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lunedì 30 giugno 2025

Rischio eruttivo ai Campi Flegrei. L'eruzione Monte Nuovo 1538: ieri come oggi?..di Malko

 

Capo Miseno visto da Monte Nuovo



Nell’articolo precedente abbiamo illustrato la statistica elaborata dall’INGV per determinare la futura eruzione di riferimento al Vesuvio: una procedura necessaria ma non infallibile, attuata quando non s’intende adottare l’evento massimo conosciuto, soprattutto in un campo, quello vulcanico, dove l’indeterminazione regna sovrano. Questo percorso valutativo è stato così concepito e basato sulle probabilità che una certa tipologia eruttiva possa ripresentarsi per il futuro in un determinato arco di tempo contato a partire da una quiescenza di 60 anni.

Nei Campi Flegrei questa procedura appena descritta che prende come punto di partenza sei decenni di pace vulcanica, non è attuabile per il super vulcano flegreo, perché il distretto calderico si caratterizza per una quiescenza che dura oramai da circa mezzo millennio. Quindi, non ci sono tempi minimi da cui iniziare a contare, e allora molto probabilmente l’orologio probabilistico ticchetta da qui in avanti scalando i valori percentuali con molta noncuranza matematica…


L’ultima eruzione nei Campi Flegrei, dopo una pace vulcanica durata 3000 anni,  si è verificata nel 1538 con la nascita di Monte Nuovo: un modesto rilievo dall’inconfondibile forma del tronco conico vulcanico, alto 133 metri e oggi ben vegetato.  Prima dell’eruzione, qui sorgeva il villaggio di Tripergole di cui si sono perse le tracce, probabilmente perché in parte  ricoperto dai prodotti piroclastici e in parte disintegrato dalle dirompenze vulcaniche. Un villaggio che viveva di pesca ma anche di turismo legato alle cure termali assicurate in loco da strutture di ricezione supportate anche da un sito ospedaliero a testimonianza di pratiche curative.

L’eruzione avvenne in orario serale il 29 settembre 1538,  sviluppandosi da una spaccatura localizzata inizialmente in ambiente marino, e da altre bocche secondarie. L’attività vulcanica ebbe un taglio non molto potente ancorchè classico con la formazione di una modesta colonna eruttiva, con successive esplosioni anche di tipo freatomagmatico e stromboliane, con la cenere che raggiunse Napoli così come le pomici furono asperse per diversi chilometri dal centro eruttivo. Nelle ultime fasi dell’eruzione, circa 24 persone incuriosite dal fenomeno, si avvicinarono troppo al nuovo vulcano, e perirono perché furono investite dall’espulsione improvvisa di materiale piroclastico caldissimo misto a cenere soffocante.

Le preziose osservazioni che riguardano questo evento, l’unico verificatosi in tempi storici dopo una quiescenza come detto trimillenaria, narrano di terremoti perduranti da alcuni anni, accentuatisi poi negli ultimi due, con una impennata  dei sussulti che incalzarono minacciosi nei due giorni che precedettero l’eruzione. Nell’imminenza del fenomeno vulcanico, si verificò pure un vistoso sollevamento del fondo marino. Il rigonfiamento causò delle secche che colsero i pesci di sorpresa, probabilmente anche per un certo effetto stordente dovuto ai gas vulcanici che trapelavano copiosi dal fondo marino. Questo consentì alle genti del posto di fare man bassa del prodotto ittico che fu raccolto a carrettate. Fu osservato pure un incremento dei gas magmatici alla Solfatara e in altre zone vicine a ridosso del Monte Barbaro, così come non passò inosservato un certo deterioramento della vegetazione, probabilmente dovuto all’idrogeno solforato che da tempo e da alcuni siti, si diffondeva in atmosfera. I fenomeni prodromi dell'eruzione, si acuirono tutti nella breve fase preeruttiva...

I sintomi appena elencati e incalzanti con il tempo, anticiparono quell’eruzione, e questo ha fatto ritenere a non pochi esperti, che la prossima manifestazione eruttiva nel flegreo, potrebbe essere simile  a quella del 1538 e forse con l’apertura della bocca/spaccatura, in una zona marina o terrestre racchiusa in quei cerchi riportati in basso sulla mappa, che circoscrivono la zona d’intervento bradisismica, prevalentemente puteolana e napoletana, caratterizzata dall'innalzamento a campana dei suoli.  Ricordiamo che il punto di massimo sollevamento (146 cm.), è localizzato in mare poche centinaia di metri a sud del Rione Terra, e che è tutt'ora in atto il fenomeno, con un innalzamento di 15 mm. al mese. Valore ricordiamolo, che potrebbe diminuire o incrementarsi improvvisamente e notevolmente.



Se il passato ha una certa importanza per ipotizzare le dinamiche che caratterizzeranno questo distretto vulcanico nel futuro, potremmo concludere che nei Campi Flegrei sono in atto fenomeni che ricordano molto  i prodromi del 1538: sismicità diffusa, sollevamento del suolo ed emissioni dal sottosuolo di gas prevalentemente magmatici come l'anidride carbonica e l'idrogeno solforato. Quelle legate alla nascita del Monte Nuovo non furono dinamiche improvvise ma costanti, perduranti da anni seppur con logiche modicamente crescenti, al punto che i puteolani inquadrarono inizialmente questi segnali come fastidio ma non come pericolo. Purtuttavia si giunse a un punto che in alcune decine di ore i fenomeni vulcanici diventarono percepibili appieno e incalzanti al punto da causare paure ancestrali con susseguente salvifico fuggi fuggi generale degli abitanti di Tripergole e di Pozzuoli. 
Questa cronologia degli eventi che per tre quarti si sta ripetendo nel puteolano, potrebbe essere una sorta di vademecum comportamentale, nel momento in cui il sollevamento dei suoli dovesse velocemente acutizzarsi, insieme ad eventi simici sempre più forti e incalzanti: due segnali che imporrebbero dubbi e forse consiglierebbero di andare a comprare le sigarette fuori dalla zona rossa...

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