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Visualizzazione post con etichetta bradisismo campi flegrei. Mostra tutti i post
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sabato 23 dicembre 2023

Rischio vulcanico ai Campi Flegrei: la somma delle zone a rischio... di MalKo

 

Il famoso Rione Terra di Pozzuoli: apice del bradisismo.

Di recente è stata realizzata la mappa (in basso) di quella che oggi viene chiamata zona rossa bradisismica. Si nota un settore circolare a colori su campo bianco, che sembra rimarcare anche visivamente una sostanziale differenza con la classica zona rossa vulcanica, molto più ampia, che vedremo più innanzi. L’osservatore potrebbe essere portato a ritenere per la novità del prodotto mappale e per i clamori mediatici, che il sollevamento del suolo e la sismicità zonale lieve e moderata, siano i principali pericoli della plaga flegrea, e da cui è possibile difendersi.


Zona rossa bradisismica

Secondo gli amministratori locali infatti, la zona rossa bradisismica ha potenzialità di resilienza se si investe nel recupero antisismico dei fabbricati, magari attraverso finanziamenti e altre agevolazioni statali. Ovviamente la convinzione che la resilienza nel flegreo possa basarsi sull’efficacia delle difese passive dei fabbricati vulnerabili ai sussulti è un falso scientifico, perché queste eventuali misure d’irrobustimento edilizio degli edifici, avrebbero una valenza che cesserebbe di essere tale, qualora nella plaga flegrea dovesse manifestarsi un’eruzione magmatica con la produzione di nubi ardenti. Non bisogna dimenticare infatti, il dato scientifico inoppugnabile, che la zona rossa bradisismica non è una zona a sé stante della plaga flegrea come racconta la propaganda pro bonus, bensì è una zona a rischio suppletivo circoscritta dal rigonfiamento dei suoli, ma ben all’interno della più ampia zona rossa a rischio vulcanico. Il bradisismo ricordiamolo, non è un problema tettonico... 

Zona rossa Campi Flegrei e zona rossa bradisismica circoscritta dal semicerchio rosso.


A rendere pericolose queste due zone che si sovrappongono infatti, è il famigerato magma, ubicato ad alcuni chilometri di profondità. Se il magma fisicamente dovesse spingersi in superficie dirompendo, genererebbe una eruzione che, secondo gli scenari di piano, potrebbe anche raggiungere livelli energetici da sub pliniana (VEI4), con colonna eruttiva, nubi ardenti e altri fenomeni deleteri come la pioggia di piroclastiti, che investirebbero i territori ubicati in un raggio di oltre 10 chilometri e più. Se invece il magma dovesse permanere nel sottosuolo senza avanzare, e quindi limitandosi a rilasciare sotto varie forme quel calore responsabile di trasformare i fluidi in vapore surriscaldato, permarrebbe il fenomeno del bradisismo, dei sismi e comunque rimarrebbe il rischio delle eruzioni freatiche. In quest’ultimo caso, l’eruzione freatica potrebbe generare un boato dirompente che aspergerebbe in un raggio di alcune centinaia di metri tutto quello che era contenuto nella sacca rocciosa  in sovrapressione: vapore, gas, acqua e fango. 

Il bradisismo puteolano non è chiaro in che misura possa essere inquadrato come un precursore preeruttivo piuttosto che un fenomeno legato esclusivamente alla degassazione della massa magmatica. Gli attuali promotori della resilienza però, pensavano di dribblare questa incognita cruciale, magnificando le potenzialità di monitoraggio dell’osservatorio vesuviano. L’INGV infatti, ha sentenziato che gli strumenti multi parametrici che utilizzano per sorvegliare il super vulcano, ad  oggi non evidenziano  magma in ascesa nel sottosuolo flegreo, ed eventuali e future ascensioni del prodotto incandescente, dicono che verrebbe colto con largo anticipo. La commissione grandi rischi invece, insieme ad altri accademici, pare che abbia manifestato dubbi sulla velocità di risalita del magma, che a loro dire potrebbe materializzarsi in superficie nel giro di poche ore o qualche giorno, inficiando le premesse operativa dei piani di emergenza. Saggiamente, la commissione  ha quindi ritenuto necessario che vengano effettuate tutte le indagini necessarie per stabilire concretamente a che profondità staziona il magma, probabilmente meravigliandosi pure che un siffatto e importantissimo approfondimento non sia già agli atti, atteso clamori e paure della popolazione, che hanno accompagnato negli ultimi mesi sommovimenti e innalzamenti dei suoli.

Intanto per definire i confini esterni del settore bradisismico cartografato  e riportato in figura, sono state utilizzate le isolinee di sollevamento dei suoli ai 10 centimetri. L’equidistanza tra le curve di livello presenta un andamento piuttosto regolare all'inizio, fino a raggiungere il picco altimetrico di oltre un metro con collocazione apicale a ridosso del Rione Terra. 

Il fenomeno del bradisismo che cagiona sismi di lieve e moderata magnitudo, è dovuto a spinte che si generano nel sottosuolo e che deformano gli strati superficiali crostali verso la parte più cedevole che è quella confinante con l’atmosfera. Questo dimostrerebbe che la problematica bradisismica e sismica è insita soprattutto nei primissimi chilometri. Che ci sia una pressione vigorosa e compulsiva nel puteolano è abbastanza certo, ma non è altrettanto chiaro il processo termico e poi meccanico che genera queste forze ascendenti responsabili della curvatura a campana dei terreni, che si registra circolarmente da qualche chilometro dal porto di Pozzuoli, e fino all’apice del Rione Terra.

Le principali teorie formulate per spiegare i fenomeni geo vulcanici che avvengono nei Campi Flegrei, rimandano a un sistema idrotermale diffuso che circola e si dirama nel sottosuolo, con l’acqua che si surriscalda per il contatto con altrettanti fluidi e gas ardenti che vengono rilasciati dal magma sottostante attraverso le numerose fratture presenti negli strati rocciosi: un magma che in tutti i casi non può essere lontanissimo. L’effetto conseguenziale dei fluidi surriscaldati a centinaia di gradi Celsius, è quello della trasformazione di stato e della forte espansione, similmente a quanto si osserva in un cilindro dopo la fase di scoppio col repentino spostamento del pistone. La dilatazione del vapore surriscaldato spinge gli strati litoidi che si gonfiano, e a volte si spaccano rilasciando energia sismica che, per masse implicate, difficilmente dovrebbe raggiungere magnitudo elevate, anche se la superficialità del fenomeno può determinare effetti sui fabbricati di un certo rilievo.

La spinta però, potrebbe provenire direttamente dal magma, così come suggerisce la commissione grandi rischi; un magma che potrebbe essersi insinuato negli strati di roccia con un andamento intrusivo irregolare, che più fonti lo attestano a circa 3 chilometri dalla superficie se non a una profondità minore. Atteso che c’è acqua e magma nel sottosuolo flegreo, non è neanche da scartare l’ipotesi che il bradisismo sia un processo combinato dei due elementi, talora con prevalenza dell’uno sull’altro e viceversa.

Per imbastire soluzioni capaci di calmare le preoccupazioni della popolazione  i cui animi si acchetano in tempo di pace geologica e si ridestano soprattutto a cavallo della sismicità frequente, le autorità dipartimentali trascinate dal comitato partenoflegreo, hanno alfine focalizzato il loro interesse preventivo sul fenomeno bradisismico e sismico, tralasciando il rischio eruttivo che nessuno evoca, probabilmente in attesa che vengano eseguiti accertamenti scientifici sulla localizzazione del magma. Nella fase acuta del bradisismo, era stata ventilata dal ministro Musumeci la possibilità di un passaggio di allerta vulcanica da giallo ad arancione (preallarme) poi rientrata.

Il pericolo preso in esame dalle autorità, è stato ridimensionato a quello bradisismico e sismico zonale, contemplando pure  il rischio potenziale di eruzioni freatiche e nella peggiore delle ipotesi a un’eruzione di taglia simile a quella del 1538. Anche sulla scorta di pressioni politiche con qualche reprimenda, si è quindi tralasciato alquanto il pericolo eruttivo vero e proprio, perché dicono dal comitato e dal dipartimento della protezione civile, che è già stato processato con l’elaborazione di scenari e piani e procedure operative dedicate. Appena saranno pronti anche in questo caso scenari e piani di evacuazione per la zona rossa bradisismica, il quadro delle tutele nei Campi Flegrei, a parere degli esperti dovrebbe essere completo.

Le problematiche bradisismiche sono insite maggiormente nel sottosuolo della zona rossa bradisismica, soprattutto a ridosso e nelle vicinanze delle zone che acquistano quota o degassano significativamente come quelle della Solfatara – Pisciarelli e dintorni. In tutti i casi però, trattandosi di fenomeni dinamici e quindi in itinere nel  sottosuolo flegreo, in tutta la zona rossa dei  Campi Flegrei  il rischio sismico e freatico e freatomagmatico ed eruttivo dovrebbe essere una costante immanente e generalizzata in tutta la plaga. 

Le eruzioni magmatiche possono manifestarsi pure con brevissimo anticipo, con dirompenze violente che espellerebbero prodotti piroclastici solidi, liquidi e gassosi che, nelle loro varie forme distruttive, possono raggiungere ogni punto della zona rossa vulcanica, soprattutto se dovessero aprirsi più bocche eruttive. Il fenomeno maggiormente temuto è quello dei flussi piroclastici: ammassi semi incandescenti che possono  scorrere velocemente sul terreno per non pochi chilometri, ad una temperatura di diverse centinaia di gradi Celsius, con una altissima capacità travolgente e distruttiva. Durante l’eruzione al Vesuvio del 79 d.C., le nubi ardenti che si formarono dai pendii del vulcano, raggiunsero con la parte più gassosa Capo Miseno, che fu avvolta dall’oscurità: fenomeno che creò grande spavento, e che fu puntualmente registrato da Plinio il Giovane nelle famose epistole...

I disposti legislativi che sono stati formalizzati dal dipartimento della protezione civile e dal comitato partenoflegreo, a brevissimo saranno resi operativi dall'elaborazione del piano di evacuazione della zona rossa bradisismica. Questo piano servirà a fronteggiare crisi bradisismiche gravi o super crisi bradisismiche come specificato dal sindaco ingegnere Manfredi. Le misure orientativamente dovrebbero essere simili a quelle adottate nell’ultima crisi bradisismica degli  anni 80’, e in ogni caso limitate alla sola zona a rischio bradisismico, in assenza del pericolo magmatico che qualcuno dovrà necessariamente escludere assumendosene la responsabilità. Anche per un piano evacuativo dettato dal bradisismo infatti, occorre  che l’autorità scientifica elabori scenari di pericolo con indicazione delle soglie numeriche strumentali di cui tener conto per far scattare all'occorrenza il piano dei trasferimenti. Non è da escludere che si tireranno in ballo i centimetri di sollevamento, la velocità di sollevamento o il numero e l’intensità dei terremoti o tutti questi elementi messi insieme e che possono mettere a rischio la pubblica incolumità. La risposta operativa potrebbe essere una evacuazione zonale che coinvolgerebbe circa  85.000 persone. Riteniamo che in ogni caso sarà all’occorrenza la commissione grandi rischi per il rischio vulcanico e sismico a dover offrire argomenti e notizie utili sullo stato delle cose, affinchè la parte politica con tutti gli elementi a disposizione, possa decidere o meno di dichiarare il massimo allarme nella zona rossa bradisismica.

In caso di accelerazione del fenomeno bradisismico a livello di decine di centimetri al mese e con la conta di migliaia di eventi sismici, probabile che scatterebbe l’evacuazione della zona rossa bradisismica. Il non coinvolgere nelle dinamiche di salvaguardia evacuativa tutti i comuni della zona rossa a rischio eruttivo però, sarebbe una procedura ardita in antitesi con i disposti dettati dal principio di precauzione. A meno che l’osservatorio vesuviano o altra autorità scientifica, non si assuma la responsabilità di certificare che nella zona rossa bradisismica le uniche eruzioni ipotizzabili sono quelle freatiche senza code magmatiche.

Qualora la zona rossa bradisismica dovesse gonfiarsi come un palloncino e il terreno fortemente shakerato dai terremoti, si sfollerebbero come detto  gli 85.000 residenti nei comuni extra flegrei. Gli altri 415.000 residenti della zona rossa flegrea invece, sarebbero spettatori e dovrebbero attendere gli sviluppi della situazione, sperando che la crisi acuta  bradisismica e sismica produca solo effetti locali, e non sia foriera di una grande eruzione.  

Non sono pochi gli esperti  che stimano che il rischio eruttivo insito nella zona rossa bradisismica, difficilmente possa superare la tipologia eruttiva che caratterizzò e accompagnò la nascita di Monte Nuovo nel 1538. Diciamo pure che le statistiche INGV riportano che l'eruzione più probabile in zona flegrea sia quella VEI3. L'impressione che se ne ricava però, è che senza dichiararlo, si voglia connotare una tipologia eruttiva tipo Monte Nuovo appunto, come un effetto collaterale del bradisismo, piuttosto che un'eruzione vulcanica vera e propria.

D’altra parte la sfera di incertezza che permarrebbe in ogni caso nella più ampia zona rossa vulcanica dopo un eventuale allarme evacuativo dalla zona rossa bradisismica, è probabile che non possa esimere le autorità dalla necessità di dichiarare in tutti i Campi Flegrei almeno la fase di preallarme vulcanico (arancione). Tale misura di tutela, soprattutto per le categorie fragili, consentirebbe di alleggerire il carico operativo massimo areale (numero di abitanti), ma anche di consentire a chi dovesse sentirne la necessità per vari motivi, di allontanarsi in prima battuta dal confine del perimetro bradisismico, e magari anche da quello più ampio vulcanico, utilizzando aiuti statali.

Il dato che emerge dalle disquisizioni fin qui fatte, è che probabilmente anche in vista delle prossime elezioni, nessun politico, anche tra i più puri e duri, ritiene il caso di proporre misure di vera prevenzione della catastrofe vulcanica,  partecipando attivamente a dibattiti sulla necessità di bloccare l'ulteriore urbanizzazione residenziale nella zona rossa vulcanica dei Campi Flegrei, a iniziare proprio dalla zona rossa bradisismica, che si connota come settore rosso sismico nel rosso vulcanico. Il comitato partenoflegreo raggruppante i sindaci del flegreo compreso quello metropolitano, ebbe a chiedere qualche mese fa, alla camera e al senato della Repubblica, l'elargizione del superbonus edilizio 110%: proposta bocciata. Mancò la logica operativa in questa richiesta economica: se si vuole che quel fabbricato sia destinatario di aiuti statali perchè lesionato dalla sismicità zonale,  occorre che il terreno a fianco di questo palazzo sia dichiarato inedificabile, altrimenti daremo corso a un sistema di aiuti sine die, e non a una soluzione a termine, senza contare il fatto tutt'altro trascurabile, che in ogni caso si andrebbe ad elevare il valore esposto al rischio vulcanico. 

Il bradisismo e i sismi oggi sono in una fase di stanca, ma i potenziali energetici sono ancora tutti lì nel sottosuolo flegreo, e quindi crisi e pace geologica si alterneranno ancora per mesi, decenni e secoli, così come resterà immutato e immanente l'indecifrabile e imprevedibile pericolo vulcanico...  

                                                                    di Vincenzo Savarese



domenica 12 novembre 2023

Rischio vulcanico ai Campi Flegrei: le due commissioni... di Malko

 



C’è ancora una grande attenzione mediatica sul problematico distretto vulcanico dei Campi Flegrei, soprattutto all’indomani della nota rilasciata dal ministro Musumeci, circa la possibilità che possa rendersi necessario dichiarare nella zona rossa flegrea (mappa in basso), il passaggio del livello di allerta vulcanica da attenzione (giallo) a preallarme (arancione). A prospettare una evoluzione del pericolo vulcanico in tal senso, sono stati alcuni membri della commissione grandi rischi, dopo la lettura di recenti lavori scientifici,  ma anche dopo aver rivisto i dati in possesso delle stazioni di monitoraggio e aver audito alcuni esperti nazionali e stranieri.  Una delle pubblicazioni che è stata visionata nell’ambito del consesso scientifico, ipotizza sacche di magma nei primissimi chilometri del sottosuolo flegreo, mai prima censite, e che potrebbero essere foriere di un indice di pericolosità di non poco conto.



Dopo il clamore suscitato dalla notizia del possibile cambio del livello di allerta vulcanica, ecco che le autorità competenti non hanno più insistito sulle posizioni allarmistiche precedenti, perché i sindaci hanno rumoreggiato, e anche perché l'attualità sta regalando una stasi del bradisismo, che rimane il fenomeno su cui si registra la massima e interessata convergenza dei primi cittadini flegrei. 

A fare pace con gli imbufaliti amministratori che lamentavano il crollo del mercato immobiliare e un forte calo di presenze degli ignari turisti, ci ha pensato il ministro Musumeci, che ha promesso ristori da distribuire sulla ex novo zona rossa bradisismica (mappa in basso), comprendente una popolazione di 85.000 abitanti e 15.000 edifici, alcuni dei quali da irrobustire, magari utilizzando tra gli altri benefici, pure il bonus sismico richiestissimo ad alta voce da tutti i sindaci.



Il comitato grandi rischi partenoflegreo, quello che fa capo al sindaco di Napoli Manfredi, è rimasto molto soddisfatto che la fase allarmistica sia stata lasciata cadere, e si sia tornati tutti alla normalità, addirittura con una chance in più per chi per posizione del fabbricato dove abita, rientra nella nuova zona rossa bradisismica, con diritto a vedersi riqualificata strutturalmente la magione se cedevole, magari per poi rivendersela dopo qualche anno, e uscirsene in ogni caso dalla zona rossa.

La notizia del magma che forse è ad alcuni chilometri nel sottosuolo flegreo, non ha impressionato un granché gli amministratori, anche perché l’osservatorio vesuviano da tempo si assegna, e magari avrà pure ragione, la capacità scientifica di individuare e monitorare il magma, qualora dovesse veramente spingersi verso la superficie, scoprendolo in tempo utile.

In tutti i casi, l’opinione pubblica è risultata un poco disorientata, forse perché non erano ben chiari i presupposti che accompagnano l’eventuale dichiarazione dello stato di preallarme vulcanico. Un siffatto ingresso in una fase in ogni caso problematica, non avrebbe previsto per i 500.000 abitanti del flegreo un obbligo di evacuazione generalizzato. L’allontanamento col preallarme è a carico della sola platea penitenziaria e ospedaliera. I cittadini invece, possono in piena libertà scegliere se andare via o permanere ancora in zona rossa. Nel caso decidessero per l’allontanamento, lo Stato gli riconoscerebbe un contributo economico di autonoma sistemazione, ma non potrebbero rientrare in zona rossa fino al ripristino del livello di allerta precedente. Purtroppo la fase di preallarme non ha una tempistica prevedibile, e quindi l’attesa potrebbe protrarsi per mesi o anni o per ore se dovessero precipitare gli eventi verso l’allarme rosso: condizione che nessuno può escludere.



Il passaggio alla fase operativa di preallarme, doveva essere la risposta governativa al mutamento del livello di pericolosità vulcanica: in realtà tale condizione è stata annunciata come prospettiva dal ministro Musumeci ma non dichiarata con atti ufficiali. In tutti i casi il preallarme scientifico a leggere tra le righe di fatto sussiste, non in termini di fase, ma di livello di allerta, perché è stato previsto come risposta un ulteriore incremento del monitoraggio del vulcano, con tecnici e scienziati che opereranno nella direzione proposta dalla stessa commissione grandi rischi, magari incrementando attività campali e strumentali e satellitari e in mare e in terra. Si andranno quindi a cercare e valutare e comprovare, quegli elementi che hanno condizionato il parere dei componenti della commissione grandi rischi. Soprattutto si cerca il magma…

Con l’innalzamento, ripetiamo, verbale del livello di pericolosità vulcanica, tutti gli organi operativi e amministrativi legati alle attività di protezione civile centrali e periferici, si sono sentiti chiamati in causa e per questo hanno ritenuto di adottare misure preventive di protezione dei cittadini, preparandosi innanzitutto alla fase successiva di allarme, anche se si dovrà contare all’occorrenza,  su un piano di evacuazione francamente aritmetico più che operativo. Ogni passaggio di fase, per quanto non ufficializzato, in automatico comporta la preparazione alla fase successiva a prescindere da ogni altra iniziativa. Teoricamente i livelli di allerta dovrebbero essere cosa diversa dalle fasi. Ma una tale distinzione non è stata fatta.



Nell’ambito dell’audizione della commissione grandi rischi, il responsabile del rischio vulcanico, prof. Rosi, ha chiarito che l’osservatorio vesuviano lavora molto sulla previsione probabilistica a livello giornaliero, ovvero sul breve termine. La commissione invece, in questo caso è scesa in profondità analizzando carte e relazioni e pareri, rilanciando poi valutazioni di pericolosità sul lungo termine. Nell’attualità allora, è stato precisato che le posizioni dell’osservatorio vesuviano e della commissione grandi rischi non sono molto distanti l’uno dall’altro, almeno sull’analisi nel breve periodo che si giova della frenata del bradisismo. Continuando, il responsabile del settore vulcanico della commissione grandi rischi, chiarisce pure che non ci sono nel mondo casi di metropoli costruite su un vulcano attivo, sottintendendo una necessaria prudenza suppletiva. Per finire, Mauro Rosi ha ricordato a tutti che i Campi Flegrei sono insidiosi e ingannevoli...

Occorre riflettere un attimo sulla zona rossa bradisismica, area ex novo all’interno della zona rossa flegrea. In realtà questa zonazione è stata prevista per focalizzare la vulnerabilità dei fabbricati ricadenti nelle zone maggiormente soggette alla sismicità bradisismica. La delimitazione della zona rossa, servirà pure per mettere a punto un piano d’emergenza qualora dovessero esserci manifestazioni plateali del bradisismo e dei terremoti a  esso associato, con necessità di allocare altrove la popolazione a rischio.

Il problema di fondo è che il bradisismo e la sismicità bradisismica, sono da rapportare ai movimenti di rigonfiamento del sottosuolo, dovuti ai fluidi surriscaldati a distanza dal magma; oppure dal magma che staziona nel sottosuolo dopo essersi insinuato nei bassi strati; oppure a una combinazione delle due cause appena citate. Quindi, senza girarci intorno, la causa del bradisismo è il magma, in una forma diretta o indiretta. Tant'è che se si solleva il suolo repentinamente dando origine a una caterva di terremoti, si arriverà a dover evacuare tutta la zona rossa e non la sola zona rossa bradisismica, perché se si forma una colonna eruttiva, gli effetti si sentirebbero pesantemente pure a distanza.

Con questo si vuole dire che i sindaci che si stanno facendo in quattro per pretendere che lo Stato metta mano al portafoglio per rinforzare gli edifici vetusti e consentire di assumere personale per la polizia municipale e per gli uffici tecnici, non possono pretendere di continuare a rilasciare licenze edilizie o permessi in sanatoria o condoni, in una zona a rischio, esigendo poi che lo Stato attenzioni e ristori i cittadini. Ricordiamoci che la zona rossa bradisismica, ricade e si somma alla zona rossa ad alta pericolosità vulcanica. Insomma: zona rossa su zona rossa...

Nella zona rossa Vesuvio, plaga con pari caratteristiche di alta pericolosità vulcanica, entrò in vigore grazie a una legge regionale, la 21/2003, il divieto di edificare nel senso residenziale nell’intera zona rossa. Vietati pure cambi di destinazioni d’uso o frazionamenti che avrebbero inciso sul numero di residenti nel vesuviano. Ebbene, non si capisce per quale motivo con la determinazione della zona rossa dei Campi Flegrei, non si sia varata in automatico diremmo, una identica legge per inibire qualsiasi ulteriore insediamento residenziale nella caldera. L’assessore regionale dell’epoca, ing. Cosenza, attuale assessore metropolitano, a domanda rispose che non potevano esserci automatismi inibitori residenziali per il flegreo, perché occorre una legge ad hoc per quella specifica area vulcanica. Era l’anno 2014, e il presidente della commissione grandi rischi per il rischio vulcanico, ha appena detto nove anni dopo, che nel mondo non c’è un altro caso di metropoli in un vulcano… Allora è forte la sensazione che non si presti particolare attenzione al denaro pubblico. In alcune zone della Penisola italica, esistono politiche da modesto quartiere più che metropolitane, che non tengono in debito conto la programmazione del futuro: ovvero quella capacità tutta umana che ci distingue dagli animali. Se si continua ad ampliare la calderopoli flegrea, ai nostri posteri lasceremo, sulla falsa riga dell’esistente, una situazione di invivibilità territoriale con gli stessi identici rischi e problemi di adesso, e con il medesimo dubbio amletico se andarsene o non andarsene dalla zona rossa...cinismo politico e accidia istituzionale, ad oggi non hanno favorito soluzioni.

La logica vorrebbe che si instauri, alla stregua di quanto fatto per il Vesuvio, una legge che impedisca di edificare nel senso residenziale nei Campi Flegrei, per non aumentare il numero di abitanti e con esso il valore esposto a un rischio che non offre difese passive. Come lo Stato ha fatto sentire la sua fondamentale presenza per spezzare il malaffare in quel di Caivano, anche qui lo Stato deve materializzarsi fornendo strumenti di tutela dal rischio vulcanico, da ricercarsi innanzitutto nell'organizzazione del territorio. Il problema di fondo, è che il rischio eruttivo con le inibizioni che dovrebbero inevitabilmente accompagnarlo, nessuno lo vuole evocare, e il territorio in talune parti come la spianata di Bagnoli, enigmatica col suo colore bianco in mappa, attende che le acque si calmino, magari per poi procedere alla stesa a colpi di sacchi di cemento...  

                                                                di Vincenzo Savarese
                                                             


martedì 2 maggio 2023

Rischio vulcanico ai Campi Flegrei: somma di pericoli? di MalKo



Spianata di Bagnoli (Napoli)

                                                            

Nelle ultime settimane ai Campi Flegrei si è avvertita una certa recrudescenza degli eventi simici: molteplici ma a bassa intensità. I terremoti hanno generato  apprensione nella popolazione, e soprattutto in quei cittadini che seguono con motivato interesse l’evolversi dei fenomeni bradisismici: In tutti i casi senza allarmismi particolari. Del resto ci si abitua a tutto…

Nella settimana dal 17 al 23 aprile 2023, riferisce l’osservatorio vesuviano, nell’area dei Campi Flegrei sono stati localizzati 67 terremoti, di cui il più intenso è stato di Md 2,2. Il rigonfiamento dei suoli registrato alla stazione GPS del Rione Terra, è stato di circa 102 cm. a partire da gennaio 2011.  Per quanto riguarda i parametri geochimici invece, pare che non ci siano variazioni significative rispetto ai dati precedenti.

Con queste premesse, nel puteolano vige preoccupazione per il bradisismo inteso come fenomeno che potrebbe indurre danni ai fabbricati. Riteniamo che i problemi siano riconducibili per lo più a fessurazioni sulle pareti, e ove si presentassero dovrebbero essere largamente investigati, perché oltre al bradisismo, nel flegreo marcia di pari passo la sismicità anche se a bassa intensità. Questo vuol dire che in ultima analisi a quale dei due fenomeni naturali bisogna accollare le fessure che abbiamo individuato sul muro è difficile dirlo, anche se nella maggior parte dei casi la lesione dovrebbe essere riconducibile ai terremoti o ad assestamenti del terreno. Infatti, il bradisismo provoca sollevamento del suolo, ma non così puntiforme da generare asimmetrie ravvicinate e tali da indurre reazioni squilibrate sulle fondazioni dei palazzi. Anche se nella malaugurata ipotesi la "zolla" su cui grava l'edificio dovesse presentare una inclinazione, i possibili danni alle case potrebbero presentarsi ma a valori diversi dal millimetrico. In altre parole e chiarendo il concetto con un esempio, sollevando un tavolo al cui centro è posto un palazzo, quest'ultimo non dovrebbe subire alcun danno a prescindere dell'altezza che raggiunge il piano, purché quest'ultimo si mantenga entro certi limiti livellato. D'altra parte il sollevamento è talmente lento, da non generare neanche problemi di accelerazione o di repentinità dei dislivellamenti...

Per poter avere un quadro analitico dei livelli nell'area interessata dal bradisismo, sarebbe interessante conoscere le quote del terreno intorno al punto di massimo sollevamento del suolo (102 cm.), corrispondente al Rione Terra di Pozzuoli. Da qui bisognerebbe individuare con precise misurazioni, la curvilinea del livello dei 50 centimetri, la isoipsa, e poi quella dello zero, cioè i limiti della zona che non ha subito alcuna deformazione verso l’alto. Dati che dovrebbe poi essere riportati su carta, secondo le logiche delle isoipse topografiche. Probabilmente il disegno sottostante chiarisce meglio delle parole quello che abbiamo appena cercato di argomentare.




Nella zona flegrea e nello spazio coi satelliti, esistono strumentazioni particolarmente sensibili e precise al millimetro, che potrebbero offrire i risultati topografici appena auspicati. Le isoipse riportate su carta darebbero, rispetto alle immagini di rigonfiamento areale, la possibilità di focalizzare l’attenzione sulle caratteristiche della "gobba" bradisismica, e sui punti maggiormente esposti alle differenze di altezza, partendo dal principio topografiche che isoipse ravvicinate indicano un dislivello verticale più accentuato perchè spalmato su una minore distanza orizzontale. Nel nostro caso dovremmo parlare di valori veramente minimi: ma non abbiamo dati su cui ponderare una valutazione oggettiva… In altre parole se il palazzo non si trova col suo perimetro di base su due punti a differenti quote, difficilmente dovrebbe essere vulnerabile, soprattutto se le fondamenta non sono di vecchia fattura.

Per meglio capire il concetto, è da notare che in altri casi calamitosi, per esempio in una condizione di frana o alluvionamento dinamico, si possono creare addirittura vuoti parziali sotto le fondamenta di un casamento, con lo stabile che resisterebbe staticamente grazie alla tipologia della robusta fondazione,  generalmente a solaio rovescio o a platea armata, che distribuirebbe il carico sugli appoggi residui senza cedere nei tratti pensili. A rigor di logica allora, una casa realizzata secondo criteri antisismici, generalmente dovrebbe ben sopportare tanto un bradisismo accentuato, quanto i terremoti. D’altra parte gli esperti assicurano che di solito in area vulcanica le scosse telluriche sono di magnitudo non eccezionali, fatto salvi i sommovimenti registrabili in una fase pre eruttiva ed eruttiva. Fotografando l’attualità e la situazione, il rischio maggiore nel flegreo dovrebbe essere ancora una volta quello eruttivo. Con un bradisismo triplicato negli effetti, non si escluderebbe la dichiarazione dello stato di allarme, con l’evacuazione totale dei cittadini dalla zona rossa. Un po' diversi sono gli approcci ai servizi tecnologici come acqua e gas, perché hanno una continuità strutturale orizzontale, che li rende più vulnerabili alle crisi bradisismiche.

Il comune di Pozzuoli può darsi che abbia già assicurato l’apertura di un ufficio bradisismo in seno a quello di protezione civile, con tecnici deputati 24 ore su 24, in presenza o tramite la reperibilità, a garantire sopralluoghi a chi ne faccia richiesta, soprattutto dopo eventi sismici inusuali. Il coinvolgimento degli ordini professionali in chiave volontaria sarebbe auspicabile.

Il rischio eruttivo è quindi ben presente nel flegreo, con tutta la sua indeterminatezza, sia sul quando potrebbe presentarsi l’evento, sia con quale indice di esplosività vulcanica (VEI). A fronte di questi dubbi, il piano di emergenza che si traduce nel piano di evacuazione, dovrebbe essere l'unico strumento di salvaguardia influenzabile dalla politica, sia in termini operativi che preventivi. Un piano di evacuazione areale per essere efficace dovrebbe essere "autoportante" e con poche ma basilari istruzioni. L’attuale aggiornamento del documento fatto dalla regione Campania, non siamo riusciti a leggerlo tutto, perchè non particolarmente chiaro e quindi ci si perde tra le mappe. 

Una delle mappe a corredo dell'aggiornamento del piano di evacuazione della zona rossa flegrea


Per agevolare il compito dell'attento e civico cittadino allora, sarebbe il caso che l’autorità competente incominci a chiarire nelle prime pagine dell'aggiornamento, cosa è cambiato nelle procedure evacuative rispetto al modello precedente, e quali miglioramenti caratterizzano nell’odierno questa aggiornatissima pianificazione di emergenza. 

La nostra posizione sul piano di evacuazione continua a essere scettica,  soprattutto quando si parla di aree di attesa e orari (appuntamenti) per essere prelevati. Così come riteniamo di difficile esecuzione l’evacuazione con veicoli privati che devono rispettare orari di allontanamento: procedura che ha una sua logica per mantenere i flussi automobilistici costanti,  ma che potrebbe rivelarsi una strategia difficilmente attuabile in condizioni di panico diffuso, che s’innescherebbe, statene certi, se dovessero presentarsi prodromi pre eruttivi chiaramente avvertiti dalla popolazione, come boati e tremore sismico perdurante. Rimane poi il grosso problema della zona gialla contigua alla zona rossa, quella che si estende per i primi chilometri dal confine di alta pericolosità vulcanica, che sarebbe da evacuare parimenti per i notevoli volumi  di cenere e lapilli che ricadrebbero al suolo. Rimanendo nel merito della zona gialla, oggi ci sono discordanze sul da farsi, già  con la zona rossa 2 del Vesuvio: quella flegrea tra l'altro neanche è stata determinata... Il successo del piano di emergenza probabilmente si giocherà tutto sulla fase di preallarme...

Leggiamo da Terra Nostra News, che nella ex Chiesa di San Severo al Pendino di Napoli, si terrà dal 2 maggio 2023 e fino al 5,  il Workshop internazionale ‘Genesis and dynamics of large calderas: Campi Flegrei and Campanian Plain’. Un evento non sapremmo quanto importante, ma in tutti i casi è stato preannunciato dal Direttore della sezione di Napoli del CNR-ISMAR, che il Workshop servirà anche a mettere a punto un grande progetto di ricerca internazionale sulla caldera dei Campi Flegrei e sull’Ignimbrite Campana, attraverso studi crostali dettagliati, anche mediante perforazioni in terra ed in mare, da proporre per il finanziamento congiunto alle due Organizzazioni Internazionali ECORD-IODP ed ICDP…

                                                                                        di Vincenzo Savarese



 

 


lunedì 12 settembre 2016

Campi Flegrei - Il progetto geotermico Scarfoglio... di MalKo



Pozzuoli (Campi Flegrei) - macellum


Il Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, ha in corso di valutazione d’impatto ambientale (VIA), un progetto di sfruttamento geotermico per la produzione di energia elettrica da realizzarsi nella località Scarfoglio (Campi Flegrei), a ridosso del vulcano Solfatara nella zona Pisciarelli di Pozzuoli. Motore del sistema dovrebbero essere le caldissime acque del sottosuolo vulcanico.

La documentazione a corredo della richiesta di autorizzazione ha avuto una partnership scientifica istituzionale per molti versi riconducibili all’Osservatorio Vesuviano (INGV), che dovrebbe essere la struttura di garanzia per le problematiche vulcaniche in Campania. Una situazione per molti versi discutibile, perché se la commissione ministeriale ambientale dovesse respingere il progetto Scarfoglio per motivi precauzionali a fronte dell’incolumità pubblica, metterebbe in seria difficoltà l’immagine dell’Osservatorio Vesuviano che, poco indirettamente, ha espresso invece parere di fattibilità del progetto, minimizzando i rischi indotti dalle trivellazione e dalla reiniezione dei fluidi operativi nel sottosuolo.

Anche noi abbiamo inviato le nostre osservazioni al Ministero dell’Ambiente, rimarcando la necessità che determinati rischi si accettano e si respingono anche in ragione delle alternative possibili. Se Le energie geotermiche sono rinnovabili vuol dire che saranno a disposizione della collettività per migliaia di anni. Quindi, se dovesse subentrare una fame di energia che potrebbe mettere in ginocchio la nostra società iper tecnologica e post industriale, allora i rischi dovuti alle trivellazioni e alla pratica di reiniezione gioco forza diventerebbero accettabili, addirittura auspicabili. Oggi però, non ci sono queste condizioni, perché a muovere questo progetto al momento è solo un business industriale…

Abbiamo chiesto al Professor Giuseppe Mastrolorenzo, primo ricercatore dell’Osservatorio Vesuviano, un’analisi dei fattori che a suo giudizio rendono improponibile le attività geotermiche nell’area calderica flegrea. Il noto vulcanologo ci ha consentito di accedere alle osservazioni che ha sviluppato e inviato al Ministero dell’Ambiente. Ve le proponiamo qui di seguito, anche se in una forma riassuntiva.

<< Nella zona dove è stato presentato un progetto d’installazione di un impianto geotermico, ovvero nell’area epicentrale Solfatara – Pisciarelli nei Campi Flegrei, si è avuto recentemente uno sciame sismico di circa 45 scosse con ipocentri superficiali e a bassa magnitudo. Il 7 ottobre del 2015, eventi sismici analoghi indussero non pochi residenti ad abbandonare le proprie abitazioni, così come in alcune scuole i dirigenti scolastici decisero di evacuare i plessi a loro affidati.    

Una ricerca pubblicata sulla rivista Nature- Scientific Reports nell'agosto del 2015 dal dott. Luca D'Auria e altri ricercatori INGV e CNR, ad oggetto le deformazioni del suolo avvenute tra il 2012 e 2013, ha dimostrato come in detto periodo si sia verificata probabilmente una risalita di magma fino a circa 3 Km. dalla superficie, proprio al di sotto di una zona che potremmo definire centrale della caldera flegrea.

Tale risultato ha evidenziato la scarsa rilevabilità della possibile risalita di corpi magmatici dal profondo, ma anche un’analoga e oggettiva difficoltà a individuare nell’attualità le intrusioni già esistenti, nonostante si disponga di un sistema di monitoraggio areale di una certa efficienza. Quindi, non conoscendo la posizione e l’estensione delle protuberanze magmatiche eventualmente presenti a bassa profondità nell'area di Agnano - Pisciarelli, risulta alquanto sconsigliabile procedere con attività di trivellazioni, onde evitare di innescare indesiderati processi perturbativi nella zona calderica anche di tipo esplosivo.

L’area di Agnano – Pisciarelli (Scarfoglio), è strategica e prioritaria per il monitoraggio geofisico e geochimico della caldera attiva dei Campi Flegrei, soprattutto perché esiste un database ultradecennale di tutto rispetto dei dati di monitoraggio del super vulcano flegreo, che sarebbe il caso di non alterare con valori e misure che sarebbero compromesse nella loro naturalità dai processi di trivellazione, emungimento e reiniezione dei fluidi caldi prelevati dal sottosuolo.

Un database di queste dimensioni è indubbiamente e particolarmente utile per valutazioni di ordine scientifico sulla pericolosità vulcanica, grazie a comparazioni da cui potrebbero discendere indicazioni scientifiche circa i livelli di allerta da assegnare all’area, ai fini dell’attuazione dei piani di salvaguardia delle popolazioni esposte. D’altra parte bisogna anche annotare che la realizzazione di un database come questo quale frutto di una ultradecennale attività di monitoraggio, ha richiesto l’investimento di ingenti risorse pubbliche, tanto umane quanto materiali. 

La realizzazione di uno stabilimento industriale che emunge fluidi caldi (180° C.) dal sottosuolo per poi reiniettarli orientativamente nel bacino di prelievo, renderebbe praticamente indistinguibile, nel caso dovessero presentarsi eventi simici, la differenziazione tra origine naturale o indotta di questi fenomeni in tutti i casi pericolosi. L’incertezza determinerebbe pure implicazioni di natura giuridica nella individuazione delle responsabilità, qualora dovessero riscontrarsi malauguratamente danni a persone o a beni pubblici e privati. 

Il vulcano Solfatara - Pozzuoli (Campi Flegrei)
Le criticità naturali insite nella caldera flegrea, sono altresì aggravate dalla perdurante assenza di piani di evacuazione per l'area dei Campi Flegrei, con un valore esposto destinato a salire perché parliamo di un contesto territoriale dove ancora manca un vincolo vulcanico che renda impossibile l’edificazione ad uso residenziale, alla stregua di quanto è già stato fatto per il Vesuvio con la legge regionale numero 21 del 2003.

Recentemente bisogna pure annoverare la risalita di fluidi fangosi all'interno del pozzo di Bagnoli realizzato nell'area ex ITALSIDER nel 2012 e profondo 500 metri (CFDDP).  Il Commissario dell'Osservatorio Vesuviano, dott. Marcello Martini, ha dovuto disporre nel merito urgenti consulenze, senza escludere interventi di ottimizzazione del sito di perforazione nel senso della sicurezza.   

Una vasta letteratura mondiale documenta i rischi connessi ad attività di trivellazione in generale. Tra i più comuni effetti osservati con questa pratica, segnaliamo gli inneschi di eventi sismici e sequenze sismiche, anche prolungate nel tempo, così come le esplosioni o eruzioni dei pozzi, con innesco di fuoriuscite di fluidi anche per lunghi periodi di tempo. Ed ancora processi di subsidenza del suolo, alterazioni delle falde acquifere ed eventi franosi dai rilievi circostanti. Per tali motivazioni, i siti di perforazione sono generalmente posti a distanza dai centri abitati, e in aree non interessate da strutture tettoniche attive.

Le mie perplessità non sono singolari e convergono anche con quelle dei colleghi dott. Giovanni Chiodini dell'INGV, prof.ssa Tiziana Vanorio dell'Università di Stanford USA e il prof. Franco Ortolani, già professore ordinario presso l'Università di Napoli Federico II. Similmente abbiamo segnalato la pericolosità delle trivellazioni in un’area vulcanica particolarmente dinamica come quella flegrea, dove vige tra le altre cose, lo stato di attenzione vulcanica.

Nel caso delle aree vulcaniche attive come quella in esame (Campi Flegrei), i rischi citati sono notevolmente amplificati dagli elevati valori di temperatura e pressione dei fluidi circolanti nel sottosuolo, titolari anche di un certo fattore chimico di tossicità, in un sistema circolatorio sotterraneo che potrebbe essere caratterizzato da intrusioni magmatiche abbastanza superficiali.

Nel computo delle complicazioni dovute alle trivellazioni in aree vulcaniche, segnaliamo sicuramente il vulcano di fango Lusi nell’isola di Giava. Altri esempi riguardano la caldera del Fogo (Sao Miguel Azzorre), dove da alcuni anni è esplose un pozzo durante una trivellazione profonda circa 600 metri; perforazioni crostali finalizzate alla realizzazione di un impianto geotermico. Questa esplosione è stata associata a sequenze sismiche, processi di fratturazione del suolo e nascita di nuovi campi fumarolici.  

Il vulcano Lusi: il fango invade il villaggio di Sidorajo - Fotografia di John Stanmeyer, National Geographic
Gli eventi esplosivi in campi geotermici associati a rapida decompressione e transizione di fase di fluidi ad alta pressione e temperatura, sono possibili nelle aree ad alto gradiente di temperatura, così come accennavamo in precedenza, e il sistema geotermico dei Campi Flegrei è ottimale da questo punto di vista, risultando quindi appetibile da un punto di vista industriale, inappetibile dal punto di vista della sicurezza di questa zona.

Per quanto riguarda invece, l'innesco di sequenze sismiche a seguito di attività di trivellazione, estrazione e reiniezione di fluidi, la problematica è ben documentata anche in aree non vulcaniche, in prossimità di strutture tettoniche attive, come ad esempio nei pozzi localizzati presso Basilea, in Oklahoma e in Olanda.

Dettagliate documentazioni, relative a sismicità indotta, emissioni gassose nocive, emissioni acustiche, e anche esplosioni idrotermali, sono registrate storicamente in tempi più recenti, in aree geotermiche anche di vulcani non attivi, come ad esempio nei siti italiani del Monte Amiata e di Larderello.

D'altra parte, nel progetto pilota " Scarfoglio", è prevista la possibilità di eventi sismici indotti, ma per tale area è noto come la magnitudo massima attesa possa superare il 4 grado Richter, e in tale zona può produrre danneggiamenti.  Il sito prescelto per le trivellazioni è all'interno dell'area epicentrale delle frequenti sequenze sismiche dei Campi Flegrei e dei maggiori terremoti registrati e avvertiti durante le crisi bradisismiche. In particolare, proprio per il rischio sismico, durante la crisi conclusasi nel 1985 fu decisa la totale evacuazione della popolazione di Pozzuoli, trasferita nel nuovo insediamento di Monterusciello.

Ricerche condotte dal sottoscritto, in collaborazione con altri colleghi dell'INGV e di altri istituti, pubblicate su riviste internazionali già alla fine degli anni 90 e negli anni successivi, dimostrano l'estrema instabilità dei sistemi geotermici, sotto l'effetto anche di minime perturbazioni termiche e meccaniche in profondità, con evoluzione imprevedibile e dagli effetti a volte assolutamente indesiderati. Tali condizioni possono essere indotte proprio dalle attività di trivellazione.

Le insufficienti conoscenze dell'assetto geologico-strutturale e termo-fluidodinamico dell’area calderica (Scarfoglio – Pisciarelli), dove dovrebbe collocarsi l’impianto per la produzione di energia elettrica sfruttando i fluidi caldi circolanti nel sottosuolo, in assenza di modelli robusti e affidabili sul comportamento di tali sistemi perturbabili dalle attività di trivellazione, rendono il progetto Scarfoglio rischioso per le comunità e in netto contrasto con il principio di precauzione.

Oltre ai rischi immediati, previsti tra l’altro da modelli di calcolo di processi termo - fluidodinamici in mezzi porosi, le modificazioni sostanziali che potrebbe interessare il sistema profondo, si potrebbero verificare anche a distanza di alcuni decenni.

Utilizzando i comuni programmi di calcolo per l'evoluzione di sistemi geotermici in caso di attività di estrazione di fluidi, si può infatti prevedere la generazione di una estesa modificazione di temperatura, pressione e regime di circolazione dei fluidi in un raggio di centinaia di metri, centrato presso la massima profondità del pozzo, in un periodo che va da alcuni anni a qualche decennio, a partire dall'inizio delle attività estrattive. Le conseguenze sull'ambiente derivanti da tali processi, sono del tutto imprevedibili.

Per le ragioni riportate e vista l'assoluta impossibilità previsionale teorica su quello che potrebbe succedere, tra l’altro una situazione non mitigabile neanche attraverso il monitoraggio delle attività previste nel programma geotermico da realizzare nel sito di Agnano Pisciarelli, le trivellazioni così come la reiniezione dei fluidi da attuarsi nell’area vulcanica flegrea, sono da considerarsi ad altissimo rischio, e quindi, da evitare nell'interesse comune.


domenica 26 ottobre 2014

Rischio vulcanico ai Campi Flegrei: attenzione scientifica e mediatica...di Malko




Macellum Pozzuoli:simbolo del bradisismo flegreo


“Campi Flegrei: il super vulcano napoletano, tra attenzione
scientifica e mediatica.” di MalKo

Entro il 30 novembre 2014 dovrebbe esserci una riunione tra il Dipartimento della Protezione Civile, la Regione Campania e i sindaci i cui territori sono compresi nella nuovissima mappatura della zona rossa dei Campi Flegrei. Un sedime a rischio allargato rispetto al passato, i cui contorni ricalcano e inseguono i maggiori depositi di tufo grigio e giallo. Era naturale quindi che la città di Napoli venisse in parte compresa in questa zonazione, perché poggia per la quasi totalità sui suoli originatisi proprio dai prodotti espulsi dai vulcani flegrei, sia sotto forma di depositi da nubi ardenti che da foll out piroclastico. I venti predominanti infatti, sono prevalentemente occidentali e indirizzarono e indirizzerebbero il più delle volte verso il centro della metropoli le ceneri asperse nell’atmosfera dai vulcani flegrei.
Rispetto al Vesuvio che ha un condotto e una bocca sommitale che s’erge a 1281 metri di altezza, ed è quindi ben visibile e riconoscibile a distanza, il super vulcano Campi Flegrei avendo caratteristiche da caldera non ha un cono e neanche un condotto, ma poggia direttamente su una camera magmatica. In più punti si riconosce l’orlo calderico segnato da un rilievo ora digradante sul piano, a tratti depresso che poi diventa sottomarino e invisibile, lasciando finanche qualche incertezza sui reali confini calderici nascosti dalle profondità marine. Tant’è che se si conoscessero bene questi limiti, sarebbe stato necessario tracciarli per motivi operativi e anche perché nell’ultimo convegno sul rischio vulcanico tenutosi a Napoli, il Direttore dell'Osservatorio Vesuviano (INGV) ha accennato a una rivalutazione del rischio vulcanico sub marino nel Golfo di Pozzuoli. All’interno di questa notevole superficie calderica circolare di circa 12 chilometri di diametro, potrebbe aprirsi la futura bocca eruttiva…Per il passato se ne sono contate circa 40 monogeniche.
Anche nei Campi Flegrei pensiamo che verrà seguito un percorso di condivisione strategico dei settori a rischio con i comuni, che in questo caso sono tutti new entry grazie a un atto ufficiale di nomina in corso di perfezionamento. Alla stregua di quanto è stato fatto con l’area vesuviana, le amministrazioni comunali chiamate in causa dalla nuova mappatura, cioè Pozzuoli, Quarto, Bacoli, Monte di Procida, Marano, Giugliano e Napoli con i quartieri di Bagnoli, Fuorigrotta, Pianura, Soccavo, Posillipo, Arenella, Vomero, Chiaiano, Chiaia e San Ferdinando, probabilmente vedranno i loro territori soggetti ai limiti di edificabilità residenziale previsti dalla legge regionale 21 del 2003. Ciò che vale per il Vesuvio infatti, dovrebbe valere anche per i Campi Flegrei…
Campi Flegrei - Mappa della zona rossa

Non sappiamo le conclusioni del Dipartimento della Protezione Civile e della Regione Campania a proposito delle aree a maggiore pericolosità. La cartina pubblicata forse sarà rivisitata con maggiori dettagli in cui si identificheranno le zone a invasione dei flussi piroclastici (rossa 1) e quelle di ricaduta della cenere (rossa 2). In questo caso, ma procediamo sempre per ipotesi, si avrebbero due zone distinte e da concordare anche politicamente, dove la prima conterrebbe norme come detto contrarie a nuovi insediamenti abitativi e la seconda solo prescrizioni evacuative e possibilità di adeguamento antisismico e anti cenere coi tetti a spiovente.
Sarà interessante conoscere la classificazione che verrà data ai suoli di Bagnoli business che ricadono per intero nell’alveo delle colate piroclastiche…

Una volta ufficializzate le zone, si procederà con i gemellaggi e la ratifica da parte del Presidente del Consiglio di quanto concordato per le necessarie coperture economiche. Il Prefetto Franco Gabrielli a margine della riunione di presentazione della zona rossa flegrea, ha chiarito che non è stato presentato nulla a scatola chiusa.  
Di seguito vogliamo riportare la stima della percentuale probabilistica che è stata assegnata ai Campi Flegrei a proposito del (VEI) Volcanic Explosivity Index, ovvero dell’indice di esplosività vulcanica che potrebbe caratterizzare la prossima eruzione nel medio termine. Di fianco le probabilità assegnate invece al Vesuvio.

Indici probabilistici (VEI)  eruttivi del  Vesuvio e dei Campi Flegrei
Occorre precisare che nei piani d’emergenza generalmente, ed è norma comune, si utilizza come base di riferimento l’evento massimo conosciuto e non quello probabilistico ai fini della redazione dei piani di sicurezza. Purtuttavia è anche vero che a fronte di eventi altamente energetici, la superficie e il valore esposto da proteggere potrebbe diventare talmente grande da rendere vana qualsiasi forma di tutela.
L’esempio classico è quello della nave e della scialuppa. Se il mezzo di salvataggio è tarato per il galleggiamento di 100 persone, e noi ne imbarchiamo 500, probabilmente periranno tutti. In questi casi si da precedenza a donne e bambini perché il loro indice di autoprotezione in ambienti ostili è basso rispetto agli uomini dalla maggiore prestanza fisica. Si opera quindi una scelta che comunque non può essere in termini di peso e ingombro superiore alle capacità di galleggiamento e di manovra dell’imbarcazione di salvataggio.
La politica quindi, potrebbe assumere uno scenario di pericolo diverso da quello massimo conosciuto, magari prendendo come hanno fatto per il Vesuvio quello maggiormente probabile, sulla scorta di un’analisi strategica che tiene conto innanzitutto delle scialuppe a disposizione. Sarebbe strategia ad altissimo livello…ammirevole:  in altre parole realpolitik.

L’altissimo livello purtroppo non c’è e ci rimane solo una mediocrità casereccia perché un profilo da governante illuminato non continuerebbe a ingrossare le file dei passeggeri del Titanic dopo aver contato le scialuppe e assunto il pericolo probabile invece del massimo conosciuto come base dei piani di salvataggio. Nell’area vesuviana la storia dei condoni e del ripristino statico di ruderi e spiccati e conosciuta da tutti. Così come le piccole furberie che decantano una zona rossa Vesuvio ampliata che a conti fatti si è invece ristretta portando seco una serie di strascichi di ordine amministrativo. Anche l’adozione della linea Gurioli che demarca impropriamente la zona rossa a invasione dei flussi piroclastici, ha un piglio deterministico e non probabilistico, inducendo quindi false sicurezze negli abitanti limitrofi e finanche nel giudizio delle corti. E intanto i comuni aspettano con ansia e pronti alla firma, la decisione del Consiglio di Stato sulla riapertura dei termini di vaglio delle domande di condono a tutto il 31 dicembre 2015...
Il vero tallone di Achille della metropoli vulcanica allora è il valore esposto che aumenta inesorabilmente. Il problema è politico e delle istituzioni che non lanciano il grido d’allarme. Occorrerebbe una legge ad hoc: prima di pensare all’ergastolo della patente, i  ministeri competenti dovrebbero pensare all’ergastolo del condono edilizio…  ma voto non olet!

Un evento probabilistico, ritornando alla tabella pubblicata, può essere il prodotto di un calcolo oggettivo e soggettivo. Nel caso del Vesuvio ad esempio, a seconda dell’arco temporale che si assume come base di calcolo, salta fuori una probabilità dell’11% di pliniana se si prende in esame un intervallo di quiescenza da 60 anni in poi, che scende all’1% se l’arco temporale di riferimento è un range compreso tra i 60 e i 200 anni. Il dato da prendere in esame quindi, con tutte le incertezze del caso doveva essere una media ponderata tra i due periodi analizzati. E’ inutile dirvi che il Dipartimento della Protezione Civile, sentita la commissione grandi rischi, ha optato per l’1% probabilistico…
Come avrete intuito nessun calcolo statistico probabilistico può garantire la totale sicurezza delle popolazioni esposte al rischio vulcanico, perché non c’è una casistica molto lunga di dati a disposizione. Tra l’altro bisogna tenere in debita considerazione che ogni evento eruttivo è un elemento di novità che non ha nulla in comune con le altre eruzioni i cui contenuti di casualità sono assolutamente sconosciuti e imponderabili.



La classificazione del rischio è allora un elemento politico prima ancora che un fattore scientifico… Lasciano veramente perplessi al riguardo disquisizioni probabilistiche che accomunano un evento vulcanico catastrofico alla caduta di un meteorite. Affermazioni di questo tipo devono preoccupare seriamente le popolazioni, perché il politico che le adopera è pericoloso, in quanto non può avocare a se una decisione che spetta unicamente al singolo cittadino ancorchè se il medesimo ha un’alternativa.
L’autorità democratica  ha il dovere di fornire informazioni complete e puntuali, poi sarà l’auto decisionismo del singolo uomo o donna a valutare le notizie e scegliere liberamente quale sia la migliore soluzione per il personalissimo universo che caratterizza ognuno di noi col suo carico di paure e speranze. Nei consessi scientifici e tecnici le autorità non stiano a dire che è più facile che ci piombi in testa un meteorite che un’eruzione catastrofica, perché cala poco. Spifferino numeri e statistiche e soprattutto quanto ci sono costati oltre 20 anni di commissioni, sotto commissioni, e studi e incarichi per la stesura di piani d’emergenza monchi e inconcludenti.

A fronte di un meteorite, ci siamo stancati di dirlo, non c’è un luogo del Pianeta esente dal rischio, perché tutta la Terra è a rischio meteorite. Non c’è un sopra e un sotto, anche perché il nostro Pianeta non passa mai due volte per lo stesso punto e ruota su se stesso e poi trasla ecc… Il vulcano invece, trattandosi di un pericolo che ha delle precise referenze geografiche, consente a chi non vuole condividere le probabilità statistiche assunte dalla politica, di spostarsi sull’antimeridiano opposto al vulcano, cioè al sicuro. Non dal meteorite però!
Aspettiamo cosa decideranno il 30 novembre 2014…