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sabato 4 novembre 2023

Rischio vulcanico ai Campi Flegrei: Musumeci pensiero: la svolta... di Malko




Cratere Vesuvio e Campi Flegrei sul fondo immagine

Anche di recente, alcuni esperti dell’osservatorio vesuviano hanno ribadito che non ci sono evidenze di risalita di magma nel sottosuolo dei Campi Flegrei. L’affermazione oltremodo tranquillizzante, pare che sia stata ispirata dai dati provenienti dai famosi strumenti multi parametrici in dotazione all’INGV-OV. È notizia di oggi invece, che non si può escludere una rapida evoluzione verso lo stato di pre allarme vulcanico, in quanto all'origine del bradisismo, il noto processo d’innalzamento del terreno, potrebbe esserci proprio la diretta partecipazione del magma. Addirittura si citano articoli scientifici dove non si esclude la presenza di magma a bassa profondità, e che il rovente prodotto può essere responsabile di taluni disordini vulcanici che precedono nel breve un’eruzione.

A dare questa notizia che eleva fortemente la guardia sul pericolo vulcanico, ancorché in antitesi con l’osservatorio vesuviano, non sono i cattivoni del web, ma il ministro della protezione civile, Nello Musumeci, a seguito di una riunione della commissione grandi rischi per il rischio vulcanico, tenutasi il 27 e il 28 ottobre 2023. Il consesso scientifico allargato a esperti nazionali e internazionali, ha infatti deliberato che c'è poco da rassicurare, tant'è che l’autorevole comitato scientifico ha sentenziato brevemente e per bocca del ministro che:<<…l'insieme dei risultati scientifici rafforza l'evidenza del coinvolgimento di magma nell'attuale processo bradisismico di sollevamento del suolo. In particolare, ritiene che il quadro complessivo - pur se non di univoca interpretazione - faccia comunque emergere la possibilità che i processi in atto possano evolvere ulteriormente. La Commissione, pertanto, ritiene opportuno che sia le attività di monitoraggio da parte dei centri di competenza, sia le attività di prevenzione da parte delle varie componenti del Servizio nazionale di Protezione Civile si intensifichino ulteriormente e si preparino all'eventuale necessità di passare rapidamente verso un livello di allerta superiore rispetto all'attuale giallo. (ANSA).

A fronte di questa novità che in verità non ci coglie di sorpresa, rimane il fatto che la commissione grandi rischi insediatasi a inizio ottobre nella sua veste standard, ebbe a riaffermare che il livello di allerta vulcanica nel flegreo permaneva senza colpo ferire sul giallo. Come mai venticinque giorni dopo, la stessa commissione fa lanciare l’allarme al ministro Musumeci che la situazione nei Campi Flegrei è possibile che possa evolversi rapidamente verso un livello di allerta arancione (pre allarme)?

 

I livelli di allerta vulcanica

Riteniamo che esistano due possibili risposte che probabilmente si completano a vicenda. La prima è che sono stati diversamente interpretati i dati di monitoraggio fin qui acquisiti, al punto da far ritenere agli esperti riunitisi ultimamente ai massimi livelli, che la sismicità lieve e moderata dettata dal bradisismo che ha attanagliato il flegreo, con una recrudescenza recente che ha allarmato, accompagnata da notevoli e instancabili processi di degassazione dal sottosuolo, potrebbero essere tutti elementi ascrivibili proprio al magma, che pare si sia spinto fino a qualche chilometro dalla superficie, in più serbatoi, così come suggeriscono i modelli di alcuni ricercatori (Montagna, Papale, Longo).

La seconda possibilità è che il consesso scientifico e lo stesso ministro Musumeci, hanno ritenuto inappropriato che tra gli amministratori dei territori flegrei si sia rimosso il pericolo vulcanico, solo perché permane un annoso stato di attenzione (giallo), considerato inopinatamente fraterno compagno di viaggio a permanenza, e non una sintomatologia geologica pericolosa, ancorché foriera di possibili evoluzioni verso l'eruzione. Una persistenza quella del fenomeno bradisismico, che avrebbe dovuto minimamente impensierire, e far scattare qualche campanello di allarme non comodoso come quello attuale tarato sull’attenzione, che avrebbe magari dovuto indurre ospedali e carceri a organizzarsi con le esercitazioni di evacuazione, e i comuni a pianificare nel miglior modo possibile un eventuale esodo emergenziale. È appena il caso di ricordare che in assenza di soglie di riferimento per i passaggi da un livello di allerta vulcanica all'altro, nessuno può escludere che l'attuale unrest nel sottosuolo flegreo, potrebbe già essere prodromo a un passaggio di livello successivo a quello di attenzione, perché il magma che finora nessuno ha visto, pare invece che stazioni a poca distanza dalla superficie. Il bradisismo, che ha le sue origini nel calore magmatico, persiste da tempo; quindi, elementi di tranquillità sono da ricercarsi solo nella natura umana che tende a dimenticare o ad obliare i pericoli perduranti, perché nella natura di un campo vulcanico attivo invece, non esiste fraternità, ma solo processi ineluttabili e a volte violenti, che rendono vivo il Pianeta.

Con questo preambolo forse la sveglia bisognava proprio suonarla, ed è un bene che l'abbia fatto proprio il ministro, in modo da non lasciare spazio agli equivoci e alle speculazioni. È probabile che nei prossimi giorni si entrerà nel merito di questo avvertimento giudicato dai media allarmante, perché chiama in causa direttamente il magma. La nota di Musumeci che chiarisce che non si può escludere un passaggio a livelli superiori di pericolo eruttivo, denota pure un cambio di linguaggio istituzionale verso la chiarezza. La commissione grandi rischi ha anche invitato le strutture di monitoraggio (OV) ad incrementare la loro attività, magari fornendo alle stesse pure indicazioni su cosa cercare e come cercarlo, per dissipare i dubbi sulla "quota" attuale del magma nei Campi Flegrei.

A prescindere da tante altre disquisizioni che si possono fare, occorre dire che in questi territori la necessità di destare la popolazione potrebbe presentare qualche vantaggio organizzativo, anche dal punto di vista della forma mentis, e favorire allo stesso tempo, nel bene e nel male, un giudizio critico sull'operato della pubblica amministrazione. Infatti, il ministro non ha mancato di sottolineare che sono quarant'anni che non si fa niente di serio nelle comunità flegree per fronteggiare una possibile emergenza. Si rifletta sul termine non far niente, perché l'accidia non è immobilità, ma una forma di tacito consenso che ha permesso a tantissimi cittadini di insediarsi all'interno di una caldera vulcanica senza alcuna tutela, lasciando lievitare quella che oggi è una vera calderopoli cementizia, collocata su magma ballerino e dicono ben strutturato in altezza.

La cosa veramente insopportabile poi, è che in un connubio tutto amministrativo di ordine locale, provinciale e regionale e coi silenzi della scienza, si è fatto passare il concetto che il bradisismo  è un pericolo, una calamità a sé stante, diverso da quello sismico e ben diverso da quello eruttivo. La parola eruzione è odiata dai sindaci, che evitano anche solo di pronunciarla. Il motivo? Il rischio eruttivo è povero e porta solo rinunce: quello bradisismico porta soldi, un po' di assunzioni e pure passerelle… Con questo non vogliamo dire che bisogna ridimensionare il rischio sismico/bradisismico in corso di zonazione, bensì che occorre rivalutare quello vulcanico: quello che comprende l'intera caldera; quello catastrofico per intenderci, per fenomeni letali e vastità d’impatto pure oltre zona rossa.

L’onorevole Antonio Caso (M5S), ebbe a chiedere al capo dipartimento della protezione civile, in seno a un’audizione in commissione ambiente, tenutasi sempre a fine ottobre 2023, come mai non sia stato predisposto un divieto di edificare nel senso residenziale nei territori della zona rossa flegrea ad alta pericolosità vulcanica, alla stregua di quanto fatto nei territori vesuviani con la legge 21/2003.

Il responsabile del dipartimento P.C. , ing. Fabrizio Curcio, in questa occasione non ha dato una risposta esaustiva, dichiarando che, come fatto da altri responsabili che l’avevano preceduto (dott. Italo Giulivo n.d.r.), anche lui avrebbe sfuggito questa domanda. Il capo dipartimento circa l'assenza di disposti regionali anti cemento, tanto necessari per non far lievitare il valore esposto (numero di abitanti), e quindi il rischio nella caldera vulcanica, ha chiamato in causa la probabile necessità di coniugare le misure di sicurezza dei cittadini, con le esigenze legate allo sviluppo:<<… Lo strumento di protezione civile è uno strumento che accompagna scelte che riguardano la incolumità pubblica e privata che accompagnano altre scelte legate alla vita e allo sviluppo delle comunità. È nella sintesi politica territoriale che viene messa insieme l’esigenza della sicurezza con l’esigenza dello sviluppo...>>. A tradurre questa disquisizione, sembra che anche nel campo della protezione civile, che è quello della salvaguardia dei cittadini, vige il principio che occorre muoversi secondo logiche da rischi benefici, e non sul valore assoluto dettato dalla vita umana. Allora qualcuno può sentirsi escluso dalle garanzie statali. L’ ing. Curcio, nel tentativo di giustificare una classe politica vecchia e nuova accomunata dalla miopia e dal cinismo politico basato solo sul presente, ha espresso motivazioni che preoccupano, verità certo, ma enormità diremmo, per il ruolo di soccorritore che ricopre, ovviamente... 

La mancata emanazione di uno strumento urbanistico che vieti la realizzazione di ulteriori manufatti abitativi nella zona rossa dei Campi Flegrei, è un dato di fatto che solo di recente pare stia assurgendo a notizia di rilievo, destando pure qualche incredulità nei soggetti più puri. In realtà ne parliamo da anni, ma nella maggior parte dei casi, la mancata legislazione è stata frutto di interessi economici ed elettorali, e chi avrebbe potuto segnalare nei regolamenti comunali lo stato di rischio vulcanico immanente, in attesa di una più ampia pianificazione regionale, non lo ha fatto. D'altro canto nessun politico vuole allarmare per non far crollare l'economia della zona rossa, comprendente il valore delle case; e poi non si vuole limitare l'urbanizzazione perché ci sono i lavoratori dell'edilizia da salvaguardare, gli imprenditori, i mediatori, i rivenditori di prodotti cementizi e affini, e l'intero business che accompagna il cemento. Si pretende dallo Stato la formula magica tutto per tutti e bonus; e poi matematica garanzia di salvaguardia della popolazione che pretende la previsione dell'evento vulcanico. Purtroppo, sulle necessità della sicurezza areale flegrea, grava pure l'irrinunciabile business dettato dalla spianata di Bagnoli… In questo allettante e spoglio luogo, ci sono le mire di imprenditori  pronti ad utilizzare migliaia sacchi di cemento, secondo le logiche che non è importante dove costruisci ma cosa costruisci. Sulla spianata di Bagnoli, avremmo voluto che sorgesse un centro polivalente di protezione civile, con annessa elisuperficie e imbarcadero e scuola di protezione civile regionale. 

Anni fa, quando chiedemmo nell'ambito di un convegno all’allora assessore regionale alla protezione civile, ing. Cosenza, tutor della nuova zona rossa Vesuvio e attuale assessore metropolitano, perché non c’era stata da subito una comunanza in termini di divieti edilizi tra il Vesuvio e i Campi Flegrei, ci rispose che occorreva una legge ad hoc, perché il divieto tutt’ora vigente per il vulcano Vesuvio vale solo per il vulcano  Vesuvio… In pratica, si potrebbe riscrivere lo stesso disposto legislativo cambiando la sola parola Vesuvio con Campi Flegrei o Ischia.

La rappresentante di lega ambiente, Anna Savarese, anche lei ascoltata in commissione ambiente, ha precisato:<<Il nostro auspicio è che si superi, ad horas, l’anomalo trattamento riservato ai tre complessi vulcanici presenti in Campania, che sebbene classificati pariteticamente come ‘quiescenti’: Vesuvio, Campi Flegrei e Isola d’Ischia non hanno ricevuto le stesse attenzioni rispetto alla perimetrazione, al piano di emergenza e alla riduzione (legge) dell’incremento del carico insediativo”(Askanews). Parole ampiamente condivisibili seppur un po' tardive, anche se occorre dire che il rischio vulcanico non è una materia predominante nell’ambito di questa associazione. Nella fattispecie del discorso, i distretti vulcanici menzionati hanno tutti e tre caratteristiche molto diverse tra loro, accomunati da un identico mastodontico rischio seppur raro, con territori trattati differentemente dalle autorità competenti. A iniziare dalla fragilissima Ischia, che non ha ancora il suo scenario di rischio vulcanico di riferimento per i piani di emergenza. 

Tentare di rendere i territori vulcanici abitabili mitigando il rischio,  dovrebbe essere una necessità per programmare il futuro, in modo da lasciare ai posteri manufatti senza che l’accettazione ereditaria comporti pure l’onere di un carico residuale di pericolo ingestibile per effetto della conurbazione. In tutti i casi, le preoccupazioni di Musumeci ci stanno tutte: quelle degli amministratori che lamentano la rarefazione del turismo per gli allarmi vulcanici un po' meno: ci sembrano inappropriate certe richieste, almeno come tempistica. E poi occorrerebbe programmare il futuro del territorio, tenendo conto dei limiti naturali e antropici esistenti, e solo dopo aver fatto la propria parte di amministratore, andare dal ministro a battere cassa. Non riduciamo il problema del rischio vulcanico e sismico e bradisismico a una semplice caccia al bonus. Prima di parlare di rischio bradisismico, parliamo di rischio vulcanico...

Si conclude consigliando al presidente dell’INGV Doglioni, di mandare al più presto qualche ispettore all’osservatorio vesuviano, magari solo per procedere a qualche audit aziendale, per fare chiarezza e dettare linee guida future. Infatti, la sensazione che abbiamo, è quella di una struttura di monitoraggio e ricerca un po’ troppo accomodante col territorio e i suoi protagonisti. L’osservatorio vesuviano non lo sa, ma indirettamente ha  condizionato le politiche territoriali della provincia di Napoli, magari per senso di appartenenza a quel quadro tutto istituzionale che non vuole allarmismi defilandosi dalle responsabilità. Il risultato finale è che non sono state messe nero su bianco le reali condizioni di ambiguità del rischio vulcanico nei Campi Flegrei. Poi, si sono spesi convegni e interviste radiofoniche e televisive affermando che il magma in ascesa sarebbe stato certamente visibile agli strumenti di monitoraggio, tra l'altro in tempo utile per le esigenze del piano di evacuazione. Oggi salta fuori che il magma già c'è e nessuno lo ha visto... Anche se questi studi che hanno allarmato il ministro dovessero essere ridimensionati, rimane il dato che una titubanza scientifica non è ammissibile quando si ha l'onere di tutelare mezzo milione di persone. Da questa faccenda del preallarme Musumeci, potrà uscire sbiadita totalmente la commissione grandi rischi, o l'osservatorio vesuviano. Le terze vie però, spesso si trovano nella via di mezzo..

                                                               di Vincenzo Savarese

                                                             

giovedì 5 ottobre 2023

Rischio vulcanico ai Campi Flegrei - osservatorio vesuviano a guardia del magma: Ipse dixit... di Malko

 

Uno spaccato della darsena di Pozzuoli

I recenti per quanto periodici ma incalzanti eventi sismici che martellano i Campi Flegrei, ripropongono ancora una volta il grande dilemma: sismicità dettata dal rigonfiamento dei suoli per effetto del bradisismo puteolano, o sussulti da inquadrare come i più classici dei prodromi pre eruttivi? A saperlo…

Dicono che Nello Musumeci, ministro per la protezione civile e per le politiche del mare, abbia detto che sono stati sprecati quarant’anni per la realizzazione di un piano di evacuazione.  Diciamo pure che dall’ultima crisi bradisismica, ci si è cullati nell’idea che, passati i sussulti crostali degli anni ’70 e ’80, la situazione geologica in questo lembo di terra sarebbe ritornata alla normalità. Però, avrebbe cosa buona il ministro, a non rimanere sul vago, bensì a citare l’incuria quarantennale non solo sulla mancata redazione di un piano di evacuazione degno di questo nome, ma anche e soprattutto sulla mancata applicazione di regole di prevenzione della catastrofe vulcanica, realizzabili innanzitutto con la limitazione dell’incremento del valore esposto (numero di abitanti), che avrebbe portato positive ricadute sull’efficacia della stessa pianificazione evacuativa. Sarebbe anche interessante capire perché negli anni scorsi si è concentrato l’interesse della scienza e della politica solo sul Vesuvio e non sui Campi Flegrei. Infatti, si nota la grave assenza di una legge che avrebbe dovuto inibire la realizzazione di ulteriori manufatti ad uso abitativo sulla gobba bradisismica e nelle zone limitrofe, con disposti anti cemento da estendere a tutta la plaga flegrea. La legge che vieta ogni ulteriore insediamento sul Vesuvio infatti, risale al 2003, cioè almeno 20 anni dopo il bradisismo flegreo, senza che quest’ultimo territorio fosse accomunato a quello vesuviano, e senza essere sfiorato da alcuna norma che limitasse l’edilizia residenziale. Il vulnus della prevenzione della catastrofe vulcanica allora, a chi bisogna addebitarlo, a una scienza disattenta o a una politica noncurante che insegue il consenso con la mediazione dei dirigenti pubblici?

Nel flegreo, i problemi legati all’insofferenza geologica del sottosuolo, si riaffacciano e si riaffacceranno pure a distanza di decine di anni, senza scartare l'idea di una forma più cruda. Quindi, è da mezzo secolo che si sprecano tempo e risorse sull’altare dell’opportunismo politico e della  furbizia, dei tanti che inseguono il bradisismo come fonte di opportunità economica, con a margine il consenso elettorale. Il pericolo vulcanico, diciamo la verità, quello delle colate piroclastiche che vaporizzano in pochi secondi i liquidi corporei, porta solo rinunce, tant’è che nelle viscere dei Campi Flegrei sembra dimorare certamente la dea Penia che nessuno vuole invocare, piuttosto che l'operoso dio Vulcano. Le decine di vulcani monogenici e i territori litorali periodicamente inabissatisi o sollevatosi dal mare per effetto del bradisismo, hanno insegnato poco, visto che l’antropizzazione della caldera ha dato luogo a una calderopoli da oltre mezzo milione di abitanti. Ancora oggi  si dà importanza alla gobba bradisismica del rione Terra, e non alla causa del fenomeno insita negli importanti volumi di magma sottostanti. D’altra parte temiamo che se il picco di sollevamento è localizzato periodicamente e da decenni al rione Terra (Pozzuoli), questa storica collinetta dovrebbe essere trasformata in una sorta di parco urbano archeologico, perché, ammesso che si fermi o retroceda il fenomeno del sollevamento, è probabile che anche a distanza di anni si ripresentino più vivi che mai, il bradisismo, i sismi e la minaccia eruttiva.

La commissione grandi rischi per il rischio vulcanico, tra i compiti consultivi operativi incentrati sulle valutazioni di pericolosità, ha anche quello di fornire indicazioni volte alla prevenzione delle catastrofi. Sarebbe quindi il momento buono acchè questa assise di luminari dica al ministro Musumeci e a chiare lettere, che non si può continuare a concentrarsi solo sulla pianificazione d’emergenza, ma è giunto il tempo di passare a drastiche soluzioni di prevenzione della catastrofe vulcanica. Sempre la commissione, terminata la sessione dell’analisi dei dati e degli ascolti dei rappresentanti dei centri di competenza, prima fra tutti l'INGV, nella seduta a "porte chiuse" ha deciso che per i Campi Flegrei deve permanere il livello di attenzione (giallo). Intanto il ministro prospetta entro pochi giorni un piano di emergenza (di esodo) relativo al bradisismo irrefrenabile, quello da bollino rosso, di cui sarà interessante vedere che confini saranno assegnati al fenomeno destinatario di aiuti di Stato. I rappresentanti dei comuni flegrei, hanno chiesto al governo per tramite della VIII commissione ambiente della camera, fondi per rinfoltire gli uffici tecnici comunali con ingegneri e architetti, ancorché di agenti per i comandi locali della polizia municipale. In questa commissione, tutti i partecipanti sono stati concordi che la minaccia è il bradisismo e i sommovimenti sismici che il fenomeno reca seco. Il rischio eruttivo è decisamente in seconda battuta e a margine del problema, per le rassicurazioni offerte dal mondo scientifico (INGV), sulla prevedibilità garantita dal monitoraggio del magma, che assicurano che al momento se ne sta buono a 7 chilometri di profondità. Infatti, su tutti capeggiano le rassicurazioni del capo dipartimento vulcani dell’INGV e del suo entourage, che, forti delle strumentazioni multi parametriche disseminate nell’area flegrea, ritengono di monitorare l’eventuale salita del magma in superficie, in modo da lanciare inequivocabilmente all'occorrenza l’allarme eruzione. In sintesi, la tesi dominante dell’osservatorio vesuviano, è quella che non si è in grado di prevedere quando salirà il magma, ma si è sicuramente capaci di captarne i movimenti ascendenti se questi si presenteranno. Questo spiega la ripetuta asserzione della ex direttrice Bianco che spiega: :<<… i piani di emergenza sono piani basati sull’idea che ci sia un cambio di livello di allerta prima dell’eruzione, conseguenza di una valutazione basata su dati scientifici>>. Questa idea datata, portò tempo fa i rappresentanti della protezione civile nazionale e regionale, a rassicurare i cittadini che mai avrebbero vissuto una condizione di fuga col fuoco alle spalle… Su questo argomento però, si registrano recentissime dichiarazioni discordanti, anche a livello del presidente INGV, che invece  ha avvertito che il magma può risalire pure nel giro di un paio di ore. Un tempo che comunque consentirebbe alla ex direttrice dell’osservatorio vesuviano, di fare qualche telefonata prima di scappare a gambe levate dalla sede INGV di via Diocleziano, insieme agli oltre 500.000 cittadini che la seguirebbero da vicino. Struttura quella dell’osservatorio, incredibilmente ubicata in via Diocleziano, in piena zona rossa, a testimonianza del tempo che si è perso…

Il piano di emergenza messo a punto dalle istituzioni competenti (dipartimento protezione civile, regione Campania e comuni) per fronteggiare il pericolo eruttivo nei Campi Flegrei, contiene delle strategie poco convincenti, in quello che ci sembra più un progetto aritmetico che operativo, che può reggersi solo sulla certezza della previsione dell’evento vulcanico: non è un caso che è nato come piano di allontanamento e non di evacuazione… D’altra parte il capo dipartimento vulcani dell’INGV, che occupa da pochi giorni pure un posto di componente della commissione grandi rischi, è stata presa in parola, magari cinicamente o convintamente da chi ha prodotto la pianificazione d’emergenza in veste di stratega designato, ben felice dell’endorsement proveniente dalla scienziata sulla previsione minima garantita a 72 ore: una misura che nessuno ha contestato.

Per meglio riflettere e a fronte di multiformi pensieri sulla pericolosità dell’area, dobbiamo ancora una volta prendere in esame le tre possibilità che possono caratterizzare l’evoluzione di questa fase di unrest vulcanico. Infatti, operativamente parlando, dobbiamo partire dal principio che possiamo andare incontro a tre condizioni, che sono anche la summa delle opinioni scientifiche sull’argomento :

 - falso allarme;

- mancato allarme;

- previsione dell’evento vulcanico in tempi utili (≥ 72 ore).

In assenza di indici probabilistici differenziati, occorre procedere con calcolo pragmatico su quello che non è deterministico. Abbiamo quindi:

 - un 33,33% di probabilità che si arrivi a un falso allarme;

 -un 33,33% che s’incappi in un mancato allarme;

 -un 33,33% che la previsione dell’evento vulcanico sia ufficializzata in tempi utili per l’evacuazione totale e ordinata della popolazione.

Il tecnico pianificatore, in realtà per fronteggiare situazioni e imprevisti, dovrebbe avere un piano d’emergenza o anche un sotto piano o anche un piano d'emergenza d'emergenza, per ognuna di queste possibilità, e non unicamente sull’ultima citata, quella da mulino bianco, come invece ha fatto la protezione civile. Avere un piano A, B e C, non significa che occorre garantire il successo in tutti i casi citati, ma almeno se non è possibile la riuscita al 100%  delle pratiche di salvaguardia, almeno si può raggiungere il risultato del minor danno possibile, in condizioni obiettivamente critiche in cui si andrebbe ad operare.

D’altra parte è di fondamentale importanza la collaborazione dei cittadini che dovrebbero adoperarsi per non lasciarsi prendere dal panico: condizione che porterebbe a disattendere qualsiasi regola civile e morale. La differenza comportamentale della popolazione ai fini dell’evacuazione, è tutta centrata sulla percezione attraverso i sensi dei prodromi pre eruttivi. La percezione o meno dei segnali di pericolo (terremoti; boati; tremori; fumarole; forte odore di zolfo; geyser) determinerebbero le reali caratteristiche del piano di emergenza, che oscillerebbe da ordinato allontanamento a caos diffuso.



Gli elementi che uno stratega dovrebbe tenere in debito conto ai fini della realizzazione di un documento validamente protettivo per la popolazione in frangenti di pericolo, sono i dati reali nel nostro caso del pericolo vulcanico (magnitudo), e il numero degli esposti al pericolo (numero abitanti).

Il campo calderico dei Campi Flegrei, per il passato e fino al 1538, è stato terra di eruzioni esplosive che hanno generato pure le temibili colate piroclastiche. Fenomeno quest’ultimo, particolarmente distruttivo, che non contempla sistemi di protezione validi, perché trattasi di una sorta di densa miscela composta da brandelli di magma, e poi liquidi e gas ad altissima temperatura (± 500°C.), che si muovono e scorrono a grande velocità.

Il secondo e non meno pericoloso fenomeno vulcanico che si materializzerebbe fin dai primi momenti dell'eruzione, anche se questa fosse moderata,  è quello della pioggia di cenere e lapillo. Materiale quest’ultimo relativamente leggero, che una volta scagliato in aria dalle dirompenze vulcaniche, diverrebbe preda dei venti dominanti, dando corpo nel brevissimo al fenomeno di ricaduta dei prodotti piroclastici. Questa pioggia incalzante, determinerebbe depositi al suolo e sui tetti di spessore pericolosamente variabile, in una misura inversamente proporzionale alla distanza dal centro eruttivo e dal peso. I danni susseguenti potrebbero essere anche molto seri, in larga misura dipendenti dalla vulnerabilità degli edifici (sprofondamento dei tetti e dei solai), e all’aperto dall’aspersione in aria della cenere: elemento dannoso alla respirazione e alle mucose, per il carattere irritante delle microparticelle silicee.

Nel nostro sistema di protezione civile, l’autorità scientifica ha determinato quella parte di territorio che potrebbe essere coinvolto dai fenomeni vulcanici più deleteri, classificandoli come zone rosse. Per poter allontanare la popolazione da queste aree a rischio, i piani di evacuazione che risultano vigenti, prevedono in prima battuta l’utilizzo di autoveicoli privati o mezzi pubblici (Bus). Ed ancora si ipotizza l’uso del treno ad alta velocità (Stazione centrale di Napoli) e le navi che attraccherebbero e ripartirebbero sempre dal porto partenopeo.

A livello comunale, in quel di Pozzuoli pare che abbiano già definito circuiti viari per l’evacuazione con autovetture private, il cui transito dovrebbe avvenire attraverso i cancelli stradali. Chi invece deve usufruire del trasporto pubblico per allontanarsi, deve rispettare criteri di priorità in favore dei quartieri maggiormente vulnerabili agli effetti sismici. Costoro dovrebbero recarsi a una certa ora concordata sulle 48 disponibili, ai punti navetta: trattasi di una fermata dove passerebbe il bus comunale che porterebbe gli astanti all’area d’attesa (hub). Dall’area d’attesa i bus regionali trasporterebbero gli utenti ivi raggruppati fino alle aree d’incontro fuori zona rossa. Dalle aree d’incontro le amministrazioni regionali gemellate garantirebbero agli esodati l’ulteriore trasbordo verso i punti di prima assistenza nelle varie regioni e province italiane…



Secondo logiche operative, un piano d’emergenza a fronte di una eruzione che potrebbe presentarsi anche in modo improvviso, deve prevedere due step: il primo è quello di mettere almeno 20 chilometri di distanza tra uomo e eruzione; in contemporanea (seconda fase) e a cura di altro personale, si procederebbe a trasportare gli evacuati fuori dalla regione Campania, per dare loro una sistemazione alloggiativa magari temporanea.

Pensare che in una condizione di prodromi pre eruttivi incalzanti si possa dare un appuntamento orario a un cittadino che deve andare alla fermata dell’autobus, magari il giorno dopo, e lì attendere la navetta è fantascientifico in un contesto di acclarato pericolo. Pensare di evacuare alla stazione di Napoli i puteolani per farli imbarcare sui treni veloci è semplicemente controproducente, tra l’altro con una rete ferroviaria che deve essere monitorata post evento sismico. Ma poi non c’è nessun bisogno di un treno veloce per mettere 20 chilometri di distanza tra gli evacuati e il vulcano. Più che la velocità infatti, serve la capienza e il numero di convogli e la loro affidabilità. D’altra parte e a proposito del puteolano, a Villa Literno si è già fuori pericolo… Prevedere il trasporto della popolazione flegrea  verso il centro di Napoli, significa che lo stratega ha obliato completamente la possibilità che si debba andar via con eruzione in corso. In questa malaugurata ipotesi infatti, si concretizzerebbe una strategia dannosa per i puteolani e per i partenopei, con questi ultimi magari interessati essi stessi da operazioni di evacuazioni, visto che i quartieri Pendino e Mercato sono in zona gialla piuttosto contigua alla zona rossa. Con eruzione in corso, presumibilmente moltissimi cittadini flegrei andrebbero, piano o non piano di evacuazione, verso nord, raggiungendo la linea di demarcazione del fiume Volturno per sentirsi al sicuro: ed è comprensibile. Quelli metropolitani-flegrei invece, dovrebbero andare verso est, magari ove possibile utilizzando proprio la rete tangenziale nell'occasione dedicata. La separazione tra puteolani e partenopei gioverebbe alla fluidità del traffico. 

Ovviamente nessuno ha la soluzione in tasca, ma puntare tutto sulla previsione d’eruzione sarebbe l’ideale solo se fosse deterministicamente accertabile e in tempi utili. Diversamente, il ministro Musumeci faccia valutare tutte le strategie possibili per ogni possibile scenario. Ai cittadini della zona rossa dei Campi Flegrei e alla politica memorabile, consigliamo di monitorare i processi edilizi relativi alla spianata di Bagnoli, le cui progettualità sono ancora in itinere. Se riverseranno in questo sito come si teme, ondate di calcestruzzo per la costruzione di palazzi di prestigio con pilastri spessi e armati e forti da sorreggere il mondo alla stregua di Atlante, si conoscerà non solo la regia, ma anche la volontà di non accreditare il rischio vulcanico tra quelli possibili nel territorio metropolitano flegreo. Stesse congetture sul litorale di Licola (Pozzuoli), dove sembra che siano in elaborazioni progettualità non a cemento zero e non a costo zero per il rischio vulcanico.

Per i cittadini costretti a vivere col rischio sismico e bradisismico, ricordiamo che la scienza riferisce che in zona rossa la crosta vulcanica è fratturata, e quindi non consente grossi accumuli di energia: i terremoti, dicono, difficilmente dovrebbero superare il 4,5/ 5 della scala Richter. Per chi vive in palazzi realmente fatiscenti, potrebbe essere allora saggio spostarsi in altra sede, forse definitivamente ma a rigor di logica necessariamente  fuori dalla zona rossa. 

Per le scuole qualche regola: sarà la percezione della classe insegnante e quindi del dirigente scolastico a stabilire la necessità di lasciare l'edificio dopo un sussulto sismico. Non si aspetta la decisione del sindaco. Non si suona la campanella. Insegnare ai bambini a proteggersi addossandosi negli angoli della classe e nei muri prossimi a questi, evitando vetrate. L'insegnante al centro della porta.  Mettersi sotto i banchi a volte e problematico per gli alunni alti e robusti. Disegnare sul muro i punti dove devono addossarsi gli studenti. Se si decide di uscire, il percorso verrà verificato dal direttore o da suo incaricato fino ai punti di raccolta. Ricordatevi che il primo gradino della sicurezza scolastica, è la buona funzionalità delle uscite di emergenza che vanno controllate ogni giorno e prima che entrino gli alunni, con apposita nota sul registro dei controlli. Uscire se necessario, proteggendosi il capo, ove possibile, con gli zaini o caschetto per chi ne è in possesso (valutare questa dotazione). Al mattino si compili con precisione l'elenco dei presenti che deve essere sempre a portata di mano delle maestre. 

                                                                 di Vincenzo Savarese
                                                             




lunedì 5 giugno 2023

Rischio vulcanico ai Campi Flegrei: si "gioca" al buio? di MalKo

La bocca del Vesuvio


Anche nel nostro democraticissimo Paese, nel merito del rischio eruttivo legato al Vesuvio e ai Campi Flegrei, non sono pochi quelli che si appellano agli utenti del web, affinché le informazioni che intendono reperire e riproporre online sul pericolo vulcanico, debbano essere solo quelle diffuse dalle istituzioni competenti.  In altre parole, è netta la sensazione che le notizie che devono circolare devono essere preferibilmente uni canale e soprattutto non devono stigmatizzare o criticare le strategie governative di tutela fin qui adottate. Queste ci sembrano  inoppugnabilmente  zoppe di prevenzione, e fragili operativamente parlando. Tant’è…  

Nei mesi un po’ “ballerini”, litosfericamente parlando, che precedettero il terremoto dell’Aquila del 6 aprile 2009, un tecnico dei laboratori di fisica del Gran Sasso, Giampaolo Giuliani, allarmò la popolazione profetizzando sulla base della concentrazione di radon che metodicamente misurava, l’arrivo di un sisma a forte intensità entro una settimana. La previsione creò apprensioni nella popolazione, e infastidì non poco la compagine governativa del fare. In quel periodo la protezione civile di Bertolaso, vero deus ex machina del governo Berlusconi, era impegnata e non poco anche su cose non attinenti calamità ed emergenze, come l’organizzazione del G8 alla Maddalena.

Dal centro romano, pensarono di acchetare le preoccupazioni degli aquilani inviando precipitosamente la commissione grandi rischi nel capoluogo abruzzese che, il 31 marzo del 2009, in un veloce e aperto consesso escluse che i frequenti sismi potessero precludere la strada a un terremoto a forte energia. Sembra che gli accademici arrivarono lì non tanto per indagare e valutare la pericolosità sismica, ma piuttosto per stroncare scientificamente e istituzionalmente Giuliani, reo di generare preoccupazioni che si traducevano in continui appelli del sindaco Cialente al dipartimento di Bertolaso, per ottenere  pareri se non istruzioni sul da farsiIl tecnico del centro di ricerca astroparticellare intanto, dopo la riunione degli esperti fu denunciato da Guido Bertolaso per procurato allarme.

La storia delle catastrofi sismiche ci ha consegnato all’indomani del terremoto dell’Aquila, una commissione grandi rischi, massima espressione scientifica del nostro Paese, letteralmente azzoppata. Del collegio facevano parte 6 luminari, che supportarono con mezze frasi e silenzi Bernardo De Bernardinis, il settimo della gita, vice capo dipartimento della protezione civile, che lasciò intendere la sera del 31 marzo 2009 in una conferenza stampa, quest'ultima forse vero obiettivo della missione, che non c’erano particolari motivi di allarme e che il perdurare della moderata sismicità avrebbe addirittura evitato l’accumulo di grosse e pericolose energie.  

Purtroppo, il terremoto, quello forte, nonostante le rassicurazioni si presentò il 6 aprile 2009 mietendo 309 vittime: all’Aquila andò di scena in una settimana la farsa e il dramma…  Nel libro “Tranquilli” di Alberto Orsini, è riportata la testimonianza dell’esperto dell’INGV, il dirigente di ricerca Marzocchi, che ebbe a dichiarare alcune cose importanti soprattutto se le si attualizzano:<< ancora oggi studiando quella sequenza sismica, ha ammesso, non riesco a vederci niente di differente rispetto a tante altre che ci sono state anche dopo e che non hanno portato a eventi come quelli dell’Aquila>>. Su un'altra domanda Marzocchi ammette: << purtroppo, impariamo molto solo dopo questi tipi di disastri. Un dovere etico è cercare di acquisire il maggior numero di informazioni quando succedono>>. Il ricercatore dell'INGV, è stato uno degli esperti che ha elaborato statistiche per assegnare percentuali probabilistiche alla tipologia eruttiva delle future eruzioni che verranno nel vesuviano e nel flegreo. In ultima analisi, da queste valutazioni si è poi giunti alla determinazione dell’eruzione di riferimento (media), e quindi alla vastità delle zone rosse attuali. 

Statistica stile eruttivo Campi Flegrei


Gli scienziati della commissione grandi rischi furono condannati per colpa consistita in negligenza, imprudenza e imperizia. Furono poi assolti negli altri due gradi di giudizio, ad eccezione di De Bernardinis, vero compagno B, che non riuscì a scrollarsi di dosso una condanna a due anni. Il solerte vice capo dipartimento infatti, fu giudicato colpevole perché in quei frangenti esercitava un ruolo operativo e non consultivo come quello degli scienziati. Il vice di Bertolaso fu ritenuto responsabile della fallace informazione, avendo i giudici trovato il nesso causale tra le sue rassicurazioni e i circa 30 decessi causati dal violento sisma. Il mondo scientifico allora, come dicevamo, avendo un ruolo prettamente consultivo, risultò a prescindere non colpevole, anche perché a posteriori si confutò che non c’era il carteggio necessario per classificare quella riunione come un reale consesso della commissione grandi rischi. Una commissione fasulla insomma… che tra l'altro dibattette a porte aperte mentre per le decisioni occorrono le porte chiuse, come ci ha ricordato due anni fa il referente attuale della commissione grandi rischi per il rischio vulcanico, vantando nell’intervista anche l’imparzialità del consesso scientifico... 

Dal 2009 in poi,  la stampa e i media in generale, si schierarono prevalentemente contro il tribunale dell’Aquila, per aver condannato la commissione grandi rischi, rea secondo i togati, di aver fornito imprecise, incomplete e contraddittorie informazioni sulla pericolosità dell'attività sismica. Le parole d’ordine dei supporters della commissione furono sempre le stesse: non si prevede un terremoto e non si attacca la scienza come si fece con Galilei… In realtà il contendere sorse proprio sulla inoppugnabile verità che i terremoti non si prevedono: ma a furor di logica vale anche il concetto che non si possono escludere.

In alcuni procedimenti civili tenutisi nelle aule di giustizia dell'Aquila, una giudice dichiarò corresponsabili 24 vittime del terremoto che usarono una condotta ritenuta irresponsabile, attardandosi a permanere nelle abitazioni dopo un paio di scosse più intense del solito. La Presidenza del Consiglio dei ministri in tutti i casi e di contro, è stata chiamata a risarcire i familiari di alcune decine di caduti, perché queste rinunciarono a mantenere abitudini prudenziali, in ragione delle rassicurazioni che furono improvvidamente date nella conferenza stampa del 31 marzo 2009.

C’è da chiedersi, in caso di catastrofe vulcanica e a proposito dei risarcimenti, che pesi e che misure verrebbero presi per il vesuviano e il flegreo sulle costruzioni difformi o abusive, anche alla luce dei fatti dell’Aquila e aggiungiamo di Ischia. Per il Vesuvio e come più volte abbiamo ricordato, c’è un’apposita legge (L. Reg. Campania 21/2003) che classifica la zona rossa come ad alta pericolosità vulcanica, e che vieta in questo perimetro la costruzione di fabbricati ad uso abitativo, così come ogni altro intervento sull’edificato capace di aumentare il numero dei residenti nell’omonima plaga. All’interno della zona rossa flegrea invece, lo Stato incredibilmente pur classificando la caldera come zona ad alta pericolosità vulcanica, non ha imposto divieti all’urbanizzazione, e quindi all’aumento del numero dei residenti. Quale futuribile giustizia civile nelle zone rosse?

Nei Campi Flegrei i cittadini preoccupati dal potenziale rischio eruttivo, dal bradisismo e dai sismi che in parte ne derivano, sono stati rassicurati in qualche misura dalla compagine operativa del dipartimento della protezione civile, così come dall’omologo ufficio regionale. I due uffici infatti, hanno escluso qualsiasi evacuazione - con eruzione alle spalle – dando così per certa la previsione dell’eventuale evento vulcanico in tempo utile per mettersi in salvo. Alla stregua dei fatti dell'Aquila, tali rassicurazioni in quanto operative e in analogia a quelle profferite quattordici anni fa da De Bernardinis, sono valutabili probabilmente pure sotto vari profili se dovessero malauguratamente rivelarsi fallaci. 

Comitato Operativo Protezione Civile - Roma -


La situazione nei Campi Flegrei è complessa, e in assenza di fattori deterministici, tutte le opzioni e le tesi legate al rischio vulcanico hanno diritto di accreditamento. Da un certo punto di vista tecnico, sussiste la necessità di lavorare anche sull'incertezza accorpando le varie ipotesi possibili. Quindi, in assenza di previsioni matematicamente inconfutabili, dobbiamo supporre tre possibilità di accadimenti nel merito del rischio vulcanico, almeno fino a quando non ci saranno congetture che lasciano prevalere una ipotesi sull’altra. Gli eventi sono allora così suddivisibili: 

  1. Abbiamo una probabilità del 33,33 % che nel flegreo venga diramato un falso allarme eruttivo. 
  2. Abbiamo una probabilità del 33,33 % che nel flegreo venga diramato con successo un allarme eruttivo in linea con i tempi necessari all’evacuazione. 
  3. Abbiamo una percentuale del 33,33% che nel flegreo si possa assistere a un mancato   allarme o più verosimilmente a un tardivo allarme eruttivo.

Possiamo riassumere generalizzando, che abbiamo il 66,66 % di probabilità di non essere coinvolti direttamente in un'eruzione, ma in una procedura evacuativa sì. Il Dipartimento della protezione civile invece, questa percentuale a torto o a ragione l'ha innalzata a valori prossimi al 100%.  

Prendendo in considerazione la terza ipotesi comprensiva del tardivo allarme, dobbiamo tener presente. a voler rimanere nel campo aritmetico, che siffatta eventualità, teoricamente,  comporterebbe un grave deficit quantificabile nell'esposizione involontaria di circa 8000 cittadini per ogni ora di ritardo evacuativo sulle 72 ore previste. Una soglia, questa dei tre giorni, che gli strateghi hanno calcolato analizzando i flussi di traffico dimensionati alla viabilità attuale. I piani di evacuazione ci sembrano assemblati con fragilità operative, come quelle che assegnano un orario per evacuare in auto o un orario per essere recuperati nelle aree di attesa da navette dicono comunali. Problema questo dell'evacuazione su appuntamento, che se non venisse rispettato all'occorrenza,  farebbe ricadere la responsabilità di un eventuale insuccesso evacuativo sulle spalle degli  evacuabili, e non sul sistema appunto aritmetico messo in campo puntando sulla certezza della non eruzione e della non percepibilità dei prodromi pre eruttivi. 

Criticità sono pure la mancata individuazione della zona rossa 2, così come la decisione di evacuare dal puteolano in direzione del centro di Napoli ci sembra azzardata, perchè la soluzione individuata richiederebbe ancora una volta la certezza della persistenza di una quiete vulcanica. Il successo del piano di evacuazione riteniamo che sarà sicuramente subordinato nella sua esecuzione, alla percezione da parte della popolazione dei prodromi pre eruttivi: se questi dovessero incalzare scoppierebbe il panico incontrollabile; se la popolazione riceverebbe l'ordine di evacuare ma senza che nulla verrebbe percepito dai sensi, l'allontanamento dal flegreo avverrebbe certamente con apprensione, ma sostanzialmente in una condizione moderatamente caotica ma forse gestibile…

Per il futuro sarà necessario forse mantenere vigile l’attenzione sul connubio  tra il mondo della scienza e la politica per non ripetere gli errori dell’Aquila: se la commissione grandi rischi si riunisce per decidere sulla protezione dei cittadini, assicuratevi in prima battuta che il numero degli accademici è legale e che gli atti cartacei siano in regola con timbri e firme. Il verbale va stilato al termine della riunione e non dopo l'evento calamitoso. Un ulteriore insegnamento ci proviene dai ruoli: rimanendo ai Campi Flegrei e al Vesuvio, l'osservatorio vesuviano, ente scientifico e di sorveglianza vulcanica, può esprimere pareri non vincolanti sulla pericolosità. Gli organi di protezione civile invece, e soprattutto il dipartimento della protezione civile, atteso che l'emergenza vulcanica come i piani di emergenza sono stati considerati di interesse nazionale, hanno piena responsabilità su quello che dicono e dispongono. I limiti di competenza li ha stabiliti con le sentenze la corte d'appello e di cassazione, lì all'Aquila... 

Marzocchi ha espresso il parere che le grandi catastrofi insegnano: nei Campi Flegrei l'ultima grande eruzione è anteriore al modesto evento del 1538: indi, valutati i tempi ultra secolari, nel flegreo si gioca e si decide al buio...

                                                               di Vincenzo Savarese
                                                             







martedì 2 maggio 2023

Rischio vulcanico ai Campi Flegrei: somma di pericoli? di MalKo



Spianata di Bagnoli (Napoli)

                                                            

Nelle ultime settimane ai Campi Flegrei si è avvertita una certa recrudescenza degli eventi simici: molteplici ma a bassa intensità. I terremoti hanno generato  apprensione nella popolazione, e soprattutto in quei cittadini che seguono con motivato interesse l’evolversi dei fenomeni bradisismici: In tutti i casi senza allarmismi particolari. Del resto ci si abitua a tutto…

Nella settimana dal 17 al 23 aprile 2023, riferisce l’osservatorio vesuviano, nell’area dei Campi Flegrei sono stati localizzati 67 terremoti, di cui il più intenso è stato di Md 2,2. Il rigonfiamento dei suoli registrato alla stazione GPS del Rione Terra, è stato di circa 102 cm. a partire da gennaio 2011.  Per quanto riguarda i parametri geochimici invece, pare che non ci siano variazioni significative rispetto ai dati precedenti.

Con queste premesse, nel puteolano vige preoccupazione per il bradisismo inteso come fenomeno che potrebbe indurre danni ai fabbricati. Riteniamo che i problemi siano riconducibili per lo più a fessurazioni sulle pareti, e ove si presentassero dovrebbero essere largamente investigati, perché oltre al bradisismo, nel flegreo marcia di pari passo la sismicità anche se a bassa intensità. Questo vuol dire che in ultima analisi a quale dei due fenomeni naturali bisogna accollare le fessure che abbiamo individuato sul muro è difficile dirlo, anche se nella maggior parte dei casi la lesione dovrebbe essere riconducibile ai terremoti o ad assestamenti del terreno. Infatti, il bradisismo provoca sollevamento del suolo, ma non così puntiforme da generare asimmetrie ravvicinate e tali da indurre reazioni squilibrate sulle fondazioni dei palazzi. Anche se nella malaugurata ipotesi la "zolla" su cui grava l'edificio dovesse presentare una inclinazione, i possibili danni alle case potrebbero presentarsi ma a valori diversi dal millimetrico. In altre parole e chiarendo il concetto con un esempio, sollevando un tavolo al cui centro è posto un palazzo, quest'ultimo non dovrebbe subire alcun danno a prescindere dell'altezza che raggiunge il piano, purché quest'ultimo si mantenga entro certi limiti livellato. D'altra parte il sollevamento è talmente lento, da non generare neanche problemi di accelerazione o di repentinità dei dislivellamenti...

Per poter avere un quadro analitico dei livelli nell'area interessata dal bradisismo, sarebbe interessante conoscere le quote del terreno intorno al punto di massimo sollevamento del suolo (102 cm.), corrispondente al Rione Terra di Pozzuoli. Da qui bisognerebbe individuare con precise misurazioni, la curvilinea del livello dei 50 centimetri, la isoipsa, e poi quella dello zero, cioè i limiti della zona che non ha subito alcuna deformazione verso l’alto. Dati che dovrebbe poi essere riportati su carta, secondo le logiche delle isoipse topografiche. Probabilmente il disegno sottostante chiarisce meglio delle parole quello che abbiamo appena cercato di argomentare.




Nella zona flegrea e nello spazio coi satelliti, esistono strumentazioni particolarmente sensibili e precise al millimetro, che potrebbero offrire i risultati topografici appena auspicati. Le isoipse riportate su carta darebbero, rispetto alle immagini di rigonfiamento areale, la possibilità di focalizzare l’attenzione sulle caratteristiche della "gobba" bradisismica, e sui punti maggiormente esposti alle differenze di altezza, partendo dal principio topografiche che isoipse ravvicinate indicano un dislivello verticale più accentuato perchè spalmato su una minore distanza orizzontale. Nel nostro caso dovremmo parlare di valori veramente minimi: ma non abbiamo dati su cui ponderare una valutazione oggettiva… In altre parole se il palazzo non si trova col suo perimetro di base su due punti a differenti quote, difficilmente dovrebbe essere vulnerabile, soprattutto se le fondamenta non sono di vecchia fattura.

Per meglio capire il concetto, è da notare che in altri casi calamitosi, per esempio in una condizione di frana o alluvionamento dinamico, si possono creare addirittura vuoti parziali sotto le fondamenta di un casamento, con lo stabile che resisterebbe staticamente grazie alla tipologia della robusta fondazione,  generalmente a solaio rovescio o a platea armata, che distribuirebbe il carico sugli appoggi residui senza cedere nei tratti pensili. A rigor di logica allora, una casa realizzata secondo criteri antisismici, generalmente dovrebbe ben sopportare tanto un bradisismo accentuato, quanto i terremoti. D’altra parte gli esperti assicurano che di solito in area vulcanica le scosse telluriche sono di magnitudo non eccezionali, fatto salvi i sommovimenti registrabili in una fase pre eruttiva ed eruttiva. Fotografando l’attualità e la situazione, il rischio maggiore nel flegreo dovrebbe essere ancora una volta quello eruttivo. Con un bradisismo triplicato negli effetti, non si escluderebbe la dichiarazione dello stato di allarme, con l’evacuazione totale dei cittadini dalla zona rossa. Un po' diversi sono gli approcci ai servizi tecnologici come acqua e gas, perché hanno una continuità strutturale orizzontale, che li rende più vulnerabili alle crisi bradisismiche.

Il comune di Pozzuoli può darsi che abbia già assicurato l’apertura di un ufficio bradisismo in seno a quello di protezione civile, con tecnici deputati 24 ore su 24, in presenza o tramite la reperibilità, a garantire sopralluoghi a chi ne faccia richiesta, soprattutto dopo eventi sismici inusuali. Il coinvolgimento degli ordini professionali in chiave volontaria sarebbe auspicabile.

Il rischio eruttivo è quindi ben presente nel flegreo, con tutta la sua indeterminatezza, sia sul quando potrebbe presentarsi l’evento, sia con quale indice di esplosività vulcanica (VEI). A fronte di questi dubbi, il piano di emergenza che si traduce nel piano di evacuazione, dovrebbe essere l'unico strumento di salvaguardia influenzabile dalla politica, sia in termini operativi che preventivi. Un piano di evacuazione areale per essere efficace dovrebbe essere "autoportante" e con poche ma basilari istruzioni. L’attuale aggiornamento del documento fatto dalla regione Campania, non siamo riusciti a leggerlo tutto, perchè non particolarmente chiaro e quindi ci si perde tra le mappe. 

Una delle mappe a corredo dell'aggiornamento del piano di evacuazione della zona rossa flegrea


Per agevolare il compito dell'attento e civico cittadino allora, sarebbe il caso che l’autorità competente incominci a chiarire nelle prime pagine dell'aggiornamento, cosa è cambiato nelle procedure evacuative rispetto al modello precedente, e quali miglioramenti caratterizzano nell’odierno questa aggiornatissima pianificazione di emergenza. 

La nostra posizione sul piano di evacuazione continua a essere scettica,  soprattutto quando si parla di aree di attesa e orari (appuntamenti) per essere prelevati. Così come riteniamo di difficile esecuzione l’evacuazione con veicoli privati che devono rispettare orari di allontanamento: procedura che ha una sua logica per mantenere i flussi automobilistici costanti,  ma che potrebbe rivelarsi una strategia difficilmente attuabile in condizioni di panico diffuso, che s’innescherebbe, statene certi, se dovessero presentarsi prodromi pre eruttivi chiaramente avvertiti dalla popolazione, come boati e tremore sismico perdurante. Rimane poi il grosso problema della zona gialla contigua alla zona rossa, quella che si estende per i primi chilometri dal confine di alta pericolosità vulcanica, che sarebbe da evacuare parimenti per i notevoli volumi  di cenere e lapilli che ricadrebbero al suolo. Rimanendo nel merito della zona gialla, oggi ci sono discordanze sul da farsi, già  con la zona rossa 2 del Vesuvio: quella flegrea tra l'altro neanche è stata determinata... Il successo del piano di emergenza probabilmente si giocherà tutto sulla fase di preallarme...

Leggiamo da Terra Nostra News, che nella ex Chiesa di San Severo al Pendino di Napoli, si terrà dal 2 maggio 2023 e fino al 5,  il Workshop internazionale ‘Genesis and dynamics of large calderas: Campi Flegrei and Campanian Plain’. Un evento non sapremmo quanto importante, ma in tutti i casi è stato preannunciato dal Direttore della sezione di Napoli del CNR-ISMAR, che il Workshop servirà anche a mettere a punto un grande progetto di ricerca internazionale sulla caldera dei Campi Flegrei e sull’Ignimbrite Campana, attraverso studi crostali dettagliati, anche mediante perforazioni in terra ed in mare, da proporre per il finanziamento congiunto alle due Organizzazioni Internazionali ECORD-IODP ed ICDP…

                                                                                        di Vincenzo Savarese



 

 


martedì 10 gennaio 2023

Rischio vulcanico ai Campi Flegrei: in caso di eruzione la Napoli storica attenderà istruzioni ... di MalKo

 
Napoli centro

La caldera flegrea ha un diametro di circa 15 km. Quivi si riconoscono decine di bocche eruttive monogeniche riconducibili alla passata e ultra secolare attività vulcanica fatta anche di eruzioni epocali.  Trattandosi di una zona dove il vulcanesimo è manifestato da una serie di fenomeni collegati direttamente o indirettamente alla presenza di magma nel sottosuolo a profondità chilometriche, un’eruzione rientra nel campo delle possibilità future non quantificabili temporalmente, così come non è possibile neanche definirne in anticipo l’intensità eruttiva. Come se non bastasse, l’indeterminatezza nel flegreo vale anche per il luogo o i luoghi dove l’eruzione potrebbe originarsi.

I flussi piroclastici o le nubi ardenti, sono fenomeni distruttivi insiti nelle eruzioni esplosive, e le zone rosse evidenziano le aree soggette a questo enorme pericolo. Non è dato sapere in anticipo se i flussi che si svilupperebbero nel flegreo riuscirebbero a superare la collina di Posillipo riversandosi sulla Napoli storica. Molto dipenderebbe proprio dalla posizione del centro eruttivo e dall’intensità delle dirompenze: due elementi che di fatto determinerebbero la reale zona rossa oggi misconosciuta.  Da questo punto di vista la peggiore delle ipotesi sarebbe rappresentata da un’eruzione con indice di esplosività vulcanica uguale o maggiore di VEI 4, che andrebbe a concretizzarsi a ridosso dei contrafforti collinari di Napoli, in quartieri come Fuorigrotta o Bagnoli, finitomi ai poggi.

Quindi, se da un lato, a fronte dei flussi piroclastici è lasciata aperta una minima possibilità protettiva della city partenopea affidata alla barriera posillipina, purtroppo non c’è riparo al fenomeno della caduta dei prodotti piroclastici, che non verrebbe influenzato dalla modesta altezza dei rilievi in questione. Quest’ultimo fenomeno poi, si accompagna a molteplici tipologie eruttive: da una ultra stromboliana (VEI3) a una sub pliniana (VEI4) e pliniana (VEI5). Quindi, a meno che non si verifichi un misurato sbuffo, il problema del materiale piroclastico in caduta libera sussisterebbe per una vasta gamma di stili eruttivi.

La cenere e i lapilli e i brandelli di magma proiettati in atmosfera da una ipotetica eruzione flegrea, cadrebbero al suolo a distanze dipendenti dal peso, a partire dal centro eruttivo con linee di trasporto dei materiali più leggeri verso est, cioè sulla città di Napoli. Questa direzione asseverata statisticamente, e già contemplata nei piani di emergenza, è frutto dello studio dei venti dominanti che sembrano prediligere una direzione orientale. Queste conclusioni sono state adottate anche per il Vesuvio con l’individuazione della zona rossa 2 e di quella gialla. I prodotti più fini dell'eruzione, potrebbero invece essere trasportati dalle correnti in quota per decine se non centinaia di chilometri

La Napoli storica quindi, con molta probabilità, in caso di eruzione verrebbe ricoperta da una coltre di cenere e lapilli, con spessori che potrebbero raggiungere i 300 kg. al mq.; in questo caso sussisterebbe il rischio che i tetti piani potrebbero collassare e cedere con conseguenze rovinose pure per i solai sottostanti. L’aria diverrebbe velocemente insalubre, specialmente in danno di bambini e anziani, che in assenza di protezioni soffrirebbero anche per irritazione e bruciori agli occhi. In tali frangenti calamitosi, la visibilità scenderebbe ai livelli della peggiore nebbia. I motori degli autoveicoli si bloccherebbero per intasamento dei filtri, e le auto che ancora arrancherebbero dovrebbero percorrere strade ricoperte di cenere e lapilli e quindi particolarmente sdrucciolevoli. Le coltri piroclastiche potrebbero mascherare insidie stradali. In ogni caso, con la centrifugazione della cenere in aria dovuta alle ruote slittanti degli autoveicoli, l’indice di vivibilità all'aperto sulle strade, peggiorerebbe in modo insostenibile. La situazione diventerebbe velocemente apocalittica soprattutto nelle viuzze strettissime che caratterizzano il centro storico partenopeo. Qui sussistono spesso dei bassi: abitazioni di pochi metri quadrati con accessi diretti sulla strada, luogo da dove occorrerebbe cogliere luce e aria.

Basso napoletano

Secondo il piano di evacuazione messo a punto dalla protezione civile nazionale e regionale, l’evacuazione dei cittadini dalla zona gialla, quella in figura sottostante contigua alla zona rossa, avverrebbe solo ad eruzione in corso e solo parzialmente sulla base della maggiore vulnerabilità dettata dai depositi piroclastici. In tali frangenti, gli strateghi pensano di definire quale parte della zona gialla sarà necessario evacuare. Una strategia che forse richiederebbe l'imprescindibile condizione di preventiva e totale evacuazione dei residenti dalla zona rossa. Infatti, sarebbe oltremodo problematico gestire zona rossa e zona gialla contemporaneamente, tra l’altro con i puteolani orbitanti al centro della zona rossa, e che dovrebbero evacuare verso la stazione ferroviaria centrale, ubicata nel cuore della zona gialla a Napoli - piazza Garibaldi.

Zona rossa e gialla Campi Flegrei

La statistica prevede per la zona gialla flegrea, così come dicevamo, l’accentuato fenomeno della caduta di cenere e lapilli in modo inversamente proporzionale alla distanza dal centro eruttivo, che può essere anche plurimo. Fin dall’inizio dell’eruzione, sarebbero probabilmente messe in ginocchio sia le operazioni di volo dall’aeroporto di Capodichino, ma anche quelle dalla stazione ferroviaria di Napoli centrale.

Con il particolato vulcanico dai differenti diametri diffuso in aria, non sarebbe possibile neanche volare con elicotteri, perché i prodotti silicei dispersi in atmosfera, creerebbero gravi problemi alle turbine che si ritroverebbero con le palette erose e con profili aerodinamici magari sfalsati per effetto della vetrificazione dovuta alle elevate temperature. Ovviamente anche le carlinghe trasparenti verrebbero abrase dalla cenere con una perdita totale della visibilità al parabrezza.

Per visualizzare al meglio le problematiche, torna allora utile lo schema sottostante puramente teorico e non contemplato dalle disposizioni governative. Nella zona rossa 1 il pericolo predominante sono le colate piroclastiche che si caratterizzano per furore distruttivo ed elevate temperature non compatibili con la vita umana. Nella zona rossa 2, nell'odierno non prevista dalle autorità competenti, il principale fenomeno vulcanico da cui e all'occorrenza bisognerà difendersi fin dai primi momenti dell’eruzione, è la massiccia pioggia di cenere e lapilli. In tali circostanze gli accumuli più pericolosi si riscontrerebbero sull’edificato e sulle strade del centro cittadino di Napoli, al punto da lasciar temere il collasso delle coperture dei fabbricati a pianta piana. Nella zona rossa 2 e alla stregua di quanto pianificato per il Vesuvio, dovrebbero valere le stesse regole di evacuazione preventiva previste per la zona rossa 1. Nella zona gialla periferica invece, enormi disagi permarrebbero ugualmente per la pioggia di piroclastiti, magari non intensissima a chilometri di distanza, ma continua, in una misura probabilmente di minore intensità rispetto alla zona rossa 1 e 2, e quindi magari con maggiori possibilità di resilienza o di allontanamento successivo della popolazione dai settori interessati.

Schematizzazione delle zone di pericolo che contraddistinguo il rischio eruttivo ai Campi Flegrei

Se dovessero formalizzare la zona rossa 2 come si auspica, sussisterebbero tra le altre tante necessità, quella di evacuare nella fase di preallarme tutti i pazienti dalle case di cura e dagli ospedali della fascia collinare e centrale, delocalizzandoli verso strutture sanitarie fuori dalle zone a rischio.  Classificare zona rossa 2 ad esempio, quella parte di territorio che dalla linea d'impluvio collinare si estende verso est inglobando alcuni quartieri come Mercato e da lì verso nord fino a Piscinola, consentirebbe nella fase di preallarme l'evacuazione spontanea dei cittadini che per una serie di fattori potrebbero sentirsi maggiormente esposti al rischio vulcanico (case fatiscenti; infermi; bambini; vecchi; malati ecc.). Certamente coinvolgere Napoli centro con procedure emergenziali di ampia portata è forse il più grande problema di protezione civile che abbiamo in Italia e in Europa: d'altro canto difficile ignorarlo...

                                                            di Vincenzo Savarese