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sabato 13 aprile 2024

Rischio vulcanico ai Campi Flegrei: cittadini come sismografi?...di MalKo

 


Pozzuoli: Chiesa dell'Assunta a mare


Un articolo di stampa recita che a Pozzuoli è stata chiusa la chiesa della Madonna Assunta alla Darsena, perché il bradisismo coi suoi sussulti sismici di fatto l’ha resa pericolante. In un altro giornale invece, si riporta la storia di questa chiesetta dedicata alla purificazione di Maria, che fu costruita nel 1621 in una posizione prospiciente il mare. La collocazione particolarmente esposta ai marosi fu causa di problemi, perché le mareggiate invernali spesso la rendevano inaccessibile. Allora, i fedeli nel 1743 si adoperarono per costruirne un’altra. A opera ultimata e senza abbandonare la prima struttura, le due chiese vennero utilizzate alternativamente dai fedeli in ragione delle stagioni meteorologiche. In tutti i casi  la vecchia chiesa fu distrutta da una violenta mareggiata nel 1872, e ricostruita quattro anni dopo in una posizione un po’ più riparata dalle onde che s’infrangevano con veemenza nel primo entroterra, favorite nel loro incedere anche dall’abbassamento della costa ad opera del bradisismo positivo. Nell’attualità, il parroco ha segnalato che nel luogo di culto che caratterizza la darsena pescatori, piovono calcinacci, e quindi si è reso necessario chiudere la parrocchia. Durante le ultime piogge infatti, sembra si sia verificato un allagamento della chiesa originatosi dal tetto della sacrestia, già da anni puntellata per le condizioni del solaio, impedendo l’uso dell’unico servizio igienico già mal ridotto.

Provando a disquisire, diremmo che a un esame a vista e dalle notizie pregresse sulle condizioni della chiesa,  la struttura si presenta soprattutto in uno stato di pessima conservazione, dovuto alla posizione particolarmente esposta alle inclemenze meteorologiche e meteo marine. La mancata manutenzione ordinaria e straordinaria del manufatto, ci sembra di tutta evidenza, e con molta probabilità è il motivo principale delle condizioni di inabitabilità attuale.  

Aggiungiamo che dal punto di vista del bradisismo e della sismicità areale, non ci sembrano evidenti spaccature o fenditure o quadri fessurativi neanche sullo sbalzo campanario o nei perimetri murali dei serramenti, che possano avvalorare una severa inagibilità strutturale dovuta alla sismicità locale, obiettivamente persistente ma contenuta. Se una siffatta costruzione vecchissima è ancora in piedi nonostante sia esposta agli elementi di erosione esogeni e alle sollecitazioni dettate dal bradisismo che qui raggiunge il suo apice, c’è buona speranza che il restante edificato puteolano in larga misura e generalizzando, non dovrebbe essere particolarmente compromesso, almeno per le energie in gioco irradiate fin qui dal sottosuolo.

Intanto, dando seguito ai disposti previsti dal decreto sul bradisismo (DL 140/2023), è iniziata la campagna di valutazione delle condizioni dell’edificato nella già menzionata zona rossa bradisismica, attraverso l’analisi speditiva esterna dei fabbricati. Questo modus operandi consentirà di ottenere un quadro d’insieme necessariamente generale e generalizzato, circa lo stato di salute statica dell’edificato esistente. In un secondo momento, e anche su richiesta diretta di quei residenti che dovessero ritenere il loro fabbricato portatore di danno sismico,  si procederà a un esame approfondito dell’edificio in questione, tramite verifiche da parte di tecnici specializzati nell’analisi strutturale e infrastrutturale dei fabbricati. Presumibilmente sarà necessario, nelle logiche complessive, discriminare i danni derivanti da vetustà e incuria da quelli realmente indotti dalle sollecitazioni sismiche… La condizione delle casse pubbliche della nostra repubblica infatti, richiedono estrema parsimonia se non vogliamo allungare le liste della miseria, caratterizzate da alcuni milioni di cittadini che hanno smesso di curarsi per mancanza di disponibilità economica.

Le tre zone flegree

Nella zona bradisismica la deformazione del suolo che accompagna le fasi ascendenti del terreno, genera sismicità prevalentemente a bassissima e bassa magnitudo, che raramente ha raggiunto livelli moderati, intendendo con questo magnitudo superiori al quarto grado Richter. In tutti i casi e per superficialità degli ipocentri, purtuttavia tali energie potrebbero creare problemi a strutture vetuste, poco solide  o fondate male o soggette a difformità edilizie come la costruzione di altri piani sovrapposti o apertura di porte e finestre in muri portanti.

La frequenza degli eventi è alla base della comprensibile apprensione dei cittadini, soprattutto perché non si vede una fenomenologia bradisismica limitata nel tempo, e quindi non si intravede un orizzonte di pace geologica, perché in tutti i casi i piedi e i palazzi poggiano o affondano sulla sommità di una camera magmatica che ha un tempo di vita inquantificabile, ma in ogni caso nell'ordine delle migliaia di anni. 

Nel mese di marzo 2024 si sono contati nei Campi Flegrei 461 terremoti: nel 99% circa dei casi, con Magnitudo Md < a 2; nel vesuviano se ne sono contati 109, di cui nel 99% dei casi con Md< a 2 (fonte INGV). Per la storia geologica dei luoghi, si ipotizza che le scosse di terremoto qualora dovessero incrementarsi per numero e magnitudo, potrebbero segnare una condizione del sottosuolo flegreo sicuramente da indagare e decifrare con grande attenzione, come tra l’atro suggerì la commissione grandi rischi chiamata ad esprimersi pochi mesi fa sulla pericolosità vulcanica (livelli di allerta) ai Campi Flegrei, confermando dopo un po' lo stato di attenzione, ma tra le riga fornendo indicazioni per procedere con una spiccata azione di prospezione del profondo, così da individuare la minima profondità raggiunta dal magma nel sottosuolo.

Livelli di allerta vulcanica

Continuando, se le cause dei terremoti bradisismici sono da ricondurre esclusivamente ai fluidi che, per temperatura e pressione si ritrovano a circolare in uno stato super critico nel sottosuolo, rigonfiandolo e fratturandolo, gli elementi di rischio zonale dovrebbero essere prevalentemente i terremoti, e con minore incidenza le eruzioni freatiche con annessa dispersione di gas come l’anidride carbonica, che è un asfissiante, e che in tutti i casi già si disperde in atmosfera in più punti del flegreo come la Solfatara e Pisciarelli, a livelli di alcune migliaia di tonnellate al giorno, risultando uno degli otto siti a maggiore emissione naturale di CO2 nel mondo. Se invece protagonista dei sommovimenti è il magma che ascende verso la superficie, i pericoli già insiti nel bradisismo permarrebbero e si sovrapporrebbero  alla minaccia eruttiva, che rimarrebbe senza ombra di dubbio il pericolo principale da cui occorrerà difendersi attraverso la prevenzione territoriale (riduzione del valore esposto) e la previsione di eruzione che purtroppo è ancora lontana dall'essere una tecnica predittiva deterministica. La prevenzione legata al rischio eruttivo può essere solo di mitigazione, e si otterrebbe prevalentemente attraverso provvedimenti legislativi che vietino l’ulteriore conurbazione della zona rossa flegrea, favorendo la politica degli spazi per limitare il consumo del terreno e con esso la lievitazione della densità abitativa che è una variabile tutt'altro che secondaria nel calcolo del rischio e nelle misure operative di evacuazione. 


Tavola di sintesi. Nel caso del rischio bradisismico e sismico e vulcanico,
succede che le filosofie di prevenzione siano divergenti

Tali politiche di prevenzione dal carattere rinunciatario, sarebbero utili nel contenere il numero dei residenti a un livello tale da rendere per quanto possibile efficace un piano di evacuazione rapida, capace di assicurare l’allontanamento della popolazione dalla zona rossa nel momento in cui le probabilità eruttive aumenterebbero pericolosamente. Ogni 42 abitanti occorre un bus o una corsa di bus dedicata all'evacuazione… 

In tutti i casi  e nella migliore delle ipotesi organizzative, rimane pur sempre l’incognita previsionale dell’evento vulcanico,  che permane sui piani di emergenza come un macigno, perché se il piano di evacuazione necessita di tre giorni per la sua completa attuazione, una predizione dell’eruzione con almeno 72 ore di anticipo sarebbe non un auspicio, bensì una necessità operativa di vitale importanza. Purtroppo, anche se l’osservatorio vesuviano ha introdotto nella zona rossa importanti stazioni di rilevamento multi parametriche, i dubbi predittivi non sono dissipati e permangono più o meno le stesse possibilità percentuali di accadimento che riportiamo di seguito, e che tra l’altro sono da anni una costante, in assenza di una vera svolta della ricerca scientifica sulla previsione dell'evento eruttivo. Tecnicamente parlando, queste sono le probabilità su cui gli strateghi della protezione civile avranno riflettuto o dovrebbero riflettere:

1.    Mancato allarme eruttivo (33%);

2.    Successo previsionale d’eruzione (33%);

3.    Falso allarme (33%).

Con questi numeri (arrotondati), sussiste la possibilità che nel 66% dei casi si uscirebbe indenni dalla minaccia vera o presunta d’eruzione. Nel 33% dei casi invece, il mancato allarme eruttivo comporterebbe non già la catastrofe totale, ma una evacuazione con eruzione in corso, purtroppo non indenne da seri e inquantificabili danni collaterali legati a numerosissime variabili, come il punto d'apertura del cratere e lo stile eruttivo così come il numero di ore di ritardo nell'allertamento ecc. Con l'evacuazione a piedi, non è da escludere che molti cittadini, anche se in una condizione di esagitazione, potrebbero raggiungere un luogo sicuro, qualora si trovassero di fronte alla paralisi della circolazione veicolare.  Sempre tecnicamente parlando, l'opzione a piedi non sarebbe altro che un piano di emergenza d'emergenza.  

Se dovesse concretizzarsi remotamente e malauguratamente la necessità di evacuare il flegreo con eruzione in corso, in linea di principio e secondo le mappe di pericolosità (statistiche) esistenti, occorrerebbe dirigersi, soprattutto a cura dei puteolani, in una direzione opposta alla zona gialla, che è quella di ricaduta dei prodotti piroclastici: un fenomeno che si presenterebbe da subito con l'insorgere dell'eruzione. Se la statistica sui venti dovesse rivelarsi fallace, ci si muoverebbe in ogni caso in direzione di sopravvento o lateralmente alla colonna eruttiva. Le persone con difficoltà di deambulazione in questo caso sarebbero le più vulnerabili e svantaggiate. Per costoro la fase di preallarme (arancione) potrebbe essere di fondamentale importanza per allontanarsi dalla zona rossa in anticipo sulla massa e sul pericolo, sempreché si riesca a cogliere per tempo questo stato geologico auspicato ma imponderabile da tutti i punti di vista, e su cui contano moltissimo le autorità di protezione civile a tutti i livelli...

Zona rossa e gialla Campi Flegrei


A fronte di queste constatazioni, occorre rilevare che la classe degli amministratori  è  poca o per niente propensa a varare disposti che vadano nella direzione della prevenzione del rischio vulcanico, attraverso il blocco dell'edilizia residenziale ritenuta misura inutile e anti progresso.  Di contro si registra uno spiccato interesse per la parte bradisismica che porta seco e a strascico  richieste di bonus e superbonus e altre importanti agevolazioni per riassestare i condomini che saranno dichiarati staticamente compromessi dall’azione sismica locale. In futuro se sarà previsto un siffatto intervento pubblico per la riqualificazione sismica dei fabbricati, in nome della trasparenza sarà necessario prevedere la pubblicazione della lista degli edifici eventualmente assegnatari di bonus, in modo che anche i cittadini che conoscono la realtà di dove vivono, possano esercitare il loro diritto di valutazione dell'operato pubblico, anche attraverso l'accesso civico ai documenti. 

Ai discorsi legati alla resilienza in quella che è una terra bradisismica e vulcanica, recentemente si è aggiunta pure la disquisizione, forse estemporanea, se fare o non fare uno stadio a Bagnoli… L’idea di edificare un’arena calcistica in un luogo classificato come zona rossa bradisismica è molto rischioso. Che siano i tifosi coi loro salti a generare i terremoti non è fattore oltremodo preoccupante, ma se a far vibrare lo stadio a tifosi fermi sono i sussulti crostali, potrebbero innescarsi problemi di sicurezza e di ingestibilità della folla. Un evento sismico di livello moderato durante la partita potrebbe generare panico, con susseguente corsa alle uscite che inevitabilmente genererebbe una ressa poco salutare. La realizzazione di un nuovo stadio quindi, da un punto di vista della prevenzione e della sicurezza in ambienti confinati, è meglio costruirlo  altrove o riqualificare quello esistente che in tutti i casi sembra non abbia risentito negli anni di particolari problemi e in ogni caso è fuori dalla zona rossa bradisismica.

Oltre a valutazioni di ordine  tecnico e scientifico, occorre aggiungere un'ulteriore riflessione legata ai comportamenti della cittadinanza. La condizione di pericolo nell'area flegrea è assolutamente innegabile che sia immanente da un punto di vista vulcanico, così come non è un gran bel vivere la quotidianità accompagnati dalle vibrazioni bradisismiche. Come è inevitabile che sia in questi casi, si è aggiunto l’elemento personale alla quantificazione del rischio areale. I cittadini infatti, tendono a mettere insieme le notizie scientifiche acquisite da diverse fonti, sommandole a convinzioni personali formatesi secondo cultura, a cui si aggiungono altri tipi di considerazioni: economiche, lavorative, familiari, ancorché caratteriale e di visione prospettica del futuro. Alla fine ognuno elabora una propria valutazione complessiva del livello di rischio a cui si sente esposto, che può essere accettabile o inaccettabile ma verosimilmente difficilmente quantificabile. Tutti elementi di valutazione questi menzionati, capaci di spostare lecitamente la percezione del rischio sismico e vulcanico da un valore oggettivo a uno soggettivo. A parità di condizioni infatti, c’è chi dorme beatamente nella zona rossa vulcanica e bradisismica, scosse comprese, e chi nell’appartamento a fianco non riesce a farlo se non con un occhio solo e con le orecchie allertate. L’unica misura che sembra confortare le sofferenze di chi è costretto a permanere in questa zona bella ma geologicamente ansiogena, è la condivisione del pericolo con altri concittadini, generando così gruppo non necessariamente allineato alla sobrietà scientifica, che in questo campo naviga senza colpe nell'incertezza predittiva. 

Sui social network allora, ci si chiama, ci si confronta e si riportano costantemente i dati di  vigilanza geologica, così come giungono nell’immediatezza del fenomeno  le segnalazioni puntuali dei terremoti percepiti dai residenti in ogni quartiere della zona rossa flegrea, soprattutto nel puteolano, arricchite da sensazioni personali. Attività queste ultime che hanno generato il disappunto del sindaco di Pozzuoli, che ha lamentato un proliferare di vulcanologi e di sismografi umani sui social... 

                                                                         di Vincenzo Savarese





giovedì 31 agosto 2023

Rischio vulcanico ai Campi Flegrei: calma… di MalKo

 



I recenti e plurimi eventi sismici a bassa magnitudo che hanno martellato i Campi Flegrei e segnatamente i territori di Pozzuoli, hanno contribuito a rendere particolarmente apprensiva la permanenza nel puteolano, perché non si sa se i sussulti crostali possano essere prodromi pre eruttivi o i sintomi di un’effervescenza del vapore acqueo surriscaldato formatosi nel sottosuolo. In quest’ultimo caso, la spinta del prodotto espanso riuscirebbe a rigonfiare e in qualche caso a spaccare gli strati litoidei superficiali, generando sismi che si sono mantenuti nella maggior parte dei casi sotto la soglia energetica del lieve o moderato. I sommovimenti poi, in questo caso, non necessariamente devono per forza di cose inquadrarsi come sintomi d’instradamento del magma verso la superficie.  

Gli eventi sismici in questione, vengono quindi e per lo più associati al bradisismo, che in tutti i casi è un fenomeno che alla sua radice richiede energia, assicurata dal calore del magma che nel flegreo staziona o forse si stira orizzontalmente o ascende molto lentamente da alcuni chilometri di profondità, secondo processi pulsanti di spinta che deformano e poi rompono le rocce. Dilungarsi su quello che realmente sta succedendo nel sottosuolo dei Campi Flegrei, comporta la necessità di mettere mano a tutto il repertorio dei forse, perché ad oggi nessuno è in grado di dare una spiegazione definitiva sulla natura del bradisismo e sulle dinamiche in atto nel sottosuolo flegreo, che potrebbero essere diverse e convergenti.

Una sorta di effetto elastico sembra caratterizzare gli strati superficiali crostali, soprattutto perché all’innalzamento del terreno corrisponde a volte e a distanza di tempo (inquantificabile), un bradisismo positivo. Se il rigonfiamento fosse prodotto da un’intrusione magmatica, al finire della spinta intrusiva è da pensare che difficilmente si ripristinerebbero i valori di quota precedenti, perché nel sottosuolo ci sarebbero volumi nuovi che in linea di principio non tornano indietro. Per giustificare il bradisismo allora, molti pensano che il fenomeno sia addebitabile all’acqua che circola abbondantemente negli strati del sottosuolo flegreo. Si ritiene infatti, che il vitale liquido incontrando una superficie arroventata come può essere il fronte magmatico o i fluidi ardenti rilasciati dalla massa incandescente, si trasformerebbe in vapore surriscaldato che genererebbe una forza di tutto rispetto capace di incidere sugli spessori crostali superficiale che gli gravano addosso  deformandoli (bradisismo). Diversamente, le pressioni generate dal vapore surriscaldato potrebbero rimanere ingabbiate in sacche a temperatura di gran lunga superiore a quella di ebollizione, pronte a generare fenomeni dirompenti simili al Bleve.  

A guardarci intorno, l’archeologia ci conferma che lo sprofondamento dell’abitato di Baia in mare, iniziato alla fine del III secolo dopo Cristo, non sembra che abbia dato luogo con il tempo a un’inversione di tendenza riemergendo. Le vestigia romane infatti, sono tutt’ora lì e si lasciano ammirare solo utilizzando barche dal fondo trasparente. Il mare rimane il livello medio di riferimento per capire l’andamento del bradisismo.  Manufatti sprofondati si osservano pure nella zona costiera di Posillipo. In controtendenza, quindi tra Baia e Posillipo, nell’area portuale della cittadina di Pozzuoli, c’è il Rione Terra, geologicamente noto per essere il punto focale del bradisismo ascendente.  



La popolazione della calderopoli flegrea è alquanto perplessa, pervasa a permanenza dal dubbio se andarsene o rimanere nei campi ardenti… Tra l’altro nessuna entità politica vuole assumersi l’onere di porre fine all’urbanizzazione residenziale, consentendo con una buona dose di accidia, che si aumenti oltre misura il valore esposto al rischio bradieruttivo. In questo modo però, si svilisce qualsiasi politica preventiva ma anche operativa, atteso che il piano di evacuazione ha una sua efficacia rapportata ai numeri in gioco che, senza misure di contenimento sull’edilizia residenziale, determineranno col tempo un aumento tanto del numero dei residenti quanto degli autoveicoli.  

Come sempre succede a ridosso degli sciami sismici, la domanda clou che si pongono soprattutto i puteolani è sempre la stessa: a cosa stiamo andando incontro… Quale previsione? Cosa dobbiamo aspettarci da questi continui sommovimenti del terreno? Il quesito viene lanciato direttamente o indirettamente e prevalentemente all’osservatorio vesuviano, che è l’istituzione preposta non ad avvisare, ma a monitorare i parametri geofisici e geochimici del super vulcano flegreo, e ancora del Vesuvio e dell'isola d'Ischia, attraverso l'utilizzo di strumentazioni ad altissima precisione. Nella fattispecie parliamo delle stazioni multi parametriche, che in verità sono diventate discorsivamente un mantra, tant’è che nelle intenzioni dei celebranti di questa tecnologia cumulativa più che innovativa, potrebbe esserci la volontà di tranquillizzare con le chiacchiere le popolazioni perplesse, magnificando queste attrezzature oltre misura. Questi apparati elettronici multi parametrici, in realtà garantiscono l’acquisizione di più dati da un unico sito o pozzo di rilevamento. I dati di monitoraggio dell’infuocata depressione calderica, vengono poi rilanciati in via esclusiva e confidenziale al dipartimento della protezione civile che, a sua volta, li sottopone alle valutazioni scientifiche della commissione grandi rischi per il rischio vulcanico, che ha il compito finale di leggere, sentire ed esprimere a porte chiuse (Dellino memoria), nella forma tassativamente scritta, un parere che certamente potrebbe avere un peso nelle decisioni ultime che andrebbe ad adottare la presidenza del consiglio dei ministri, come risposta dello Stato al pericolo immanente.

Diciamo pure che una buona strumentazione riesce a tenere sotto stretto monitoraggio scientifico il distretto vulcanico in esame, ma mai sotto controllo, termine che a volte è stato utilizzato impropriamente. Infatti, nessuna organizzazione tecnica o scientifica è in grado di controllare, spegnendo o mitigando o influenzando  il cammino delle lampe astenosferiche. Nessuna strumentazione è in grado di produrre una previsione vulcanica deterministica, neanche se fosse elaborata da mega calcolatori gestiti dall’intelligenza artificiale. La previsione dell’evento vulcanico rimane quindi tassativamente di taglio probabilistico, le cui percentuali sono fissate da una commissione scientifica di alto livello come la commissione grandi rischi, che è l’unico organo consultivo del dipartimento della protezione civile deputato ad elaborare una relazione finale di pericolosità dei distretti vulcanici napoletani. Questo spiega perché il prudente direttore dell’osservatorio vesuviano, Dott. Mauro Di Vito, correttamente all’incalzare delle domande su che cosa c’è da attendersi dai sommovimenti bradisismici, ha chiarito in controtendenza coi suoi predecessori, che: “Non facciamo previsioni, non è il nostro compito».

Alcuni esperti ipotizzano che in realtà non si può escludere che intanto possa materializzarsi una eruzione freatomagmatica, dettata dall’interazione tra il calore magmatico e l’acqua: un connubio che genererebbe vapore surriscaldato e acqua a pressione e temperatura critica, insaccata tra gli spessori litoidei. Il cedimento del contenitore roccioso genererebbe una esplosione dirompente, che aspergerebbe gas, vapori, acqua e rocce a diverse centinaia di metri dal cratere di deflagrazione, tanto in orizzontale che in verticale con traiettorie balistiche.  Nelle zone poco aperte alla circolazione dei venti così come in quelle depresse, in una siffatta ipotesi occorrerebbe fare attenzione sia all’anidride carbonica che all’idrogeno solforato. Il primo è un gas asfissiante e il secondo un tossico: in entrambi i casi sono sicuramente elementi gassosi da temere. L’installazione di stazioni fisse a poche decine di centimetri dal suolo, magari nei pressi della Solfatara - Pisciarelli e altri punti a rischio, potrebbero essere d’aiuto per monitorare l’anidride carbonica zonale, che tra l’altro è inodore, magari sfruttando apparecchiature che emettono segnali di allarme sonori. Va ricordato che le mascherine chirurgiche non proteggono dai gas.

L’attenzione dell’opinione pubblica nel puteolano, anche e soprattutto con il contributo del sindaco, è dirottata prevalentemente sulla resistenza degli edifici alle sollecitazioni microsismiche e sismiche, tant’è che il Mayor vuole chiamare in causa il governo, affinché vengano garantiti interventi investigativi sui fabbricati e poi manutentivi e poi di adeguamento sismico: richieste che ricordano neppure vagamente il superbonus edilizio, classificato dal premier Meloni una forzatura ai danni dello Stato. Probabilmente il medesimo primo cittadino dovrebbe iniziare a preferire le politiche dei piccoli passi, magari iniziando a non firmare più permessi a costruire in sanatoria (condono edilizio). D'altra parte Pozzuoli ricade in una zona classificata ad alta pericolosità vulcanica e a media sismicità, e quindi rispetto ai comuni classificati ad alta sismicità ubicati sugli appennini, le richieste d'intervento allo Stato, dovrebbero essere particolarmente motivati e mirati, e in prima battuta da riservare agli edifici pubblici. 

In ogni cittadina si ritrovano palazzi nuovi e vecchiotti. Nel caso delle zone soggette al bradisismo, forse una certa importanza la rivestono le fondamenta degli edifici di cui bisognerebbe conoscere la tecnica di realizzazione utilizzata. In generale i plinti isolati e non collegati tra loro necessiterebbero di qualche attenzione in più. Fabbricati gettati su trave rovescia o platea armata invece, dovrebbero dare maggiore sicurezza di stabilità e resistenza, fermo restante la qualità dello spiccato verticale che è quello soggetto alle oscillazioni. La robustezza di un edificio dovrebbe comportare la caratteristica di poter subire anche lesioni e dissesti, ma mai in una misura capace di inficiare l’incolumità degli abitanti per rischio di crollo strutturale parziale o totale. Ovviamente il discorso non può che essere generico, necessariamente generico, perché ogni singolo fabbricato ha caratteristiche singolari rispetto al resto dell’edificato cittadino e oltre. In assenza di una cartografia topografica che rimandi con molta precisione le curve di livello e l'equidistanza per la parte afferente il rigonfiamento bradisismico, l’applicazione di clinometri elettronici su edifici campione, forse potrebbe aiutare a valutare il fenomeno bradisismico nella sua evoluzione, che nell'immediato non ci sembra inficiare nel profondo le esigenze di sicurezza dei cittadini di Pozzuoli. 

Nel flegreo le scosse sismiche pur numerose non dovrebbero raggiungere magnitudo molto preoccupanti, ancor più se consideriamo che le stime probabilistiche indicano in area vulcanica sussulti di magnitudo moderata o media: il problema è nella superficialità degli ipocentri, che generano intensità non sempre trascurabili e non sempre esenti da danneggiamenti. In tutti i casi gli eventi fin qui avvertiti, generalmente non dovrebbero creare problemi di crolli se non per quelle parti di fabbricato già in bilico e per altri motivi. Discorso diverso sarebbe quello di dover affrontare terremoti che anticipano e poi accompagnano un’eruzione, che si presenterebbero con magnitudo e intensità per niente trascurabili. Possibilità remota diremmo, atteso che gli esperti statali hanno previsto ottimisticamente che l’evacuazione della zona rossa flegrea avverrebbe all'occorrenza decisamente in anticipo sulle dirompenze magmatiche, e quindi le medesime fonti raccomandano di sgombrare la mente da un contesto evacuativo  col fuoco alle spalle.

Interessante la rielaborazione dei piani di evacuazione prodotti dai giapponesi a fronte del rischio eruttivo del vulcano Fuji. Nella nuova edizione si prevede l’allontanamento a piedi dalla zona rossa… Seguendo alcune logiche di sicurezza, nella fase di pre allarme i cittadini della zona rossa flegrea forse dovrebbero mettere in sicurezza fuori dall’area a rischio i propri familiari che per età e patologie non possono facilmente deambulare. Ovviamente occorre stimare anche per chi rimane, un percorso pedonale evacuativo adeguato, nella malaugurata ipotesi che il traffico possa bloccarsi in modo perdurante senza soluzione alcuna di districazione degli autoveicoli. 

Per avere contezza del livello di pericolosità che si raggiunge nei Campi Flegrei, i dati di monitoraggio vulcanico sono cruciali, ma occorrerebbe pure che la commissione grandi rischi, l'unica deputata a valutarli scientificamente, sia componibile in brevissimo tempo. Nei momenti topici addirittura stanziando a permanenza nella sede dipartimentale, per dare per tramite del dipartimento della protezione civile, una corretta e continua informazione ai cittadini, che saranno raggiunti con vari mezzi dalle diramazioni amministrative competenti (Regione; Comune). Le risposte in questo caso proverrebbero da quello che il nostro ordinamento classifica come fonte scientifica autorevole (CGR), che si assume anche la responsabilità di quello che dice. Una responsabilità che non può essere demandata in capo all’INGV, all’Osservatorio Vesuviano (INGV), al CNR-IREA, al centro Plinivs e agli organi amministrativi regionali e comunali con motu proprio. In sintesi, la commissione grandi rischi è preposta ad esprimersi sulla pericolosità vulcanica, mentre a decidere sulle misure di protezione da adottare, piano di evacuazione compreso, sarà sempre e solo la presidenza del consiglio dei ministri...

                                                            di Vincenzo Savarese
                                                             


mercoledì 5 luglio 2023

Rischio vulcanico ai Campi Flegrei: il piano di evacuazione? Da riscrivere... di MalKo


I vertici dell’INGV e dell’osservatorio vesuviano, insieme a dirigenti della protezione civile dipartimentale e regionale e prefettizia con l’aggiunta di qualche sindaco, si sono riuniti il 16 giugno 2023 all’auditorium di Bagnoli Futura a Napoli, per dar vita a un workshop scientifico a tema il rischio vulcanico nei Campi Flegrei. In tale assise è stato annunciato che saranno avviate opere per ampliare il sistema di monitoraggio della già attenzionata e “strumentalizzata” caldera flegrea, che, negli ultimi anni, tra frequenti terremoti a bassa energia e sollevamento del suolo e ancora notevoli emanazioni gassose a ridosso della Solfatara (Pisciarelli), continua a generare molte perplessità e timori nella popolazione che risiede in quella che indubbiamente è una zona rossa ad alta pericolosità vulcanica. Tant’è che il temibile super vulcano dal 2012 è in uno stato di unrest e quindi di allerta gialla che si protrae oramai da oltre dieci anni.

Il vice capo dipartimento della protezione civile, Titti Postiglione, ha dichiarato tra le altre cose, che:<< La partecipazione alla conferenza di oggi anche dei colleghi della Regione e della Prefettura di Napoli, dei Sindaci e tecnici della zona rossa flegrea, è testimonianza di un lavoro di squadra orientato alla prevenzione, che vede un impegno quotidiano in attività di aggiornamento della pianificazione, di formazione e di sensibilizzazione sul rischio”.

Il capo dell’INGV Carlo Doglioni, dal canto suo ha ricordato:<< che la caldera dei Campi Flegrei è oggetto di un monitoraggio continuo multi parametrico e l’attenzione dei ricercatori è massima per scorgere in ogni suo evento anche la più piccola variazione del sistema vulcanico>>.

Per il direttore dell’osservatorio vesuviano, Mauro Antonio Di Vito:<<Il workshop di oggi rappresenta sicuramente un punto fermo da cui partire sempre più velocemente e meglio per il monitoraggio, lo studio e le ricerche sui nostri vulcani ma, soprattutto, sulla caldera dei Campi Flegrei che è tra le più approfonditamente studiate al mondo e che offre spunti e prospettive notevoli per la comprensione della dinamica di vulcani in unrest>>.

In quest’incontro pare che si siano prefissati di individuare i percorsi per migliorare le tecniche e le tecnologie del monitoraggio, presumibilmente già finanziate, per valutare al meglio la pericolosità dei Campi Flegrei. Da questo punto di vista, già in altre occasioni pubbliche nel recente passato, è stata pubblicizzata la buona performance delle miracolose stazioni multi parametriche, che ci sembra di capire che saranno potenziate con altri avamposti da aggiungere a quelli esistenti, nei distretti vulcanici di Ischia, Campi Flegrei e Vesuvio. Tale sistema di rilevamento dati, che si avvale di acquisizione multipla dei valori geofisici e geochimici dallo stesso sito, necessita di posizionamenti poco disturbati dalle attività antropiche e in ogni caso ben collegati alla rete e ai sistemi di energia ausiliaria. Il sistema che integra e collega contemporaneamente le sale operative dell’INGV Roma, dell’osservatorio vesuviano (Napoli) e di quello etneo (Catania), consente di operare pure in memoria virtuale, lavorando su programmi e dati senza interferire con la rete che rimane nel mentre autonomamente gestibile e attiva.

Queste sale operative collegabili in videoconferenza, sembra che abbiano postazioni ubicate pure negli uffici dei dirigenti INGV e del dipartimento della protezione civile, probabilmente per consentire scambi di pareri sui dati visualizzabili da tutti in contemporanea. Presumibilmente questo sistema di collegamento in video e dati delle sale operative, è o sarà reso tra i più affidabili, senza che si corra il rischio di perdere il collegamento nei momenti magari cruciali come possono essere quelli a ridosso di una crisi vulcanica. Sicuramente le attività in videoconferenza, soprattutto nei momenti topici, è probabile che vengano registrate per dare esecuzione ad alcune direttive della presidenza del consiglio, circa la necessità di tracciare e mettere agli atti quello che si dice, che si valuta, così come tutte le decisioni assunte e da chi.

Per quanto riguarda il potenziamento della rete di monitoraggio in area vulcanica campana, si legge che sono state progettate e realizzate nuove stazioni valide per cogliere e registrare i valori sismo tiltmetrici e radonometrici, e che saranno installate in tre siti ubicati a Ischia, al Vesuvio e ai Campi Flegrei, ampliando così e notevolmente la possibilità di captare tra le altre cose, vari tipi di onde sismiche, comprese quelle che caratterizzano i tremori vulcanici. Per l’osservatorio vesuviano, l’utilizzo di stazioni multi parametriche dovrebbe migliorare la precisione del monitoraggio sismico e vulcanico, evitando per il futuro di fare delle figure barbine, come quella che il pregevole ente ha fatto in occasione del terremoto che si verificò a Ischia il 21 agosto del 2017: all’INGV-OV furono necessari quattro giorni per calcolare l’epicentro esatto del sisma, scatenando le critiche innanzitutto da parte di Enzo Boschi, ex presidente INGV, perché quell’epicentro lui l’aveva calcolato subito e a “mano”…

A fronte di cotanta strumentazione, rimane il dato incontrovertibile che l’acquisizione di valori anche multi parametrici e satellitari spinti al livello di apprezzamento micrometrico e molecolare, non risolve il problema della previsione dell’eruzione vulcanica. Quello dei vulcani infatti, è un sistema dinamico molto complesso, tanto che per azzardare una probabilità eruttiva occorrerebbe vagliare con attenzione i dati geofisici e geochimici che hanno caratterizzato innanzitutto le crisi pre eruttive e le eruzioni passate di ogni singolo apparato o distretto vulcanico, in modo da avere una base di partenza comparativa. Con l’Etna e con lo Stromboli, la previsione di eruzione è generalmente approcciabile, per la notevole quantità di dati acquisiti nel tempo su un buon numero di eventi; eruzioni che non solo sono state studiate nei dettagli, ma sono state pure vissute in prima persona dal personale INGV, che ha avuto la possibilità di acquisire pure sensazioni e sensibilità di sicura utilità valutativa. Questo non vale per i vulcani campani che rimangono, soprattutto nel flegreo, al di là delle indagini campali su prodotti protostorici, degli illustri sconosciuti… D’altro canto apprezzare il sollevamento di un millesimo di millimetro in un’area che si solleva a metri, non ha un eccezionale valore previsionistico in quella che è una zona già soggetta per il passato a crisi di tutto rispetto, che, oggi come allora, rimangono insondabili circa l'esito finale delle turbolenze sotterranee che si prestano a qualsiasi tipo di evoluzione. Ad aprile del 1984 fu consigliato a chi poteva di lasciare il centro storico di Pozzuoli, quello a ridosso del mare: terremoti e innalzamento incalzavano pericolosamente. Si fu a un passo dall’allarme generale… Poi passarono le ore e i giorni e tutto rientrò. Questi sono i Campi Flegrei, ma non sempre sarà così.

Un ulteriore incontro informativo sulla caldera dei Campi Flegrei si è tenuto a Pozzuoli il 3 luglio 2023. Erano presenti le massime autorità del dipartimento della protezione civile nazionale e del mondo scientifico a iniziare dall’osservatorio vesuviano e da altri centri di competenza, compreso ACaMIR, l’Agenzia Campana per la Mobilità, le Infrastrutture e le Reti. Ha relazionato pure il Direttore scientifico del Centro Studi Plinivs, chiarendo che la magnitudo massima che può liberarsi nei Campi Flegrei è di 4,5 con ipocentri a 2-4 chilometri di profondità. Con siffatti valori ha affermato l’esperto, il potenziale distruttivo è limitato. Il rappresentante del CNR-Irea invece, ha ricordato che sono 30 anni che effettuano osservazioni con radar interferometrici satellitari sui Campi Flegrei, ad ultimo utilizzando i satelliti Sentinel, confermando che la massima deformazione verticale si misura oggi come allora, al Rione Terra di Pozzuoli.



Non si può non notare che il workshop del 16 giugno 2023 è stato tenuto a Bagnoli, quartiere occidentale di Napoli, luogo simbolo della mancata prevenzione della catastrofe vulcanica, atteso che in questa zona rimangono in galleggiamento pre attuativo importanti progetti votati allo spazio libero, al verde e alla cultura, ma anche alla rigenerazione urbana, comprendente la realizzazione di magioni di pregevole fattura sull’ambitissimo fronte mare. In questo modo si aumenta il numero di residenti nella caldera, assestando un duro colpo a qualsiasi politica votata alla precauzione che intanto non c'è. Finché la politica non instaurerà il divieto di cementificare per scopi abitativi in un’area ad alta pericolosità vulcanica come quella flegrea, la parola prevenzione non è altro che un pourparler, un corpo vuoto votato alla propaganda. Anche i nuovi studi scientifici ampiamente pubblicizzati come quello dell’elasticità e inelasticità della crosta calderica mediamente superficiale, non apportano certezze, ma hanno il solo scopo di affiggere alla bacheca della scienza una ipotesi tra le tante, in attesa dell'eruzione che verrà, che potrebbe confermare o confutare le tesi prospettate che rimangono, ci sembra, eruzione o non eruzione, in un limbo di indeterminatezza …

Alle incertezze della scienza e alla incapacità politica di applicare regole di prevenzione, rimane allora la concretezza dell'azione amministrativa, organizzativa e operativa, votata in tempi di allarme vulcanico, a tutte le modalità per garantire un allontanamento possibilmente ordinato delle popolazioni a rischio dalla zona rossa flegrea (500.000 ab.). Il pragmatico professor Edoardo Cosenza, assessore alle infrastrutture, mobilità e protezione civile del comune di Napoli, forse è l’ispiratore di una gara pubblica per riscrivere i piani di evacuazione per la zona rossa dei Campi Flegrei. Il bando di gara recita testualmente: affidamento del servizio di redazione del piano di esodo comunale per il rischio vulcanico dei Campi Flegrei e delle attività connesse di informatizzazione, partecipazione, comunicazione, monitoraggio, con contestuale aggiornamento del Piano Comunale di Protezione Civile>>. Presumiamo che la riscrittura sia limitata alle municipalità partenopee, anche se l’interconnessione territoriale con il puteolano è di tutta evidenza, considerando tra l’altro, che non pochi cittadini di Pozzuoli attraverso l’evacuazione assistita dovrebbero recarsi all’imbarco dei treni veloci alla stazione centrale di piazza Garibaldi.

Alla domanda di un cittadino sul perché si sceglie di portare i puteolani alla stazione di Napoli e non a quella di Villa Literno, il rappresentante della società ACaMIR, ha risposto che la scelta di piazza Garibaldi è stata dettata dal fatto che è la stazione più vicina dove è possibile utilizzare i treni veloci. Da un punto di vista emergenziale, riteniamo che non sia una scelta saggia quella di indirizzare la popolazione verso Napoli, perché la necessità primaria è quella di garantire innanzitutto l’allontanamento in garanzia dalla zona rossa, e non la rapidità del trasporto attraverso un trasbordo nel luogo più caotico del capoluogo campano.

L’iniziativa del comune di Napoli di riscrivere i piani di evacuazione a fronte del rischio eruttivo ai Campi Flegrei, ci sembra di fondamentale importanza, soprattutto se il capace assessore alla protezione civile individua pure soluzioni viarie strategiche e magari da realizzare in un prossimo futuro. Il bando di gara per garantire un esodo disciplinato delle popolazioni esposte al rischio eruttivo attraverso valutazioni informatiche applicate ai trasporti, scadrà a fine luglio 2023. I tempi operativi per la stesura del nuovo piano saranno misurati in 18 mesi dal momento della firma del contratto. I piani saranno pronti nel 2025. Ci sembra alquanto strano che questa notizia non sia stata diffusa nel workshop di Bagnoli o in quello recentissimo di Pozzuoli. In entrambi i casi le autorità presenzianti avrebbero potuto anticipare questa notizia proveniente da palazzo San Giacomo (Comune di Napoli), magari spiegando pur se con qualche imbarazzo, i motivi che hanno spinto a varare una gara da 150.000 euro per riscrivere dei piani di evacuazione che tutti ritenevano scritti e riscritti da tempo.

La prevenzione del rischio vulcanico ci sembra nel nostro caso argomento beffardo, dimostrato pure dal capitolato di questa gara per la realizzazione dei piani di esodo, che nelle premesse all’art. 2, recita testualmente:<< Il sistema vulcanico flegreo, situato a nord-ovest della città di Napoli, è contraddistinto da una vasta area calderica caratterizzata dalla compresenza di numerosi crateri nonché dalla peculiare aleatorietà legata alla localizzazione delle bocche eruttive. Studi recenti, tuttavia, identificano all’interno della caldera flegrea due aree principali a maggiore probabilità di apertura di future bocche eruttive. L’area a massima probabilità è localizzata grossomodo nella zona di Astroni-Agnano, mentre la seconda area per valori di probabilità è localizzata in corrispondenza di Averno-Monte Nuovo. Accanto a ciò va considerata anche la possibilità di verificarsi di particolari fenomeni esplosivi, noti come esplosioni freatiche, in aree con intensa attività idrotermale (area Solfatara/Pisciarelli), o dove esistano significative disponibilità di acqua superficiale, quali ambienti lacustri (Agnano), laghi intra-craterici (Averno) e mare (Golfo di Pozzuoli)>>.

Chi ha promosso la necessità di riscrivere il piano di esodo (evacuazione) dei Campi Flegrei, con questa premessa, avrebbe dovuto avere alle spalle non poche iniziative volte a proporre innanzitutto una legge regionale che vieti in zona ad alta pericolosità vulcanica come quella flegrea, ulteriori insediamenti residenziali per limitare il numero di abitanti, quale misura necessaria per contenere il valore esposto e con esso la sostenibilità dei piani di evacuazione. Che si continui ad “accatastare” ancora gente su gente in quella che è la caldera di un super vulcano, ci sembra un’azione insensata anche in danno ai posteri che si ritroveranno a vivere dentro una calderopoli. Purtroppo l’impegno dell’amministrazione pubblica è sempre incentrato sulla post catastrofe e non sulla prevenzione della catastrofe che non paga in termini di consenso elettorale. Da tempo vige il concetto che si pensa più a quello che si costruisce che al dove lo si costruisce…

Rimane poi l’ulteriore interrogativo sul perché l’ufficio protezione civile del comune di Napoli ha sentito la necessità di bandire una gara per riscrivere i piani di evacuazione. Sono decenni che si pianifica. A marzo 2023 è stato riproposto pure un - aggiornamento della pianificazione di emergenza a fini dell’evacuazione cautelativa della popolazione dalla zona rossa dei Campi Flegrei – elaborato da ACaMIR. Ora il Comune di Napoli rimette tutto in discussione: perché?

Pragmaticamente, a fronte del lassismo nelle pratiche di prevenzione territoriali, le cosiddette autorità competenti si sono lanciate a peso morto sulla scienza, acchè tiri fuori dal cappello la panacea di tutte le emergenze vulcaniche: la previsione dell’evento, il vaccino capace di guarire dal virus della mancata prevenzione della catastrofe vulcanica. Purtroppo la scienza può solo tergiversare sulla capacità previsionale, esibendo una ingente strumentazione ubicata in tutta l’area occidentale di Napoli, tra l’altro un territorio sotto costante monitoraggio pure dei radar interferometrici satellitari. La precisione dei dati geofisici e geochimici è sicuramente importante, ma ancora di più sarebbero le soglie, i limiti oltre il quale è possibile dichiarare che il vulcano con quelle deformazioni, con quelle concentrazioni chimiche e con quei sussulti sismici, presenta dinamiche pre eruttive nel breve termine. Purtroppo le soglie non ci sono e saranno argomento che tratterà all’occorrenza in tutta fretta la commissione grandi rischi per il rischio vulcanico a porte rigorosamente chiuse, dopo aver sentito i portatori d'interessi a porte aperte...

I piani di evacuazione per un siffatto pericolo vulcanico, dovrebbero essere di semplice interpretazione ed esecuzione, partendo dal principio che anche il meno colto o il meno provveduto di mezzi elettronici fissi e portatili, sappia con una certa precisione cosa fare all’occorrenza. La dirigente del comune di Pozzuoli ha spiegato la bontà del sistema evacuativo comunale, chiarendo che per evacuare alla proclamazione dell’allarme, bisognerà aspettare il turno zonale orario. Nella fattispecie del discorso, accedendo al webgis sul portale del comune di Pozzuoli, si ottiene, inserendo via e numero civico, quando evacuare. Nell’esempio utilizzato dalla responsabile, è uscito la turnazione di allontanamento alla 29esima ora. Occorre precisare che per capire esattamente a che ora andarsene, giocoforza bisogna calcolare 29 ore contandole dopo le 12 ore dalla proclamazione dell’allarme… Ma in queste prime 12 ore è possibile andarsene gambe in spalla ?

                                                                      di Vincenzo Savarese

                                                             

 






lunedì 5 giugno 2023

Rischio vulcanico ai Campi Flegrei: si "gioca" al buio? di MalKo

La bocca del Vesuvio


Anche nel nostro democraticissimo Paese, nel merito del rischio eruttivo legato al Vesuvio e ai Campi Flegrei, non sono pochi quelli che si appellano agli utenti del web, affinché le informazioni che intendono reperire e riproporre online sul pericolo vulcanico, debbano essere solo quelle diffuse dalle istituzioni competenti.  In altre parole, è netta la sensazione che le notizie che devono circolare devono essere preferibilmente uni canale e soprattutto non devono stigmatizzare o criticare le strategie governative di tutela fin qui adottate. Queste ci sembrano  inoppugnabilmente  zoppe di prevenzione, e fragili operativamente parlando. Tant’è…  

Nei mesi un po’ “ballerini”, litosfericamente parlando, che precedettero il terremoto dell’Aquila del 6 aprile 2009, un tecnico dei laboratori di fisica del Gran Sasso, Giampaolo Giuliani, allarmò la popolazione profetizzando sulla base della concentrazione di radon che metodicamente misurava, l’arrivo di un sisma a forte intensità entro una settimana. La previsione creò apprensioni nella popolazione, e infastidì non poco la compagine governativa del fare. In quel periodo la protezione civile di Bertolaso, vero deus ex machina del governo Berlusconi, era impegnata e non poco anche su cose non attinenti calamità ed emergenze, come l’organizzazione del G8 alla Maddalena.

Dal centro romano, pensarono di acchetare le preoccupazioni degli aquilani inviando precipitosamente la commissione grandi rischi nel capoluogo abruzzese che, il 31 marzo del 2009, in un veloce e aperto consesso escluse che i frequenti sismi potessero precludere la strada a un terremoto a forte energia. Sembra che gli accademici arrivarono lì non tanto per indagare e valutare la pericolosità sismica, ma piuttosto per stroncare scientificamente e istituzionalmente Giuliani, reo di generare preoccupazioni che si traducevano in continui appelli del sindaco Cialente al dipartimento di Bertolaso, per ottenere  pareri se non istruzioni sul da farsiIl tecnico del centro di ricerca astroparticellare intanto, dopo la riunione degli esperti fu denunciato da Guido Bertolaso per procurato allarme.

La storia delle catastrofi sismiche ci ha consegnato all’indomani del terremoto dell’Aquila, una commissione grandi rischi, massima espressione scientifica del nostro Paese, letteralmente azzoppata. Del collegio facevano parte 6 luminari, che supportarono con mezze frasi e silenzi Bernardo De Bernardinis, il settimo della gita, vice capo dipartimento della protezione civile, che lasciò intendere la sera del 31 marzo 2009 in una conferenza stampa, quest'ultima forse vero obiettivo della missione, che non c’erano particolari motivi di allarme e che il perdurare della moderata sismicità avrebbe addirittura evitato l’accumulo di grosse e pericolose energie.  

Purtroppo, il terremoto, quello forte, nonostante le rassicurazioni si presentò il 6 aprile 2009 mietendo 309 vittime: all’Aquila andò di scena in una settimana la farsa e il dramma…  Nel libro “Tranquilli” di Alberto Orsini, è riportata la testimonianza dell’esperto dell’INGV, il dirigente di ricerca Marzocchi, che ebbe a dichiarare alcune cose importanti soprattutto se le si attualizzano:<< ancora oggi studiando quella sequenza sismica, ha ammesso, non riesco a vederci niente di differente rispetto a tante altre che ci sono state anche dopo e che non hanno portato a eventi come quelli dell’Aquila>>. Su un'altra domanda Marzocchi ammette: << purtroppo, impariamo molto solo dopo questi tipi di disastri. Un dovere etico è cercare di acquisire il maggior numero di informazioni quando succedono>>. Il ricercatore dell'INGV, è stato uno degli esperti che ha elaborato statistiche per assegnare percentuali probabilistiche alla tipologia eruttiva delle future eruzioni che verranno nel vesuviano e nel flegreo. In ultima analisi, da queste valutazioni si è poi giunti alla determinazione dell’eruzione di riferimento (media), e quindi alla vastità delle zone rosse attuali. 

Statistica stile eruttivo Campi Flegrei


Gli scienziati della commissione grandi rischi furono condannati per colpa consistita in negligenza, imprudenza e imperizia. Furono poi assolti negli altri due gradi di giudizio, ad eccezione di De Bernardinis, vero compagno B, che non riuscì a scrollarsi di dosso una condanna a due anni. Il solerte vice capo dipartimento infatti, fu giudicato colpevole perché in quei frangenti esercitava un ruolo operativo e non consultivo come quello degli scienziati. Il vice di Bertolaso fu ritenuto responsabile della fallace informazione, avendo i giudici trovato il nesso causale tra le sue rassicurazioni e i circa 30 decessi causati dal violento sisma. Il mondo scientifico allora, come dicevamo, avendo un ruolo prettamente consultivo, risultò a prescindere non colpevole, anche perché a posteriori si confutò che non c’era il carteggio necessario per classificare quella riunione come un reale consesso della commissione grandi rischi. Una commissione fasulla insomma… che tra l'altro dibattette a porte aperte mentre per le decisioni occorrono le porte chiuse, come ci ha ricordato due anni fa il referente attuale della commissione grandi rischi per il rischio vulcanico, vantando nell’intervista anche l’imparzialità del consesso scientifico... 

Dal 2009 in poi,  la stampa e i media in generale, si schierarono prevalentemente contro il tribunale dell’Aquila, per aver condannato la commissione grandi rischi, rea secondo i togati, di aver fornito imprecise, incomplete e contraddittorie informazioni sulla pericolosità dell'attività sismica. Le parole d’ordine dei supporters della commissione furono sempre le stesse: non si prevede un terremoto e non si attacca la scienza come si fece con Galilei… In realtà il contendere sorse proprio sulla inoppugnabile verità che i terremoti non si prevedono: ma a furor di logica vale anche il concetto che non si possono escludere.

In alcuni procedimenti civili tenutisi nelle aule di giustizia dell'Aquila, una giudice dichiarò corresponsabili 24 vittime del terremoto che usarono una condotta ritenuta irresponsabile, attardandosi a permanere nelle abitazioni dopo un paio di scosse più intense del solito. La Presidenza del Consiglio dei ministri in tutti i casi e di contro, è stata chiamata a risarcire i familiari di alcune decine di caduti, perché queste rinunciarono a mantenere abitudini prudenziali, in ragione delle rassicurazioni che furono improvvidamente date nella conferenza stampa del 31 marzo 2009.

C’è da chiedersi, in caso di catastrofe vulcanica e a proposito dei risarcimenti, che pesi e che misure verrebbero presi per il vesuviano e il flegreo sulle costruzioni difformi o abusive, anche alla luce dei fatti dell’Aquila e aggiungiamo di Ischia. Per il Vesuvio e come più volte abbiamo ricordato, c’è un’apposita legge (L. Reg. Campania 21/2003) che classifica la zona rossa come ad alta pericolosità vulcanica, e che vieta in questo perimetro la costruzione di fabbricati ad uso abitativo, così come ogni altro intervento sull’edificato capace di aumentare il numero dei residenti nell’omonima plaga. All’interno della zona rossa flegrea invece, lo Stato incredibilmente pur classificando la caldera come zona ad alta pericolosità vulcanica, non ha imposto divieti all’urbanizzazione, e quindi all’aumento del numero dei residenti. Quale futuribile giustizia civile nelle zone rosse?

Nei Campi Flegrei i cittadini preoccupati dal potenziale rischio eruttivo, dal bradisismo e dai sismi che in parte ne derivano, sono stati rassicurati in qualche misura dalla compagine operativa del dipartimento della protezione civile, così come dall’omologo ufficio regionale. I due uffici infatti, hanno escluso qualsiasi evacuazione - con eruzione alle spalle – dando così per certa la previsione dell’eventuale evento vulcanico in tempo utile per mettersi in salvo. Alla stregua dei fatti dell'Aquila, tali rassicurazioni in quanto operative e in analogia a quelle profferite quattordici anni fa da De Bernardinis, sono valutabili probabilmente pure sotto vari profili se dovessero malauguratamente rivelarsi fallaci. 

Comitato Operativo Protezione Civile - Roma -


La situazione nei Campi Flegrei è complessa, e in assenza di fattori deterministici, tutte le opzioni e le tesi legate al rischio vulcanico hanno diritto di accreditamento. Da un certo punto di vista tecnico, sussiste la necessità di lavorare anche sull'incertezza accorpando le varie ipotesi possibili. Quindi, in assenza di previsioni matematicamente inconfutabili, dobbiamo supporre tre possibilità di accadimenti nel merito del rischio vulcanico, almeno fino a quando non ci saranno congetture che lasciano prevalere una ipotesi sull’altra. Gli eventi sono allora così suddivisibili: 

  1. Abbiamo una probabilità del 33,33 % che nel flegreo venga diramato un falso allarme eruttivo. 
  2. Abbiamo una probabilità del 33,33 % che nel flegreo venga diramato con successo un allarme eruttivo in linea con i tempi necessari all’evacuazione. 
  3. Abbiamo una percentuale del 33,33% che nel flegreo si possa assistere a un mancato   allarme o più verosimilmente a un tardivo allarme eruttivo.

Possiamo riassumere generalizzando, che abbiamo il 66,66 % di probabilità di non essere coinvolti direttamente in un'eruzione, ma in una procedura evacuativa sì. Il Dipartimento della protezione civile invece, questa percentuale a torto o a ragione l'ha innalzata a valori prossimi al 100%.  

Prendendo in considerazione la terza ipotesi comprensiva del tardivo allarme, dobbiamo tener presente. a voler rimanere nel campo aritmetico, che siffatta eventualità, teoricamente,  comporterebbe un grave deficit quantificabile nell'esposizione involontaria di circa 8000 cittadini per ogni ora di ritardo evacuativo sulle 72 ore previste. Una soglia, questa dei tre giorni, che gli strateghi hanno calcolato analizzando i flussi di traffico dimensionati alla viabilità attuale. I piani di evacuazione ci sembrano assemblati con fragilità operative, come quelle che assegnano un orario per evacuare in auto o un orario per essere recuperati nelle aree di attesa da navette dicono comunali. Problema questo dell'evacuazione su appuntamento, che se non venisse rispettato all'occorrenza,  farebbe ricadere la responsabilità di un eventuale insuccesso evacuativo sulle spalle degli  evacuabili, e non sul sistema appunto aritmetico messo in campo puntando sulla certezza della non eruzione e della non percepibilità dei prodromi pre eruttivi. 

Criticità sono pure la mancata individuazione della zona rossa 2, così come la decisione di evacuare dal puteolano in direzione del centro di Napoli ci sembra azzardata, perchè la soluzione individuata richiederebbe ancora una volta la certezza della persistenza di una quiete vulcanica. Il successo del piano di evacuazione riteniamo che sarà sicuramente subordinato nella sua esecuzione, alla percezione da parte della popolazione dei prodromi pre eruttivi: se questi dovessero incalzare scoppierebbe il panico incontrollabile; se la popolazione riceverebbe l'ordine di evacuare ma senza che nulla verrebbe percepito dai sensi, l'allontanamento dal flegreo avverrebbe certamente con apprensione, ma sostanzialmente in una condizione moderatamente caotica ma forse gestibile…

Per il futuro sarà necessario forse mantenere vigile l’attenzione sul connubio  tra il mondo della scienza e la politica per non ripetere gli errori dell’Aquila: se la commissione grandi rischi si riunisce per decidere sulla protezione dei cittadini, assicuratevi in prima battuta che il numero degli accademici è legale e che gli atti cartacei siano in regola con timbri e firme. Il verbale va stilato al termine della riunione e non dopo l'evento calamitoso. Un ulteriore insegnamento ci proviene dai ruoli: rimanendo ai Campi Flegrei e al Vesuvio, l'osservatorio vesuviano, ente scientifico e di sorveglianza vulcanica, può esprimere pareri non vincolanti sulla pericolosità. Gli organi di protezione civile invece, e soprattutto il dipartimento della protezione civile, atteso che l'emergenza vulcanica come i piani di emergenza sono stati considerati di interesse nazionale, hanno piena responsabilità su quello che dicono e dispongono. I limiti di competenza li ha stabiliti con le sentenze la corte d'appello e di cassazione, lì all'Aquila... 

Marzocchi ha espresso il parere che le grandi catastrofi insegnano: nei Campi Flegrei l'ultima grande eruzione è anteriore al modesto evento del 1538: indi, valutati i tempi ultra secolari, nel flegreo si gioca e si decide al buio...

                                                               di Vincenzo Savarese
                                                             







domenica 16 gennaio 2022

Rischio vulcanico ai campi Flegrei: IT-Alert... di Malko

 

Anfiteatro di Pozzuoli

L’apprensione a fronte della scossa sismica di magnitudo 2.3 Richter, avvenuta alle 20.37 del 06/01/2022 e altre successive di minore intensità verificatesi nei Campi Flegrei, ha lasciato apprensione tra la popolazione che ha avvertito distintamente alcuni di questi sussulti. Va da sé che in un’area ad alta pericolosità vulcanica dove vige l’allerta gialla (attenzione), i cittadini dopo ogni scossa percepita dai sensi, si chiedono se il pericolo dettato dal sottosuolo vulcanico abbia raggiunto una soglia tale da suggerire un allontanamento preventivo.

Il sindaco di Pozzuoli ha battuto un post dove sostanzialmente accenna al fatto che condivide ansie e preoccupazioni dei concittadini, precisando alcune cose: <<Il terremoto di ieri delle 20:37 rientra in una fase di ripresa di attività del bradisismo che sta in questo momento proseguendo il suo corso… Secondo l’Osservatorio Vesuviano la velocità con cui il Rione Terra e la zona del porto si stanno sollevando è mediamente di circa 12 centimetri all'anno, una velocità raddoppiata rispetto a quella che abbiamo avuto dal 2018 alla metà del 2020… Tra le carte che ho in mano per giocare questa difficile partita, non ho un asso nella manica che mi consenta di eliminare alla radice il problema…So che questo stato di cose potrà proseguire anche nei mesi e negli anni a venire e da questo devo realisticamente partire. Quello che quindi posso fare, e vi assicuro che lo sto facendo con la massima determinazione, è tutto il possibile affinché non siamo colti di sorpresa da qualsiasi tipo di situazione difficile… Non intendo in questo messaggio farvi l’elenco delle iniziative che, su mia richiesta e indicazione, si stanno portando avanti per essere vicini alle esigenze dei cittadini e per essere in grado di fronteggiare qualsiasi situazione ci si possa presentare davanti. Lo farò però a breve perché giustamente molti di voi desiderano essere informati in modo puntuale su questo>>.

La nota del primo cittadino è sicuramente una professione di intenzioni, anche perché nei Campi Flegrei è impossibile carpire elementi di certezza utili per azzardare un pronostico sull’evoluzione del rischio eruttivo che pure c’è.  Se il sindaco puteolano avesse promesso a breve un divieto a rilasciare licenze edilizie nel suo territorio ad altissimo rischio vulcanico, avrebbe dimostrato quel realismo da cui partire, tentando in prima battuta di porre freno a una situazione di pericolo crescente, per il duplice aumento del valore esposto e del pericolo eruttivo legato al bradisismo. Purtroppo neanche a mettersi col decimetro in mano si riesce a monitorare in chiave preventiva l’evoluzione del pericolo che cresce coi millimetri d'innalzamento, perché potrebbero essere cambiate le condizioni a cui richiamarsi per comparazione: una replica dei fenomeni di unrest degli anni ’80 con uguale epilogo benevolo non è garantita.

Quale sia l’origine della misurata ma non rara sismicità che si osserva nella caldera flegrea, rimane a tutt’oggi oggetto di studio e di interpretazione scientifica. Tra le tesi più accreditate c’è quella dell’acqua che circola e si surriscalda facilmente in un sottosuolo naturalmente fratturato (caldera) e interessato da intrusioni magmatiche.

Questi corpi intrusivi riscaldano gli acquiferi innescando quella forza motrice capace di far circolare l’acqua mista a vapore nei primi chilometri crostali interessati da rigonfiamenti dei suoli e da fenomeni di chimismo. Gli scienziati propendono nell’ascesa del magma come la causa principale del bradisismo, di contro altri ritengono il meccanismo legato prevalentemente all’acqua calda e al vapore surriscaldato. In entrambi i casi pare abbastanza assodato la presenza di un corpo caldo a pochi chilometri di profondità che produce conduzione e convezione nelle masse solide e liquide promiscue. Più aumenta il bradisismo, più dovrebbero accentuarsi i fenomeni sismici. In queste condizioni si può giungere pure a un’esplosione freatica imponderabile dal punto di vista delle conseguenze sugli equilibri interni.

Quello che non si spiega bene in questo meccanismo d’innalzamento del terreno, è la fase bradisismica discendente che si sposa male con il fenomeno fisico del corpo intrusivo. Quindi un ruolo importante dovrebbero giocarlo i fluidi. Ovviamente gli scenari potrebbero cambiare se arrivasse nuovo magma dagli accumuli più profondi: l’osservatorio vesuviano però, assumendosi una grande responsabilità, in un pubblico dibattito ha lasciato intendere di avere la tecnologia giusta per cogliere gli eventuali movimenti del magma verso la superficie.

Se la situazione geologica ai Campi Flegrei e al Vesuvio è da una, nessuna o centomila interpretazioni, va da sé che le rassicurazioni filo governative su questo memorabile rischio, possono avvalersi esclusivamente della rete di sorveglianza con operatore che valuta i valori geofisici e geochimici che arrivano in continuo dalla rete di monitoraggio. Gli strumenti esprimono parametri numerici precisissimi: una vera fotografia del momento secondo dopo secondo, ma senza un acino nè di previsione e neanche di tendenza. Le misure quindi si offrono all'interpretazione che va nella sola direzione della probabilità eruttiva.

La probabilità però, è un fattore da maneggiare con estrema cautela, perché per sua natura non offre soluzioni deterministiche anche se sugli scenari eruttivi il metro di misura utilizzato è stata proprio statistico: valga per tutti il caso del Vesuvio, dove l’eruzione pliniana non è stata contemplata nel calcolo delle probabilità di accadimento, e quindi questa tipologia eruttiva è stata totalmente esclusa dai piani di emergenza.

Certi limiti li conoscono bene i decisori tecnici, e scientifici e governativi chiamati a consulto, tant’è che nella recente circolare a cura della presidenza del consiglio dei ministri, viene ribadito che: nella diramazione di allarmi rivolti alla popolazione, bisogna tener ben presente i limiti delle attività di valutazione e decisionali. In particolare, è opportuno dare conto dei limiti scientifici delle previsioni probabilistiche; della latenza, incertezza e/o indisponibilità dei dati, delle misure e delle informazioni; del possibile malfunzionamento e/o disfunzionalità degli apparati e delle reti; del margine di errore derivante dall’imprescindibile discrezionalità delle attività di valutazione e decisionali.

In altre parole bisogna tenere in debito conto gli errori probabilistici e gli errori di valutazione della situazione da parte dei decisori nei momenti clou, in cui devono diramare allerte  nel nostro caso vulcaniche, per attivare e sollecitare l’autoprotezione dei cittadini. Per i Campi Flegrei, il sistema di allerta è basato sui colori e le fasi di autoprotezione sono racchiuse nella fase operativa di preallarme e allarme. Gli errori probabilistici e valutativi possono incidere sui tempi di attesa eruzione, il cui margine superiore e inferiore è rappresentato dal falso allarme e dal mancato allarme.

Livelli di allerta vulcanica

D’altra parte è bene che si acquisisca con contezza il concetto di autoprotezione: all’occorrenza non c’è un’entità esterna alla zona rossa che viene a soccorrere i cittadini magari con ambulanze ed elicotteri. La popolazione è parte attiva nel sistema di protezione civile, e alla medesima è demandato il compito di comportarsi in emergenza secondo le modalità stabilite dal piano di evacuazione, senza improvvisazione e senza lacune conoscitive. Chiunque in caso di emergenza riterrà di sottrarsi alle regole di autoprotezione stabilite dalle autorità competenti (Stato, Regione e Comune), rappresenterà una minaccia per tutta la comunità. Anche se siamo molto critici sulla funzionalità del piano di evacuazione redatto per i Campi Flegrei, finché non ci sarà una revisione occorre rispettarne tutti i contenuti: nei manuali si dice spesso che la cosa peggiore non è non avere un piano di emergenza, bensì averne due. 

Nel discorso complessivo legato alla sicurezza, il dato più sconfortante è quello che non ci sono in cantiere progetti e politiche di prevenzione della catastrofe vulcanica. Il decentramento abitativo dalle aree ardenti, e il miglioramento delle vie di comunicazione, rimangono lo strumento principale per mitigare il rischio vulcanico: argomenti che non sembrano però ricadere nell’agenda politica delle cosiddette autorità competenti.

Come novità nel campo delle iniziative, c’è quello del sistema IT-Alert di allarme pubblico, che può diramare messaggi attraverso canali di comunicazione istantanei «cell broadcast», gestito in autonomia da ciascun operatore nazionale di telefonia mobile, con messaggi ricevibili dalla popolazione direttamente sui telefoni cellulari, smartphone, tablet. Ovviamente se entrerà in vigore tra qualche anno questo sistema che consentirà di allertare selettivamente la popolazione delle zone rosse, compresi i cittadini in transito, sarà il dipartimento della protezione civile a stabilire i contenuti e le condizioni per la diffusione del messaggio di allertamento. Ai livelli di allerta codificati nei piani di emergenza, corrisponde infatti una fase operativa sfociante all’occorrenza, nell'allontanamento volontario (preallarme),se non nell'allarme, dove ai cittadini che ancora permangono nella zona rossa e ai soccorritori, è fatto obbligo di abbandonare l'area senza indugi.