientifico. Allora lo stato di preallarme o allarme, sono condizioni conclusive a cui pervengono i componenti della commissione grandi rischi per il rischio vulcanico, dopo colloqui e disanima dei dati di monitoraggio e consulenze assicurate dai cosiddetti centri di competenza. Bisogna anche contemplare il possibile salto di allerta da attenzione ad allarme...

livelli di allerta vulcanica


Deve essere anche chiaro che non c’è un automatismo per il quale alla dichiarazione dello stato di preallarme scientifico (livelli), corrisponda immediatamente la fase di preallarme civile (fase). Alla dichiarazione dello stato di preallarme scientifico infatti, dovrà corrispondere una decisione del presidente del consiglio che vaglierà la situazione da tutti i punti di vista prima di dichiarare lo stato di preallarme generalizzato. In linea di principio, anche se venisse sancito a cura della commissione grandi rischi il preallarme, in assenza di una decisione governativa si permarrebbe, nel caso del flegreo, ancora in una condizione di attenzione.

fasi operative


Approfittando della cortese disponibilità del Prof. Giuseppe Mastrolorenzo, vulcanologo dell’INGV, gli rivolgiamo alcune domande che l'esperto ci ha anticipato che per tempo saranno trattate in modo necessariamente sintetico: Professor Mastrolorenzo, dal flegreo segnale di prossima eruzione

Purtroppo non lo sappiamo, in quanto, eccetto le generiche informazioni riportate nelle cronache storiche sull'eruzione di Monte Nuovo del 1538, non abbiamo alcuna esperienza su come si preannuncia un'eruzione nei Campi Flegrei, e solo qualche debole esperienza ci perviene da eruzioni da caldere in altre aree del pianeta. Ma ogni sistema ha caratteristiche singolari, ed è molto azzardata la comparazione tra aree vulcaniche diverse.

È possibile ritenere che, con strumentazioni sofisticate, sia possibile prevedere eruzioni vulcaniche e conoscere in anticipo la taglia eruttiva?

I limiti nella prevedibilità di una eruzione non sono semplicemente tecnologici, e quindi non possono essere superati semplicemente dal miglioramento delle tecnologie di monitoraggio. Il sistema vulcanico è un sistema complesso con moltissime variabili, tra loro interconnesse, che solo in parte riusciamo a seguire e con relazioni tra loro scarsamente conosciute. In tale sistema, anche la minima variazione di un parametro, magari non rilevabile, può innescare l'eruzione. Di fatto, per la fisica i sistemi complessi sono intrinsecamente imprevedibili, ma al più possono essere descritti nella loro evoluzione attraverso l'osservazione.

Come spesso dico, anche il più avanzato dei sistemi di monitoraggio, può rivelarci le modificazioni dei parametri monitorati fino a una frazione di secondo fa, ma non può consentirci di prevedere quello che avverrà nella prossima frazione di secondo, né quanto siamo prossimi a condizioni critiche del sistema che possono portare ad una eruzione.

L'illusione che non va indotta nella popolazione, è quella che il monitoraggio vulcanico, sia anche lontanamente confrontabile con quello meteorologico, che ci consente di prevedere come sarà il tempo nei prossimi giorni con ragionevole affidabilità. Nel caso del sistema vulcanico, oltre i dati rilevati, si entra nel complesso ambito delle interpretazioni, attraverso modelli e ipotesi, spesso tra loro contrastanti. In linea di massima quello che possono rilevare le strumentazioni sono variazioni drastiche dei parametri monitorati, primi tra tutti, sismicità, deformazioni del suolo e variazione di composizione e flusso di gas alle fumarole. Purtroppo, per i Campi Flegrei, anche eventuali drastiche modificazioni non necessariamente indicano l'imminenza di una eruzione, ma trasferiscono la decisione in merito a valutazioni su base di modelli e soprattutto a scelte politiche in merito alla minimizzazione dei rischi, magari anche assumendosi l'onere di falsi allarmi. La realtà è che non essendo note soglie critiche per il passaggio dallo stato non eruttivo a quello eruttivo, la valutazione sulla possibile imminenza di una eruzione può essere solo basata su valutazioni personali degli scienziati membri della Commissione Grandi Rischi.

Gli strumenti multi parametrici consentono di prevedere una eruzione freatica?

Sulla prevedibilità delle esplosioni freatiche, c'è davvero pochissima esperienza.

È probabile che l'esplosione sia preceduta da modesta deformazione della superficie e/o intensificazione di emissione di fluidi, con modeste manifestazioni di micro sismicità, ma in generale, le esplosioni freatiche sono processi apparentemente improvvisi, dovuti alla più o meno rapida pressurizzazione di fluidi in diversi contesti che comprendono aree geotermiche, condotti vulcanici, in assenza di magma, o zone di contatto fra intrusioni magmatiche e rocce  fratturate e porose più o meno sature di fluidi.

 A quanti chilometri nel sottosuolo c’è il famoso "lago di magma"?

Gli studi condotti da me e da altri colleghi su base magmatologica e petrografica, indicano la presenza di un possibile esteso sill (strato orizzontale di magma), con tetto intorno ai 7 chilometri di profondità. Questa evidenza è in buon accordo con gli studi di tomografia sismica condotti nell'area.

È opportuno precisare che una possibile eruzione non implica la risalita in massa del magma verso la superficie, ma il collegamento fra il magma profondo e la superficie, attraverso un condotto che, almeno nelle fasi iniziali, consisterebbe in una frattura nella crosta della larghezza di pochi metri difficilmente rilevabile dalla superficie. Tale frattura potrebbe non produrre deformazioni significative e la cui sismicità potrebbe essere associata, almeno nei primi momenti, a un'ordinaria fase bradisismica. Solo successivamente questa frattura si evolverebbe in un condotto eruttivo della larghezza di qualche decina di metri.

Nei Campi Flegrei vige il rischio sismico, bradisismico ed eruttivo: quale dobbiamo maggiormente temere?

Certamente il rischio vulcanico è quello più temibile nei Campi Flegrei, e infatti proprio su tale rischio è stato formulato il piano di emergenza nazionale. I Campi Flegrei sono senz'altro l'area vulcanica a più alto rischio al mondo per la possibilità che si possano verificare eruzioni esplosive anche di grande portata in un ambito ad elevatissima urbanizzazione all'interno della caldera, e in una estesa area intorno alla zona di possibile apertura di bocche eruttive. Benché sussista un rischio sismico associato alle crisi bradisismiche, la magnitudo massima attesa è modesta per l'impossibilità del sottosuolo di accumulare elevati livelli di stress, contrariamente a quanto avviene, ad esempio, nella dorsale appenninica. È evidente comunque che scosse della massima magnitudo attesa, verosimilmente di poco superiore al 4 grado Richter, data la bassa profondità ipocentrale possano causare danneggiamento maggiori nell'area epicentrale.

Una evacuazione con eruzione in corso è pura fantascienza o bisogna contemplarla come realpolitik emergenziale?

Nella storia delle comunità residenti in aree vulcaniche attive, l'evacuazione in corso di eruzione è stata la norma, basta pensare a Pompei, dove nell'eruzione pliniana del 79 d.C. pur non sapendo di vivere su un vulcano attivo e pericoloso, riuscì a salvarsi verosimilmente tra l'80 e il 90 ٪ della popolazione residente.

L'eruzione non è un disastro "istantaneo " come un'esplosione nucleare, ma un processo progressivo nel quale, in generale, almeno nelle prime ore, è possibile spostarsi verso zone sicure, in presenza di adeguate vie di fuga e di rapide decisioni operative.

Di fatto, quella dell'evacuazione in corso di eruzione è una eventualità grave, ma assolutamente da contemplare, a causa della possibilità di un mancato allarme, derivante dalla comprensibile sottovalutazione di precursori di modesta entità, o per processi profondi, purtroppo poco rilevabili. Per un'eventuale evacuazione in corso di eruzione, è necessaria la presenza di adeguate via di fuga, sistemi di allertamento, esercitazioni estese a tutta la collettività e informazione continua e dettagliate e aggiornate sui percorsi.

I piani di evacuazione basati sull’idea di una mutazione dei livelli di allerta vulcanica dichiarabili dalla commissione grandi rischi, hanno una loro gradualità che garantisce il preallarme prima dell’eruzione?

L'ipotesi della gradualità del processo di evoluzione da uno stato pre-eruttivo ad uno eruttivo, è senz'altro ragionevole. Restano imprevedibili però, per quanto già detto sui sistemi complessi, i tempi e le modalità di transizione tra i diversi stati. Particolarmente, per una caldera come quella dei Campi Flegrei, nella quale l'esteso sistema idrotermale che costituisce gli ultimi chilometri più superficiali, per certi versi amplifica e per altri maschera la dinamica più profonda.

Di fatto, differentemente dal passaggio al livello giallo, quelli a livello arancione e a livello rosso, proprio per le scarse conoscenze sul sistema vulcanico, non sono basati su soglie ben definite, e saranno decisi sulla base di valutazioni da parte della Commissione Grandi Rischi sulla base dei dati di monitoraggio, e quindi, su un processo di interpretazione basato sulle conoscenze individuali dei singoli membri, su un processo di fatto mai osservato prima e solo qualitativamente comparabile con le scarse esperienze di eruzioni in caldere monitorate, avvenute in altre aree mondiali 

Nel concludere questo articolo ringraziamo il Professor Giuseppe Mastrolorenzo per la disponibilità assicurataci.

Difficilmente ai cittadini di quest’area possono pervenire messaggi di rassicurazione o di allarme perché non ci sono elementi per acclarare una delle due condizioni. Rubando qualcosa all’emergenza covid, probabilmente bisogna mantenere uno stato di vigile attesa nei momenti topici, avendo ben presente il fatto che i problemi di sicurezza, e quelli operativi e preventivi non si possono risolvere affrontandoli quando il problema o il pericolo si presenta… Certamente non ci si abitua ai sommovimenti sismici, soprattutto perché non si capisce quale piega possono prendere. Neanche la storia pregressa dei Campi Flegrei ci viene in aiuto, perché ci sono state manifestazioni inquadrabili come preeruttive poi scemate, ed altre come quelle del 1538 concretizzatesi con l’eruzione di Monte Nuovo. L’unica certezza che abbiamo è che sono 485 anni che non si verificano eruzioni. Il dato però, anche in questo caso, può essere incoraggiante o scoraggiante…

I piani di evacuazione fin qui elaborati per il rischio eruttivo ai Campi Flegrei, sembrano aritmetici, con un'efficacia difficilmente dimostrabile, soprattutto perché gli strateghi pensano di contare su un’ampia fase di preallarme con buona parte della popolazione che andrebbe via ordinatamente alleggerendo numericamente l'esodo finale. Non è da escludere questa possibilità così come non v'è certezza che tale risultato sia conseguibile...Come ha detto la responsabile del dipartimento vulcani, i piani di emergenza sono basati sull’idea che ci sia un cambio di livello di allerta prima dell’eruzione, da sancire attraverso valutazioni scientifiche. Il nostro pensiero allora torna indietro al 21 agosto 2017, quando col terremoto di Ischia, tra l’altro escluso pochi mesi prima proprio dal mondo scientifico, furono necessarie 96 ore per individuare l’ipocentro esatto del terremoto, con grande ira del fu presidente Boschi che l'ipocentro l'aveva calcolato subito e a mano… il piano di evacuazione del flegreo, è appena il caso di ricordarlo, è tarato su 72 ore.



martedì 12 settembre 2023

Rischio eruttivo ai Campi Flegrei: Pozzuoli comune bradisismico... di Malko

 


I Campi Flegrei sono una caldera vulcanica dove il rischio eruttivo è immanente ma non prevedibile deterministicamente, sia in termini temporali che di magnitudo. La zona rossa ad alta pericolosità vulcanica, e quindi i piani di evacuazione che dicono vigenti e funzionali allo scopo, sono tarati su scenari eruttivi ricavati probabilisticamente, e quindi nell’attualità la comunità scientifica ha ipotizzato la possibilità che per il futuro si debba dover fronteggiare un’eruzione a media intensità, valutata al massimo di tipo sub pliniano, ovvero con indice di esplosività vulcanica VEI4.

I fenomeni in atto da tempo nel distretto calderico flegreo, hanno reso necessario dal 2012 e a cura delle autorità dipartimentali su parere della commissione grandi rischi, la proclamazione dello stato di attenzione vulcanica. Infatti, nel sottosuolo vige una condizione di unrest, con il fenomeno del bradisismo tuttora in auge, con picchi da oltre un metro di sollevamento registrati al Rione Terra: agglomerato urbano di vecchia e modesta fattura ancorchè ricondizionato, ubicato a ridosso del porto di Pozzuoli. Questo caratteristico addensamento di fabbricati che forse andava restaurato per la sola parte archeologica, fu meta d’insediamenti quando per effetto del bradisismo positivo le case vicino al porto e i moli stessi finirono sott’acqua risultando inagibili.

In tutta l’area flegrea occorre registrare sismicità a bassa magnitudo, tra il lieve e il moderato e spesso a sciami, con sussulti avvertiti soprattutto localmente, perché gli ipocentri in genere sono superficiali facendo così aumentare la percezione e l’intensità del fenomeno. Dalla casistica storica però, non sembra che si riscontrino franamenti luttuosi in quel di Pozzuoli, e i sismi a maggiore magnitudo sembra che siano stati quelli di origine tettonica, e quelli che si svilupparono a ridosso dell’eruzione di Monte Nuovo nel 1538. Inoltre, in zona puteolana si registrano fenomeni di degassamento in terra e in mare con rilascio giornaliero in atmosfera di oltre 3000 tonnellate di anidride carbonica: valori che ricordano emissioni da apparati a condotto aperto.

Il piano d’emergenza e di evacuazione a tutela delle popolazioni esposte, per un totale di oltre 500.000 abitanti, è stato aggiornato recentemente, e dovrebbe garantire la sicurezza dell’intera calderopoli.
Il Comune di Napoli che ha importanti municipalità esposte in zona rossa flegrea, come Bagnoli, Soccavo, Fuorigrotta, Pianura, Posillipo e Chiaia per citare solo quelle principali, ha varato qualche mese fa un procedimento amministrativo per mettere a gara la riscrittura totale del piano di evacuazione a fronte del rischio vulcanico ai Campi Flegrei. L’appalto, volto a rivisitare la pianificazione esistente, mette al centro dell’attenzione degli strateghi i flussi di traffico che vogliono che siano rivalutati totalmente e ingegneristicamente. L’impegno ha un costo di circa 150.000 euro, e tempi limiti di redazione del documento misurati in 18 mesi. A conti fatti, le istruzioni riaggiornate per l’evacuazione emergenziale dovrebbero essere pronte nel 2025…

A Pozzuoli il sindaco ha deciso di sensibilizzare e coinvolgere il governo Meloni, chiamando in causa il ministro Nello Musumeci, responsabile politico del dipartimento di protezione civile. Nel merito il primo cittadino scrive:<<È fermo intendimento di quest'amministrazione - spiega Manzoni - coinvolgere ulteriormente anche il governo sulla nostra particolare situazione per tutelare le persone con ogni misura di prevenzione e di mitigazione del rischio. Pozzuoli necessita di provvedimenti ad hoc e di specifici stanziamenti di risorse da destinare alle verifiche sui fabbricati e all'eventuale adeguamento degli stessi, anche degli edifici privati per i quali non è possibile intervenire con fondi del bilancio comunale>>.

Osserviamo che a fronte delle problematiche di protezione civile, nel piano regolatore generale di Pozzuoli all’Art. 3 (Esigenze di protezione civile) si legge:<< La sicurezza della popolazione di Pozzuoli, in relazione ai rischi sismici dell'area Flegrea, costituisce finalità essenziale del P.R.G. e - tenuto conto delle caratteristiche geo vulcanologiche del territorio e delle esigenze di protezione civile - il diradamento degli insediamenti residenziali nella parte più a rischio della Città, nonché l'adeguamento delle costruzioni esistenti alla normativa antisismica, devono essere perseguiti come obiettivi primari, secondo quanto previsto al successivo art. 81>>.

L’articolo 81 è il primo del capo XII° ad oggetto- norme per la prevenzione del rischio idrogeologico sismico e vulcanico -. Questo disposto pone l’attenzione sulla necessità del diradamento abitativo funzionale, che dovrebbe interessare il 30% del patrimonio edilizio esistente nelle zone omogenee interessate dal bradisismo. È pensabile allora, che l’incentivo per chi “diradi” possa essere quello di potersi reinsediare perifericamente al centro antico e storico della cittadina puteolana, in luoghi maggiormente sicuri rispetto al rischio sismo bradisismico continuamente richiamato, con opere residenziali magari erigibili con finanziamenti pubblici.

Iniziativa a grandi linee lodevole, ma se così fosse l’impresa si rileverebbe in contrasto col rischio vulcanico, atteso che l’intero territorio puteolano e non solo il centro antico e storico, ricade nella temibile e insondabile zona rossa flegrea: settore quest’ultimo, invadibile dalle colate piroclastiche. Per il rischio vulcanico è riportato all’articolo 83 del piano regolatore comunale, il seguente disposto:<< in tutti gli interventi per l’intero territorio dovranno adottarsi le misure per la mitigazione dell’effetto vulcanico indicate nella relazione del Prof. Lirer (pagg.90-92), e le altre suggerite dalle moderne tecnologie (infissi a perfetta tenuta, ecc.)>>.

Forse l’indicazione comunale di utilizzare tecnologia capace di garantire infissi a tenuta stagna, nelle intenzioni del redattore c’era magari la benevola volontà di voler sbarrare la strada verso l’interno degli appartamenti ai flussi cinerei caldi. Il problema di fondo è che le vetrate anche a doppio vetro non fermano l’irruenza rovente delle correnti…

In ogni caso, pur volendo encomiare i tentativi volti alla ricerca di espedienti tecnici capaci di mitigare un non meglio precisato effetto vulcanico, gli autori di queste norme non escludono affatto l’edificabilità residenziale in zona rossa, ma piuttosto tracciano la strada affinché i fabbricati esistenti vengano ispezionati e riadattati per fronteggiare gli effetti sismici, così come in periferia si ipotizza velatamente la realizzazione di nuovi insediamenti residenziali. Nel frattempo, in questa cittadina si rilasciano ancora permessi a costruire in sanatoria, nonostante lo stato vigente di attenzione vulcanica…

In realtà, non c’è margine di difesa sufficiente per le fenomenologie attese in seno a un’eruzione VEI4. Ancor più se si considera che gli esperti geo matematici hanno ipotizzato una percentuale del 4% che l’eruzione di scenario al flegreo possa presentarsi con un indice di esplosività vulcanica VEI5 (Pliniana). Al Vesuvio tale catastrofica possibilità non supera l’1%. Quindi, le autorità puteolane, nel tempo sembra che abbiano maturato il concetto che di geo vulcanico nei loro territori ci sia solo il rischio sismico e bradisismico, (l’eruttivo non ci sembra tanto menzionato), ed è quindi sufficiente fortificare i fabbricati, o delocalizzare quelli esistenti ubicati a ridosso o nel comprensorio della gobba crostale del Rione Terra.
In realtà questo pensiero annoso ma ricorrente, che Pozzuoli debba difendersi prevalentemente dal rischio bradisismico è acclarato a partire dalle crisi bradisismiche degli anni ’70 e ’80. Saranno le emergenze di quel periodo a far planare sull’opinione pubblica l’idea di fondo che il pericolo vulcanico a Pozzuoli è insito tutto nel fenomeno del bradisismo che genera terremoti. L’attenzione infatti, fu tutta focalizzata sul rigonfiamento dei suoli che interessò appunto l’agglomerato di vecchie case del Rione Terra e le zone limitrofe. Tant’è che quando il rigonfiamento incominciò ad essere fortemente temuto, come misura precauzionale di tutela dei cittadini si scelse di evacuare tutti gli abitanti residenti nella zona del picco bradisismico.
Decine di migliaia di cittadini furono allora dislocati in nuove frazioni (Monterusciello e Rione Toiano), distanti solo alcuni chilometri dal centro storico e dal porto, col risultato finale che il loro spostamento che pure richiese investimenti economici di tutto rispetto, non è servito a molto in termini di sicurezza, atteso che la ricollocazione è avvenuta da zona rossa a zona rossa.

Pozzuoli è a pieno titolo un comune infra calderico, e quindi a pieno titolo fa parte della zona rossa ad alta pericolosità vulcanica. Questa classificazione di rischio, valida anche per il gemello eterozigoto chiamato Vesuvio, consentì all’ex presidente della regione Campania, Antonio Bassolino, di varare per la plaga vesuviana la legge regionale 21/2003 che proibiva e ancora proibisce qualsiasi realizzazione di fabbricati ad uso residenziale o di riconversione o di suddivisione di manufatti nel senso abitativo. In altre parole, alle pendici del Vesuvio teoricamente si può solo costruire abusivamente…

Questo divieto imposto dalla legge 21/2003 e tuttora vigente, serve a non aumentare il valore esposto in quella zona definita dallo stesso Stato come ad alta pericolosità vulcanica. I fenomeni annessi all’eruzione ritenuta probabilistica e che maggiormente preoccupano, sono le colate piroclastiche, che in seno a una eruzione esplosiva potrebbero invadere la zona rossa vesuviana, o alla stregua il fenomeno può materializzarsi nel flegreo, generando ampia fenomenologia distruttiva non mitigabile dall’adeguamento antisismico e strutturale dei fabbricati, e comunque non mitigabile nel senso della sopravvivenza umana.

Fino a qualche tempo fa era ricorrente che le amministrazioni tecniche come il dipartimento della protezione civile, e quelle scientifiche come l’osservatorio vesuviano, diffondessero notizie molto rassicuranti circa la capacità di prevedere con largo anticipo un’eruzione. Poi le cose sono leggermente mutate, tant’è che nei bollettini di sorveglianza vulcanica emessi dall’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia, si riporta al termine delle notizie questa nota:<< L'INGV fornisce informazioni scientifiche utilizzando le migliori conoscenze scientifiche disponibili; tuttavia, in conseguenza della complessità dei fenomeni naturali in oggetto, nulla può essere imputato all'INGV circa l'eventuale incompletezza ed incertezza dei dati riportati e circa accadimenti futuri che differiscano da eventuali affermazioni a carattere previsionale presenti in questo documento. Tali affermazioni, infatti, sono per loro natura affette da intrinseca incertezza>>. 

I piani per fronteggiare le emergenze vulcaniche campane, sono tarati su tempi di esecuzione di 72 ore. Questo intrinsecamente significherebbe che una previsione di tre giorni è data per scontata, in realtà è solo probabile. A non avere questa ferrea certezza sui tempi, è stato innanzitutto il presidente della regione Campania De Luca, che nel contesto esercitativo “exe flegrei 2019”, ebbe a precisare: 72 ore possiamo averle e possiamo non averle…


Alla poca prevedibilità dell’eruzione magmatica, bisogna aggiungere l’ancor meno prevedibilità delle eruzioni freatiche che, seppur contenute negli effetti, possono materializzarsi pressoché inaspettatamente in un qualsiasi punto del flegreo. In  quest’ultimo caso, tale tipologia eruttiva provocherebbe danni limitati alla zona del cratere e a quella prossima per diverse centinaia di metri, così come non si può escludere che dalla voragine crateriale possano diffondersi in atmosfera abbondanti emanazioni di anidride carbonica.

Allora occorre notare che forse l’amministrazione puteolana si è lanciata a corpo morto sulle filosofie operative dei tecnici che gestirono il bradisismo degli anni 70 e ’80, concentrandosi unicamente sugli aspetti micro sismici e bradisismici zonali e non sul pericolo eruttivo areale. Questo spiega perché c’è la corsa al finanziamento della scienza che monitora il vulcano, perché l’unica alternativa alla prevenzione della catastrofe vulcanica è la previsione del fenomeno eruttivo, oggi fuori portata tecnica e scientifica a causa del sistema complesso che caratterizza l’inesplorabile sottosuolo dinamico flegreo. Attuare la prevenzione dei disastri in terra eruttiva esplosiva, comporterebbe l’adozione di ogni iniziativa valida per non aumentare il numero di cittadini (Valore Esposto) nell’area ad alta pericolosità vulcanica, e allo stesso tempo attuare politiche di delocalizzazione da zona rossa a zona verde…Siffatte iniziative però, stentano a decollare, forse perché tolgono potere alla politica del consenso elettorale.

Alla difesa passiva consistente nel diminuire il valore esposto, e adeguare strutturalmente gli edifici in zona gialla, dovrebbe far seguito la difesa attiva, consistente nella realizzazione di opere viarie sempre più capienti e allacciabili alle grandi arterie autostradali: percorsi da impegnare attraverso norme semplici dettate da un piano di evacuazione autoportante.

A Pozzuoli, il sindaco Manzoni pare stia valutando di richiedere fondi pubblici per analizzare e adeguare con criteri antisismici i fabbricati puteolani: prerogative che troverebbe facili consensi soprattutto se le richieste di adeguamento provenissero dai sindaci dell’arco appenninico. In ogni caso una tale e lecita richiesta di sovvenzioni, sarebbe in linea con il ruolo istituzionale del primo cittadino. Queste iniziative volte al sovvenzionamento pubblico, per quanto meritevoli però, devono essere concepite in un quadro più grande di prevenzione della catastrofe vulcanica, e quindi non possono e non devono essere frutto di iniziative estemporanee che danno l'idea per niente veritiera del fare, senza una progettualità compiuta e a danno delle casse pubbliche. 

Sia chiaro poi, che il bradisismo flegreo e la sismicità da esso derivante, è sempre frutto diretto o indiretto del magma insito nel sottosuolo a una profondità di diversi chilometri; un magma di cui non si riesce ad apprezzarne l'eventuale staticità o il dinamismo pulsante dalla direzione incerta. Anche se dovesse verificarsi un’eruzione freatica, non annullerebbe di un solo giorno il rischio eruttivo magmatico. Con questo si vuole dire che la fortificazione dei fabbricati non annulla la vulnerabilità al rischio eruttivo. Allora si consolidino pure quei palazzi che meritano l'adeguamento antisismico, ma non prima che siano state scritte e pubblicate, misure adeguate di prevenzione del rischio vulcanico, quello eruttivo: nel puteolano pare sia necessario specificare. 



 

 

 


giovedì 31 agosto 2023

Rischio eruttivo ai Campi Flegrei: calma… di MalKo

 



I recenti e plurimi eventi sismici a bassa magnitudo che hanno martellato i Campi Flegrei e segnatamente i territori di Pozzuoli, hanno contribuito a rendere particolarmente apprensiva la permanenza nel puteolano, perché non si sa se i sussulti crostali possano essere prodromi pre eruttivi o i sintomi di un’effervescenza del vapore acqueo surriscaldato formatosi nel sottosuolo. In quest’ultimo caso, la spinta del prodotto espanso riuscirebbe a rigonfiare e in qualche caso a spaccare gli strati litoidei superficiali, generando sismi che si sono mantenuti nella maggior parte dei casi sotto la soglia energetica del lieve o moderato. I sommovimenti poi, in questo caso, non necessariamente devono per forza di cose inquadrarsi come sintomi d’instradamento del magma verso la superficie.  

Gli eventi sismici in questione, vengono quindi e per lo più associati al bradisismo, che in tutti i casi è un fenomeno che alla sua radice richiede energia, assicurata dal calore del magma che nel flegreo staziona o forse si stira orizzontalmente o ascende molto lentamente da alcuni chilometri di profondità, secondo processi pulsanti di spinta che deformano e poi rompono le rocce. Dilungarsi su quello che realmente sta succedendo nel sottosuolo dei Campi Flegrei, comporta la necessità di mettere mano a tutto il repertorio dei forse, perché ad oggi nessuno è in grado di dare una spiegazione definitiva sulla natura del bradisismo e sulle dinamiche in atto nel sottosuolo flegreo, che potrebbero essere diverse e convergenti.

Una sorta di effetto elastico sembra caratterizzare gli strati superficiali crostali, soprattutto perché all’innalzamento del terreno corrisponde a volte e a distanza di tempo (inquantificabile), un bradisismo positivo. Se il rigonfiamento fosse prodotto da un’intrusione magmatica, al finire della spinta intrusiva è da pensare che difficilmente si ripristinerebbero i valori di quota precedenti, perché nel sottosuolo ci sarebbero volumi nuovi che in linea di principio non tornano indietro. Per giustificare il bradisismo allora, molti pensano che il fenomeno sia addebitabile all’acqua che circola abbondantemente negli strati del sottosuolo flegreo. Si ritiene infatti, che il vitale liquido incontrando una superficie arroventata come può essere il fronte magmatico o i fluidi ardenti rilasciati dalla massa incandescente, si trasformerebbe in vapore surriscaldato che genererebbe una forza di tutto rispetto capace di incidere sugli spessori crostali superficiale che gli gravano addosso  deformandoli (bradisismo). Diversamente, le pressioni generate dal vapore surriscaldato potrebbero rimanere ingabbiate in sacche a temperatura di gran lunga superiore a quella di ebollizione, pronte a generare fenomeni dirompenti simili al Bleve.  

A guardarci intorno, l’archeologia ci conferma che lo sprofondamento dell’abitato di Baia in mare, iniziato alla fine del III secolo dopo Cristo, non sembra che abbia dato luogo con il tempo a un’inversione di tendenza riemergendo. Le vestigia romane infatti, sono tutt’ora lì e si lasciano ammirare solo utilizzando barche dal fondo trasparente. Il mare rimane il livello medio di riferimento per capire l’andamento del bradisismo.  Manufatti sprofondati si osservano pure nella zona costiera di Posillipo. In controtendenza, quindi tra Baia e Posillipo, nell’area portuale della cittadina di Pozzuoli, c’è il Rione Terra, geologicamente noto per essere il punto focale del bradisismo ascendente.  



La popolazione della calderopoli flegrea è alquanto perplessa, pervasa a permanenza dal dubbio se andarsene o rimanere nei campi ardenti… Tra l’altro nessuna entità politica vuole assumersi l’onere di porre fine all’urbanizzazione residenziale, consentendo con una buona dose di accidia, che si aumenti oltre misura il valore esposto al rischio bradieruttivo. In questo modo però, si svilisce qualsiasi politica preventiva ma anche operativa, atteso che il piano di evacuazione ha una sua efficacia rapportata ai numeri in gioco che, senza misure di contenimento sull’edilizia residenziale, determineranno col tempo un aumento tanto del numero dei residenti quanto degli autoveicoli.  

Come sempre succede a ridosso degli sciami sismici, la domanda clou che si pongono soprattutto i puteolani è sempre la stessa: a cosa stiamo andando incontro… Quale previsione? Cosa dobbiamo aspettarci da questi continui sommovimenti del terreno? Il quesito viene lanciato direttamente o indirettamente e prevalentemente all’osservatorio vesuviano, che è l’istituzione preposta non ad avvisare, ma a monitorare i parametri geofisici e geochimici del super vulcano flegreo, e ancora del Vesuvio e dell'isola d'Ischia, attraverso l'utilizzo di strumentazioni ad altissima precisione. Nella fattispecie parliamo delle stazioni multi parametriche, che in verità sono diventate discorsivamente un mantra, tant’è che nelle intenzioni dei celebranti di questa tecnologia cumulativa più che innovativa, potrebbe esserci la volontà di tranquillizzare con le chiacchiere le popolazioni perplesse, magnificando queste attrezzature oltre misura. Questi apparati elettronici multi parametrici, in realtà garantiscono l’acquisizione di più dati da un unico sito o pozzo di rilevamento. I dati di monitoraggio dell’infuocata depressione calderica, vengono poi rilanciati in via esclusiva e confidenziale al dipartimento della protezione civile che, a sua volta, li sottopone alle valutazioni scientifiche della commissione grandi rischi per il rischio vulcanico, che ha il compito finale di leggere, sentire ed esprimere a porte chiuse (Dellino memoria), nella forma tassativamente scritta, un parere che certamente potrebbe avere un peso nelle decisioni ultime che andrebbe ad adottare la presidenza del consiglio dei ministri, come risposta dello Stato al pericolo immanente.

Diciamo pure che una buona strumentazione riesce a tenere sotto stretto monitoraggio scientifico il distretto vulcanico in esame, ma mai sotto controllo, termine che a volte è stato utilizzato impropriamente. Infatti, nessuna organizzazione tecnica o scientifica è in grado di controllare, spegnendo o mitigando o influenzando  il cammino delle lampe astenosferiche. Nessuna strumentazione è in grado di produrre una previsione vulcanica deterministica, neanche se fosse elaborata da mega calcolatori gestiti dall’intelligenza artificiale. La previsione dell’evento vulcanico rimane quindi tassativamente di taglio probabilistico, le cui percentuali sono fissate da una commissione scientifica di alto livello come la commissione grandi rischi, che è l’unico organo consultivo del dipartimento della protezione civile deputato ad elaborare una relazione finale di pericolosità dei distretti vulcanici napoletani. Questo spiega perché il prudente direttore dell’osservatorio vesuviano, Dott. Mauro Di Vito, correttamente all’incalzare delle domande su che cosa c’è da attendersi dai sommovimenti bradisismici, ha chiarito in controtendenza coi suoi predecessori, che: “Non facciamo previsioni, non è il nostro compito».

Alcuni esperti ipotizzano che in realtà non si può escludere che intanto possa materializzarsi una eruzione freatomagmatica, dettata dall’interazione tra il calore magmatico e l’acqua: un connubio che genererebbe vapore surriscaldato e acqua a pressione e temperatura critica, insaccata tra gli spessori litoidei. Il cedimento del contenitore roccioso genererebbe una esplosione dirompente, che aspergerebbe gas, vapori, acqua e rocce a diverse centinaia di metri dal cratere di deflagrazione, tanto in orizzontale che in verticale con traiettorie balistiche.  Nelle zone poco aperte alla circolazione dei venti così come in quelle depresse, in una siffatta ipotesi occorrerebbe fare attenzione sia all’anidride carbonica che all’idrogeno solforato. Il primo è un gas asfissiante e il secondo un tossico: in entrambi i casi sono sicuramente elementi gassosi da temere. L’installazione di stazioni fisse a poche decine di centimetri dal suolo, magari nei pressi della Solfatara - Pisciarelli e altri punti a rischio, potrebbero essere d’aiuto per monitorare l’anidride carbonica zonale, che tra l’altro è inodore, magari sfruttando apparecchiature che emettono segnali di allarme sonori. Va ricordato che le mascherine chirurgiche non proteggono dai gas.

L’attenzione dell’opinione pubblica nel puteolano, anche e soprattutto con il contributo del sindaco, è dirottata prevalentemente sulla resistenza degli edifici alle sollecitazioni microsismiche e sismiche, tant’è che il Mayor vuole chiamare in causa il governo, affinché vengano garantiti interventi investigativi sui fabbricati e poi manutentivi e poi di adeguamento sismico: richieste che ricordano neppure vagamente il superbonus edilizio, classificato dal premier Meloni una forzatura ai danni dello Stato. Probabilmente il medesimo primo cittadino dovrebbe iniziare a preferire le politiche dei piccoli passi, magari iniziando a non firmare più permessi a costruire in sanatoria (condono edilizio). D'altra parte Pozzuoli ricade in una zona classificata ad alta pericolosità vulcanica e a media sismicità, e quindi rispetto ai comuni classificati ad alta sismicità ubicati sugli appennini, le richieste d'intervento allo Stato, dovrebbero essere particolarmente motivati e mirati, e in prima battuta da riservare agli edifici pubblici. 

In ogni cittadina si ritrovano palazzi nuovi e vecchiotti. Nel caso delle zone soggette al bradisismo, forse una certa importanza la rivestono le fondamenta degli edifici di cui bisognerebbe conoscere la tecnica di realizzazione utilizzata. In generale i plinti isolati e non collegati tra loro necessiterebbero di qualche attenzione in più. Fabbricati gettati su trave rovescia o platea armata invece, dovrebbero dare maggiore sicurezza di stabilità e resistenza, fermo restante la qualità dello spiccato verticale che è quello soggetto alle oscillazioni. La robustezza di un edificio dovrebbe comportare la caratteristica di poter subire anche lesioni e dissesti, ma mai in una misura capace di inficiare l’incolumità degli abitanti per rischio di crollo strutturale parziale o totale. Ovviamente il discorso non può che essere generico, necessariamente generico, perché ogni singolo fabbricato ha caratteristiche singolari rispetto al resto dell’edificato cittadino e oltre. In assenza di una cartografia topografica che rimandi con molta precisione le curve di livello e l'equidistanza per la parte afferente il rigonfiamento bradisismico, l’applicazione di clinometri elettronici su edifici campione, forse potrebbe aiutare a valutare il fenomeno bradisismico nella sua evoluzione, che nell'immediato non ci sembra inficiare nel profondo le esigenze di sicurezza dei cittadini di Pozzuoli. 

Nel flegreo le scosse sismiche pur numerose non dovrebbero raggiungere magnitudo molto preoccupanti, ancor più se consideriamo che le stime probabilistiche indicano in area vulcanica sussulti di magnitudo moderata o media: il problema è nella superficialità degli ipocentri, che generano intensità non sempre trascurabili e non sempre esenti da danneggiamenti. In tutti i casi gli eventi fin qui avvertiti, generalmente non dovrebbero creare problemi di crolli se non per quelle parti di fabbricato già in bilico e per altri motivi. Discorso diverso sarebbe quello di dover affrontare terremoti che anticipano e poi accompagnano un’eruzione, che si presenterebbero con magnitudo e intensità per niente trascurabili. Possibilità remota diremmo, atteso che gli esperti statali hanno previsto ottimisticamente che l’evacuazione della zona rossa flegrea avverrebbe all'occorrenza decisamente in anticipo sulle dirompenze magmatiche, e quindi le medesime fonti raccomandano di sgombrare la mente da un contesto evacuativo  col fuoco alle spalle.

Interessante la rielaborazione dei piani di evacuazione prodotti dai giapponesi a fronte del rischio eruttivo del vulcano Fuji. Nella nuova edizione si prevede l’allontanamento a piedi dalla zona rossa… Seguendo alcune logiche di sicurezza, nella fase di pre allarme i cittadini della zona rossa flegrea forse dovrebbero mettere in sicurezza fuori dall’area a rischio i propri familiari che per età e patologie non possono facilmente deambulare. Ovviamente occorre stimare anche per chi rimane, un percorso pedonale evacuativo adeguato, nella malaugurata ipotesi che il traffico possa bloccarsi in modo perdurante senza soluzione alcuna di districazione degli autoveicoli. 

Per avere contezza del livello di pericolosità che si raggiunge nei Campi Flegrei, i dati di monitoraggio vulcanico sono cruciali, ma occorrerebbe pure che la commissione grandi rischi, l'unica deputata a valutarli scientificamente, sia componibile in brevissimo tempo. Nei momenti topici addirittura stanziando a permanenza nella sede dipartimentale, per dare per tramite del dipartimento della protezione civile, una corretta e continua informazione ai cittadini, che saranno raggiunti con vari mezzi dalle diramazioni amministrative competenti (Regione; Comune). Le risposte in questo caso proverrebbero da quello che il nostro ordinamento classifica come fonte scientifica autorevole (CGR), che si assume anche la responsabilità di quello che dice. Una responsabilità che non può essere demandata in capo all’INGV, all’Osservatorio Vesuviano (INGV), al CNR-IREA, al centro Plinivs e agli organi amministrativi regionali e comunali con motu proprio. In sintesi, la commissione grandi rischi è preposta ad esprimersi sulla pericolosità vulcanica, mentre a decidere sulle misure di protezione da adottare, piano di evacuazione compreso, sarà sempre e solo la presidenza del consiglio dei ministri...



mercoledì 5 luglio 2023

Campi Flegrei: il piano di evacuazione? Da riscrivere... di MalKo


I vertici dell’INGV e dell’osservatorio vesuviano, insieme a dirigenti della protezione civile dipartimentale e regionale e prefettizia con l’aggiunta di qualche sindaco, si sono riuniti il 16 giugno 2023 all’auditorium di Bagnoli Futura a Napoli, per dar vita a un workshop scientifico a tema il rischio vulcanico nei Campi Flegrei. In tale assise è stato annunciato che saranno avviate opere per ampliare il sistema di monitoraggio della già attenzionata e “strumentalizzata” caldera flegrea, che, negli ultimi anni, tra frequenti terremoti a bassa energia e sollevamento del suolo e ancora notevoli emanazioni gassose a ridosso della Solfatara (Pisciarelli), continua a generare molte perplessità e timori nella popolazione che risiede in quella che indubbiamente è una zona rossa ad alta pericolosità vulcanica. Tant’è che il temibile super vulcano dal 2012 è in uno stato di unrest e quindi di allerta gialla che si protrae oramai da oltre dieci anni.

Il vice capo dipartimento della protezione civile, Titti Postiglione, ha dichiarato tra le altre cose, che:<< La partecipazione alla conferenza di oggi anche dei colleghi della Regione e della Prefettura di Napoli, dei Sindaci e tecnici della zona rossa flegrea, è testimonianza di un lavoro di squadra orientato alla prevenzione, che vede un impegno quotidiano in attività di aggiornamento della pianificazione, di formazione e di sensibilizzazione sul rischio”.

Il capo dell’INGV Carlo Doglioni, dal canto suo ha ricordato:<< che la caldera dei Campi Flegrei è oggetto di un monitoraggio continuo multi parametrico e l’attenzione dei ricercatori è massima per scorgere in ogni suo evento anche la più piccola variazione del sistema vulcanico>>.

Per il direttore dell’osservatorio vesuviano, Mauro Antonio Di Vito:<<Il workshop di oggi rappresenta sicuramente un punto fermo da cui partire sempre più velocemente e meglio per il monitoraggio, lo studio e le ricerche sui nostri vulcani ma, soprattutto, sulla caldera dei Campi Flegrei che è tra le più approfonditamente studiate al mondo e che offre spunti e prospettive notevoli per la comprensione della dinamica di vulcani in unrest>>.

In quest’incontro pare che si siano prefissati di individuare i percorsi per migliorare le tecniche e le tecnologie del monitoraggio, presumibilmente già finanziate, per valutare al meglio la pericolosità dei Campi Flegrei. Da questo punto di vista, già in altre occasioni pubbliche nel recente passato, è stata pubblicizzata la buona performance delle miracolose stazioni multi parametriche, che ci sembra di capire che saranno potenziate con altri avamposti da aggiungere a quelli esistenti, nei distretti vulcanici di Ischia, Campi Flegrei e Vesuvio. Tale sistema di rilevamento dati, che si avvale di acquisizione multipla dei valori geofisici e geochimici dallo stesso sito, necessita di posizionamenti poco disturbati dalle attività antropiche e in ogni caso ben collegati alla rete e ai sistemi di energia ausiliaria. Il sistema che integra e collega contemporaneamente le sale operative dell’INGV Roma, dell’osservatorio vesuviano (Napoli) e di quello etneo (Catania), consente di operare pure in memoria virtuale, lavorando su programmi e dati senza interferire con la rete che rimane nel mentre autonomamente gestibile e attiva.

Queste sale operative collegabili in videoconferenza, sembra che abbiano postazioni ubicate pure negli uffici dei dirigenti INGV e del dipartimento della protezione civile, probabilmente per consentire scambi di pareri sui dati visualizzabili da tutti in contemporanea. Presumibilmente questo sistema di collegamento in video e dati delle sale operative, è o sarà reso tra i più affidabili, senza che si corra il rischio di perdere il collegamento nei momenti magari cruciali come possono essere quelli a ridosso di una crisi vulcanica. Sicuramente le attività in videoconferenza, soprattutto nei momenti topici, è probabile che vengano registrate per dare esecuzione ad alcune direttive della presidenza del consiglio, circa la necessità di tracciare e mettere agli atti quello che si dice, che si valuta, così come tutte le decisioni assunte e da chi.

Per quanto riguarda il potenziamento della rete di monitoraggio in area vulcanica campana, si legge che sono state progettate e realizzate nuove stazioni valide per cogliere e registrare i valori sismo tiltmetrici e radonometrici, e che saranno installate in tre siti ubicati a Ischia, al Vesuvio e ai Campi Flegrei, ampliando così e notevolmente la possibilità di captare tra le altre cose, vari tipi di onde sismiche, comprese quelle che caratterizzano i tremori vulcanici. Per l’osservatorio vesuviano, l’utilizzo di stazioni multi parametriche dovrebbe migliorare la precisione del monitoraggio sismico e vulcanico, evitando per il futuro di fare delle figure barbine, come quella che il pregevole ente ha fatto in occasione del terremoto che si verificò a Ischia il 21 agosto del 2017: all’INGV-OV furono necessari quattro giorni per calcolare l’epicentro esatto del sisma, scatenando le critiche innanzitutto da parte di Enzo Boschi, ex presidente INGV, perché quell’epicentro lui l’aveva calcolato subito e a “mano”…

A fronte di cotanta strumentazione, rimane il dato incontrovertibile che l’acquisizione di valori anche multi parametrici e satellitari spinti al livello di apprezzamento micrometrico e molecolare, non risolve il problema della previsione dell’eruzione vulcanica. Quello dei vulcani infatti, è un sistema dinamico molto complesso, tanto che per azzardare una probabilità eruttiva occorrerebbe vagliare con attenzione i dati geofisici e geochimici che hanno caratterizzato innanzitutto le crisi pre eruttive e le eruzioni passate di ogni singolo apparato o distretto vulcanico, in modo da avere una base di partenza comparativa. Con l’Etna e con lo Stromboli, la previsione di eruzione è generalmente approcciabile, per la notevole quantità di dati acquisiti nel tempo su un buon numero di eventi; eruzioni che non solo sono state studiate nei dettagli, ma sono state pure vissute in prima persona dal personale INGV, che ha avuto la possibilità di acquisire pure sensazioni e sensibilità di sicura utilità valutativa. Questo non vale per i vulcani campani che rimangono, soprattutto nel flegreo, al di là delle indagini campali su prodotti protostorici, degli illustri sconosciuti… D’altro canto apprezzare il sollevamento di un millesimo di millimetro in un’area che si solleva a metri, non ha un eccezionale valore previsionistico in quella che è una zona già soggetta per il passato a crisi di tutto rispetto, che, oggi come allora, rimangono insondabili circa l'esito finale delle turbolenze sotterranee che si prestano a qualsiasi tipo di evoluzione. Ad aprile del 1984 fu consigliato a chi poteva di lasciare il centro storico di Pozzuoli, quello a ridosso del mare: terremoti e innalzamento incalzavano pericolosamente. Si fu a un passo dall’allarme generale… Poi passarono le ore e i giorni e tutto rientrò. Questi sono i Campi Flegrei, ma non sempre sarà così.

Un ulteriore incontro informativo sulla caldera dei Campi Flegrei si è tenuto a Pozzuoli il 3 luglio 2023. Erano presenti le massime autorità del dipartimento della protezione civile nazionale e del mondo scientifico a iniziare dall’osservatorio vesuviano e da altri centri di competenza, compreso ACaMIR, l’Agenzia Campana per la Mobilità, le Infrastrutture e le Reti. Ha relazionato pure il Direttore scientifico del Centro Studi Plinivs, chiarendo che la magnitudo massima che può liberarsi nei Campi Flegrei è di 4,5 con ipocentri a 2-4 chilometri di profondità. Con siffatti valori ha affermato l’esperto, il potenziale distruttivo è limitato. Il rappresentante del CNR-Irea invece, ha ricordato che sono 30 anni che effettuano osservazioni con radar interferometrici satellitari sui Campi Flegrei, ad ultimo utilizzando i satelliti Sentinel, confermando che la massima deformazione verticale si misura oggi come allora, al Rione Terra di Pozzuoli.



Non si può non notare che il workshop del 16 giugno 2023 è stato tenuto a Bagnoli, quartiere occidentale di Napoli, luogo simbolo della mancata prevenzione della catastrofe vulcanica, atteso che in questa zona rimangono in galleggiamento pre attuativo importanti progetti votati allo spazio libero, al verde e alla cultura, ma anche alla rigenerazione urbana, comprendente la realizzazione di magioni di pregevole fattura sull’ambitissimo fronte mare. In questo modo si aumenta il numero di residenti nella caldera, assestando un duro colpo a qualsiasi politica votata alla precauzione che intanto non c'è. Finché la politica non instaurerà il divieto di cementificare per scopi abitativi in un’area ad alta pericolosità vulcanica come quella flegrea, la parola prevenzione non è altro che un pourparler, un corpo vuoto votato alla propaganda. Anche i nuovi studi scientifici ampiamente pubblicizzati come quello dell’elasticità e inelasticità della crosta calderica mediamente superficiale, non apportano certezze, ma hanno il solo scopo di affiggere alla bacheca della scienza una ipotesi tra le tante, in attesa dell'eruzione che verrà, che potrebbe confermare o confutare le tesi prospettate che rimangono, ci sembra, eruzione o non eruzione, in un limbo di indeterminatezza …

Alle incertezze della scienza e alla incapacità politica di applicare regole di prevenzione, rimane allora la concretezza dell'azione amministrativa, organizzativa e operativa, votata in tempi di allarme vulcanico, a tutte le modalità per garantire un allontanamento possibilmente ordinato delle popolazioni a rischio dalla zona rossa flegrea (500.000 ab.). Il pragmatico professor Edoardo Cosenza, assessore alle infrastrutture, mobilità e protezione civile del comune di Napoli, forse è l’ispiratore di una gara pubblica per riscrivere i piani di evacuazione per la zona rossa dei Campi Flegrei. Il bando di gara recita testualmente: affidamento del servizio di redazione del piano di esodo comunale per il rischio vulcanico dei Campi Flegrei e delle attività connesse di informatizzazione, partecipazione, comunicazione, monitoraggio, con contestuale aggiornamento del Piano Comunale di Protezione Civile>>. Presumiamo che la riscrittura sia limitata alle municipalità partenopee, anche se l’interconnessione territoriale con il puteolano è di tutta evidenza, considerando tra l’altro, che non pochi cittadini di Pozzuoli attraverso l’evacuazione assistita dovrebbero recarsi all’imbarco dei treni veloci alla stazione centrale di piazza Garibaldi.

Alla domanda di un cittadino sul perché si sceglie di portare i puteolani alla stazione di Napoli e non a quella di Villa Literno, il rappresentante della società ACaMIR, ha risposto che la scelta di piazza Garibaldi è stata dettata dal fatto che è la stazione più vicina dove è possibile utilizzare i treni veloci. Da un punto di vista emergenziale, riteniamo che non sia una scelta saggia quella di indirizzare la popolazione verso Napoli, perché la necessità primaria è quella di garantire innanzitutto l’allontanamento in garanzia dalla zona rossa, e non la rapidità del trasporto attraverso un trasbordo nel luogo più caotico del capoluogo campano.

L’iniziativa del comune di Napoli di riscrivere i piani di evacuazione a fronte del rischio eruttivo ai Campi Flegrei, ci sembra di fondamentale importanza, soprattutto se il capace assessore alla protezione civile individua pure soluzioni viarie strategiche e magari da realizzare in un prossimo futuro. Il bando di gara per garantire un esodo disciplinato delle popolazioni esposte al rischio eruttivo attraverso valutazioni informatiche applicate ai trasporti, scadrà a fine luglio 2023. I tempi operativi per la stesura del nuovo piano saranno misurati in 18 mesi dal momento della firma del contratto. I piani saranno pronti nel 2025. Ci sembra alquanto strano che questa notizia non sia stata diffusa nel workshop di Bagnoli o in quello recentissimo di Pozzuoli. In entrambi i casi le autorità presenzianti avrebbero potuto anticipare questa notizia proveniente da palazzo San Giacomo (Comune di Napoli), magari spiegando pur se con qualche imbarazzo, i motivi che hanno spinto a varare una gara da 150.000 euro per riscrivere dei piani di evacuazione che tutti ritenevano scritti e riscritti da tempo.

La prevenzione del rischio vulcanico ci sembra nel nostro caso argomento beffardo, dimostrato pure dal capitolato di questa gara per la realizzazione dei piani di esodo, che nelle premesse all’art. 2, recita testualmente:<< Il sistema vulcanico flegreo, situato a nord-ovest della città di Napoli, è contraddistinto da una vasta area calderica caratterizzata dalla compresenza di numerosi crateri nonché dalla peculiare aleatorietà legata alla localizzazione delle bocche eruttive. Studi recenti, tuttavia, identificano all’interno della caldera flegrea due aree principali a maggiore probabilità di apertura di future bocche eruttive. L’area a massima probabilità è localizzata grossomodo nella zona di Astroni-Agnano, mentre la seconda area per valori di probabilità è localizzata in corrispondenza di Averno-Monte Nuovo. Accanto a ciò va considerata anche la possibilità di verificarsi di particolari fenomeni esplosivi, noti come esplosioni freatiche, in aree con intensa attività idrotermale (area Solfatara/Pisciarelli), o dove esistano significative disponibilità di acqua superficiale, quali ambienti lacustri (Agnano), laghi intra-craterici (Averno) e mare (Golfo di Pozzuoli)>>.

Chi ha promosso la necessità di riscrivere il piano di esodo (evacuazione) dei Campi Flegrei, con questa premessa, avrebbe dovuto avere alle spalle non poche iniziative volte a proporre innanzitutto una legge regionale che vieti in zona ad alta pericolosità vulcanica come quella flegrea, ulteriori insediamenti residenziali per limitare il numero di abitanti, quale misura necessaria per contenere il valore esposto e con esso la sostenibilità dei piani di evacuazione. Che si continui ad “accatastare” ancora gente su gente in quella che è la caldera di un super vulcano, ci sembra un’azione insensata anche in danno ai posteri che si ritroveranno a vivere dentro una calderopoli. Purtroppo l’impegno dell’amministrazione pubblica è sempre incentrato sulla post catastrofe e non sulla prevenzione della catastrofe che non paga in termini di consenso elettorale. Da tempo vige il concetto che si pensa più a quello che si costruisce che al dove lo si costruisce…

Rimane poi l’ulteriore interrogativo sul perché l’ufficio protezione civile del comune di Napoli ha sentito la necessità di bandire una gara per riscrivere i piani di evacuazione. Sono decenni che si pianifica. A marzo 2023 è stato riproposto pure un - aggiornamento della pianificazione di emergenza a fini dell’evacuazione cautelativa della popolazione dalla zona rossa dei Campi Flegrei – elaborato da ACaMIR. Ora il Comune di Napoli rimette tutto in discussione: perché?

Pragmaticamente, a fronte del lassismo nelle pratiche di prevenzione territoriali, le cosiddette autorità competenti si sono lanciate a peso morto sulla scienza, acchè tiri fuori dal cappello la panacea di tutte le emergenze vulcaniche: la previsione dell’evento, il vaccino capace di guarire dal virus della mancata prevenzione della catastrofe vulcanica. Purtroppo la scienza può solo tergiversare sulla capacità previsionale, esibendo una ingente strumentazione ubicata in tutta l’area occidentale di Napoli, tra l’altro un territorio sotto costante monitoraggio pure dei radar interferometrici satellitari. La precisione dei dati geofisici e geochimici è sicuramente importante, ma ancora di più sarebbero le soglie, i limiti oltre il quale è possibile dichiarare che il vulcano con quelle deformazioni, con quelle concentrazioni chimiche e con quei sussulti sismici, presenta dinamiche pre eruttive nel breve termine. Purtroppo le soglie non ci sono e saranno argomento che tratterà all’occorrenza in tutta fretta la commissione grandi rischi per il rischio vulcanico a porte rigorosamente chiuse, dopo aver sentito i portatori d'interessi a porte aperte...

I piani di evacuazione per un siffatto pericolo vulcanico, dovrebbero essere di semplice interpretazione ed esecuzione, partendo dal principio che anche il meno colto o il meno provveduto di mezzi elettronici fissi e portatili, sappia con una certa precisione cosa fare all’occorrenza. La dirigente del comune di Pozzuoli ha spiegato la bontà del sistema evacuativo comunale, chiarendo che per evacuare alla proclamazione dell’allarme, bisognerà aspettare il turno zonale orario. Nella fattispecie del discorso, accedendo al webgis sul portale del comune di Pozzuoli, si ottiene, inserendo via e numero civico, quando evacuare. Nell’esempio utilizzato dalla responsabile, è uscito la turnazione di allontanamento alla 29esima ora. Occorre precisare che per capire esattamente a che ora andarsene, giocoforza bisogna calcolare 29 ore contandole dopo le 12 ore dalla proclamazione dell’allarme… Ma in queste prime 12 ore è possibile andarsene gambe in spalla ?

 

 






venerdì 16 giugno 2023

Rischio Vesuvio: la zona gialla... di Malko


 

Per parlare della zona gialla Vesuvio, occorre premettere che l’eruzione massima adottata per la stesura dei piani di emergenza è di media intensità (sub pliniana), e che i venti in quota soffiano prevalentemente verso est. Con questi presupposti, è stato preventivato la possibilità che oltre alle municipalità della zona rossa 1 (R1), i comuni di San Gennaro Vesuviano, Palma Campania, Poggiomarino e Scafati, che insieme formano la zona rossa 2 (R2), possano essere investiti da una massiccia pioggia di cenere e lapilli con accumuli sui tetti piani anche di notevoli spessori. Con questa prospettiva di carichi accidentali tutt’altro che irrisori, non si può escludere, soprattutto se la pioggia imbibisce il materiale accumulatosi appesantendolo, che si verifichi lo sprofondamento dei solai di copertura, soprattutto in danno dei fabbricati più datati, che potrebbero cedere rovinosamente su quelli sottostanti che a loro volta e per somma dei carichi, sprofonderebbero ulteriormente e fino al piano terra.

La zona rossa 2 (R2), pur avendo come pericolo la pioggia di cenere e lapilli e presumibilmente non le micidiali colate piroclastiche associate invece alla R1, ha una colorazione rossa e non gialla, perché è soggetta alla stregua della zona rossa 1, all’evacuazione preventiva e totale degli abitanti, qualora dovesse palesarsi la minaccia eruttiva. 

Zona rossa 1, zona rossa 2, zona gialla



Il fall out di materiale piroclastico sciolto che andrebbe a ricadere come dicevamo, molto probabilmente e per ampio angolo a est del Vesuvio, avrebbe una intensità fenomenologica rapportata alla distanza dal centro eruttivo, alla velocità del vento che assottiglierebbe la scia dispersiva, oltre naturalmente alla quantità di materiale piroclastico eruttato. Quindi, oltre al pericolo di crollo dei tetti, nella rossa 2, occorre tener presente che potrebbe verificarsi oscurità, perdita di orientamento, probabile spegnimento dei motori, difficoltà di transito su gomme e a piedi, e il possibile blocco delle porte che aggettano sul piano stradale. Inoltre, la cenere aspersa in atmosfera, creerebbe fastidio alla respirazione con irritazione alla gola e agli occhi soprattutto in danno di vecchi e bambini, per la componente vetrosa e acida contenuta nelle polveri vulcaniche: Plinio il vecchio morì per questo motivo sulle spiagge di Stabia nel 79 d.C.  In siffatte condizioni sarebbe proibitivo qualsiasi intervento aereo di soccorso a mezzo elicotteri, perché in un ambiente pervaso dalla cenere, i motori (turbine) cesserebbero di funzionare, così come il forte potere abrasivo del prodotto siliceo strierebbe pure il plexiglas o anche altre trasparenze della cabina di pilotaggio dei velivoli, portando la visibilità a una condizione critica per la sicurezza del volo. Anche gli autoveicoli potrebbero subire il blocco dei motori per intasamento dei filtri, e in tutti i casi la circolazione su alcune diecine di centimetri di cenere e lapilli sarebbe ugualmente problematica soprattutto per i veicoli a dure ruote e per le auto e mezzi pesanti, ancor di  più in una condizione di traffico caotico e di insofferenza all'attesa.



Nella zona gialla, quella oltre zone rosse con estensione asimmetrica, così come si evidenzia facilmente dalla cartina, non è prevista all’occorrenza e in prima battuta una evacuazione preventiva, ma è una opzione quest'ultima che gli esperti intendono attuare dopo aver valutato con eruzione in corso i settori maggiormente vulnerabili su cui precipita la maggior parte dei lapilli e della cenere scagliati in aria dal vulcano e veicolata dal vento.  Le valutazioni che dovrebbero essere velocissime, perchè veloce è la velocità di deposito dei piroclasti,  verrebbero assicurate dal dipartimento della protezione civile, che si avvarrebbe della consulenza della commissione grandi rischi, e di una direzione di comando e controllo operativo (DiComac) per l'attuazione delle direttive. 

Tecnicamente parlando però, l’opzione di valutare con eruzione in corso i settori della zona gialla da evacuare, dovrebbe presupporre come condizione indispensabile che le popolazioni ubicate in zona rossa siano già state evacuate. Diversamente, l’organizzazione emergenziale potrebbe imballarsi immediatamente, per le diverse condizioni di urgenza e di strategia che caratterizzano i territori rossi e gialli della plaga vesuviana. Anche nel flegreo sussiste la stessa condizione strategica basata sulla certezza della previsione di eruzione, che scientificamente invece, rimane perlopiù incerta...

La zona gialla, composta da 63 comuni, è evincibile dalla mappa contenuta in questo articolo, che riporta i limiti territoriali delle varie comunità interessate. Nella stessa cartina è riportata pure la curva di isocarico, una curva chiusa che circoscrive l’area dove è possibile che sui tetti possa accumularsi un deposito di cenere e lapilli anche superiore ai 30 centimetri, e quindi prossimo o superiore al peso di 300 chilogrammi al metro quadrato. In caso di eruzione, il vulcano proietterebbe in alto i prodotti piroclastici per alcune decine di chilometri, con quelli meno pesanti che diverrebbero preda dei venti e trasportati per distanze anche di migliaia di chilometri. Le ceneri micrometriche infatti, permanendo in aria per lungo tempo, potrebbero provocare nei casi di massima diffusione del prodotto, transitorie variazioni climatiche.

Nella zona rossa 1, quella che circonda e racchiude il cratere sommitale del Vesuvio, tutte le manifestazioni vulcaniche possono concentrarsi a iniziare dalle micidiali nubi ardenti; ma anche lahar, lave e poi le intense precipitazioni di cenere e lapilli e altri tipi di scorie più o meno pesanti, tra le quali pure le bombe vulcaniche. Nella zona rossa 1 non è possibile portare soccorso con eruzione in corso.

Vesuvio: bomba vulcanica ricoperta dal lichene Stereocaulon vesuvianum