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sabato 23 settembre 2023

Rischio eruttivo ai Campi Flegrei - Col Prof. Mastrolorenzo i limiti della previsione eruttiva... di Malko

 

La Solfatara di Pozzuoli

I Campi Flegrei sono una vasta area calderica ubicata a ovest di Napoli: trattasi di un distretto classificato come sede di un super vulcano; da questo sito infatti, si potrebbero generare eruzioni di modesta intensità, ma anche con indici di esplosività notevoli, pur se quest’ultima eventualità è considerata dai matematici a bassa probabilità di accadimento. Nella fattispecie del discorso, un’eruzione pliniana viene data all'1% di probabilità per il Vesuvio e ai Campi Flegrei arriviamo al 4%...

statistica tipologia eruttiva Campi Flegrei


In seguito ad alcune riflessioni espresse dal Professor Giuseppe Mastrolorenzo su radio radicale, si è acceso sui media un dibattito sul rischio eruttivo nell’area flegrea. Secondo il famoso vulcanologo, non è possibile produrre con certezza una previsione di eruzione, così come non è possibile escludere taglie eruttive superiori agli scenari massimi prospettati (VEI4 n.d.r.), che metterebbero a dura prova la validità dei piani di emergenza. Ai meno esperti ricordiamo che il piano di emergenza vulcanica, nel caso del Vesuvio e dei Campi Flegrei, contempla un solo rischio che è quello eruttivo, con l’unica azione di tutela possibile consistente nell’evacuazione della zona rossa, cioè facendo in modo che si interponga per tempo una certa distanza tra il Pericolo vulcanico e il Valore Esposto. Quanto debba essere questa distanza, dipende dall’indice di esplosività vulcanica (VEI) assegnato all’eruzione di scenario: il piano di emergenza vulcanico allora, si condensa tutto nel piano di evacuazione. Per l’isola d’Ischia, mancano ancora gli scenari di pericolo…


La funzione schematica del piano di evacuazione. (d) dipende dall'indice di esplosività vulcanica (VEI).


La direttrice del dipartimento Vulcani dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV), con una intervista all'ANSA a proposito dei Campi Flegrei, ha ritenuto opportuno precisare quanto segue: <<...abbiamo potenziato l’infrastruttura di monitoraggio su più parametri… è inoltre costante sia lo sforzo di migliorare la sensibilità degli strumenti, sia il grande lavoro di analisi dei dati generati dagli strumenti, e chiunque abbia la possibilità di studiare i dati, si rende conto che questi danno un quadro reale della situazione>>.

In realtà pensiamo che il quadro non può essere mai reale al cento per cento, perché ci sono chilometri di spessori di crosta insondabili, con strumenti che analizzano fenomeni di superficie ed altri in profondità attraverso prospezioni indirette. L’esempio che meglio chiarisce le cose che vogliamo dire, è che ancora oggi non siamo in grado di distinguere le origini dei terremoti nel flegreo, che prevedono cause riconducibili al magma o agli acquiferi surriscaldati o da entrambi. La discriminazione causale in questo caso sarebbe stata importante... Siamo convinti che la strumentazione multi parametrica installata in loco aiuti molto la conoscenza dei complicati processi naturali che regolano la vita di un vulcano, purtuttavia le apparecchiature ultra tecnologiche sono in grado di garantire un’istantanea precisissima e aggiornatissima dei dati geofisici e geochimici, ma fino allo stop orario corrispondente al momento del clic strumentale. Questi dati poi, presumibilmente vengono cristallizzati per procedere a un’analisi teorica dello stato di turbolenza sotterranea del vulcano, confrontando gli elementi di monitoraggio raccolti con quelli di altre aree calderiche in altre aree geografiche del mondo, che hanno avuto una storia eruttiva recente e soprattutto documentata: da qui e con la comparazione, gli esperti tenterebbero di elaborare delle previsioni comprensibilmente probabilistiche.

La responsabile del dipartimento vulcani continua:<<Sulla base di questi dati, vengono poi elaborati modelli e scenari futuri, a breve, medio e lungo termine… Nei Campi Flegrei è perciò attiva una rete di monitoraggio complessa, affiancata da un sistema di analisi avanzate, tutti elementi che insieme sono fondamentali per individuare eventuali cambiamenti e per fornire gli elementi utili alla realizzazione di scenari di pericolosità>> …Dagli scenari dipendono i piani di evacuazione: questi ultimi sono basati sugli scenari che forniamo al dipartimento della Protezione Civile…>>.

Se non si precisano in mesi e anni i termini a breve, a medio e a lungo termine, non si chiariscono molto le argomentazioni addotte. Analizzando i dati che emergono dai monitoraggi assicurati dalle strumentazioni multi parametriche e dal sistema di analisi avanzate, riteniamo che gli unici scenari utilmente ponderabili e nella migliore delle ipotesi in chiave probabilistica, sono quelli nel breve e brevissimo termine. In altre parole, quello che serve alla popolazione è l’a previsione corta dei tempi d'attesa eruzione, perché potrebbe essere quella statisticamente più attendibile per evitare un falso allarme, o una probabilità d'errore molto alta nel medio periodo.

La storia eruttiva ai Campi Flegrei dovrebbe suggerire al sindaco di Pozzuoli di inibire l’ulteriore antropizzazione della caldera, perché ogni atto di edilizia residenziale, anche in chiave di sanatoria, è una mutua assunzione di responsabilità, perché espone con atto amministrativo un cittadino, una famiglia, all’azzardo vulcanico. Le stesse osservazioni valgono per il sindaco di Napoli (leggi Bagnoli), e dagli altri sindaci flegrei che si sono presentati recentemente dal ministro Nello Musumeci a chiedere fondi, chiamando in causa la sismicità lieve e moderata dettata dal bradisismo nella zona prevalentemente puteolana. Il rischio eruttivo non lo hanno evocato tanto: lo evitano come la dea miseria (Oizys), perché non porta opulenza e non rimpingua le casse…

Per quanto riguarda gli scenari di pericolosità, legati tra l’altro alla taglia eruttiva, proprio per non doverli inseguire attraverso esercizi complessi e complesse analisi puramente teoriche, dovrebbero essere contemplati nei piani di emergenza in una misura cautelativa e non come media mediata della magnitudo d’evento. Da un punto di vista tecnico, cautelativo significa in linea di principio adottare la massima eruzione conosciuta. Diversamente è misura cautelativa anche quella che adotta la massima energia da cui oggi è possibile verosimilmente difendersi. Quindi, in un regime democratico quale il nostro, la popolazione necessariamente dovrebbe essere informata sui limiti della scienza e non sui presunti miracoli della scienza, e ancora conoscere con certezza il livello di protezione garantiti dal mondo istituzionale con annesse impossibilità. Sarebbe auspicabile che le autorità di governo del territorio, in nome di una certa deontologia politica, iniziassero anche in nome dei posteri, a organizzare il territorio con progetti finalizzati a ridurre la presenza abitativa, favorendo poi il riordino urbanistico, soprattutto in chiave di resilienza e di sicurezza di territori invadibili dagli effetti deleteri di una possibile eruzione esplosiva. 

La ex direttrice dell’osservatorio vesuviano, continua la sua intervista chiarendo… :<<… Esiste, perciò, “un sistema organizzato “, nell’ambito del quale “una variazione del livello di allerta viene concordata con la Commissione Grandi Rischi”, in questo caso per il rischio vulcanico. Questo significa che “i piani di emergenza sono basati sull’idea che ci sia un cambio di livello di allerta prima dell’eruzione, conseguenza di una valutazione basata su dati scientifici”.

Leggiamo che i piani di emergenza sono basati sull’idea che ci sia il cambio dei livelli di allerta vulcanica basati su dati scientifici. D’altra parte ci sembra il caso di precisare che la commissione grandi rischi non concorda con terzi ma delibera in ambito assembleare interno il livello di allerta vulcanica da assegnare ai Campi Flegrei, attraverso un parere finale scritto. Il referente di vecchia e nuova nomina della commissione grandi rischi per il rischio vulcanico, è il Prof. Mauro Rosi, già referente del comitato tecnico scientifico del comune di Pozzuoli.  La Dottoressa Francesca Bianco è stata nominata componente della stessa commissione per l’INGV. Il livello di allerta vulcanica che caratterizza la caldera flegrea, nell’attualità è giallo: diciamo pure che è il livello più semplice da determinare e dichiarare.


La valutazione circa lo stato di unrest vulcanico, effettuata come detto dall’autorità scientifica attraverso l’analisi strumentale dei fattori geochimici e geofisici rilevati dall’osservatorio vesuviano, potrebbe fornire elementi utili per aggiornare la scala dei livelli di allerta vulcanica: anche in questo caso però, questa scala di sintesi, è di chiara matrice probabilistica. Infatti, attraverso il passaggio da un colore all’altro, si vuole indicare il progressivo acuirsi di fenomeni che, presumibilmente, potrebbero avvicinarsi a una ipotetica soglia preeruttiva ed eruttiva, ma senza alcuna certezza deterministica. Il problema è proprio questo, cioè non si conosce una soglia oltre la quale il vulcano potrebbe dirompere da una o più bocche; non c’è un pregresso ben documentato dei sintomi preeruttivi dei vulcani flegrei, atteso che l’ultima eruzione risale al 1538: un periodo dove le osservazioni erano sostanzialmente limitate al macroscopico e percepite direttamente dai sensi dagli occasionali osservatori. D’altra parte non c’è neanche una soglia fisica oltre la quale il rigonfiamento del bradisismo potrebbe sfociare in una manifestazione eruttiva o freatica. Il bradisismo, da molti inteso come fenomeno a sé stante rispetto al rischio eruttivo, non ha una scala autonoma di pericolosità che accompagni il fenomeno nella sua ascesa o discesa. Il danno statico dettabile dalla micro sismicità in genere è lieve fuori da momenti preeruttivi e eruttivi; con l’attuale equidistanza delle isoipse e la velocità d’innalzamento del terreno, non dovrebbero esserci per il momento complicazioni per l’edificato esistente, soprattutto se non sono edifici di vecchia fattura e mal manutenuti. Una forte e improvvisa accelerazione dei suoli in ascesa, potrebbe far aumentare la pericolosità dell’area non solo dal punto di vista sismico e bradisismico, ma anche e soprattutto vulcanico eruttivo magmatico o freatico.

Per poter passare da un livello di allerta all’altro, sia in forma anterograda che retrograda, non esistono tempi di attesa predefiniti. Se esistessero (e una volta esistevano), avremmo la previsione d’eruzione. In realtà non ci sono neanche valori minimi predefiniti, al cui raggiungimento sarebbe possibile dichiarare lo stato di preallarme o allarme scientifico. Allora lo stato di preallarme o allarme, sono condizioni conclusive a cui pervengono i componenti della commissione grandi rischi per il rischio vulcanico, dopo colloqui e disanima dei dati di monitoraggio e consulenze assicurate dai cosiddetti centri di competenza. Bisogna anche contemplare il possibile salto di allerta da attenzione ad allarme...

livelli di allerta vulcanica


Deve essere anche chiaro che non c’è un automatismo per il quale alla dichiarazione dello stato di preallarme scientifico (livelli), corrisponda immediatamente la fase di preallarme civile (fase). Alla dichiarazione dello stato di preallarme scientifico infatti, dovrà corrispondere una decisione del presidente del consiglio che vaglierà la situazione da tutti i punti di vista prima di dichiarare lo stato di preallarme generalizzato. In linea di principio, anche se venisse sancito a cura della commissione grandi rischi il preallarme, in assenza di una decisione governativa si permarrebbe, nel caso del flegreo, ancora in una condizione di attenzione.

fasi operative


Approfittando della cortese disponibilità del Prof. Giuseppe Mastrolorenzo, vulcanologo dell’INGV, gli rivolgiamo alcune domande che l'esperto ci ha anticipato che per tempo saranno trattate in modo necessariamente sintetico: Professor Mastrolorenzo, dal flegreo segnale di prossima eruzione

Purtroppo non lo sappiamo, in quanto, eccetto le generiche informazioni riportate nelle cronache storiche sull'eruzione di Monte Nuovo del 1538, non abbiamo alcuna esperienza su come si preannuncia un'eruzione nei Campi Flegrei, e solo qualche debole esperienza ci perviene da eruzioni da caldere in altre aree del pianeta. Ma ogni sistema ha caratteristiche singolari, ed è molto azzardata la comparazione tra aree vulcaniche diverse.

È possibile ritenere che, con strumentazioni sofisticate, sia possibile prevedere eruzioni vulcaniche e conoscere in anticipo la taglia eruttiva?

I limiti nella prevedibilità di una eruzione non sono semplicemente tecnologici, e quindi non possono essere superati semplicemente dal miglioramento delle tecnologie di monitoraggio. Il sistema vulcanico è un sistema complesso con moltissime variabili, tra loro interconnesse, che solo in parte riusciamo a seguire e con relazioni tra loro scarsamente conosciute. In tale sistema, anche la minima variazione di un parametro, magari non rilevabile, può innescare l'eruzione. Di fatto, per la fisica i sistemi complessi sono intrinsecamente imprevedibili, ma al più possono essere descritti nella loro evoluzione attraverso l'osservazione.

Come spesso dico, anche il più avanzato dei sistemi di monitoraggio, può rivelarci le modificazioni dei parametri monitorati fino a una frazione di secondo fa, ma non può consentirci di prevedere quello che avverrà nella prossima frazione di secondo, né quanto siamo prossimi a condizioni critiche del sistema che possono portare ad una eruzione.

L'illusione che non va indotta nella popolazione, è quella che il monitoraggio vulcanico, sia anche lontanamente confrontabile con quello meteorologico, che ci consente di prevedere come sarà il tempo nei prossimi giorni con ragionevole affidabilità. Nel caso del sistema vulcanico, oltre i dati rilevati, si entra nel complesso ambito delle interpretazioni, attraverso modelli e ipotesi, spesso tra loro contrastanti. In linea di massima quello che possono rilevare le strumentazioni sono variazioni drastiche dei parametri monitorati, primi tra tutti, sismicità, deformazioni del suolo e variazione di composizione e flusso di gas alle fumarole. Purtroppo, per i Campi Flegrei, anche eventuali drastiche modificazioni non necessariamente indicano l'imminenza di una eruzione, ma trasferiscono la decisione in merito a valutazioni su base di modelli e soprattutto a scelte politiche in merito alla minimizzazione dei rischi, magari anche assumendosi l'onere di falsi allarmi. La realtà è che non essendo note soglie critiche per il passaggio dallo stato non eruttivo a quello eruttivo, la valutazione sulla possibile imminenza di una eruzione può essere solo basata su valutazioni personali degli scienziati membri della Commissione Grandi Rischi.

Gli strumenti multi parametrici consentono di prevedere una eruzione freatica?

Sulla prevedibilità delle esplosioni freatiche, c'è davvero pochissima esperienza.

È probabile che l'esplosione sia preceduta da modesta deformazione della superficie e/o intensificazione di emissione di fluidi, con modeste manifestazioni di micro sismicità, ma in generale, le esplosioni freatiche sono processi apparentemente improvvisi, dovuti alla più o meno rapida pressurizzazione di fluidi in diversi contesti che comprendono aree geotermiche, condotti vulcanici, in assenza di magma, o zone di contatto fra intrusioni magmatiche e rocce  fratturate e porose più o meno sature di fluidi.

 A quanti chilometri nel sottosuolo c’è il famoso "lago di magma"?

Gli studi condotti da me e da altri colleghi su base magmatologica e petrografica, indicano la presenza di un possibile esteso sill (strato orizzontale di magma), con tetto intorno ai 7 chilometri di profondità. Questa evidenza è in buon accordo con gli studi di tomografia sismica condotti nell'area.

È opportuno precisare che una possibile eruzione non implica la risalita in massa del magma verso la superficie, ma il collegamento fra il magma profondo e la superficie, attraverso un condotto che, almeno nelle fasi iniziali, consisterebbe in una frattura nella crosta della larghezza di pochi metri difficilmente rilevabile dalla superficie. Tale frattura potrebbe non produrre deformazioni significative e la cui sismicità potrebbe essere associata, almeno nei primi momenti, a un'ordinaria fase bradisismica. Solo successivamente questa frattura si evolverebbe in un condotto eruttivo della larghezza di qualche decina di metri.

Nei Campi Flegrei vige il rischio sismico, bradisismico ed eruttivo: quale dobbiamo maggiormente temere?

Certamente il rischio vulcanico è quello più temibile nei Campi Flegrei, e infatti proprio su tale rischio è stato formulato il piano di emergenza nazionale. I Campi Flegrei sono senz'altro l'area vulcanica a più alto rischio al mondo per la possibilità che si possano verificare eruzioni esplosive anche di grande portata in un ambito ad elevatissima urbanizzazione all'interno della caldera, e in una estesa area intorno alla zona di possibile apertura di bocche eruttive. Benché sussista un rischio sismico associato alle crisi bradisismiche, la magnitudo massima attesa è modesta per l'impossibilità del sottosuolo di accumulare elevati livelli di stress, contrariamente a quanto avviene, ad esempio, nella dorsale appenninica. È evidente comunque che scosse della massima magnitudo attesa, verosimilmente di poco superiore al 4 grado Richter, data la bassa profondità ipocentrale possano causare danneggiamento maggiori nell'area epicentrale.

Una evacuazione con eruzione in corso è pura fantascienza o bisogna contemplarla come realpolitik emergenziale?

Nella storia delle comunità residenti in aree vulcaniche attive, l'evacuazione in corso di eruzione è stata la norma, basta pensare a Pompei, dove nell'eruzione pliniana del 79 d.C. pur non sapendo di vivere su un vulcano attivo e pericoloso, riuscì a salvarsi verosimilmente tra l'80 e il 90 ٪ della popolazione residente.

L'eruzione non è un disastro "istantaneo " come un'esplosione nucleare, ma un processo progressivo nel quale, in generale, almeno nelle prime ore, è possibile spostarsi verso zone sicure, in presenza di adeguate vie di fuga e di rapide decisioni operative.

Di fatto, quella dell'evacuazione in corso di eruzione è una eventualità grave, ma assolutamente da contemplare, a causa della possibilità di un mancato allarme, derivante dalla comprensibile sottovalutazione di precursori di modesta entità, o per processi profondi, purtroppo poco rilevabili. Per un'eventuale evacuazione in corso di eruzione, è necessaria la presenza di adeguate via di fuga, sistemi di allertamento, esercitazioni estese a tutta la collettività e informazione continua e dettagliate e aggiornate sui percorsi.

I piani di evacuazione basati sull’idea di una mutazione dei livelli di allerta vulcanica dichiarabili dalla commissione grandi rischi, hanno una loro gradualità che garantisce il preallarme prima dell’eruzione?

L'ipotesi della gradualità del processo di evoluzione da uno stato pre-eruttivo ad uno eruttivo, è senz'altro ragionevole. Restano imprevedibili però, per quanto già detto sui sistemi complessi, i tempi e le modalità di transizione tra i diversi stati. Particolarmente, per una caldera come quella dei Campi Flegrei, nella quale l'esteso sistema idrotermale che costituisce gli ultimi chilometri più superficiali, per certi versi amplifica e per altri maschera la dinamica più profonda.

Di fatto, differentemente dal passaggio al livello giallo, quelli a livello arancione e a livello rosso, proprio per le scarse conoscenze sul sistema vulcanico, non sono basati su soglie ben definite, e saranno decisi sulla base di valutazioni da parte della Commissione Grandi Rischi sulla base dei dati di monitoraggio, e quindi, su un processo di interpretazione basato sulle conoscenze individuali dei singoli membri, su un processo di fatto mai osservato prima e solo qualitativamente comparabile con le scarse esperienze di eruzioni in caldere monitorate, avvenute in altre aree mondiali 

Nel concludere questo articolo ringraziamo il Professor Giuseppe Mastrolorenzo per la disponibilità assicurataci.

Difficilmente ai cittadini di quest’area possono pervenire messaggi di rassicurazione o di allarme perché non ci sono elementi per acclarare una delle due condizioni. Rubando qualcosa all’emergenza covid, probabilmente bisogna mantenere uno stato di vigile attesa nei momenti topici, avendo ben presente il fatto che i problemi di sicurezza, e quelli operativi e preventivi non si possono risolvere affrontandoli quando il problema o il pericolo si presenta… Certamente non ci si abitua ai sommovimenti sismici, soprattutto perché non si capisce quale piega possono prendere. Neanche la storia pregressa dei Campi Flegrei ci viene in aiuto, perché ci sono state manifestazioni inquadrabili come preeruttive poi scemate, ed altre come quelle del 1538 concretizzatesi con l’eruzione di Monte Nuovo. L’unica certezza che abbiamo è che sono 485 anni che non si verificano eruzioni. Il dato però, anche in questo caso, può essere incoraggiante o scoraggiante…

I piani di evacuazione fin qui elaborati per il rischio eruttivo ai Campi Flegrei, sembrano aritmetici, con un'efficacia difficilmente dimostrabile, soprattutto perché gli strateghi pensano di contare su un’ampia fase di preallarme con buona parte della popolazione che andrebbe via ordinatamente alleggerendo numericamente l'esodo finale. Non è da escludere questa possibilità così come non v'è certezza che tale risultato sia conseguibile...Come ha detto la responsabile del dipartimento vulcani, i piani di emergenza sono basati sull’idea che ci sia un cambio di livello di allerta prima dell’eruzione, da sancire attraverso valutazioni scientifiche. Il nostro pensiero allora torna indietro al 21 agosto 2017, quando col terremoto di Ischia, tra l’altro escluso pochi mesi prima proprio dal mondo scientifico, furono necessarie 96 ore per individuare l’ipocentro esatto del terremoto, con grande ira del fu presidente Boschi che l'ipocentro l'aveva calcolato subito e a mano… il piano di evacuazione del flegreo, è appena il caso di ricordarlo, è tarato su 72 ore.



martedì 12 settembre 2023

Rischio eruttivo ai Campi Flegrei: Pozzuoli comune bradisismico... di Malko

 


I Campi Flegrei sono una caldera vulcanica dove il rischio eruttivo è immanente ma non prevedibile deterministicamente, sia in termini temporali che di magnitudo. La zona rossa ad alta pericolosità vulcanica, e quindi i piani di evacuazione che dicono vigenti e funzionali allo scopo, sono tarati su scenari eruttivi ricavati probabilisticamente, e quindi nell’attualità la comunità scientifica ha ipotizzato la possibilità che per il futuro si debba dover fronteggiare un’eruzione a media intensità, valutata al massimo di tipo sub pliniano, ovvero con indice di esplosività vulcanica VEI4.

I fenomeni in atto da tempo nel distretto calderico flegreo, hanno reso necessario dal 2012 e a cura delle autorità dipartimentali su parere della commissione grandi rischi, la proclamazione dello stato di attenzione vulcanica. Infatti, nel sottosuolo vige una condizione di unrest, con il fenomeno del bradisismo tuttora in auge, con picchi da oltre un metro di sollevamento registrati al Rione Terra: agglomerato urbano di vecchia e modesta fattura ancorchè ricondizionato, ubicato a ridosso del porto di Pozzuoli. Questo caratteristico addensamento di fabbricati che forse andava restaurato per la sola parte archeologica, fu meta d’insediamenti quando per effetto del bradisismo positivo le case vicino al porto e i moli stessi finirono sott’acqua risultando inagibili.

In tutta l’area flegrea occorre registrare sismicità a bassa magnitudo, tra il lieve e il moderato e spesso a sciami, con sussulti avvertiti soprattutto localmente, perché gli ipocentri in genere sono superficiali facendo così aumentare la percezione e l’intensità del fenomeno. Dalla casistica storica però, non sembra che si riscontrino franamenti luttuosi in quel di Pozzuoli, e i sismi a maggiore magnitudo sembra che siano stati quelli di origine tettonica, e quelli che si svilupparono a ridosso dell’eruzione di Monte Nuovo nel 1538. Inoltre, in zona puteolana si registrano fenomeni di degassamento in terra e in mare con rilascio giornaliero in atmosfera di oltre 3000 tonnellate di anidride carbonica: valori che ricordano emissioni da apparati a condotto aperto.

Il piano d’emergenza e di evacuazione a tutela delle popolazioni esposte, per un totale di oltre 500.000 abitanti, è stato aggiornato recentemente, e dovrebbe garantire la sicurezza dell’intera calderopoli.
Il Comune di Napoli che ha importanti municipalità esposte in zona rossa flegrea, come Bagnoli, Soccavo, Fuorigrotta, Pianura, Posillipo e Chiaia per citare solo quelle principali, ha varato qualche mese fa un procedimento amministrativo per mettere a gara la riscrittura totale del piano di evacuazione a fronte del rischio vulcanico ai Campi Flegrei. L’appalto, volto a rivisitare la pianificazione esistente, mette al centro dell’attenzione degli strateghi i flussi di traffico che vogliono che siano rivalutati totalmente e ingegneristicamente. L’impegno ha un costo di circa 150.000 euro, e tempi limiti di redazione del documento misurati in 18 mesi. A conti fatti, le istruzioni riaggiornate per l’evacuazione emergenziale dovrebbero essere pronte nel 2025…

A Pozzuoli il sindaco ha deciso di sensibilizzare e coinvolgere il governo Meloni, chiamando in causa il ministro Nello Musumeci, responsabile politico del dipartimento di protezione civile. Nel merito il primo cittadino scrive:<<È fermo intendimento di quest'amministrazione - spiega Manzoni - coinvolgere ulteriormente anche il governo sulla nostra particolare situazione per tutelare le persone con ogni misura di prevenzione e di mitigazione del rischio. Pozzuoli necessita di provvedimenti ad hoc e di specifici stanziamenti di risorse da destinare alle verifiche sui fabbricati e all'eventuale adeguamento degli stessi, anche degli edifici privati per i quali non è possibile intervenire con fondi del bilancio comunale>>.

Osserviamo che a fronte delle problematiche di protezione civile, nel piano regolatore generale di Pozzuoli all’Art. 3 (Esigenze di protezione civile) si legge:<< La sicurezza della popolazione di Pozzuoli, in relazione ai rischi sismici dell'area Flegrea, costituisce finalità essenziale del P.R.G. e - tenuto conto delle caratteristiche geo vulcanologiche del territorio e delle esigenze di protezione civile - il diradamento degli insediamenti residenziali nella parte più a rischio della Città, nonché l'adeguamento delle costruzioni esistenti alla normativa antisismica, devono essere perseguiti come obiettivi primari, secondo quanto previsto al successivo art. 81>>.

L’articolo 81 è il primo del capo XII° ad oggetto- norme per la prevenzione del rischio idrogeologico sismico e vulcanico -. Questo disposto pone l’attenzione sulla necessità del diradamento abitativo funzionale, che dovrebbe interessare il 30% del patrimonio edilizio esistente nelle zone omogenee interessate dal bradisismo. È pensabile allora, che l’incentivo per chi “diradi” possa essere quello di potersi reinsediare perifericamente al centro antico e storico della cittadina puteolana, in luoghi maggiormente sicuri rispetto al rischio sismo bradisismico continuamente richiamato, con opere residenziali magari erigibili con finanziamenti pubblici.

Iniziativa a grandi linee lodevole, ma se così fosse l’impresa si rileverebbe in contrasto col rischio vulcanico, atteso che l’intero territorio puteolano e non solo il centro antico e storico, ricade nella temibile e insondabile zona rossa flegrea: settore quest’ultimo, invadibile dalle colate piroclastiche. Per il rischio vulcanico è riportato all’articolo 83 del piano regolatore comunale, il seguente disposto:<< in tutti gli interventi per l’intero territorio dovranno adottarsi le misure per la mitigazione dell’effetto vulcanico indicate nella relazione del Prof. Lirer (pagg.90-92), e le altre suggerite dalle moderne tecnologie (infissi a perfetta tenuta, ecc.)>>.

Forse l’indicazione comunale di utilizzare tecnologia capace di garantire infissi a tenuta stagna, nelle intenzioni del redattore c’era magari la benevola volontà di voler sbarrare la strada verso l’interno degli appartamenti ai flussi cinerei caldi. Il problema di fondo è che le vetrate anche a doppio vetro non fermano l’irruenza rovente delle correnti…

In ogni caso, pur volendo encomiare i tentativi volti alla ricerca di espedienti tecnici capaci di mitigare un non meglio precisato effetto vulcanico, gli autori di queste norme non escludono affatto l’edificabilità residenziale in zona rossa, ma piuttosto tracciano la strada affinché i fabbricati esistenti vengano ispezionati e riadattati per fronteggiare gli effetti sismici, così come in periferia si ipotizza velatamente la realizzazione di nuovi insediamenti residenziali. Nel frattempo, in questa cittadina si rilasciano ancora permessi a costruire in sanatoria, nonostante lo stato vigente di attenzione vulcanica…

In realtà, non c’è margine di difesa sufficiente per le fenomenologie attese in seno a un’eruzione VEI4. Ancor più se si considera che gli esperti geo matematici hanno ipotizzato una percentuale del 4% che l’eruzione di scenario al flegreo possa presentarsi con un indice di esplosività vulcanica VEI5 (Pliniana). Al Vesuvio tale catastrofica possibilità non supera l’1%. Quindi, le autorità puteolane, nel tempo sembra che abbiano maturato il concetto che di geo vulcanico nei loro territori ci sia solo il rischio sismico e bradisismico, (l’eruttivo non ci sembra tanto menzionato), ed è quindi sufficiente fortificare i fabbricati, o delocalizzare quelli esistenti ubicati a ridosso o nel comprensorio della gobba crostale del Rione Terra.
In realtà questo pensiero annoso ma ricorrente, che Pozzuoli debba difendersi prevalentemente dal rischio bradisismico è acclarato a partire dalle crisi bradisismiche degli anni ’70 e ’80. Saranno le emergenze di quel periodo a far planare sull’opinione pubblica l’idea di fondo che il pericolo vulcanico a Pozzuoli è insito tutto nel fenomeno del bradisismo che genera terremoti. L’attenzione infatti, fu tutta focalizzata sul rigonfiamento dei suoli che interessò appunto l’agglomerato di vecchie case del Rione Terra e le zone limitrofe. Tant’è che quando il rigonfiamento incominciò ad essere fortemente temuto, come misura precauzionale di tutela dei cittadini si scelse di evacuare tutti gli abitanti residenti nella zona del picco bradisismico.
Decine di migliaia di cittadini furono allora dislocati in nuove frazioni (Monterusciello e Rione Toiano), distanti solo alcuni chilometri dal centro storico e dal porto, col risultato finale che il loro spostamento che pure richiese investimenti economici di tutto rispetto, non è servito a molto in termini di sicurezza, atteso che la ricollocazione è avvenuta da zona rossa a zona rossa.

Pozzuoli è a pieno titolo un comune infra calderico, e quindi a pieno titolo fa parte della zona rossa ad alta pericolosità vulcanica. Questa classificazione di rischio, valida anche per il gemello eterozigoto chiamato Vesuvio, consentì all’ex presidente della regione Campania, Antonio Bassolino, di varare per la plaga vesuviana la legge regionale 21/2003 che proibiva e ancora proibisce qualsiasi realizzazione di fabbricati ad uso residenziale o di riconversione o di suddivisione di manufatti nel senso abitativo. In altre parole, alle pendici del Vesuvio teoricamente si può solo costruire abusivamente…

Questo divieto imposto dalla legge 21/2003 e tuttora vigente, serve a non aumentare il valore esposto in quella zona definita dallo stesso Stato come ad alta pericolosità vulcanica. I fenomeni annessi all’eruzione ritenuta probabilistica e che maggiormente preoccupano, sono le colate piroclastiche, che in seno a una eruzione esplosiva potrebbero invadere la zona rossa vesuviana, o alla stregua il fenomeno può materializzarsi nel flegreo, generando ampia fenomenologia distruttiva non mitigabile dall’adeguamento antisismico e strutturale dei fabbricati, e comunque non mitigabile nel senso della sopravvivenza umana.

Fino a qualche tempo fa era ricorrente che le amministrazioni tecniche come il dipartimento della protezione civile, e quelle scientifiche come l’osservatorio vesuviano, diffondessero notizie molto rassicuranti circa la capacità di prevedere con largo anticipo un’eruzione. Poi le cose sono leggermente mutate, tant’è che nei bollettini di sorveglianza vulcanica emessi dall’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia, si riporta al termine delle notizie questa nota:<< L'INGV fornisce informazioni scientifiche utilizzando le migliori conoscenze scientifiche disponibili; tuttavia, in conseguenza della complessità dei fenomeni naturali in oggetto, nulla può essere imputato all'INGV circa l'eventuale incompletezza ed incertezza dei dati riportati e circa accadimenti futuri che differiscano da eventuali affermazioni a carattere previsionale presenti in questo documento. Tali affermazioni, infatti, sono per loro natura affette da intrinseca incertezza>>. 

I piani per fronteggiare le emergenze vulcaniche campane, sono tarati su tempi di esecuzione di 72 ore. Questo intrinsecamente significherebbe che una previsione di tre giorni è data per scontata, in realtà è solo probabile. A non avere questa ferrea certezza sui tempi, è stato innanzitutto il presidente della regione Campania De Luca, che nel contesto esercitativo “exe flegrei 2019”, ebbe a precisare: 72 ore possiamo averle e possiamo non averle…


Alla poca prevedibilità dell’eruzione magmatica, bisogna aggiungere l’ancor meno prevedibilità delle eruzioni freatiche che, seppur contenute negli effetti, possono materializzarsi pressoché inaspettatamente in un qualsiasi punto del flegreo. In  quest’ultimo caso, tale tipologia eruttiva provocherebbe danni limitati alla zona del cratere e a quella prossima per diverse centinaia di metri, così come non si può escludere che dalla voragine crateriale possano diffondersi in atmosfera abbondanti emanazioni di anidride carbonica.

Allora occorre notare che forse l’amministrazione puteolana si è lanciata a corpo morto sulle filosofie operative dei tecnici che gestirono il bradisismo degli anni 70 e ’80, concentrandosi unicamente sugli aspetti micro sismici e bradisismici zonali e non sul pericolo eruttivo areale. Questo spiega perché c’è la corsa al finanziamento della scienza che monitora il vulcano, perché l’unica alternativa alla prevenzione della catastrofe vulcanica è la previsione del fenomeno eruttivo, oggi fuori portata tecnica e scientifica a causa del sistema complesso che caratterizza l’inesplorabile sottosuolo dinamico flegreo. Attuare la prevenzione dei disastri in terra eruttiva esplosiva, comporterebbe l’adozione di ogni iniziativa valida per non aumentare il numero di cittadini (Valore Esposto) nell’area ad alta pericolosità vulcanica, e allo stesso tempo attuare politiche di delocalizzazione da zona rossa a zona verde…Siffatte iniziative però, stentano a decollare, forse perché tolgono potere alla politica del consenso elettorale.

Alla difesa passiva consistente nel diminuire il valore esposto, e adeguare strutturalmente gli edifici in zona gialla, dovrebbe far seguito la difesa attiva, consistente nella realizzazione di opere viarie sempre più capienti e allacciabili alle grandi arterie autostradali: percorsi da impegnare attraverso norme semplici dettate da un piano di evacuazione autoportante.

A Pozzuoli, il sindaco Manzoni pare stia valutando di richiedere fondi pubblici per analizzare e adeguare con criteri antisismici i fabbricati puteolani: prerogative che troverebbe facili consensi soprattutto se le richieste di adeguamento provenissero dai sindaci dell’arco appenninico. In ogni caso una tale e lecita richiesta di sovvenzioni, sarebbe in linea con il ruolo istituzionale del primo cittadino. Queste iniziative volte al sovvenzionamento pubblico, per quanto meritevoli però, devono essere concepite in un quadro più grande di prevenzione della catastrofe vulcanica, e quindi non possono e non devono essere frutto di iniziative estemporanee che danno l'idea per niente veritiera del fare, senza una progettualità compiuta e a danno delle casse pubbliche. 

Sia chiaro poi, che il bradisismo flegreo e la sismicità da esso derivante, è sempre frutto diretto o indiretto del magma insito nel sottosuolo a una profondità di diversi chilometri; un magma di cui non si riesce ad apprezzarne l'eventuale staticità o il dinamismo pulsante dalla direzione incerta. Anche se dovesse verificarsi un’eruzione freatica, non annullerebbe di un solo giorno il rischio eruttivo magmatico. Con questo si vuole dire che la fortificazione dei fabbricati non annulla la vulnerabilità al rischio eruttivo. Allora si consolidino pure quei palazzi che meritano l'adeguamento antisismico, ma non prima che siano state scritte e pubblicate, misure adeguate di prevenzione del rischio vulcanico, quello eruttivo: nel puteolano pare sia necessario specificare.