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mercoledì 21 agosto 2024

Rischio vulcanico ai Campi Flegrei: siamo solo all'inizio... di Malko

Pozzuoli. Rione Terra

 

             

Il pensiero della commissione grandi rischi, riunitasi alcune settimane fa su invito del dipartimento della protezione civile, è quello che nella zona rossa dei Campi Flegrei, ovvero quella ad alta pericolosità vulcanica, l'allerta codificata per il momento rimane sui livelli di attenzione (gialla).

Per le zone bradisismiche invece (figura in basso), soggette a sollevamento dei suoli quale conseguenza del vulcanesimo locale che induce sismicità a volte incalzante con ipocentri poco profondi, non si utilizzano colori per classificare lo stato di pericolosità zonale, perché questo dipende da molti fattori anche imponderabili in via preventiva, come la magnitudo e la profondità ipocentrale dei terremoti. I sismi sopraggiungono improvvisi abbattendosi su fabbricati di diversissima fattura costruttiva, e quindi con una risposta statica e dinamica alle sollecitazioni crostali molto differente. A evento sismico avvenuto, si andrebbero a valutare gli eventuali danni subiti dall’edificato, dalle infrastrutture e dai sottoservizi nell’area colpita, classificando le criticità secondo una scala crescente da 1 a 3.



Probabilmente sarà proprio la notevole fratturazione degli ammassi litoidi che caratterizzano i primi chilometri di profondità della caldera flegrea, ad evitare accumuli di energia oltre misura. In ogni caso trattasi di una considerazione non deterministica, che può essere di minimo  conforto solo per chi vive in fabbricati robusti o antisismici, e che ad oggi non hanno presentato cenni di cedimento statico, nonostante le numerose sollecitazioni bradisismiche e sismiche.

Per coloro che dimorano in alloggi strutturalmente fatiscenti invece, occorre che tengano in debita considerazione anche livelli di sismicità modesti.  La magnitudo massima che potrebbe colpire le zone soggette al bradisismo, per le ragioni addotte in precedenza, difficilmente dovrebbe assurgere a livelli catastrofici; purtuttavia a fare la differenza è la bassa profondità degli ipocentri, che renderebbe temibile qualsiasi sussulto crostale. Quindi, ai Campi Flegrei non ci sono consolidate e definitive conclusioni geologiche da offrire al pubblico, tanto per il fenomeno del bradisismo quanto per i terremoti e per la pericolosità vulcanica in tutte le sue forme. Quest’area geografica è sede di rischi naturali, e anche se la crisi bradisismica attuale dovesse scemare o concludersi come del resto è successo pure nel recente passato, non è difficile ipotizzare che il fenomeno si ripresenterebbe col tempo, portando seco gli stessi fenomeni bradisismici e sismici con il pericolo vulcanico tra l’altro, permanentemente immanente.

Le popolazioni flegree cercano dai dettami della scienza e della tecnica, ma soprattutto dalla politica, elementi utili per corroborare la loro volontà di resilienza. Generalizzando, il cinismo o la sprovvedutezza  degli amministratori locali e regionali, che hanno negli anni consentito la nascita della calderopoli flegrea, si è rivelato un danno in termini di vivibilità non solo per la comunità  attuale, ma anche per i posteri. Questi ultimi tra l’altro, non hanno la possibilità di votare come gli italiani all’estero, e quindi, sono meri destinatari delle decisioni popolari o impopolari del nostro tempo.

Nei Campi Flegrei, a fronte dei multiformi pericoli naturali insiti nel vulcanesimo dell’area, sussiste un overbooking edilizio che espone a tutt’oggi gli oltre 500.000 residenti a un rischio serio ancorchè non limitato temporalmente, neanche col passare di decine di generazioni. Se l’antica cittadina romana di Baia era meta ambita dalle famiglie in vista dell’Urbe, ebbene ora l’abitato coi suoi peristili e mura e mosaici è sott'acqua. Questo vuol dire che nonostante siano passati decine di secoli, il fenomeno vulcanico è sempre in auge, e quindi nessuno può escludere che la Baia romana magari risorga dal mare nel corso degli anni... Il comprensorio ardente potrebbe essere dichiarato vulcanicamente estinto, se da qui all’anno 11.538 non dovesse verificarsi alcuna eruzione…

Come si vede dalla cartina sottostante, le due zone bradisismiche, quelle a colori celeste e viola, ricadono interamente all’interno della caldera flegrea, e quindi nella zona rossa ad elevato rischio vulcanico, occupando addirittura un posto centrale. Questo significa che in tutti i casi i settori bradisismici, fanno parte del più vasto distretto dove il rischio vulcanico è una costante e non una variabile ancorchè residuale del territorio.



Con queste premesse di multirischio infra calderico, non si capisce di quale resilienza parlano gli amministratori locali. Ogni  nuova casa che si aggiunge alla conurbazione esistente, comporta un aumento del rischio e una rendita negativa per lo Stato, ma soprattutto è un lascito ereditario ai posteri fatto di pericoli, incertezze del quotidiano, con la minaccia eruttiva che incombe a permanenza su proprietà e vite umane, a prescindere dalla qualità antisismica delle costruzioni che non incidono sulla sopravvivenza da eruzione esplosiva.

L’antropizzazione serrata della caldera flegrea, ha portato quest’area ad essere tra le più pericolose del mondo, alla stregua del distretto vulcanico vesuviano che non è da meno. Al Vesuvio, sono oltre venti anni che vige la legge regionale 21/2003, che vieta qualsiasi realizzazione di opere edilizie di taglio residenziale, anche se di recente gli stessi uffici regionali pertinenti per la programmazione urbanistica, pare che vogliano aprire spiragli per ridimensionare i divieti tuttora vigenti nella zona rossa Vesuvio.  

Il dato che ci sembra emergere a proposito della mancata prevenzione della catastrofe vulcanica, è quello di un mondo politico, generalizzando, miope o disattento. Un j’accuse che bisogna forse estenderlo pure al mondo scientifico, che poteva fare meglio la sua parte informativa, magari omettendo di lasciar trapelare a favore di telecamera, la quasi certezza della previsione del momento eruttivo, grazie a stazioni di monitoraggio multi parametriche, che in realtà ci sembra che siano multi strumenti ficcati all’interno di stazioni ubicate in vari punti della caldera flegrea. Certamente strumentazioni di buon livello tecnologico aiutano a monitorare il vulcano, ma non a garantire una previsione dell’eruzione che rimane ancora un procedimento “manuale” a cura della commissione grandi rischi e non dell’osservatorio vesuviano. Tra l’altro in una terra avvezza ai sommovimenti percepibili e visibili  addirittura a occhio nudo, coi fondali marini all'asciutto, con emanazioni gassose contate a tonnellate e deformazioni dei suoli decimetriche, un dato micrometrico sarebbe forse di difficile interpretazione previsionistica, soprattutto in assenza di dati pregressi preeruttivi…

Può darsi che non è stato neanche del tutto proficuo per la sicurezza, infondere l’idea che si possa monitorare con precisione l’ascesa del magma. Nel merito della previsione dell’evento vulcanico quindi, sembra che siamo ancora in una fase d’impasse, che forse andava sottolineata senza mitigazione, fornendo così elementi di deterrenza per quanti volevano sulla scorta della disinformazione, investire nel mattone nella calderopoli, 

Tra le tante cose da dire sull’argomento, c’è anche quella ad oggetto la pianificazione d’emergenza, che è nata su uno scenario eruttivo di riferimento di tipo sub pliniano dall’indice di esplosività vulcanica VEI4. Questo per dire che forse è stato ed è controproducente, che referenti scientifici istituzionali indichino l’eruzione tipo Montenuovo 1538, come quella attesa e più probabile. Innanzitutto perché ciò che si dice sullo stile eruttivo della futura eruzione è un pourparler tendente alla rassicurazione ma senza l’onere della responsabilità dell’affermazione. E lo si dice in presenza di una pianificazione VEI4, dalla quale sono derivati i limiti territoriali della zona rossa vulcanica, che comprende totalmente tutta l'area calderica. Bisognerebbe quindi evitare tutte quelle affermazioni che possono essere fuorvianti per l’opinione pubblica, anche perché non c’è un piano differenziato d’intervento basato sull’indice di esplosività vulcanica, che rimane, purtroppo, un dato appurabile solo dopo l’eruzione. Quindi, gli enti di monitoraggio si attengano ai fatti anche perché nei contratti di vigilanza e monitoraggio sussiste un certo dovere condivisibile o non condivisibile alla riservatezza, piuttosto che alle rassicurazioni. Se c’è da rassicurare rimandiamo l’onere a chi stabilisce le fasi operative e non i livelli di allerta. D’altra parte anche un’eruzione di bassa intensità rappresenta un problema serio se non si specifica il punto o i punti eruttivi dove possono presentarsi le dirompenze vulcaniche, che non è detto che debbano coincidere col punto di massimo sollevamento del suolo…

Un deputato pochi giorni fa ha avanzato la necessità di finanziare l’osservatorio vesuviano in modo da poter far assumere due tecnici e due ricercatori. Riteniamo che l’osservatorio vesuviano debba essere finanziato innanzitutto per spostare la sede di sorveglianza e ricerca fuori dalla zona rosse vulcanica e bradisismica dei Campi Flegrei, in modo da avere all’occorrenza e nei momenti topici, una struttura pienamente operativa e non impegnata a caricare i materassi sui camion.

Gli amministratori regionali della Campania, su input legislativo del Ministro della protezione civile, dovranno adottare strumenti legislativi assolutamente inibitori alla realizzazione di ulteriore edificato ad uso residenziale nell’area calderica dei Campi Flegrei.  In tempi brevi tra l’altro, per non rischiare la procedura di surroga da parte dello Stato. Ecco allora che questa importantissima iniziativa strutturale di prevenzione favorita dal Ministro, sta suscitando mugugni che si trasformeranno molto presto in serrato confronto, se non verranno trovate in sede regionale soluzioni, meglio dire escamotage, per estrapolare con alchimie amministrative almeno la spianata di Bagnoli dai vincoli inedificatori…

Già… la spianata di Bagnoli. Quelli bipartisan, generalizzando, studiano la mossa del cavallo in ambito regionale, e non è da escludere che faranno sentire la loro voce con tutte le armi disponibili, a iniziare dalla acclarata capacità tecnica di buttare giù super pilastri armati da poter essere utili addirittura al gigante Atlante nel sostentamento del suo fardello planetario. Gli astuti politici metropolitani e regionali, in sintonia con una certa componente politica nazionale d’estrazione campana,  da anni si coccolano la spianata di Bagnoli, specialmente ora che verrà finanziato a cura dello Stato, il risanamento ambientale dell’ex area industriale litorale compreso.

Con l’approssimarsi delle scadenze imposte dal decreto bis Campi Flegrei, che ha formalizzato la necessità di non costruire oltre nella zona rossa, è probabile che assisteremo a strenue battaglie politiche, popolari, sindacali, associative, laiche e religiose. Non è da escludere la formazione di un fronte di opposizione con bandiere e slogan anti governativi, che in barba a qualsiasi criterio di prevenzione del rischio vulcanico, chiederà che non sia frenato il piano di urbanizzazione di Bagnoli, comprendente pure appartamenti di pregio con vista mare. Per noi la migliore riconversione della spianata di Bagnoli è quella di destinarla ad  area strategica di protezione civile, con tanto di elisuperficie e di approdo rapido dei natanti veloci…

Tra le strutture che iniziano a sentirsi a disagio con le iniziative anti cemento del Ministro Musumeci, si annovera l’assessorato all’urbanistica regionale: ufficio mai depositario o ispiratore di iniziative volte alla prevenzione del rischio vulcanico. Siamo altresì sicuri che faranno sentire i loro borbottii pure taluni amministratori metropolitani, membri di rilievo del comitato partenoflegreo, in quanto particolarmente inclini a ritenere il rischio vulcanico neanche nominabile. Una legge anti cemento, piaccia o non piaccia invece, è l’unica misura di prevenzione seria per evitare il disastro vulcanico, anche in capo ai posteri, a cui non dobbiamo o non dovremmo tramandare un territorio trasformato in una calderopoli asfittica multirischio, la cui programmazione urbanistica è stata lasciata sotto varie forme in mano ai businessmen.

Pare che siano due parlamentari campani, quelli che hanno proposto lecitamente un emendamento al decreto Campi Flegrei bis, acchè la spianata di Bagnoli fosse estrapolata dai divieti di urbanizzazione. L’appello doveva essere rivolto alla natura e non a Musumeci, che non ha il potere di abolire i pericoli in modo puntiforme e per decreto… Del resto questa infelice proposta forse era nell’aria, come dimostra la prima cartina pubblicata sul web (in basso):  le zone bradisismiche stranamente aggirano la spianata di Bagnoli che non ha colorazioni di merito… 



La condizione per operare di prevenzione a fronte del pericolo vulcanico (P), è quella di tenere strutturalmente separato il valore esposto (VE), rappresentato dalla vita umana, a una distanza di sicurezza (d) dal distretto vulcanico che potrebbe dirompere con fenomeni molto pericolosi come le colate piroclastiche o eventi similari. Ecco: il limite della zona rossa vulcanica è dettato proprio dalle eruzioni passate e dai limiti di scorrimento dei flussi piroclastici rilevati sul campo dai geologi.

Il piano di evacuazione è una misura di ripiego dettata da due impossibilità: la prima è quella di spostare o ingabbiare il vulcano, cioè il pericolo; l’altra è quella di spostare dalla zona pericolosa e da subito gli oltre 500.000 abitanti della zona rossa flegrea per proteggerli preventivamente: il numero dei residenti è pari a quelli che si contano nella città di Genova…


Nella formula del rischio semplificata, è evidente che all’aumentare di uno dei due fattori (P e VE) il rischio aumenta. Se aumentano entrambi il rischio diventa insostenibile. In una tavola rotonda organizzata alla Regione Campania alcuni anni fa, presente il sistema di protezione civile, fu affermato che la pericolosità vulcanica non aumenta col passare dei secoli. Affermazione buttata lì per stroncare ogni critica che avanzavamo sull’operato del sistema in tema di prevenzione, quale disciplina che ritenevamo profondamente disattesa. Intanto e per inciso, le pubblicazioni scientifiche dicono tutt’altro sui tempi di quiescenza e sulla pericolosità vulcanica che aumenta... Continuando, in assenza di leggi anti cemento aumenta anche il valore esposto. Ne consegue che non potendo agire sul pericolo vulcanico, occorre concentrarsi necessariamente e strutturalmente sul valore esposto (residenti), che non deve più crescere numericamente, anzi deve diminuire col tempo, azzerandosi repentinamente nei momenti di estremo pericolo vulcanico, grazie a un piano di evacuazione susseguente la previsione d’evento, che al momento non è certa, pur essendo la chiave di volta attuale della sicurezza areale. Purtroppo e alla luce delle odierne conoscenze, la previsione d’eruzione potrà essere solo probabilistica e non deterministica. Ne consegue che non si potranno escludere  anche situazioni da falso allarme o peggio ancora di mancato allarme. Il mancato allarme è una probabilità catastrofica da evitare a ogni costo. Il falso allarme che in tutti i casi comprende l’evacuazione, sarebbe un problema, perché per dichiarare il cessato allarme poi, occorrerebbero tempi lungi di osservazione e monitoraggio geologico, fino a quando qualcuno non si assumerà la responsabilità del rientro dei cittadini nel flegreo. 

Nel 2003 il presidente regionale Antonio Bassolino, riuscì a far approvare la legge 21 che proibiva nella zona rossa Vesuvio, zona ad altissima pericolosità vulcanica, qualsiasi ulteriore urbanizzazione a scopo residenziale. Qualcuno ironizzò chiamando in causa anche la necessità allora di regolamentare le nascite...il mattacchione non calcolò che le morti superano le nascite. Qualcun altro chiamò in causa il TAR, per vedersi riconosciuto in ogni caso il diritto ad edificare in zona rossa, in forza del possesso di autorizzazioni e licenze antecedenti rispetto alla data d’instaurazione del divieto 21/2003. Il Tribunale regionale respinse questa tesi, perché nel momento in cui si appura un pericolo, questi prevale su qualsiasi retrodatazione degli atti amministrativi autorizzativi. Diversamente, sarebbe come dire faccio il pergolato con lastre di amianto perché ho l’autorizzazione a farlo con data antecedente ai disposti di legge che hanno sancito il pericolo cancerogeno del prodotto (asbesto)…

Il Ministro Musumeci si sta spendendo per arrivare a serie e logiche proposte di prevenzione del rischio vulcanico. Proibire la realizzazione di residenze nelle zone ad alta pericolosità vulcanica è una misura inoppugnabile di civiltà, che sarà riconosciuta da tutti, posteri compresi. Per quanto riguarda gli abusi edilizi perpetrati in area ad alta pericolosità vulcanica, abbiamo maturato l’idea che non dovrebbero essere condonati  perché il condono rende vendibile il manufatto, e con esso pure il fardello del rischio che dovrebbe  rimanere unicamente  in capo all’incauto costruttore.

                                                          di Vincenzo Savarese







martedì 2 maggio 2023

Rischio vulcanico ai Campi Flegrei: somma di pericoli? di MalKo



Spianata di Bagnoli (Napoli)

                                                            

Nelle ultime settimane ai Campi Flegrei si è avvertita una certa recrudescenza degli eventi simici: molteplici ma a bassa intensità. I terremoti hanno generato  apprensione nella popolazione, e soprattutto in quei cittadini che seguono con motivato interesse l’evolversi dei fenomeni bradisismici: In tutti i casi senza allarmismi particolari. Del resto ci si abitua a tutto…

Nella settimana dal 17 al 23 aprile 2023, riferisce l’osservatorio vesuviano, nell’area dei Campi Flegrei sono stati localizzati 67 terremoti, di cui il più intenso è stato di Md 2,2. Il rigonfiamento dei suoli registrato alla stazione GPS del Rione Terra, è stato di circa 102 cm. a partire da gennaio 2011.  Per quanto riguarda i parametri geochimici invece, pare che non ci siano variazioni significative rispetto ai dati precedenti.

Con queste premesse, nel puteolano vige preoccupazione per il bradisismo inteso come fenomeno che potrebbe indurre danni ai fabbricati. Riteniamo che i problemi siano riconducibili per lo più a fessurazioni sulle pareti, e ove si presentassero dovrebbero essere largamente investigati, perché oltre al bradisismo, nel flegreo marcia di pari passo la sismicità anche se a bassa intensità. Questo vuol dire che in ultima analisi a quale dei due fenomeni naturali bisogna accollare le fessure che abbiamo individuato sul muro è difficile dirlo, anche se nella maggior parte dei casi la lesione dovrebbe essere riconducibile ai terremoti o ad assestamenti del terreno. Infatti, il bradisismo provoca sollevamento del suolo, ma non così puntiforme da generare asimmetrie ravvicinate e tali da indurre reazioni squilibrate sulle fondazioni dei palazzi. Anche se nella malaugurata ipotesi la "zolla" su cui grava l'edificio dovesse presentare una inclinazione, i possibili danni alle case potrebbero presentarsi ma a valori diversi dal millimetrico. In altre parole e chiarendo il concetto con un esempio, sollevando un tavolo al cui centro è posto un palazzo, quest'ultimo non dovrebbe subire alcun danno a prescindere dell'altezza che raggiunge il piano, purché quest'ultimo si mantenga entro certi limiti livellato. D'altra parte il sollevamento è talmente lento, da non generare neanche problemi di accelerazione o di repentinità dei dislivellamenti...

Per poter avere un quadro analitico dei livelli nell'area interessata dal bradisismo, sarebbe interessante conoscere le quote del terreno intorno al punto di massimo sollevamento del suolo (102 cm.), corrispondente al Rione Terra di Pozzuoli. Da qui bisognerebbe individuare con precise misurazioni, la curvilinea del livello dei 50 centimetri, la isoipsa, e poi quella dello zero, cioè i limiti della zona che non ha subito alcuna deformazione verso l’alto. Dati che dovrebbe poi essere riportati su carta, secondo le logiche delle isoipse topografiche. Probabilmente il disegno sottostante chiarisce meglio delle parole quello che abbiamo appena cercato di argomentare.




Nella zona flegrea e nello spazio coi satelliti, esistono strumentazioni particolarmente sensibili e precise al millimetro, che potrebbero offrire i risultati topografici appena auspicati. Le isoipse riportate su carta darebbero, rispetto alle immagini di rigonfiamento areale, la possibilità di focalizzare l’attenzione sulle caratteristiche della "gobba" bradisismica, e sui punti maggiormente esposti alle differenze di altezza, partendo dal principio topografiche che isoipse ravvicinate indicano un dislivello verticale più accentuato perchè spalmato su una minore distanza orizzontale. Nel nostro caso dovremmo parlare di valori veramente minimi: ma non abbiamo dati su cui ponderare una valutazione oggettiva… In altre parole se il palazzo non si trova col suo perimetro di base su due punti a differenti quote, difficilmente dovrebbe essere vulnerabile, soprattutto se le fondamenta non sono di vecchia fattura.

Per meglio capire il concetto, è da notare che in altri casi calamitosi, per esempio in una condizione di frana o alluvionamento dinamico, si possono creare addirittura vuoti parziali sotto le fondamenta di un casamento, con lo stabile che resisterebbe staticamente grazie alla tipologia della robusta fondazione,  generalmente a solaio rovescio o a platea armata, che distribuirebbe il carico sugli appoggi residui senza cedere nei tratti pensili. A rigor di logica allora, una casa realizzata secondo criteri antisismici, generalmente dovrebbe ben sopportare tanto un bradisismo accentuato, quanto i terremoti. D’altra parte gli esperti assicurano che di solito in area vulcanica le scosse telluriche sono di magnitudo non eccezionali, fatto salvi i sommovimenti registrabili in una fase pre eruttiva ed eruttiva. Fotografando l’attualità e la situazione, il rischio maggiore nel flegreo dovrebbe essere ancora una volta quello eruttivo. Con un bradisismo triplicato negli effetti, non si escluderebbe la dichiarazione dello stato di allarme, con l’evacuazione totale dei cittadini dalla zona rossa. Un po' diversi sono gli approcci ai servizi tecnologici come acqua e gas, perché hanno una continuità strutturale orizzontale, che li rende più vulnerabili alle crisi bradisismiche.

Il comune di Pozzuoli può darsi che abbia già assicurato l’apertura di un ufficio bradisismo in seno a quello di protezione civile, con tecnici deputati 24 ore su 24, in presenza o tramite la reperibilità, a garantire sopralluoghi a chi ne faccia richiesta, soprattutto dopo eventi sismici inusuali. Il coinvolgimento degli ordini professionali in chiave volontaria sarebbe auspicabile.

Il rischio eruttivo è quindi ben presente nel flegreo, con tutta la sua indeterminatezza, sia sul quando potrebbe presentarsi l’evento, sia con quale indice di esplosività vulcanica (VEI). A fronte di questi dubbi, il piano di emergenza che si traduce nel piano di evacuazione, dovrebbe essere l'unico strumento di salvaguardia influenzabile dalla politica, sia in termini operativi che preventivi. Un piano di evacuazione areale per essere efficace dovrebbe essere "autoportante" e con poche ma basilari istruzioni. L’attuale aggiornamento del documento fatto dalla regione Campania, non siamo riusciti a leggerlo tutto, perchè non particolarmente chiaro e quindi ci si perde tra le mappe. 

Una delle mappe a corredo dell'aggiornamento del piano di evacuazione della zona rossa flegrea


Per agevolare il compito dell'attento e civico cittadino allora, sarebbe il caso che l’autorità competente incominci a chiarire nelle prime pagine dell'aggiornamento, cosa è cambiato nelle procedure evacuative rispetto al modello precedente, e quali miglioramenti caratterizzano nell’odierno questa aggiornatissima pianificazione di emergenza. 

La nostra posizione sul piano di evacuazione continua a essere scettica,  soprattutto quando si parla di aree di attesa e orari (appuntamenti) per essere prelevati. Così come riteniamo di difficile esecuzione l’evacuazione con veicoli privati che devono rispettare orari di allontanamento: procedura che ha una sua logica per mantenere i flussi automobilistici costanti,  ma che potrebbe rivelarsi una strategia difficilmente attuabile in condizioni di panico diffuso, che s’innescherebbe, statene certi, se dovessero presentarsi prodromi pre eruttivi chiaramente avvertiti dalla popolazione, come boati e tremore sismico perdurante. Rimane poi il grosso problema della zona gialla contigua alla zona rossa, quella che si estende per i primi chilometri dal confine di alta pericolosità vulcanica, che sarebbe da evacuare parimenti per i notevoli volumi  di cenere e lapilli che ricadrebbero al suolo. Rimanendo nel merito della zona gialla, oggi ci sono discordanze sul da farsi, già  con la zona rossa 2 del Vesuvio: quella flegrea tra l'altro neanche è stata determinata... Il successo del piano di emergenza probabilmente si giocherà tutto sulla fase di preallarme...

Leggiamo da Terra Nostra News, che nella ex Chiesa di San Severo al Pendino di Napoli, si terrà dal 2 maggio 2023 e fino al 5,  il Workshop internazionale ‘Genesis and dynamics of large calderas: Campi Flegrei and Campanian Plain’. Un evento non sapremmo quanto importante, ma in tutti i casi è stato preannunciato dal Direttore della sezione di Napoli del CNR-ISMAR, che il Workshop servirà anche a mettere a punto un grande progetto di ricerca internazionale sulla caldera dei Campi Flegrei e sull’Ignimbrite Campana, attraverso studi crostali dettagliati, anche mediante perforazioni in terra ed in mare, da proporre per il finanziamento congiunto alle due Organizzazioni Internazionali ECORD-IODP ed ICDP…

                                                                                        di Vincenzo Savarese