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martedì 12 settembre 2023

Rischio vulcanico ai Campi Flegrei: Pozzuoli comune bradisismico... di Malko

 


I Campi Flegrei sono una caldera vulcanica dove il rischio eruttivo è immanente ma non prevedibile deterministicamente, sia in termini temporali che di magnitudo. La zona rossa ad alta pericolosità vulcanica, e quindi i piani di evacuazione che dicono vigenti e funzionali allo scopo, sono tarati su scenari eruttivi ricavati probabilisticamente, e quindi nell’attualità la comunità scientifica ha ipotizzato la possibilità che per il futuro si debba dover fronteggiare un’eruzione a media intensità, valutata al massimo di tipo sub pliniano, ovvero con indice di esplosività vulcanica VEI4.

I fenomeni in atto da tempo nel distretto calderico flegreo, hanno reso necessario dal 2012 e a cura delle autorità dipartimentali su parere della commissione grandi rischi, la proclamazione dello stato di attenzione vulcanica. Infatti, nel sottosuolo vige una condizione di unrest, con il fenomeno del bradisismo tuttora in auge, con picchi da oltre un metro di sollevamento registrati al Rione Terra: agglomerato urbano di vecchia e modesta fattura ancorchè ricondizionato, ubicato a ridosso del porto di Pozzuoli. Questo caratteristico addensamento di fabbricati che forse andava restaurato per la sola parte archeologica, fu meta d’insediamenti quando per effetto del bradisismo positivo le case vicino al porto e i moli stessi finirono sott’acqua risultando inagibili.

In tutta l’area flegrea occorre registrare sismicità a bassa magnitudo, tra il lieve e il moderato e spesso a sciami, con sussulti avvertiti soprattutto localmente, perché gli ipocentri in genere sono superficiali facendo così aumentare la percezione e l’intensità del fenomeno. Dalla casistica storica però, non sembra che si riscontrino franamenti luttuosi in quel di Pozzuoli, e i sismi a maggiore magnitudo sembra che siano stati quelli di origine tettonica, e quelli che si svilupparono a ridosso dell’eruzione di Monte Nuovo nel 1538. Inoltre, in zona puteolana si registrano fenomeni di degassamento in terra e in mare con rilascio giornaliero in atmosfera di oltre 3000 tonnellate di anidride carbonica: valori che ricordano emissioni da apparati a condotto aperto.

Il piano d’emergenza e di evacuazione a tutela delle popolazioni esposte, per un totale di oltre 500.000 abitanti, è stato aggiornato recentemente, e dovrebbe garantire la sicurezza dell’intera calderopoli.
Il Comune di Napoli che ha importanti municipalità esposte in zona rossa flegrea, come Bagnoli, Soccavo, Fuorigrotta, Pianura, Posillipo e Chiaia per citare solo quelle principali, ha varato qualche mese fa un procedimento amministrativo per mettere a gara la riscrittura totale del piano di evacuazione a fronte del rischio vulcanico ai Campi Flegrei. L’appalto, volto a rivisitare la pianificazione esistente, mette al centro dell’attenzione degli strateghi i flussi di traffico che vogliono che siano rivalutati totalmente e ingegneristicamente. L’impegno ha un costo di circa 150.000 euro, e tempi limiti di redazione del documento misurati in 18 mesi. A conti fatti, le istruzioni riaggiornate per l’evacuazione emergenziale dovrebbero essere pronte nel 2025…

A Pozzuoli il sindaco ha deciso di sensibilizzare e coinvolgere il governo Meloni, chiamando in causa il ministro Nello Musumeci, responsabile politico del dipartimento di protezione civile. Nel merito il primo cittadino scrive:<<È fermo intendimento di quest'amministrazione - spiega Manzoni - coinvolgere ulteriormente anche il governo sulla nostra particolare situazione per tutelare le persone con ogni misura di prevenzione e di mitigazione del rischio. Pozzuoli necessita di provvedimenti ad hoc e di specifici stanziamenti di risorse da destinare alle verifiche sui fabbricati e all'eventuale adeguamento degli stessi, anche degli edifici privati per i quali non è possibile intervenire con fondi del bilancio comunale>>.

Osserviamo che a fronte delle problematiche di protezione civile, nel piano regolatore generale di Pozzuoli all’Art. 3 (Esigenze di protezione civile) si legge:<< La sicurezza della popolazione di Pozzuoli, in relazione ai rischi sismici dell'area Flegrea, costituisce finalità essenziale del P.R.G. e - tenuto conto delle caratteristiche geo vulcanologiche del territorio e delle esigenze di protezione civile - il diradamento degli insediamenti residenziali nella parte più a rischio della Città, nonché l'adeguamento delle costruzioni esistenti alla normativa antisismica, devono essere perseguiti come obiettivi primari, secondo quanto previsto al successivo art. 81>>.

L’articolo 81 è il primo del capo XII° ad oggetto- norme per la prevenzione del rischio idrogeologico sismico e vulcanico -. Questo disposto pone l’attenzione sulla necessità del diradamento abitativo funzionale, che dovrebbe interessare il 30% del patrimonio edilizio esistente nelle zone omogenee interessate dal bradisismo. È pensabile allora, che l’incentivo per chi “diradi” possa essere quello di potersi reinsediare perifericamente al centro antico e storico della cittadina puteolana, in luoghi maggiormente sicuri rispetto al rischio sismo bradisismico continuamente richiamato, con opere residenziali magari erigibili con finanziamenti pubblici.

Iniziativa a grandi linee lodevole, ma se così fosse l’impresa si rileverebbe in contrasto col rischio vulcanico, atteso che l’intero territorio puteolano e non solo il centro antico e storico, ricade nella temibile e insondabile zona rossa flegrea: settore quest’ultimo, invadibile dalle colate piroclastiche. Per il rischio vulcanico è riportato all’articolo 83 del piano regolatore comunale, il seguente disposto:<< in tutti gli interventi per l’intero territorio dovranno adottarsi le misure per la mitigazione dell’effetto vulcanico indicate nella relazione del Prof. Lirer (pagg.90-92), e le altre suggerite dalle moderne tecnologie (infissi a perfetta tenuta, ecc.)>>.

Forse l’indicazione comunale di utilizzare tecnologia capace di garantire infissi a tenuta stagna, nelle intenzioni del redattore c’era magari la benevola volontà di voler sbarrare la strada verso l’interno degli appartamenti ai flussi cinerei caldi. Il problema di fondo è che le vetrate anche a doppio vetro non fermano l’irruenza rovente delle correnti…

In ogni caso, pur volendo encomiare i tentativi volti alla ricerca di espedienti tecnici capaci di mitigare un non meglio precisato effetto vulcanico, gli autori di queste norme non escludono affatto l’edificabilità residenziale in zona rossa, ma piuttosto tracciano la strada affinché i fabbricati esistenti vengano ispezionati e riadattati per fronteggiare gli effetti sismici, così come in periferia si ipotizza velatamente la realizzazione di nuovi insediamenti residenziali. Nel frattempo, in questa cittadina si rilasciano ancora permessi a costruire in sanatoria, nonostante lo stato vigente di attenzione vulcanica…

In realtà, non c’è margine di difesa sufficiente per le fenomenologie attese in seno a un’eruzione VEI4. Ancor più se si considera che gli esperti geo matematici hanno ipotizzato una percentuale del 4% che l’eruzione di scenario al flegreo possa presentarsi con un indice di esplosività vulcanica VEI5 (Pliniana). Al Vesuvio tale catastrofica possibilità non supera l’1%. Quindi, le autorità puteolane, nel tempo sembra che abbiano maturato il concetto che di geo vulcanico nei loro territori ci sia solo il rischio sismico e bradisismico, (l’eruttivo non ci sembra tanto menzionato), ed è quindi sufficiente fortificare i fabbricati, o delocalizzare quelli esistenti ubicati a ridosso o nel comprensorio della gobba crostale del Rione Terra.
In realtà questo pensiero annoso ma ricorrente, che Pozzuoli debba difendersi prevalentemente dal rischio bradisismico è acclarato a partire dalle crisi bradisismiche degli anni ’70 e ’80. Saranno le emergenze di quel periodo a far planare sull’opinione pubblica l’idea di fondo che il pericolo vulcanico a Pozzuoli è insito tutto nel fenomeno del bradisismo che genera terremoti. L’attenzione infatti, fu tutta focalizzata sul rigonfiamento dei suoli che interessò appunto l’agglomerato di vecchie case del Rione Terra e le zone limitrofe. Tant’è che quando il rigonfiamento incominciò ad essere fortemente temuto, come misura precauzionale di tutela dei cittadini si scelse di evacuare tutti gli abitanti residenti nella zona del picco bradisismico.
Decine di migliaia di cittadini furono allora dislocati in nuove frazioni (Monterusciello e Rione Toiano), distanti solo alcuni chilometri dal centro storico e dal porto, col risultato finale che il loro spostamento che pure richiese investimenti economici di tutto rispetto, non è servito a molto in termini di sicurezza, atteso che la ricollocazione è avvenuta da zona rossa a zona rossa.

Pozzuoli è a pieno titolo un comune infra calderico, e quindi a pieno titolo fa parte della zona rossa ad alta pericolosità vulcanica. Questa classificazione di rischio, valida anche per il gemello eterozigoto chiamato Vesuvio, consentì all’ex presidente della regione Campania, Antonio Bassolino, di varare per la plaga vesuviana la legge regionale 21/2003 che proibiva e ancora proibisce qualsiasi realizzazione di fabbricati ad uso residenziale o di riconversione o di suddivisione di manufatti nel senso abitativo. In altre parole, alle pendici del Vesuvio teoricamente si può solo costruire abusivamente…

Questo divieto imposto dalla legge 21/2003 e tuttora vigente, serve a non aumentare il valore esposto in quella zona definita dallo stesso Stato come ad alta pericolosità vulcanica. I fenomeni annessi all’eruzione ritenuta probabilistica e che maggiormente preoccupano, sono le colate piroclastiche, che in seno a una eruzione esplosiva potrebbero invadere la zona rossa vesuviana, o alla stregua il fenomeno può materializzarsi nel flegreo, generando ampia fenomenologia distruttiva non mitigabile dall’adeguamento antisismico e strutturale dei fabbricati, e comunque non mitigabile nel senso della sopravvivenza umana.

Fino a qualche tempo fa era ricorrente che le amministrazioni tecniche come il dipartimento della protezione civile, e quelle scientifiche come l’osservatorio vesuviano, diffondessero notizie molto rassicuranti circa la capacità di prevedere con largo anticipo un’eruzione. Poi le cose sono leggermente mutate, tant’è che nei bollettini di sorveglianza vulcanica emessi dall’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia, si riporta al termine delle notizie questa nota:<< L'INGV fornisce informazioni scientifiche utilizzando le migliori conoscenze scientifiche disponibili; tuttavia, in conseguenza della complessità dei fenomeni naturali in oggetto, nulla può essere imputato all'INGV circa l'eventuale incompletezza ed incertezza dei dati riportati e circa accadimenti futuri che differiscano da eventuali affermazioni a carattere previsionale presenti in questo documento. Tali affermazioni, infatti, sono per loro natura affette da intrinseca incertezza>>. 

I piani per fronteggiare le emergenze vulcaniche campane, sono tarati su tempi di esecuzione di 72 ore. Questo intrinsecamente significherebbe che una previsione di tre giorni è data per scontata, in realtà è solo probabile. A non avere questa ferrea certezza sui tempi, è stato innanzitutto il presidente della regione Campania De Luca, che nel contesto esercitativo “exe flegrei 2019”, ebbe a precisare: 72 ore possiamo averle e possiamo non averle…


Alla poca prevedibilità dell’eruzione magmatica, bisogna aggiungere l’ancor meno prevedibilità delle eruzioni freatiche che, seppur contenute negli effetti, possono materializzarsi pressoché inaspettatamente in un qualsiasi punto del flegreo. In  quest’ultimo caso, tale tipologia eruttiva provocherebbe danni limitati alla zona del cratere e a quella prossima per diverse centinaia di metri, così come non si può escludere che dalla voragine crateriale possano diffondersi in atmosfera abbondanti emanazioni di anidride carbonica.

Allora occorre notare che forse l’amministrazione puteolana si è lanciata a corpo morto sulle filosofie operative dei tecnici che gestirono il bradisismo degli anni 70 e ’80, concentrandosi unicamente sugli aspetti micro sismici e bradisismici zonali e non sul pericolo eruttivo areale. Questo spiega perché c’è la corsa al finanziamento della scienza che monitora il vulcano, perché l’unica alternativa alla prevenzione della catastrofe vulcanica è la previsione del fenomeno eruttivo, oggi fuori portata tecnica e scientifica a causa del sistema complesso che caratterizza l’inesplorabile sottosuolo dinamico flegreo. Attuare la prevenzione dei disastri in terra eruttiva esplosiva, comporterebbe l’adozione di ogni iniziativa valida per non aumentare il numero di cittadini (Valore Esposto) nell’area ad alta pericolosità vulcanica, e allo stesso tempo attuare politiche di delocalizzazione da zona rossa a zona verde…Siffatte iniziative però, stentano a decollare, forse perché tolgono potere alla politica del consenso elettorale.

Alla difesa passiva consistente nel diminuire il valore esposto, e adeguare strutturalmente gli edifici in zona gialla, dovrebbe far seguito la difesa attiva, consistente nella realizzazione di opere viarie sempre più capienti e allacciabili alle grandi arterie autostradali: percorsi da impegnare attraverso norme semplici dettate da un piano di evacuazione autoportante.

A Pozzuoli, il sindaco Manzoni pare stia valutando di richiedere fondi pubblici per analizzare e adeguare con criteri antisismici i fabbricati puteolani: prerogative che troverebbe facili consensi soprattutto se le richieste di adeguamento provenissero dai sindaci dell’arco appenninico. In ogni caso una tale e lecita richiesta di sovvenzioni, sarebbe in linea con il ruolo istituzionale del primo cittadino. Queste iniziative volte al sovvenzionamento pubblico, per quanto meritevoli però, devono essere concepite in un quadro più grande di prevenzione della catastrofe vulcanica, e quindi non possono e non devono essere frutto di iniziative estemporanee che danno l'idea per niente veritiera del fare, senza una progettualità compiuta e a danno delle casse pubbliche. 

Sia chiaro poi, che il bradisismo flegreo e la sismicità da esso derivante, è sempre frutto diretto o indiretto del magma insito nel sottosuolo a una profondità di diversi chilometri; un magma di cui non si riesce ad apprezzarne l'eventuale staticità o il dinamismo pulsante dalla direzione incerta. Anche se dovesse verificarsi un’eruzione freatica, non annullerebbe di un solo giorno il rischio eruttivo magmatico. Con questo si vuole dire che la fortificazione dei fabbricati non annulla la vulnerabilità al rischio eruttivo. Allora si consolidino pure quei palazzi che meritano l'adeguamento antisismico, ma non prima che siano state scritte e pubblicate, misure adeguate di prevenzione del rischio vulcanico, quello eruttivo: nel puteolano pare sia necessario specificare. 



 

 

 


domenica 11 settembre 2022

Rischio Vesuvio e Campi Flegrei: i livelli di allerta e il rebus del preallarme... di MalKo


 

I livelli di allerta vulcanica sono quattro e indicano nell’eventualità, una certa progressione dello stato di disequilibrio (unrest) fisico e chimico del vulcano in esame, il più delle volte manifestato con un incremento dei valori di monitoraggio che non sempre danno la misura esatta della pericolosità vulcanica e della tempistica eruttiva. In tutti i casi, è da queste informazioni strumentali che si parte, per tentare di offrire attraverso l’analisi dei dati, una provvida previsione d’eruzione per mettere al sicuro i cittadini delle zone rosse. 

I rischi insiti nella previsione degli eventi vulcanici, comprendono un minimo e un massimo che spaziano dal mancato allarme al falso allarme: al centro dei due estremi la previsione utile del fenomeno eruttivo. Un ulteriore matrice di rischio per quanto remota e non contemplata, è quella di una eruzione di intensità eruttiva superiore a quella adottata nei piani di emergenza. Questi ultimi infatti, sia per i Campi Flegrei che per il Vesuvio, sono   stati stilati per fronteggiare al massimo un’eruzione tipo sub pliniana, non eccedente un indice di esplosività vulcanica VEI 4. L’eruzione di Pompei del 79 d.C. per capirci, ebbe un’intensità eruttiva VEI 5, cioè circa dieci volte superiore a quella di piano. 



Il livello di preallarme vulcanico (arancione), potrebbe sopravvenire allo stato di attenzione su indicazione della commissione grandi rischi che verrebbe chiamata in causa dal dipartimento della protezione civile. Ovviamente il consesso di esperti vaglierebbe le congetture e i dati raccolti dall’osservatorio vesuviano, che è l’ente deputato al monitoraggio in continuo dei vulcani napoletani. Le eventuali anomalie geofisiche e geochimiche registrabili dall’osservatorio vesuviano, andrebbero girate con un certo indice di riservatezza al dipartimento della protezione civile. Quest’ultimo si avvarrebbe appunto della consulenza della commissione grandi rischi per il rischio vulcanico (CGR-RV) che, dopo aver vagliato i dati, rilascerebbe il suo parere scritto al dipartimento, circa il livello di allerta da adottare. Secondo alcuni disposti legislativi recenti, i contenuti di questi passaggi e delle riunioni, dovrebbero essere meticolosamente verbalizzati, così come i singoli pareri degli esperti. 

Il dipartimento della protezione civile informerebbe tempestivamente il presidente del consiglio che, in seno al comitato operativo della protezione civile, deciderebbe, in forza dell’analisi complessiva del rischio, di diramare o meno il preallarme vulcanico. È appena il caso di ricordare che ci sono differenze tra i livelli di pericolosità e l’indice di rischio: quindi, non ci sono automatismi tra i livelli di allerta e le fasi operative, anche se viaggiano in buona parte affiancati. 

Il livello di preallarme vulcanico, è forse il più difficile da adottare perché ci si muove nell’ambito del nuovo, non essendoci in archivio dati precisi di monitoraggio che riguardano prodromi pre eruttivi delle eruzioni precedenti. Negli annali si possono individuare resoconti scritti di testimonianze orali, così come nell’eruzione di Pompei del 79 d.C. Plinio il Giovane in una missiva a Tacito descrisse l’eruzione ma non i fenomeni che la precedettero. Il sisma del 62 viene spesso tirato in ballo come precursore della pliniana, ma parliamo di molti anni prima della fatidica data del 79. Questo significa che dopo l’eruzione i segnali premonitori lapalissianamente vengono tutti individuati, ma 17 anni prima dell’evento sarebbe stato molto difficile collegare l’evento sismico al Vesuvio come precursore a lungo termine.  In ogni caso questa fase (preallarme) è la più problematica, anche da un punto di vista operativo, perché il piano di emergenza in una condizione dubitativa prevede di demandare direttamente ai cittadini della zona rossa la valutazione personale se abbandonare o meno il settore a rischio eruzione. 

Alla diramazione del preallarme, le autorità, secondo i piani di settore interni alle istituzioni e alle amministrazioni interessate, dovrebbero procedere intanto all’evacuazione degli ospedali, dei penitenziari, degli animali da allevamento e dei beni culturali che si prestano a spostamenti. È interessante notare che esiste anche un patrimonio artistico culturale in mano ai privati, che dovrebbe avere pari garanzie a patto che il bene sia stato censito in anticipo sui tempi, cioè in regime di pace vulcanica, per consentire la pianificazione del trasporto fuori dalla fase emergenziale.



L’informazione sulle situazioni di rischio che una volta era affidata al prefetto, ora rientra nelle competenze dirette del sindaco. I Campi Flegrei sono dal 2012 in una condizione di attenzione vulcanica. Quindi, i cittadini settimanalmente sono messi al corrente dei valori di monitoraggio a cura dell’osservatorio vesuviano, con un occhio particolare ai centimetri di sollevamento, atteso che nel flegreo è in corso il fenomeno del bradisismo. Questi dati di ordine scientifico è possibile reperirli online sul sito dell’osservatorio, mentre quelli di carattere tecnico - operativo, dovranno essere diffusi dal sindaco tramite web, manifesti, totem pubblicitari, o altri canali informativi pubblici, specialmente se le notizie da diffondere riguardano le procedure evacuative e il piano di emergenza comunale. In caso di crisi vulcanica, i bollettini sui dati di monitoraggio verrebbero vagliati in anteprima dal dipartimento della protezione civile. Non dimentichiamo infatti, che la responsabilità della dichiarazione del preallarme e dell’allarme rientra nei compiti della presidenza del consiglio e non dell’organo di ricerca e vigilanza geologica dei vulcani campani (INGV), che non può fornire anticipazioni sullo stato del rischio. 

Alla dichiarazione del preallarme, tutti i cittadini che ne dovessero sentire il bisogno, potrebbero allontanarsi dalla zona rossa che intanto verrebbe presidiata dalle forze dell’ordine ai cancelli stradali prestabiliti dal piano. Tra le cose che i cittadini devono vagliare, c’è appunto questo, cioè che non è possibile una volta allontanatisi, rientrare in zona rossa a piacimento, perché i transiti dalla fase di preallarme in poi verrebbero regolamentati. Il secondo elemento da tenere presente, è che si può passare dal preallarme all’allarme nel giro di ore, settimane o mesi… D’altra parte questo livello di allerta arancio, prevede che i cittadini che si allontanino possano usufruire di un contributo economico statale finalizzato all’autonoma sistemazione. Questo significa che nelle zone rosse già soggette al livello di attenzione vulcanica (giallo), i residenti devono avere ben chiara la loro situazione familiare e l’imprevedibilità dei tempi di allerta, in modo che se dovesse scattare il preallarme, i dubbi sulle cose da fare sarebbero in buona parte argomento già discusso all’interno della famiglia, in modo che ogni decisione nel merito sarebbe rapidamente assunta. 

La fase di preallarme, qualora ci fossero gli estremi temporali per dichiararla, sarebbe di grandissimo aiuto operativo, perché in caso di successiva evacuazione, il numero dei cittadini e di auto da mobilitare sarebbe ridotto anche se non si sa di quanto. L’impossibilità di quantificare i numeri e i tempi in gioco, ha fatto si che nel piano di evacuazione sia stata valutata una condizione di zero allontanamenti di cittadini e veicoli durante la fase di preallarme, che potrebbe non esserci, e quindi la totalità di auto e residenti da evacuare è stata addossata numericamente interamente alla fase di allarme. Dicono che il sistema reggerebbe.

Il piano di evacuazione prevede sia per la zona rossa Vesuvio o per la zona rossa dei Campi Flegrei (molto difficile che avvenga una contemporaneità di allarme vulcanico), che nel giro di 72 ore venga effettuata la completa evacuazione dei settori a rischio. Addirittura la documentazione ufficiale regionale e dipartimentale, assegna alla procedura evacuativa solo 48 ore. Il restante margine di tempo (24 ore), servirebbe, secondo la strategia evacuativa, per prepararsi (12 ore) e per far fronte agli imprevisti (12 ore). 

Possiamo definire la fase di preallarme come una condizione in cui i prodromi pre eruttivi (boati e terremoti), per intensità e durata non sono percepiti o lo sono in una misura poco allarmante per la popolazione. Con siffatta condizione ideale, sarebbe possibile procedere a un allontanamento auspicabilmente in buona parte gestibile. Se invece i prodromi pre eruttivi dovessero essere chiaramente avvertiti dalla popolazione esposta, si darebbe vita a una condizione evacuativa disordinata, caotica e scarsamente gestibile per effetto del panico, e addirittura l’evacuazione potrebbe trasformarsi in spontanea per effetto della percezione sensoriale del pericolo che innescherebbe emulazione collettiva irrefrenabile e senza regole. La massa si muoverebbe allora senza attendere disposizioni dall’autorità comunale o statale. Quindi la differenza tra un piano di evacuazione e uno di allontanamento, è data dalla percezione del pericolo. 






venerdì 26 febbraio 2021

Rischio vulcanico ai Campi Flegrei: speriamo nel falso allarme... di MalKo

 



Il capo dipartimento della protezione civile, Angelo Borrelli, insieme al capo delle emergenze Luigi D’Angelo, e al responsabile della protezione civile regionale Italo Giulivo e della direttrice Francesca Bianco dell’Osservatorio Vesuviano (INGV), il 10 febbraio 2021 hanno tenuto a Pozzuoli, ospiti del sindaco Figliolia, una sorta di conferenza aperta al pubblico e alle domande del pubblico.

L’assise è servita per fare il punto sulla situazione del rischio vulcanico nei Campi Flegrei: i fenomeni geologici che si registrano nell’area infatti, in qualche misura allertano la popolazione. La direttrice Bianco ha riferito che la sorgente che produce il bradisismo è posta a qualche centinaio di metri a sud del Rione Terra, in mare a una profondità di 3- 4 Km.  A 7-8 km. invece, la medesima accenna a un magma primitivo che degassa in modo massivo generando anomalie geochimiche. Alla domanda del pubblico se è possibile verificare la migrazione del magma verso la superficie, la dirigente ha risposto che grazie al sistema di monitoraggio multi parametrico gestito dall’Osservatorio Vesuviano, c’è una buona probabilità che tali movimenti ascensionali ove si presentassero verrebbero colti. In realtà l’affermazione della direttrice sembra ottimistica, perché le eruzioni avvengono all’interno di processi  complessi e caotici. Quale sarà la goccia geochimica o geofisica che farà traboccare gli equilibri sotterranei è difficile prevederlo. D’altra parte se nell’area napoletana l’autorità scientifica ha trovato un sistema per monitorare il cammino del magma con una sufficiente precisione e in tempi utili, il protocollo di prevenzione anti catastrofe vulcanica napoletano dovrebbe essere subito esportato.

La realtà, e non la verità che non la conosce nessuno, temiamo sia quella che vivere in quest’area calderica costellata da bocche eruttive e ammollata dalla circolazione idrotermale, dal bradisismo e dalle intrusioni magmatiche, rappresenta un rischio che qui più che altrove, ogni singolo cittadino deve valutare se ritenerlo accettabile o meno, e se lasciarlo in eredità a figli e nipoti. Il filo conduttore dei dialoghi tra istituzioni e popolazione, dovrebbe essere improntato alla prudenza e al pragmatismo. Invece, la nostra impressione è quella che ci sia una necessità non dichiarata di tranquillizzare a prescindere i cittadini. 

D’altra parte anche l’ing. D’angelo avrà scoperto e apprezzato il progresso della ricerca scientifica, tant’è che ha assicurato che occorre rimandare indietro l’immagine di una evacuazione con l’eruzione alle calcagna. Infatti, forse azzardando una previsione poco memore dei fatti legati al terremoto dell’Aquila, ha precisato che l’allontanamento dalla zona rossa avverrà molto prima dell’eruzione. Ovviamente una tale precisazione impone che sia scontata che il medesimo quando sarà avrà la previsione dell’eruzione in tasca. Diversamente, tentando un esercizio di interpolazione, potrebbe essere che il dirigente dell’ufficio emergenze volesse dire che in nome della salvaguardia lui e i suoi si muoveranno con scelte, misure e tempi, all’interno dell’alveo del falso allarme piuttosto che del mancato allarme. D’altra parte chiamare un piano di evacuazione piano di allontanamento dipana già il quadro delle intenzioni di chi lo propone.  Occorre solo che la natura sia d’accordo e che l'Osservatorio Vesuviano ben la interpreti…

Una delle perplessità espresse dai cittadini nell’ambito di questo consesso seguito sui social, riguarda la decisione adottata nei piani di evacuazione di trasportare la popolazione puteolana, sprovvista di mezzo di locomozione, dalle aree di attesa comunale direttamente all’area d’incontro localizzata alla stazione ferroviaria di Piazza Garibaldi (Napoli). In questo luogo infatti, avverrebbe poi l’imbarco degli sfollati sui treni in direzione di Milano. Nel merito di questa strategia operativa, l’esperto regionale ha chiarito che la scelta di una siffatta modalità evacuativa è stata elaborata strategicamente dalla Regione Campania e poi sottoposta alla società ACAMIR, l’agenzia campana per la mobilità regionale, che l’ha ritenuta materialmente fattibile; poi, è stata testata sul campo con l’esercitazione Campi Flegrei EXE 2019 ed è stato ritenuto superato lo stress test.  

Il test si è avvalso di alcuni autobus, tra l’altro scortati, e di un numero di partecipanti numericamente ben inferiore alla normale e ordinaria capacità di carico dei pochi pullman utilizzati. Una prova esercitativa di evacuazione rapida e massiva che prevede il trasporto di una parte della popolazione dalla periferia occidentale di Napoli e fino al centro dell’area metropolitana partenopea, difficilmente con i numeri messi in gioco potrebbe essere di conforto per le scelte operate. D’altra parte l’allontanamento avverrebbe in una zona centrale partenopea, che non potranno tardare molto a doverla classificare zona rossa 2. Ergo, non si esclude che dovrà essere evacuata con la stessa tempistica adottata per i Campi Flegrei, cioè contemporaneamente e prima dell’eruzione.

Il dirigente regionale campano Italo Giulivo, in linea col collega dipartimentale, ha dichiarato che il problema vulcanico c’è ma è sotto monitoraggio, e che occorre valorizzare il sistema protezione civile nella sua interezza, rifuggendo dall’idea di un campanello di allarme che trilla e tutti scapperanno contemporaneamente. Già nella fase di pre-allarme, afferma, scatterà il piano nazionale di evacuazione, e quindi si insedierà una direzione di comando e controllo che gestirà le operazioni di spostamento della popolazione flegrea. Allontanare 550.000 persone dalla zona rossa, dice Giulivo, è una sfida sostenibile, ma occorre consapevolezza e ruolo attivo dei cittadini.

Il sindaco Figliolia nelle sue brochure pubblicate online, in ossequio alla calma istituzionale dei colleghi e delle pianificate operazioni di esodo che saranno effettuate con largo anticipo sull’eruzione, ha previsto per i non motorizzati addirittura un allontanamento su prenotazione, sconsigliando i cittadini di presentarsi con largo anticipo alla fermata, rispetto all’ora assegnata. Un po’ i conti non tornano, perché il governatore della Campania, Vincenzo De Luca, ebbe a sostenere proprio nell’ambito dell’esercitazione EXE 2019, che le 72 ore necessarie per portare a termine le operazioni di “allontanamento” <<…potrebbero esserci, ma potrebbero anche non esserci…>>. De Luca incallito eleatico?

L’assise tecnico scientifica come sempre è ruotata intorno all’Osservatorio Vesuviano che, ricordiamolo, è struttura periferica dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia.  I cittadini sperano sempre da questi incontri, di ricevere e cogliere segnali rassicuranti o contradditori su cui indagare, perché sull’efficacia dei piani di emergenza e di evacuazione nutrono non pochi dubbi, e quindi ambiscono a non misurarsi con le deficienze del sistema, ma piuttosto di andarsene all’occorrenza, in autonomia, con qualche soldo in tasca e ben prima che gli eventi precipitino. In questo schema abbiamo riassunto  le fasi del piano.


Il dibattito recentemente ha avuto qualche momento di riflessione sui limiti e le possibilità offerte da un ipotetico passaggio di fase da attenzione a pre-allarme: da giallo ad arancione per intenderci. Questo nuovo momento operativo potrà essere sancito solo dal presidente del consiglio dei ministri, presumibilmente dopo aver sentito la commissione grandi rischi e riunito il comitato operativo nazionale della protezione civile.

Questo passaggio di colore prevede l’allontanamento su base volontaria dei cittadini residenti in zona rossa, secondo modalità e schemi fissati dalla autorità comunale e regionale. In questo caso è previsto pure un contributo per i cittadini che se ne vanno, ma senza che questi possano avere la possibilità teorica di poter fare marcia indietro e tornarsene a casa. La Direzione di comando e controllo infatti, sarebbe insediata ed entrerebbero in azione i cancelli ai varchi d’uscita. Durante il pre allarme verrebbero svuotati ospedali e case di cura e carceri, così come i beni culturali (quadri, statue, arazzi, libri, ecc.) sarebbero impacchettati e trasportati in luogo sicuro fuori dal perimetro a rischio.

Nelle mappe presentate dalla comunità scientifica, la zona di Agnano e dintorni, per una serie di motivi (ipotesi), è stata adottata come possibile luogo di apertura di una bocca eruttiva. Quindi, hanno calcolato che eventuali flussi piroclastici difficilmente scavalcherebbero la collina di Posillipo e ancora meno quella dei Camaldoli. Un po' più difficile sarà valutare la zona rossa 2, quella della ricaduta massiccia di cenere e lapilli, perché i prodotti piroclastici scaraventati in alto non verrebbero fermati dalle creste collinari e si andrebbero a depositare, secondo calcoli statistici, probabilmente a est del flegreo, quindi in pieno centro cittadino partenopeo. Ne conseguirebbe che la Prefettura di Napoli potrebbe risultare vulnerabile così come la Questura il Municipio ed altri importanti uffici e strutture pubbliche cittadine.

Quello che ci lascia sempre alquanto attoniti, è l’incapacità della politica che non riesce ad imporre un secco divieto anti cemento che inibisca la costruzione di nuovi insediamenti residenziali all’interno della zona rossa flegrea, esattamente come è stato fatto da Bassolino nel 2003 per la plaga vesuviana. In quest’area, a volte percorsa da olezzi di zolfo che come monito ricordano dove ci si trovi, occorrerebbero politiche degli spazi e infrastrutture viarie capaci di indirizzare, all'occorrenza, il maggior numero possibile di veicoli  in direzione nord e nord est, onde offrire elementi di rapido collegamento con l’autostrada Napoli-Roma.

Qualora esista davvero questa possibilità geo operativa da stargate vulcanico offertaci dalla fase di pre allarme, sarebbe utile che si sfruttasse d'appieno, e se ne andassero dalla zona rossa le persone vulnerabili, cioè quelle con patologie che non consentono deambulazione o indipendenza, ed ancora vecchi e bambini che non è il caso di coinvolgerli in una situazione di stress evacuativo. Per quanto tempo starebbero lontani? Gli strumenti non lo dicono... Purtroppo, in assenza di misure di prevenzione delle catastrofi, la sicurezza dei 550.000 del flegreo, pare che sia affidata alla capacità delle istituzioni di diramare un falso allarme…ma anche per quello, credeteci, ci vogliono veramente grandi competenze. Strano vero?