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mercoledì 26 febbraio 2025

Rischio vulcanico ai Campi Flegrei: il bradisismo e la radice magmatica.. di MalKo

 

Il Golfo di Pozzuoli visto da Monte Nuovo.


I Campi Flegrei continuano a preoccupare i cinquecentomila cittadini che negli anni si sono insediati nella turbolenta caldera. La vita qui procede tra uno sciame sismico e l’altro, e la maggior parte dei puteolani vorrebbe certezze per poter decidere come vivere e dove vivere, senza subire il condizionamento delle possenti forze endogene che sembrano però, almeno e fino ad adesso, che si manifestino più per avvisare che per distruggere.

Il 18 febbraio 2025 presso le strutture comunali di Pozzuoli si è tenuto un dibattito pubblico sul bradisismo. Il direttore dell’osservatorio vesuviano ha aperto il confronto con una premessa tendente a sottolineare pure l’impegno indefesso del personale INGV ubicato negli uffici di Bagnoli. Un’attività di sorveglianza strumentale, precisa il dirigente, che si sviluppa anche nella parte calderica sottomarina che ha dinamiche simili a quella terrestre. Il sindaco di Pozzuoli invece, incalzato dai partecipanti, a un certo punto  ha sbottato chiamando in causa l’inerzia delle istituzioni che per quarant’anni non hanno fatto niente: osservatorio vesuviano compreso…

Il nuovo capo dipartimento della protezione civile ha tentato di mantenere il dibattito a un livello accettabile, riferendo in un impeto di verità e sotto la spinta incalzante di una domanda, che se i terremoti dovessero arrivare o superare la soglia del 5° Richter, cadono i palazzi e conto i morti: funziona così!

L’assessore alla protezione civile del comune di Napoli invece, successivamente e a proposito del bradisismo, ha dichiarato che:<< la natura del problema è una degassificazione della massa di magma. Questa massa è ferma ma c’è un gas che sale e spinge, questa è la genesi del bradisismo che esiste da molte migliaia di anni>>.  Se l’assessore ci assicura che il magma è fermo, l’osservatorio vesuviano da tempo ribadisce che grazie alle strumentazioni multi parametriche disseminate nella caldera a mare e in terra, ai loro strumenti non sfuggirebbe una eventuale ascesa del magma, consentendo così di allertare per tempo il dipartimento della protezione civile...

Notizie rassicuranti... d’altra parte invece, occorre aggiungere che nessuno è in grado di sancire con certezza quale sia la genesi del bradisismo, anche se il fenomeno in modo diretto o indiretto è inequivocabilmente legato alla presenza del magma nel sottosuolo, che forse, e per la parte intrusiva, sembra che giaccia a pochi chilometri di profondità. Secondo teorie che vanno per la maggiore, da questo ammasso rovente vengono rilasciate enormi quantità di gas, che diffondono calore attraversando gli acquiferi che si trasformano in vapore surriscaldato, producendo rigonfiamenti crostali fino ai limiti di rottura degli ammassi litoidi sovrastanti, generando così terremoti. 

Zona bradisismica e zona bradisismica ristretta (colore lilla).

L’incertezza c’è, perché in assenza di teorie deterministiche non si può escludere che il magma invece di trovarsi in una condizione statica si muova, magari periodicamente, magari lentamente e compulsivamente per effetto degli attriti, in tutti i casi spaccando e fessurando gli strati rocciosi, favorendo così il rilascio di calore per irraggiamento e convezione, generando nelle interfacce tra fluidi e rocce fuse sovrappressioni importanti. Non si può neanche escludere una via di mezzo tra le due teorie che prevedono un magma statico  ma a tratti anche dinamico. 

In sintesi, l’incertezza scientifica circa le cause del bradisismo nei Campi Flegrei continua ad essere tale: un po’ più certa invece, è la constatazione che i tempi d’intervallo tra una crisi bradisismica e l’atra sembra si siano accorciati. Gli ipocentri dei terremoti rimangono superficiali e racchiusi in un ambito calderico puteolano e poco oltre, così come le emanazioni gassose lasciano registrare portate volumetriche più da vulcano attivo che quiescente. Quanto possano essere preoccupanti questi segnali d’irrequietezza del vulcano, ce lo potrà dire solo la commissione grandi rischi.

In assenza di uno studio che metta fine alle perplessità scientifiche, dovrà essere compito precipuo delle maestranze istituzionali, lavorare in termini di prevenzione sui pericoli insiti in questo territorio, senza affezionarsi a quello sismico sminuendo quello vulcanico magari perchè portatore di deterrenza all'edilizia residenziale. Ricordiamo la profonda differenza che sussiste tra i due pericoli entrambi di origine naturale. Quello sismico comporta all’occorrenza l’allontanamento di poche decine di metri dal fabbricato per mettersi al sicuro: una misura prudenziale soprattutto se lo stabile non è integro o antisismico.  Per il pericolo vulcanico invece, è necessario allontanarsi dalla zona rossa flegrea a prescindere dalla resistenza strutturale dei palazzi, delle ville, delle abitazioni, che rimane un dato totalmente ininfluente.

Anche sui tempi di comparsa del pericolo c’è differenza: quello sismico ancorchè imprevedibile è di subitanea percezione fisica. Il pericolo vulcanico invece, nella sua forma massima dettata dall’innalzamento della colonna eruttiva, è un evento che forse e auspicabilmente potrebbe essere previsto ore prima dal centro di monitoraggio preposto a vagliare tutti i sintomi preeruttivi. L'analisi dei dati verrebbero condivisi con la commissione grandi rischi, che dovrà all'occorrenza esprimere un parere finale sull'allerta vulcanica. L’allarme in tutti i casi potrà essere diramato solo dalla presidenza del consiglio dei ministri.

Alla fine parliamo di due condizioni di rischio, quello sismico e quello vulcanico, a cui si aggiunge il pericolo insidioso delle eruzioni freatiche che potrebbero accompagnarsi a notevoli emissioni gassose che pure non vanno sottovalutate. Ci si può sottrarre definitivamente da questi rischi potenziali, solo andando a risiedere fuori dalla zona rossa dei Campi Flegrei. Con questi presupposti, francamente le politiche di resilienza gridate a vessillo di autodeterminazione del popolo puteolano, sono di difficile comprensione, diremmo di non senso, perché dei fenomeni che stiamo discutendo non v'è alcun indice di durata conosciuto. Quindi non si tratta di resistere qualche anno, bensì per chissà quante generazioni. D’altro canto sono gli stessi esperti che, discutendo del bradisismo, lo definiscono un fenomeno ultra millenario… Allora quella sulla resilienza è una propaganda non innocua, perché questo pourparler potrebbe non fare gli interessi delle popolazioni esposte, ma neanche di quelle future, visto che erediteranno manufatti e bel panorama, ma con tanto di rischio annesso.

C'è poi l'idea avanzata dall’intergruppo Sviluppo Sud, Aree Fragili e Isole Minori, di utilizzare il patrimonio edilizio dell'entroterra campano che, per una serie di motivi è stato abbandonato, e che secondo le loro valutazioni può essere utilmente riutilizzato dai cittadini che all'occorrenza devono evacuare i territori vulcanici napoletani. Occorre dire nel merito, che se certi territori si sono spopolati sicuramente la motivazione dovrebbe essere ricercata nella mancanza di servizi, di lavoro e di moderni ed efficaci sistemi di collegamento ferroviario e viario senza contare la denatalità incalzante. E poi queste dimore come verrebbero assegnate e a che titolo agli evacuati: comodato d'uso? Vendita? Affitto? E chi dovrebbe provvedere intanto alla loro manutenzione e riqualificazione  antisismica straordinaria e periodica? Lo Stato non può assegnare strutture fatiscenti e vulnerabili sismicamente o peggio ancora soggette a frane e alluvioni a cittadini in fuga dall'eruzione. E in linea di principio non può neanche assegnare una abitazione a chi una casa già ce l'ha... Diverso sarebbe il discorso post eruzione, ma siamo sicuri che in questo caso buona parte dei cittadini allontanati pretenderebbero una dimora a ridosso delle grandi città campane, col fine di rinascere dalla catastrofe.

Da un punto di vista tecnico, la criticità attuale della caldera flegrea è racchiusa negli intervalli delle crisi bradisismiche che sono sempre più brevi mentre i sismi più intensi e l'insieme è accompagnato da incertezza interpretativa sul rischio vulcanico. In prima battuta bisogna fare i conti con i terremoti proprio in ragione della loro frequenza. Per assicurare protezione, è possibile stanziarsi in via provvisoria in tende, roulotte o container possibilmente non particolarmente in vista per motivi di privacy. L’utilizzo di strutture temporanee che dovrebbero sorgere secondo alcune logiche fuori dalla zona bradisismica, risolverebbe in una certa misura il problema dell’incolumità fisica, senza che si occupino strutture di pubblica utilità come le scuole. A proposito delle scuole, sarà sempre il capo d'istituto a decidere l'eventuale abbandono dell'edificio scolastico susseguentemente a una scossa di terremoto. La percezione del pericolo infatti, è in capo a chi sta sul posto e ha un ruolo decisionale.

La qualificazione sismica di tutti i fabbricati a partire da quelli pubblici e strategici ubicati all'interno della zona bradisismica, potrebbe essere l’unica strada percorribile nella direzione della prevenzione strutturale di difesa dai terremoti. Purtroppo neanche il più nervato dei fabbricati, pubblico o privato o strategico che sia, ancorché ricco di acciaio e cemento,  può fronteggiare la minaccia vulcanica, che racchiude in sé fenomeni altamente distruttivi e incompatibili con la vita umana.


Nella circonferenza rossa la zona a rischio vulcanico. In quella celeste si circoscrive 
la zona a rischio bradisismico, in quella lilla la zona bradisismica ristretta.

Volendo fare un discorso completo e magari impopolare, occorre dire che nel puteolano si potrebbe concretizzare un paradosso, un caso limite, cioè di edifici destinatari di risorse economiche importanti, e quindi abbattuti e ricostruiti o ristrutturati e riqualificati e resi antisismici che, per manifesto pericolo vulcanico, dovrebbero essere immediatamente abbandonati per dare corso all'evacuazione dalla zona rossa. 

E allora questa premessa chiama in causa le responsabilità politiche, perché la riqualificazione antisismica degli edifici se avverrà a spese dello Stato, sarà merito di tutti gli italiani chiamati a collaborare per la parte economica attraverso le tasse. Allora il buon amministratore della cosa pubblica, non può consentire di abbattere un fabbricato nella zona bradisismica ristretta destinataria di 3 livelli d’intervento d'emergenza, per poi ricostruire il manufatto nei dintorni e in ogni caso in zona rossa, cioè  quell’area che può essere flagellata dai flussi e dalle ondate piroclastiche…

Se dovesse manifestarsi un’eruzione esplosiva, il comprensorio che ne subirebbe le conseguenze sarebbe ben più ampio del solo bacino bradisismico, addirittura  potrebbe essere minacciata la stessa città di Napoli, quella storica, quella gialla, i cui contrafforti collinari di Posillipo potrebbero non essere sufficienti a proteggerla.

zona rossa e gialla Campi Flegrei


La possibilità che la prossima eruzione sia una fotocopia di quella che si manifestò nel 1538 con la nascita del Monte Nuovo, è una ipotesi in ogni caso non scevra da problematiche importanti, come quelle connesse all'applicazione del piano di evacuazione nella sua interezza, atteso che la zona è pesantemente urbanizzata. In tutti i casi, questa ipotesi sussurrata nei corridoi scientifici, non è una certezza asseverata da elementi probatori importanti, e quindi pur auspicandola nella peggiore delle ipotesi come male minore, non bisogna smettere di indicare l’intera caldera come settore a rischio. D’altra parte come più volte è stato detto, non si conosce neppure il punto eruttivo della futura eruzione, e neanche se la bocca sarà una sola.

Nel frattempo la politica dovrebbe perseguire il perseguibile, mettendo a punto i piani di emergenza e di evacuazione con profondo senso pratico tenendo in debito conto quelli che potrebbero essere i comportamenti delle persone a fronte di allarmi vulcanici, bradisismici, sismici, da eruzioni freatiche e da rilascio massivo di gas magmatici. Poi, un'evacuazione con l’eruzione alle spalle fu seccamente esclusa dal dipartimento della protezione civile. Purtuttavia una siffatta condizione è una probabilità remota ma non fantascientifica da valutare attentamente...

                                                                     di Vincenzo Savarese





mercoledì 21 agosto 2024

Rischio vulcanico ai Campi Flegrei: siamo solo all'inizio... di Malko

Pozzuoli. Rione Terra

 

             

Il pensiero della commissione grandi rischi, riunitasi alcune settimane fa su invito del dipartimento della protezione civile, è quello che nella zona rossa dei Campi Flegrei, ovvero quella ad alta pericolosità vulcanica, l'allerta codificata per il momento rimane sui livelli di attenzione (gialla).

Per le zone bradisismiche invece (figura in basso), soggette a sollevamento dei suoli quale conseguenza del vulcanesimo locale che induce sismicità a volte incalzante con ipocentri poco profondi, non si utilizzano colori per classificare lo stato di pericolosità zonale, perché questo dipende da molti fattori anche imponderabili in via preventiva, come la magnitudo e la profondità ipocentrale dei terremoti. I sismi sopraggiungono improvvisi abbattendosi su fabbricati di diversissima fattura costruttiva, e quindi con una risposta statica e dinamica alle sollecitazioni crostali molto differente. A evento sismico avvenuto, si andrebbero a valutare gli eventuali danni subiti dall’edificato, dalle infrastrutture e dai sottoservizi nell’area colpita, classificando le criticità secondo una scala crescente da 1 a 3.



Probabilmente sarà proprio la notevole fratturazione degli ammassi litoidi che caratterizzano i primi chilometri di profondità della caldera flegrea, ad evitare accumuli di energia oltre misura. In ogni caso trattasi di una considerazione non deterministica, che può essere di minimo  conforto solo per chi vive in fabbricati robusti o antisismici, e che ad oggi non hanno presentato cenni di cedimento statico, nonostante le numerose sollecitazioni bradisismiche e sismiche.

Per coloro che dimorano in alloggi strutturalmente fatiscenti invece, occorre che tengano in debita considerazione anche livelli di sismicità modesti.  La magnitudo massima che potrebbe colpire le zone soggette al bradisismo, per le ragioni addotte in precedenza, difficilmente dovrebbe assurgere a livelli catastrofici; purtuttavia a fare la differenza è la bassa profondità degli ipocentri, che renderebbe temibile qualsiasi sussulto crostale. Quindi, ai Campi Flegrei non ci sono consolidate e definitive conclusioni geologiche da offrire al pubblico, tanto per il fenomeno del bradisismo quanto per i terremoti e per la pericolosità vulcanica in tutte le sue forme. Quest’area geografica è sede di rischi naturali, e anche se la crisi bradisismica attuale dovesse scemare o concludersi come del resto è successo pure nel recente passato, non è difficile ipotizzare che il fenomeno si ripresenterebbe col tempo, portando seco gli stessi fenomeni bradisismici e sismici con il pericolo vulcanico tra l’altro, permanentemente immanente.

Le popolazioni flegree cercano dai dettami della scienza e della tecnica, ma soprattutto dalla politica, elementi utili per corroborare la loro volontà di resilienza. Generalizzando, il cinismo o la sprovvedutezza  degli amministratori locali e regionali, che hanno negli anni consentito la nascita della calderopoli flegrea, si è rivelato un danno in termini di vivibilità non solo per la comunità  attuale, ma anche per i posteri. Questi ultimi tra l’altro, non hanno la possibilità di votare come gli italiani all’estero, e quindi, sono meri destinatari delle decisioni popolari o impopolari del nostro tempo.

Nei Campi Flegrei, a fronte dei multiformi pericoli naturali insiti nel vulcanesimo dell’area, sussiste un overbooking edilizio che espone a tutt’oggi gli oltre 500.000 residenti a un rischio serio ancorchè non limitato temporalmente, neanche col passare di decine di generazioni. Se l’antica cittadina romana di Baia era meta ambita dalle famiglie in vista dell’Urbe, ebbene ora l’abitato coi suoi peristili e mura e mosaici è sott'acqua. Questo vuol dire che nonostante siano passati decine di secoli, il fenomeno vulcanico è sempre in auge, e quindi nessuno può escludere che la Baia romana magari risorga dal mare nel corso degli anni... Il comprensorio ardente potrebbe essere dichiarato vulcanicamente estinto, se da qui all’anno 11.538 non dovesse verificarsi alcuna eruzione…

Come si vede dalla cartina sottostante, le due zone bradisismiche, quelle a colori celeste e viola, ricadono interamente all’interno della caldera flegrea, e quindi nella zona rossa ad elevato rischio vulcanico, occupando addirittura un posto centrale. Questo significa che in tutti i casi i settori bradisismici, fanno parte del più vasto distretto dove il rischio vulcanico è una costante e non una variabile ancorchè residuale del territorio.



Con queste premesse di multirischio infra calderico, non si capisce di quale resilienza parlano gli amministratori locali. Ogni  nuova casa che si aggiunge alla conurbazione esistente, comporta un aumento del rischio e una rendita negativa per lo Stato, ma soprattutto è un lascito ereditario ai posteri fatto di pericoli, incertezze del quotidiano, con la minaccia eruttiva che incombe a permanenza su proprietà e vite umane, a prescindere dalla qualità antisismica delle costruzioni che non incidono sulla sopravvivenza da eruzione esplosiva.

L’antropizzazione serrata della caldera flegrea, ha portato quest’area ad essere tra le più pericolose del mondo, alla stregua del distretto vulcanico vesuviano che non è da meno. Al Vesuvio, sono oltre venti anni che vige la legge regionale 21/2003, che vieta qualsiasi realizzazione di opere edilizie di taglio residenziale, anche se di recente gli stessi uffici regionali pertinenti per la programmazione urbanistica, pare che vogliano aprire spiragli per ridimensionare i divieti tuttora vigenti nella zona rossa Vesuvio.  

Il dato che ci sembra emergere a proposito della mancata prevenzione della catastrofe vulcanica, è quello di un mondo politico, generalizzando, miope o disattento. Un j’accuse che bisogna forse estenderlo pure al mondo scientifico, che poteva fare meglio la sua parte informativa, magari omettendo di lasciar trapelare a favore di telecamera, la quasi certezza della previsione del momento eruttivo, grazie a stazioni di monitoraggio multi parametriche, che in realtà ci sembra che siano multi strumenti ficcati all’interno di stazioni ubicate in vari punti della caldera flegrea. Certamente strumentazioni di buon livello tecnologico aiutano a monitorare il vulcano, ma non a garantire una previsione dell’eruzione che rimane ancora un procedimento “manuale” a cura della commissione grandi rischi e non dell’osservatorio vesuviano. Tra l’altro in una terra avvezza ai sommovimenti percepibili e visibili  addirittura a occhio nudo, coi fondali marini all'asciutto, con emanazioni gassose contate a tonnellate e deformazioni dei suoli decimetriche, un dato micrometrico sarebbe forse di difficile interpretazione previsionistica, soprattutto in assenza di dati pregressi preeruttivi…

Può darsi che non è stato neanche del tutto proficuo per la sicurezza, infondere l’idea che si possa monitorare con precisione l’ascesa del magma. Nel merito della previsione dell’evento vulcanico quindi, sembra che siamo ancora in una fase d’impasse, che forse andava sottolineata senza mitigazione, fornendo così elementi di deterrenza per quanti volevano sulla scorta della disinformazione, investire nel mattone nella calderopoli, 

Tra le tante cose da dire sull’argomento, c’è anche quella ad oggetto la pianificazione d’emergenza, che è nata su uno scenario eruttivo di riferimento di tipo sub pliniano dall’indice di esplosività vulcanica VEI4. Questo per dire che forse è stato ed è controproducente, che referenti scientifici istituzionali indichino l’eruzione tipo Montenuovo 1538, come quella attesa e più probabile. Innanzitutto perché ciò che si dice sullo stile eruttivo della futura eruzione è un pourparler tendente alla rassicurazione ma senza l’onere della responsabilità dell’affermazione. E lo si dice in presenza di una pianificazione VEI4, dalla quale sono derivati i limiti territoriali della zona rossa vulcanica, che comprende totalmente tutta l'area calderica. Bisognerebbe quindi evitare tutte quelle affermazioni che possono essere fuorvianti per l’opinione pubblica, anche perché non c’è un piano differenziato d’intervento basato sull’indice di esplosività vulcanica, che rimane, purtroppo, un dato appurabile solo dopo l’eruzione. Quindi, gli enti di monitoraggio si attengano ai fatti anche perché nei contratti di vigilanza e monitoraggio sussiste un certo dovere condivisibile o non condivisibile alla riservatezza, piuttosto che alle rassicurazioni. Se c’è da rassicurare rimandiamo l’onere a chi stabilisce le fasi operative e non i livelli di allerta. D’altra parte anche un’eruzione di bassa intensità rappresenta un problema serio se non si specifica il punto o i punti eruttivi dove possono presentarsi le dirompenze vulcaniche, che non è detto che debbano coincidere col punto di massimo sollevamento del suolo…

Un deputato pochi giorni fa ha avanzato la necessità di finanziare l’osservatorio vesuviano in modo da poter far assumere due tecnici e due ricercatori. Riteniamo che l’osservatorio vesuviano debba essere finanziato innanzitutto per spostare la sede di sorveglianza e ricerca fuori dalla zona rosse vulcanica e bradisismica dei Campi Flegrei, in modo da avere all’occorrenza e nei momenti topici, una struttura pienamente operativa e non impegnata a caricare i materassi sui camion.

Gli amministratori regionali della Campania, su input legislativo del Ministro della protezione civile, dovranno adottare strumenti legislativi assolutamente inibitori alla realizzazione di ulteriore edificato ad uso residenziale nell’area calderica dei Campi Flegrei.  In tempi brevi tra l’altro, per non rischiare la procedura di surroga da parte dello Stato. Ecco allora che questa importantissima iniziativa strutturale di prevenzione favorita dal Ministro, sta suscitando mugugni che si trasformeranno molto presto in serrato confronto, se non verranno trovate in sede regionale soluzioni, meglio dire escamotage, per estrapolare con alchimie amministrative almeno la spianata di Bagnoli dai vincoli inedificatori…

Già… la spianata di Bagnoli. Quelli bipartisan, generalizzando, studiano la mossa del cavallo in ambito regionale, e non è da escludere che faranno sentire la loro voce con tutte le armi disponibili, a iniziare dalla acclarata capacità tecnica di buttare giù super pilastri armati da poter essere utili addirittura al gigante Atlante nel sostentamento del suo fardello planetario. Gli astuti politici metropolitani e regionali, in sintonia con una certa componente politica nazionale d’estrazione campana,  da anni si coccolano la spianata di Bagnoli, specialmente ora che verrà finanziato a cura dello Stato, il risanamento ambientale dell’ex area industriale litorale compreso.

Con l’approssimarsi delle scadenze imposte dal decreto bis Campi Flegrei, che ha formalizzato la necessità di non costruire oltre nella zona rossa, è probabile che assisteremo a strenue battaglie politiche, popolari, sindacali, associative, laiche e religiose. Non è da escludere la formazione di un fronte di opposizione con bandiere e slogan anti governativi, che in barba a qualsiasi criterio di prevenzione del rischio vulcanico, chiederà che non sia frenato il piano di urbanizzazione di Bagnoli, comprendente pure appartamenti di pregio con vista mare. Per noi la migliore riconversione della spianata di Bagnoli è quella di destinarla ad  area strategica di protezione civile, con tanto di elisuperficie e di approdo rapido dei natanti veloci…

Tra le strutture che iniziano a sentirsi a disagio con le iniziative anti cemento del Ministro Musumeci, si annovera l’assessorato all’urbanistica regionale: ufficio mai depositario o ispiratore di iniziative volte alla prevenzione del rischio vulcanico. Siamo altresì sicuri che faranno sentire i loro borbottii pure taluni amministratori metropolitani, membri di rilievo del comitato partenoflegreo, in quanto particolarmente inclini a ritenere il rischio vulcanico neanche nominabile. Una legge anti cemento, piaccia o non piaccia invece, è l’unica misura di prevenzione seria per evitare il disastro vulcanico, anche in capo ai posteri, a cui non dobbiamo o non dovremmo tramandare un territorio trasformato in una calderopoli asfittica multirischio, la cui programmazione urbanistica è stata lasciata sotto varie forme in mano ai businessmen.

Pare che siano due parlamentari campani, quelli che hanno proposto lecitamente un emendamento al decreto Campi Flegrei bis, acchè la spianata di Bagnoli fosse estrapolata dai divieti di urbanizzazione. L’appello doveva essere rivolto alla natura e non a Musumeci, che non ha il potere di abolire i pericoli in modo puntiforme e per decreto… Del resto questa infelice proposta forse era nell’aria, come dimostra la prima cartina pubblicata sul web (in basso):  le zone bradisismiche stranamente aggirano la spianata di Bagnoli che non ha colorazioni di merito… 



La condizione per operare di prevenzione a fronte del pericolo vulcanico (P), è quella di tenere strutturalmente separato il valore esposto (VE), rappresentato dalla vita umana, a una distanza di sicurezza (d) dal distretto vulcanico che potrebbe dirompere con fenomeni molto pericolosi come le colate piroclastiche o eventi similari. Ecco: il limite della zona rossa vulcanica è dettato proprio dalle eruzioni passate e dai limiti di scorrimento dei flussi piroclastici rilevati sul campo dai geologi.

Il piano di evacuazione è una misura di ripiego dettata da due impossibilità: la prima è quella di spostare o ingabbiare il vulcano, cioè il pericolo; l’altra è quella di spostare dalla zona pericolosa e da subito gli oltre 500.000 abitanti della zona rossa flegrea per proteggerli preventivamente: il numero dei residenti è pari a quelli che si contano nella città di Genova…


Nella formula del rischio semplificata, è evidente che all’aumentare di uno dei due fattori (P e VE) il rischio aumenta. Se aumentano entrambi il rischio diventa insostenibile. In una tavola rotonda organizzata alla Regione Campania alcuni anni fa, presente il sistema di protezione civile, fu affermato che la pericolosità vulcanica non aumenta col passare dei secoli. Affermazione buttata lì per stroncare ogni critica che avanzavamo sull’operato del sistema in tema di prevenzione, quale disciplina che ritenevamo profondamente disattesa. Intanto e per inciso, le pubblicazioni scientifiche dicono tutt’altro sui tempi di quiescenza e sulla pericolosità vulcanica che aumenta... Continuando, in assenza di leggi anti cemento aumenta anche il valore esposto. Ne consegue che non potendo agire sul pericolo vulcanico, occorre concentrarsi necessariamente e strutturalmente sul valore esposto (residenti), che non deve più crescere numericamente, anzi deve diminuire col tempo, azzerandosi repentinamente nei momenti di estremo pericolo vulcanico, grazie a un piano di evacuazione susseguente la previsione d’evento, che al momento non è certa, pur essendo la chiave di volta attuale della sicurezza areale. Purtroppo e alla luce delle odierne conoscenze, la previsione d’eruzione potrà essere solo probabilistica e non deterministica. Ne consegue che non si potranno escludere  anche situazioni da falso allarme o peggio ancora di mancato allarme. Il mancato allarme è una probabilità catastrofica da evitare a ogni costo. Il falso allarme che in tutti i casi comprende l’evacuazione, sarebbe un problema, perché per dichiarare il cessato allarme poi, occorrerebbero tempi lungi di osservazione e monitoraggio geologico, fino a quando qualcuno non si assumerà la responsabilità del rientro dei cittadini nel flegreo. 

Nel 2003 il presidente regionale Antonio Bassolino, riuscì a far approvare la legge 21 che proibiva nella zona rossa Vesuvio, zona ad altissima pericolosità vulcanica, qualsiasi ulteriore urbanizzazione a scopo residenziale. Qualcuno ironizzò chiamando in causa anche la necessità allora di regolamentare le nascite...il mattacchione non calcolò che le morti superano le nascite. Qualcun altro chiamò in causa il TAR, per vedersi riconosciuto in ogni caso il diritto ad edificare in zona rossa, in forza del possesso di autorizzazioni e licenze antecedenti rispetto alla data d’instaurazione del divieto 21/2003. Il Tribunale regionale respinse questa tesi, perché nel momento in cui si appura un pericolo, questi prevale su qualsiasi retrodatazione degli atti amministrativi autorizzativi. Diversamente, sarebbe come dire faccio il pergolato con lastre di amianto perché ho l’autorizzazione a farlo con data antecedente ai disposti di legge che hanno sancito il pericolo cancerogeno del prodotto (asbesto)…

Il Ministro Musumeci si sta spendendo per arrivare a serie e logiche proposte di prevenzione del rischio vulcanico. Proibire la realizzazione di residenze nelle zone ad alta pericolosità vulcanica è una misura inoppugnabile di civiltà, che sarà riconosciuta da tutti, posteri compresi. Per quanto riguarda gli abusi edilizi perpetrati in area ad alta pericolosità vulcanica, abbiamo maturato l’idea che non dovrebbero essere condonati  perché il condono rende vendibile il manufatto, e con esso pure il fardello del rischio che dovrebbe  rimanere unicamente  in capo all’incauto costruttore.

                                                          di Vincenzo Savarese







lunedì 13 maggio 2024

Rischio vulcanico ai Campi Flegrei: sisma bonus o rivoluzione!... di MalKo

 

Pozzuoli: i traghetti trovano difficoltà a entrare in porto
per l'innalzamento dei fondali dovuti al bradisismo.

Nei Campi Flegrei il martello sismico generato dal bradisismo con valori di magnitudo fin qui rientranti in un range da basso a moderato, continua a destare perplessità tra la popolazione affastellata nella vibrante calderopoli flegrea, soprattutto nei tenimenti puteolani. Il motivo dell’apprensione collettiva è da ricercarsi sicuramente nei frequenti sommovimenti sismici, sovrastati però, dall’incertezza su quelli che potrebbero essere i futuri valori di magnitudo che si possono raggiungere nell’area calderica. La pericolosità di questo territorio bradisismico, centrale nella zona rossa flegrea, è soprattutto relativizzata al numero di cittadini esposti, e poi alla vulnerabilità dell'edificato esistente e alla superficialità degli ipocentri.

La geologia ardente e sotterranea è una materia da prendere con le molle, ma in tutti i casi gli esperti considerano improbabile che nei Campi Flegrei si manifestino fenomeni sismici con valori di magnitudo superiori al quinto grado Richter, tenendo presente che i sussulti che possono provocare danni importanti, dovrebbero superare questa soglia. La speranza che le energie che possono colpire nel futuro la zona bradisismica siano moderate, è riposta in profondità dove c’è il fronte plastico magmatico e negli strati crostali superficiali che sono fratturati. I due elementi si ritiene che non dovrebbero favorire accumuli di energia oltre misura rispetto a quelli storicamente registrati per l’area puteolana. Diversamente ci sarebbe di che preoccuparsi sulle dinamiche e gli equilibri che regolano il sottosuolo, anche da un punto di vista eruttivo. Le informazioni pervenuteci dagli archivi fin qui non annoverano negli ultimi secoli rovinosi crolli cagionati  dalla sismicità bradisismica, e nulla lascia pensare, almeno nella sfera delle probabilità, che le cose possano cambiare nel peggiore dei modi da qui innanzi. Ovviamente per chi dimora in edifici che stentano a sopportare il loro stesso peso o che sono maltenuti o minati nelle fondamenta al punto da presentare quadri fessurativi profondi, è bene che temano finanche il saltellio di un autotreno in una buca.

Nell’ultimo consesso informativo tenutosi il 6 maggio 2024 a Bacoli,  dedicato proprio all’informazione sul bradisismo, i rappresentanti delle istituzioni che compongono il sistema di protezione civile nazionale e regionale, nei loro interventi sono stati abbastanza precisi nel rappresentare ai convenuti la situazione geologica nella zona bradisismica, senza diffondere false certezze e neanche inutili aspettative, pesando le parole per evitare che i tribuni  locali gridassero all'allarmismo... 

Il summit è stato introdotto discorsivamente dalla premessa di base che i Campi Flegrei sono un distretto vulcanico, e il bradisismo è frutto diretto o indiretto del magma sottostante. Il rappresentante dell’INGV ha precisato che non ci sono ammassi magmatici nei primi tre - quattro chilometri, e che in tutti i casi stanno procedendo con le prospezioni e con l'analisi dei dati che richiedono tempo. Altri scienziati però, sostengono che il magma può assurgere direttamente dalle profondità senza avere alcuna necessità di formare prima una camera magmatica superficiale…

Che la zona rossa dei Campi Flegrei sia innanzitutto un’area sottoposta a rischio eruttivo dovrebbe essere di lapalissiana constatazione, eppure le amministrazioni locali titubano a precisarlo. Il motivo di fondo di questa amnesia discorsiva, potrebbe essere racchiuso in una certa strategia politica volta a dribblare l'affaire vulcanico con le sue logiche limitative sull'urbanizzazione. Meglio pubblicizzare e infervorare i cittadini sulla necessità di chiedere ad alta voce l'accesso a fondi pubblici per risanare i fabbricati privati attraverso il sisma bonus o altre agevolazioni fiscali.  Così, l'oratore di turno al di là del risultato finale, raccoglie comunque consensi e quindi preme per mettere faccia e cappello su queste pretese verbali di sicura presa popolare. Nessun amministratore del comitato partenoflegreo e nessun politico regionale e nazionale si è assunto l'onere di impegnarsi seriamente a procedere politicamente nella direzione di bloccare il rilascio di nuove licenze edilizie nella zona rossa flegrea. Quello che molti non capiscono, o che non vogliono capire, è il dato di fatto che se ancora s'innalzano palazzi nella caldera vulcanica, il rischio eruttivo, amministrativamente e scientificamente e tecnicamente e politicamente è come se non esistesse.

Purtroppo fortificare strutturalmente palazzi e palazzine, non è la panacea assoluta per garantirsi la resilienza sine die nell’ardente area geografica, così come la richiesta di risanamento di quei fabbricati fatiscenti bisognevoli di adeguamento antisismico strutturale e infrastrutturale, non può essere una misura generalizzata da estendere senza distinguo pure a palazzi divenuti fatiscenti per mancanza di manutenzione o peggio ancora per difformità costruttiva o per annosità esistenziale.

Il dato inconfutabile su cui gli amministratori pubblici dovrebbero riflettere, è quello che nell’area dei Campi Flegrei la vera potenziale catastrofe è racchiusa nel rischio vulcanico, e ogni aumento del numero di residenti comporta parimenti un aumento del rischio che potrebbe assurgere a un livello di inaccettabilità totale, stante i parametri della nostra civiltà occidentale. Per i numeri in gioco poi, già oggi è difficile salvaguardare la popolazione attraverso misure di evacuazione  massive, che necessitano, per ottenere un certo successo operativo, che si verifichi l'incastro di più variabili tanto scientifiche che tecniche. La prevenzione allora dovrebbe essere di fondamentale importanza, visto pure che la salvifica previsione è una disciplina ancora di taglio probabilistico, tra l’altro su fenomeni di cui non si ha nessuna esperienza diretta, soprattutto in termini di analisi dei prodromi pre eruttivi.

Per chi mira alla realizzazione di nuovo edificato rigorosamente antisismico pensando così di togliersi dal novero dei pericolanti puteolani, grazie alla realizzazione di strutture portanti orizzontali e verticali, robuste e spesse e infarcite di tondini d’acciaio rugato affogati nel cemento, deve rendersi conto che il passaggio di una colata piroclastica col suo dirompente potere distruttivo e le sue elevate temperature capaci di vaporizzare in un attimo la materia vivente, renderebbe impossibile la sopravvivenza, finanche in un bunker se munito di finestre. E nella zona rossa flegrea, il rischio principale sono appunto i flussi piroclastici e non il bradisismo, a prescindere dalle sorprese energetiche, che in ogni caso per quanto sismicamente potenti, non potrebbero colpire la integrità fisica di oltre mezzo milione di persone, cosa che invece potrebbe fare un’eruzione esplosiva in mancanza appunto di una previsione sicuramente utile, cioè deterministica. 

A rendere ulteriormente problematiche la resilienza nell'area calderica flegrea, sono pure le abbondanti emanazioni gassose provenienti dal sottosuolo, costituite prevalentemente oltre che dal vapore acqueo, anche dal biossido di carbonio e dall'idrogeno solforato. Questi gas, rispettivamente asfissianti e tossici, si diffondono soprattutto in aree come la Solfatara e Pisciarelli. D’altra parte la problematica storicamente era conosciuta in zona, dal fatto che gli uccelli che sfrecciavano sulla superficie del lago d’Averno (Pozzuoli), stramazzavano a causa dell’anidride carbonica respirata che ristagnava sulla superficie del lago. 

 

Pozzuoli: lago d'Averno


Generalmente per chi è vicino alle sorgenti emissive di un certo rilievo, potrebbe essere d'aiuto nei momenti topici, evitare di dormire al piano terra soprattutto con le finestre aperte. Occorre pure precauzione frequentando locali sotto il piano stradale: l’anidride carbonica e l’idrogeno solforato infatti, sono più pesanti dell’aria, anche se col calore diminuiscono la loro densità galleggiando. In ogni caso misure di prevenzione dovranno essere emanate esclusivamente dagli organi di protezione civile, che potrebbero nel merito segnare sulla carta tematica, come hanno fatto col bradisismo, le potenziali zone a maggior rischio condividendo le informazioni con la popolazione. 

In conclusione, i cittadini che dimorano nei Campi Flegrei, soprattutto nella zona rossa bradisismica, devono contemplare come rischi naturali dettati dall’antropizzazione dell’area, quello eruttivo magmatico, quello freatico, quello bradisismico, quello sismico e poi gassoso. Rinforzare gli edifici sicuramente può essere una misura che aiuterebbe la resilienza, ma in ogni caso bisognerà sempre vivere in una condizione dove l’evento bradisismico acuto non si sa mai se porta in coda un’eruzione o un terremoto o la rottura di una tubazione. 

                                                                            di Vincenzo Savarese



sabato 13 aprile 2024

Rischio vulcanico ai Campi Flegrei: cittadini come sismografi?...di MalKo

 


Pozzuoli: Chiesa dell'Assunta a mare


Un articolo di stampa recita che a Pozzuoli è stata chiusa la chiesa della Madonna Assunta alla Darsena, perché il bradisismo coi suoi sussulti sismici di fatto l’ha resa pericolante. In un altro giornale invece, si riporta la storia di questa chiesetta dedicata alla purificazione di Maria, che fu costruita nel 1621 in una posizione prospiciente il mare. La collocazione particolarmente esposta ai marosi fu causa di problemi, perché le mareggiate invernali spesso la rendevano inaccessibile. Allora, i fedeli nel 1743 si adoperarono per costruirne un’altra. A opera ultimata e senza abbandonare la prima struttura, le due chiese vennero utilizzate alternativamente dai fedeli in ragione delle stagioni meteorologiche. In tutti i casi  la vecchia chiesa fu distrutta da una violenta mareggiata nel 1872, e ricostruita quattro anni dopo in una posizione un po’ più riparata dalle onde che s’infrangevano con veemenza nel primo entroterra, favorite nel loro incedere anche dall’abbassamento della costa ad opera del bradisismo positivo. Nell’attualità, il parroco ha segnalato che nel luogo di culto che caratterizza la darsena pescatori, piovono calcinacci, e quindi si è reso necessario chiudere la parrocchia. Durante le ultime piogge infatti, sembra si sia verificato un allagamento della chiesa originatosi dal tetto della sacrestia, già da anni puntellata per le condizioni del solaio, impedendo l’uso dell’unico servizio igienico già mal ridotto.

Provando a disquisire, diremmo che a un esame a vista e dalle notizie pregresse sulle condizioni della chiesa,  la struttura si presenta soprattutto in uno stato di pessima conservazione, dovuto alla posizione particolarmente esposta alle inclemenze meteorologiche e meteo marine. La mancata manutenzione ordinaria e straordinaria del manufatto, ci sembra di tutta evidenza, e con molta probabilità è il motivo principale delle condizioni di inabitabilità attuale.  

Aggiungiamo che dal punto di vista del bradisismo e della sismicità areale, non ci sembrano evidenti spaccature o fenditure o quadri fessurativi neanche sullo sbalzo campanario o nei perimetri murali dei serramenti, che possano avvalorare una severa inagibilità strutturale dovuta alla sismicità locale, obiettivamente persistente ma contenuta. Se una siffatta costruzione vecchissima è ancora in piedi nonostante sia esposta agli elementi di erosione esogeni e alle sollecitazioni dettate dal bradisismo che qui raggiunge il suo apice, c’è buona speranza che il restante edificato puteolano in larga misura e generalizzando, non dovrebbe essere particolarmente compromesso, almeno per le energie in gioco irradiate fin qui dal sottosuolo.

Intanto, dando seguito ai disposti previsti dal decreto sul bradisismo (DL 140/2023), è iniziata la campagna di valutazione delle condizioni dell’edificato nella già menzionata zona rossa bradisismica, attraverso l’analisi speditiva esterna dei fabbricati. Questo modus operandi consentirà di ottenere un quadro d’insieme necessariamente generale e generalizzato, circa lo stato di salute statica dell’edificato esistente. In un secondo momento, e anche su richiesta diretta di quei residenti che dovessero ritenere il loro fabbricato portatore di danno sismico,  si procederà a un esame approfondito dell’edificio in questione, tramite verifiche da parte di tecnici specializzati nell’analisi strutturale e infrastrutturale dei fabbricati. Presumibilmente sarà necessario, nelle logiche complessive, discriminare i danni derivanti da vetustà e incuria da quelli realmente indotti dalle sollecitazioni sismiche… La condizione delle casse pubbliche della nostra repubblica infatti, richiedono estrema parsimonia se non vogliamo allungare le liste della miseria, caratterizzate da alcuni milioni di cittadini che hanno smesso di curarsi per mancanza di disponibilità economica.

Le tre zone flegree

Nella zona bradisismica la deformazione del suolo che accompagna le fasi ascendenti del terreno, genera sismicità prevalentemente a bassissima e bassa magnitudo, che raramente ha raggiunto livelli moderati, intendendo con questo magnitudo superiori al quarto grado Richter. In tutti i casi e per superficialità degli ipocentri, purtuttavia tali energie potrebbero creare problemi a strutture vetuste, poco solide  o fondate male o soggette a difformità edilizie come la costruzione di altri piani sovrapposti o apertura di porte e finestre in muri portanti.

La frequenza degli eventi è alla base della comprensibile apprensione dei cittadini, soprattutto perché non si vede una fenomenologia bradisismica limitata nel tempo, e quindi non si intravede un orizzonte di pace geologica, perché in tutti i casi i piedi e i palazzi poggiano o affondano sulla sommità di una camera magmatica che ha un tempo di vita inquantificabile, ma in ogni caso nell'ordine delle migliaia di anni. 

Nel mese di marzo 2024 si sono contati nei Campi Flegrei 461 terremoti: nel 99% circa dei casi, con Magnitudo Md < a 2; nel vesuviano se ne sono contati 109, di cui nel 99% dei casi con Md< a 2 (fonte INGV). Per la storia geologica dei luoghi, si ipotizza che le scosse di terremoto qualora dovessero incrementarsi per numero e magnitudo, potrebbero segnare una condizione del sottosuolo flegreo sicuramente da indagare e decifrare con grande attenzione, come tra l’atro suggerì la commissione grandi rischi chiamata ad esprimersi pochi mesi fa sulla pericolosità vulcanica (livelli di allerta) ai Campi Flegrei, confermando dopo un po' lo stato di attenzione, ma tra le riga fornendo indicazioni per procedere con una spiccata azione di prospezione del profondo, così da individuare la minima profondità raggiunta dal magma nel sottosuolo.

Livelli di allerta vulcanica

Continuando, se le cause dei terremoti bradisismici sono da ricondurre esclusivamente ai fluidi che, per temperatura e pressione si ritrovano a circolare in uno stato super critico nel sottosuolo, rigonfiandolo e fratturandolo, gli elementi di rischio zonale dovrebbero essere prevalentemente i terremoti, e con minore incidenza le eruzioni freatiche con annessa dispersione di gas come l’anidride carbonica, che è un asfissiante, e che in tutti i casi già si disperde in atmosfera in più punti del flegreo come la Solfatara e Pisciarelli, a livelli di alcune migliaia di tonnellate al giorno, risultando uno degli otto siti a maggiore emissione naturale di CO2 nel mondo. Se invece protagonista dei sommovimenti è il magma che ascende verso la superficie, i pericoli già insiti nel bradisismo permarrebbero e si sovrapporrebbero  alla minaccia eruttiva, che rimarrebbe senza ombra di dubbio il pericolo principale da cui occorrerà difendersi attraverso la prevenzione territoriale (riduzione del valore esposto) e la previsione di eruzione che purtroppo è ancora lontana dall'essere una tecnica predittiva deterministica. La prevenzione legata al rischio eruttivo può essere solo di mitigazione, e si otterrebbe prevalentemente attraverso provvedimenti legislativi che vietino l’ulteriore conurbazione della zona rossa flegrea, favorendo la politica degli spazi per limitare il consumo del terreno e con esso la lievitazione della densità abitativa che è una variabile tutt'altro che secondaria nel calcolo del rischio e nelle misure operative di evacuazione. 


Tavola di sintesi. Nel caso del rischio bradisismico e sismico e vulcanico,
succede che le filosofie di prevenzione siano divergenti

Tali politiche di prevenzione dal carattere rinunciatario, sarebbero utili nel contenere il numero dei residenti a un livello tale da rendere per quanto possibile efficace un piano di evacuazione rapida, capace di assicurare l’allontanamento della popolazione dalla zona rossa nel momento in cui le probabilità eruttive aumenterebbero pericolosamente. Ogni 42 abitanti occorre un bus o una corsa di bus dedicata all'evacuazione… 

In tutti i casi  e nella migliore delle ipotesi organizzative, rimane pur sempre l’incognita previsionale dell’evento vulcanico,  che permane sui piani di emergenza come un macigno, perché se il piano di evacuazione necessita di tre giorni per la sua completa attuazione, una predizione dell’eruzione con almeno 72 ore di anticipo sarebbe non un auspicio, bensì una necessità operativa di vitale importanza. Purtroppo, anche se l’osservatorio vesuviano ha introdotto nella zona rossa importanti stazioni di rilevamento multi parametriche, i dubbi predittivi non sono dissipati e permangono più o meno le stesse possibilità percentuali di accadimento che riportiamo di seguito, e che tra l’altro sono da anni una costante, in assenza di una vera svolta della ricerca scientifica sulla previsione dell'evento eruttivo. Tecnicamente parlando, queste sono le probabilità su cui gli strateghi della protezione civile avranno riflettuto o dovrebbero riflettere:

1.    Mancato allarme eruttivo (33%);

2.    Successo previsionale d’eruzione (33%);

3.    Falso allarme (33%).

Con questi numeri (arrotondati), sussiste la possibilità che nel 66% dei casi si uscirebbe indenni dalla minaccia vera o presunta d’eruzione. Nel 33% dei casi invece, il mancato allarme eruttivo comporterebbe non già la catastrofe totale, ma una evacuazione con eruzione in corso, purtroppo non indenne da seri e inquantificabili danni collaterali legati a numerosissime variabili, come il punto d'apertura del cratere e lo stile eruttivo così come il numero di ore di ritardo nell'allertamento ecc. Con l'evacuazione a piedi, non è da escludere che molti cittadini, anche se in una condizione di esagitazione, potrebbero raggiungere un luogo sicuro, qualora si trovassero di fronte alla paralisi della circolazione veicolare.  Sempre tecnicamente parlando, l'opzione a piedi non sarebbe altro che un piano di emergenza d'emergenza.  

Se dovesse concretizzarsi remotamente e malauguratamente la necessità di evacuare il flegreo con eruzione in corso, in linea di principio e secondo le mappe di pericolosità (statistiche) esistenti, occorrerebbe dirigersi, soprattutto a cura dei puteolani, in una direzione opposta alla zona gialla, che è quella di ricaduta dei prodotti piroclastici: un fenomeno che si presenterebbe da subito con l'insorgere dell'eruzione. Se la statistica sui venti dovesse rivelarsi fallace, ci si muoverebbe in ogni caso in direzione di sopravvento o lateralmente alla colonna eruttiva. Le persone con difficoltà di deambulazione in questo caso sarebbero le più vulnerabili e svantaggiate. Per costoro la fase di preallarme (arancione) potrebbe essere di fondamentale importanza per allontanarsi dalla zona rossa in anticipo sulla massa e sul pericolo, sempreché si riesca a cogliere per tempo questo stato geologico auspicato ma imponderabile da tutti i punti di vista, e su cui contano moltissimo le autorità di protezione civile a tutti i livelli...

Zona rossa e gialla Campi Flegrei


A fronte di queste constatazioni, occorre rilevare che la classe degli amministratori  è  poca o per niente propensa a varare disposti che vadano nella direzione della prevenzione del rischio vulcanico, attraverso il blocco dell'edilizia residenziale ritenuta misura inutile e anti progresso.  Di contro si registra uno spiccato interesse per la parte bradisismica che porta seco e a strascico  richieste di bonus e superbonus e altre importanti agevolazioni per riassestare i condomini che saranno dichiarati staticamente compromessi dall’azione sismica locale. In futuro se sarà previsto un siffatto intervento pubblico per la riqualificazione sismica dei fabbricati, in nome della trasparenza sarà necessario prevedere la pubblicazione della lista degli edifici eventualmente assegnatari di bonus, in modo che anche i cittadini che conoscono la realtà di dove vivono, possano esercitare il loro diritto di valutazione dell'operato pubblico, anche attraverso l'accesso civico ai documenti. 

Ai discorsi legati alla resilienza in quella che è una terra bradisismica e vulcanica, recentemente si è aggiunta pure la disquisizione, forse estemporanea, se fare o non fare uno stadio a Bagnoli… L’idea di edificare un’arena calcistica in un luogo classificato come zona rossa bradisismica è molto rischioso. Che siano i tifosi coi loro salti a generare i terremoti non è fattore oltremodo preoccupante, ma se a far vibrare lo stadio a tifosi fermi sono i sussulti crostali, potrebbero innescarsi problemi di sicurezza e di ingestibilità della folla. Un evento sismico di livello moderato durante la partita potrebbe generare panico, con susseguente corsa alle uscite che inevitabilmente genererebbe una ressa poco salutare. La realizzazione di un nuovo stadio quindi, da un punto di vista della prevenzione e della sicurezza in ambienti confinati, è meglio costruirlo  altrove o riqualificare quello esistente che in tutti i casi sembra non abbia risentito negli anni di particolari problemi e in ogni caso è fuori dalla zona rossa bradisismica.

Oltre a valutazioni di ordine  tecnico e scientifico, occorre aggiungere un'ulteriore riflessione legata ai comportamenti della cittadinanza. La condizione di pericolo nell'area flegrea è assolutamente innegabile che sia immanente da un punto di vista vulcanico, così come non è un gran bel vivere la quotidianità accompagnati dalle vibrazioni bradisismiche. Come è inevitabile che sia in questi casi, si è aggiunto l’elemento personale alla quantificazione del rischio areale. I cittadini infatti, tendono a mettere insieme le notizie scientifiche acquisite da diverse fonti, sommandole a convinzioni personali formatesi secondo cultura, a cui si aggiungono altri tipi di considerazioni: economiche, lavorative, familiari, ancorché caratteriale e di visione prospettica del futuro. Alla fine ognuno elabora una propria valutazione complessiva del livello di rischio a cui si sente esposto, che può essere accettabile o inaccettabile ma verosimilmente difficilmente quantificabile. Tutti elementi di valutazione questi menzionati, capaci di spostare lecitamente la percezione del rischio sismico e vulcanico da un valore oggettivo a uno soggettivo. A parità di condizioni infatti, c’è chi dorme beatamente nella zona rossa vulcanica e bradisismica, scosse comprese, e chi nell’appartamento a fianco non riesce a farlo se non con un occhio solo e con le orecchie allertate. L’unica misura che sembra confortare le sofferenze di chi è costretto a permanere in questa zona bella ma geologicamente ansiogena, è la condivisione del pericolo con altri concittadini, generando così gruppo non necessariamente allineato alla sobrietà scientifica, che in questo campo naviga senza colpe nell'incertezza predittiva. 

Sui social network allora, ci si chiama, ci si confronta e si riportano costantemente i dati di  vigilanza geologica, così come giungono nell’immediatezza del fenomeno  le segnalazioni puntuali dei terremoti percepiti dai residenti in ogni quartiere della zona rossa flegrea, soprattutto nel puteolano, arricchite da sensazioni personali. Attività queste ultime che hanno generato il disappunto del sindaco di Pozzuoli, che ha lamentato un proliferare di vulcanologi e di sismografi umani sui social... 

                                                                         di Vincenzo Savarese





martedì 12 settembre 2023

Rischio vulcanico ai Campi Flegrei: Pozzuoli comune bradisismico... di Malko

 


I Campi Flegrei sono una caldera vulcanica dove il rischio eruttivo è immanente ma non prevedibile deterministicamente, sia in termini temporali che di magnitudo. La zona rossa ad alta pericolosità vulcanica, e quindi i piani di evacuazione che dicono vigenti e funzionali allo scopo, sono tarati su scenari eruttivi ricavati probabilisticamente, e quindi nell’attualità la comunità scientifica ha ipotizzato la possibilità che per il futuro si debba dover fronteggiare un’eruzione a media intensità, valutata al massimo di tipo sub pliniano, ovvero con indice di esplosività vulcanica VEI4.

I fenomeni in atto da tempo nel distretto calderico flegreo, hanno reso necessario dal 2012 e a cura delle autorità dipartimentali su parere della commissione grandi rischi, la proclamazione dello stato di attenzione vulcanica. Infatti, nel sottosuolo vige una condizione di unrest, con il fenomeno del bradisismo tuttora in auge, con picchi da oltre un metro di sollevamento registrati al Rione Terra: agglomerato urbano di vecchia e modesta fattura ancorchè ricondizionato, ubicato a ridosso del porto di Pozzuoli. Questo caratteristico addensamento di fabbricati che forse andava restaurato per la sola parte archeologica, fu meta d’insediamenti quando per effetto del bradisismo positivo le case vicino al porto e i moli stessi finirono sott’acqua risultando inagibili.

In tutta l’area flegrea occorre registrare sismicità a bassa magnitudo, tra il lieve e il moderato e spesso a sciami, con sussulti avvertiti soprattutto localmente, perché gli ipocentri in genere sono superficiali facendo così aumentare la percezione e l’intensità del fenomeno. Dalla casistica storica però, non sembra che si riscontrino franamenti luttuosi in quel di Pozzuoli, e i sismi a maggiore magnitudo sembra che siano stati quelli di origine tettonica, e quelli che si svilupparono a ridosso dell’eruzione di Monte Nuovo nel 1538. Inoltre, in zona puteolana si registrano fenomeni di degassamento in terra e in mare con rilascio giornaliero in atmosfera di oltre 3000 tonnellate di anidride carbonica: valori che ricordano emissioni da apparati a condotto aperto.

Il piano d’emergenza e di evacuazione a tutela delle popolazioni esposte, per un totale di oltre 500.000 abitanti, è stato aggiornato recentemente, e dovrebbe garantire la sicurezza dell’intera calderopoli.
Il Comune di Napoli che ha importanti municipalità esposte in zona rossa flegrea, come Bagnoli, Soccavo, Fuorigrotta, Pianura, Posillipo e Chiaia per citare solo quelle principali, ha varato qualche mese fa un procedimento amministrativo per mettere a gara la riscrittura totale del piano di evacuazione a fronte del rischio vulcanico ai Campi Flegrei. L’appalto, volto a rivisitare la pianificazione esistente, mette al centro dell’attenzione degli strateghi i flussi di traffico che vogliono che siano rivalutati totalmente e ingegneristicamente. L’impegno ha un costo di circa 150.000 euro, e tempi limiti di redazione del documento misurati in 18 mesi. A conti fatti, le istruzioni riaggiornate per l’evacuazione emergenziale dovrebbero essere pronte nel 2025…

A Pozzuoli il sindaco ha deciso di sensibilizzare e coinvolgere il governo Meloni, chiamando in causa il ministro Nello Musumeci, responsabile politico del dipartimento di protezione civile. Nel merito il primo cittadino scrive:<<È fermo intendimento di quest'amministrazione - spiega Manzoni - coinvolgere ulteriormente anche il governo sulla nostra particolare situazione per tutelare le persone con ogni misura di prevenzione e di mitigazione del rischio. Pozzuoli necessita di provvedimenti ad hoc e di specifici stanziamenti di risorse da destinare alle verifiche sui fabbricati e all'eventuale adeguamento degli stessi, anche degli edifici privati per i quali non è possibile intervenire con fondi del bilancio comunale>>.

Osserviamo che a fronte delle problematiche di protezione civile, nel piano regolatore generale di Pozzuoli all’Art. 3 (Esigenze di protezione civile) si legge:<< La sicurezza della popolazione di Pozzuoli, in relazione ai rischi sismici dell'area Flegrea, costituisce finalità essenziale del P.R.G. e - tenuto conto delle caratteristiche geo vulcanologiche del territorio e delle esigenze di protezione civile - il diradamento degli insediamenti residenziali nella parte più a rischio della Città, nonché l'adeguamento delle costruzioni esistenti alla normativa antisismica, devono essere perseguiti come obiettivi primari, secondo quanto previsto al successivo art. 81>>.

L’articolo 81 è il primo del capo XII° ad oggetto- norme per la prevenzione del rischio idrogeologico sismico e vulcanico -. Questo disposto pone l’attenzione sulla necessità del diradamento abitativo funzionale, che dovrebbe interessare il 30% del patrimonio edilizio esistente nelle zone omogenee interessate dal bradisismo. È pensabile allora, che l’incentivo per chi “diradi” possa essere quello di potersi reinsediare perifericamente al centro antico e storico della cittadina puteolana, in luoghi maggiormente sicuri rispetto al rischio sismo bradisismico continuamente richiamato, con opere residenziali magari erigibili con finanziamenti pubblici.

Iniziativa a grandi linee lodevole, ma se così fosse l’impresa si rileverebbe in contrasto col rischio vulcanico, atteso che l’intero territorio puteolano e non solo il centro antico e storico, ricade nella temibile e insondabile zona rossa flegrea: settore quest’ultimo, invadibile dalle colate piroclastiche. Per il rischio vulcanico è riportato all’articolo 83 del piano regolatore comunale, il seguente disposto:<< in tutti gli interventi per l’intero territorio dovranno adottarsi le misure per la mitigazione dell’effetto vulcanico indicate nella relazione del Prof. Lirer (pagg.90-92), e le altre suggerite dalle moderne tecnologie (infissi a perfetta tenuta, ecc.)>>.

Forse l’indicazione comunale di utilizzare tecnologia capace di garantire infissi a tenuta stagna, nelle intenzioni del redattore c’era magari la benevola volontà di voler sbarrare la strada verso l’interno degli appartamenti ai flussi cinerei caldi. Il problema di fondo è che le vetrate anche a doppio vetro non fermano l’irruenza rovente delle correnti…

In ogni caso, pur volendo encomiare i tentativi volti alla ricerca di espedienti tecnici capaci di mitigare un non meglio precisato effetto vulcanico, gli autori di queste norme non escludono affatto l’edificabilità residenziale in zona rossa, ma piuttosto tracciano la strada affinché i fabbricati esistenti vengano ispezionati e riadattati per fronteggiare gli effetti sismici, così come in periferia si ipotizza velatamente la realizzazione di nuovi insediamenti residenziali. Nel frattempo, in questa cittadina si rilasciano ancora permessi a costruire in sanatoria, nonostante lo stato vigente di attenzione vulcanica…

In realtà, non c’è margine di difesa sufficiente per le fenomenologie attese in seno a un’eruzione VEI4. Ancor più se si considera che gli esperti geo matematici hanno ipotizzato una percentuale del 4% che l’eruzione di scenario al flegreo possa presentarsi con un indice di esplosività vulcanica VEI5 (Pliniana). Al Vesuvio tale catastrofica possibilità non supera l’1%. Quindi, le autorità puteolane, nel tempo sembra che abbiano maturato il concetto che di geo vulcanico nei loro territori ci sia solo il rischio sismico e bradisismico, (l’eruttivo non ci sembra tanto menzionato), ed è quindi sufficiente fortificare i fabbricati, o delocalizzare quelli esistenti ubicati a ridosso o nel comprensorio della gobba crostale del Rione Terra.
In realtà questo pensiero annoso ma ricorrente, che Pozzuoli debba difendersi prevalentemente dal rischio bradisismico è acclarato a partire dalle crisi bradisismiche degli anni ’70 e ’80. Saranno le emergenze di quel periodo a far planare sull’opinione pubblica l’idea di fondo che il pericolo vulcanico a Pozzuoli è insito tutto nel fenomeno del bradisismo che genera terremoti. L’attenzione infatti, fu tutta focalizzata sul rigonfiamento dei suoli che interessò appunto l’agglomerato di vecchie case del Rione Terra e le zone limitrofe. Tant’è che quando il rigonfiamento incominciò ad essere fortemente temuto, come misura precauzionale di tutela dei cittadini si scelse di evacuare tutti gli abitanti residenti nella zona del picco bradisismico.
Decine di migliaia di cittadini furono allora dislocati in nuove frazioni (Monterusciello e Rione Toiano), distanti solo alcuni chilometri dal centro storico e dal porto, col risultato finale che il loro spostamento che pure richiese investimenti economici di tutto rispetto, non è servito a molto in termini di sicurezza, atteso che la ricollocazione è avvenuta da zona rossa a zona rossa.

Pozzuoli è a pieno titolo un comune infra calderico, e quindi a pieno titolo fa parte della zona rossa ad alta pericolosità vulcanica. Questa classificazione di rischio, valida anche per il gemello eterozigoto chiamato Vesuvio, consentì all’ex presidente della regione Campania, Antonio Bassolino, di varare per la plaga vesuviana la legge regionale 21/2003 che proibiva e ancora proibisce qualsiasi realizzazione di fabbricati ad uso residenziale o di riconversione o di suddivisione di manufatti nel senso abitativo. In altre parole, alle pendici del Vesuvio teoricamente si può solo costruire abusivamente…

Questo divieto imposto dalla legge 21/2003 e tuttora vigente, serve a non aumentare il valore esposto in quella zona definita dallo stesso Stato come ad alta pericolosità vulcanica. I fenomeni annessi all’eruzione ritenuta probabilistica e che maggiormente preoccupano, sono le colate piroclastiche, che in seno a una eruzione esplosiva potrebbero invadere la zona rossa vesuviana, o alla stregua il fenomeno può materializzarsi nel flegreo, generando ampia fenomenologia distruttiva non mitigabile dall’adeguamento antisismico e strutturale dei fabbricati, e comunque non mitigabile nel senso della sopravvivenza umana.

Fino a qualche tempo fa era ricorrente che le amministrazioni tecniche come il dipartimento della protezione civile, e quelle scientifiche come l’osservatorio vesuviano, diffondessero notizie molto rassicuranti circa la capacità di prevedere con largo anticipo un’eruzione. Poi le cose sono leggermente mutate, tant’è che nei bollettini di sorveglianza vulcanica emessi dall’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia, si riporta al termine delle notizie questa nota:<< L'INGV fornisce informazioni scientifiche utilizzando le migliori conoscenze scientifiche disponibili; tuttavia, in conseguenza della complessità dei fenomeni naturali in oggetto, nulla può essere imputato all'INGV circa l'eventuale incompletezza ed incertezza dei dati riportati e circa accadimenti futuri che differiscano da eventuali affermazioni a carattere previsionale presenti in questo documento. Tali affermazioni, infatti, sono per loro natura affette da intrinseca incertezza>>. 

I piani per fronteggiare le emergenze vulcaniche campane, sono tarati su tempi di esecuzione di 72 ore. Questo intrinsecamente significherebbe che una previsione di tre giorni è data per scontata, in realtà è solo probabile. A non avere questa ferrea certezza sui tempi, è stato innanzitutto il presidente della regione Campania De Luca, che nel contesto esercitativo “exe flegrei 2019”, ebbe a precisare: 72 ore possiamo averle e possiamo non averle…


Alla poca prevedibilità dell’eruzione magmatica, bisogna aggiungere l’ancor meno prevedibilità delle eruzioni freatiche che, seppur contenute negli effetti, possono materializzarsi pressoché inaspettatamente in un qualsiasi punto del flegreo. In  quest’ultimo caso, tale tipologia eruttiva provocherebbe danni limitati alla zona del cratere e a quella prossima per diverse centinaia di metri, così come non si può escludere che dalla voragine crateriale possano diffondersi in atmosfera abbondanti emanazioni di anidride carbonica.

Allora occorre notare che forse l’amministrazione puteolana si è lanciata a corpo morto sulle filosofie operative dei tecnici che gestirono il bradisismo degli anni 70 e ’80, concentrandosi unicamente sugli aspetti micro sismici e bradisismici zonali e non sul pericolo eruttivo areale. Questo spiega perché c’è la corsa al finanziamento della scienza che monitora il vulcano, perché l’unica alternativa alla prevenzione della catastrofe vulcanica è la previsione del fenomeno eruttivo, oggi fuori portata tecnica e scientifica a causa del sistema complesso che caratterizza l’inesplorabile sottosuolo dinamico flegreo. Attuare la prevenzione dei disastri in terra eruttiva esplosiva, comporterebbe l’adozione di ogni iniziativa valida per non aumentare il numero di cittadini (Valore Esposto) nell’area ad alta pericolosità vulcanica, e allo stesso tempo attuare politiche di delocalizzazione da zona rossa a zona verde…Siffatte iniziative però, stentano a decollare, forse perché tolgono potere alla politica del consenso elettorale.

Alla difesa passiva consistente nel diminuire il valore esposto, e adeguare strutturalmente gli edifici in zona gialla, dovrebbe far seguito la difesa attiva, consistente nella realizzazione di opere viarie sempre più capienti e allacciabili alle grandi arterie autostradali: percorsi da impegnare attraverso norme semplici dettate da un piano di evacuazione autoportante.

A Pozzuoli, il sindaco Manzoni pare stia valutando di richiedere fondi pubblici per analizzare e adeguare con criteri antisismici i fabbricati puteolani: prerogative che troverebbe facili consensi soprattutto se le richieste di adeguamento provenissero dai sindaci dell’arco appenninico. In ogni caso una tale e lecita richiesta di sovvenzioni, sarebbe in linea con il ruolo istituzionale del primo cittadino. Queste iniziative volte al sovvenzionamento pubblico, per quanto meritevoli però, devono essere concepite in un quadro più grande di prevenzione della catastrofe vulcanica, e quindi non possono e non devono essere frutto di iniziative estemporanee che danno l'idea per niente veritiera del fare, senza una progettualità compiuta e a danno delle casse pubbliche. 

Sia chiaro poi, che il bradisismo flegreo e la sismicità da esso derivante, è sempre frutto diretto o indiretto del magma insito nel sottosuolo a una profondità di diversi chilometri; un magma di cui non si riesce ad apprezzarne l'eventuale staticità o il dinamismo pulsante dalla direzione incerta. Anche se dovesse verificarsi un’eruzione freatica, non annullerebbe di un solo giorno il rischio eruttivo magmatico. Con questo si vuole dire che la fortificazione dei fabbricati non annulla la vulnerabilità al rischio eruttivo. Allora si consolidino pure quei palazzi che meritano l'adeguamento antisismico, ma non prima che siano state scritte e pubblicate, misure adeguate di prevenzione del rischio vulcanico, quello eruttivo: nel puteolano pare sia necessario specificare. 

                                                              di Vincenzo Savarese