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Capo Miseno visto da Monte Nuovo |
Nei Campi Flegrei questa procedura appena descritta che
prende come punto di partenza sei decenni di pace vulcanica, non è attuabile per
il super vulcano flegreo, perché il distretto calderico si caratterizza per una
quiescenza che dura oramai da circa mezzo millennio. Quindi, non ci sono tempi
minimi da cui iniziare a contare,
e allora molto probabilmente l’orologio probabilistico ticchetta da qui in
avanti scalando i valori percentuali con molta noncuranza matematica…
L’ultima eruzione nei Campi Flegrei, dopo una pace vulcanica durata 3000 anni, si è verificata nel 1538 con la nascita di Monte Nuovo: un modesto rilievo dall’inconfondibile forma del tronco conico vulcanico, alto 133 metri e oggi ben vegetato. Prima dell’eruzione, qui sorgeva il villaggio di Tripergole di cui si sono perse le tracce, probabilmente perché in parte ricoperto dai prodotti piroclastici e in parte disintegrato dalle dirompenze vulcaniche. Un villaggio che viveva di pesca ma anche di turismo legato alle cure termali assicurate in loco da strutture di ricezione supportate anche da un sito ospedaliero a testimonianza di pratiche curative.
L’eruzione avvenne in orario serale il 29 settembre
1538, sviluppandosi da una spaccatura localizzata inizialmente in ambiente marino, e da altre bocche secondarie. L’attività vulcanica ebbe un taglio non molto potente ancorchè classico con la formazione di una modesta colonna eruttiva, con successive esplosioni anche
di tipo freatomagmatico e stromboliane, con la cenere che raggiunse Napoli
così come le pomici furono asperse per diversi chilometri dal centro eruttivo.
Nelle ultime fasi dell’eruzione, circa 24 persone incuriosite dal fenomeno, si avvicinarono troppo
al nuovo vulcano, e perirono perché furono investite dall’espulsione improvvisa
di materiale piroclastico caldissimo misto a cenere soffocante.
Le preziose osservazioni che riguardano questo evento,
l’unico verificatosi in tempi storici dopo una quiescenza come detto trimillenaria, narrano di terremoti perduranti da alcuni
anni, accentuatisi poi negli ultimi due, con una impennata dei sussulti che incalzarono minacciosi nei due giorni che
precedettero l’eruzione. Nell’imminenza del fenomeno vulcanico, si verificò pure
un vistoso sollevamento del fondo marino. Il rigonfiamento causò delle secche
che colsero i pesci di sorpresa, probabilmente anche per un certo effetto stordente dovuto ai gas vulcanici
che trapelavano copiosi dal fondo marino. Questo consentì alle genti del posto di fare man bassa del prodotto ittico che fu raccolto a carrettate. Fu
osservato pure un incremento dei gas magmatici alla Solfatara e in altre zone
vicine a ridosso del Monte Barbaro, così come non passò inosservato un certo deterioramento della vegetazione, probabilmente dovuto all’idrogeno
solforato che da tempo e da alcuni siti, si diffondeva in atmosfera. I fenomeni prodromi dell'eruzione, si acuirono tutti nella breve fase preeruttiva...
I sintomi appena elencati e incalzanti con il tempo, anticiparono quell’eruzione, e questo ha fatto ritenere a non pochi esperti, che la prossima manifestazione eruttiva nel flegreo, potrebbe essere simile a quella del 1538 e forse con l’apertura della bocca/spaccatura, in una zona marina o terrestre racchiusa in quei cerchi riportati in basso sulla mappa, che circoscrivono la zona d’intervento bradisismica, prevalentemente puteolana e napoletana, caratterizzata dall'innalzamento a campana dei suoli. Ricordiamo che il punto di massimo sollevamento (146 cm.), è localizzato in mare poche centinaia di metri a sud del Rione Terra, e che è tutt'ora in atto il fenomeno, con un innalzamento di 15 mm. al mese. Valore ricordiamolo, che potrebbe diminuire o incrementarsi improvvisamente e notevolmente.
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