Translate

Visualizzazione post con etichetta dipartimento protezione civile. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta dipartimento protezione civile. Mostra tutti i post

venerdì 1 gennaio 2016

Rischio Vesuvio: piano vince piano perde... di Malko

 Vesuvio



Una delle maggiori perplessità che riguardano le misure di protezione dei cittadini dell’area vesuviana, è la straordinaria capacità che hanno le amministrazioni pertinenti nel continuare a rassicurare e pubblicizzare l’esistenza del piano di emergenza Vesuvio, omettendo di riferire che l’elegante malloppo cartaceo non contiene il piano di evacuazione, perché ancora in itinere…
In queste condizioni parlare del piano di emergenza e del piano di evacuazione come se fossero automaticamente la stessa cosa non è corretto, ma nel caso del Vesuvio è la regola che funziona da tempo... Su questo argomento abbiamo disquisito più volte, constatando tra l’altro come certa stampa disattenta (?) non abbia mai sollevato il velo sul refuso terminologico, svelando che l’annesso più importante del piano di emergenza Vesuvio, cioè il piano di evacuazione, ancora non è una realtà consegnata agli archivi delle garanzie e delle tutele dei sonnolenti vesuviani...

Nei testi sulla sicurezza non è raro imbattersi nel concetto che se bisogna dare attuazione al piano di evacuazione, il significato che immediatamente se ne ricava e il fallimento o l’impraticabilità delle politiche di prevenzione. Il ragionamento sostanzialmente fila, anche se nel vesuviano ovviamente ci ritroviamo con una storia pregressa di mancata prevenzione che parte da molto lontano, dal 79 d.C. e nessuno, in nome del progresso e delle necessità economiche della fertile area, ha mai ritenuto di spezzare questa spirale contorta del rischio, proibendo l’urbanizzazione selvaggia e senza nessuna regola prudenziale, come quella assolutamente necessaria di costruire ampie vie di allontanamento tangenziali e radiali all’apparato vulcanico. 
Nel 2003 ci fu finalmente il varo di una legge regionale, la numero  21, che proibisce l’edificazione residenziale in zona rossa Vesuvio; pratica che in realtà continua a est, lì dove si protende la zona rossa 2, grazie a una foglia di fico offerta qualche anno fa dalla Regione Campania e dall’assessorato pertinente. La legge 21/03 voluta dall'allora assessore regionale Di Lello, è continuamente oggetto di tentativi di scardinamento da parte di quelle forze politiche che vedono nel cemento e nel consumo del territorio l’unico sviluppo possibile. Speriamo che il bastione legislativo regga all’azione dei magli del liberismo cementizio, sotto sotto portato avanti dagli stessi paladini politici che senza distinzione di dottrine inneggiavano al condono edilizio. Voto non olet...

Il piano di emergenza Vesuvio è monotematico e ha nelle premesse l’analisi dell’unico e micidiale fattore di rischio che il pianificatore pone in evidenza e prende in esame per quell’area: l’eruzione vulcanica esplosiva.  Nel documento scientifico di premessa, è indicata statisticamente l’intensità eruttiva da cui bisognerà difendersi (VEI 4) nel medio e breve termine e i territori (zona rossa) su cui gli indesiderati fenomeni, a iniziare dai flussi piroclastici, si andrebbero a spalmare in modo particolarmente deleterio per la popolazione.

Nel piano di emergenza sono stati individuati gli indicatori di rischio consistenti nei parametri geofisici e geochimici del vulcano che vengono permanentemente monitorati dall’Osservatorio Vesuviano. Infatti, la famosa struttura di sorveglianza dell’INGV, attraverso una procedura di segretezza gira i dati raccolti al Dipartimento della Protezione Civile, che in caso di anomalia convoca la Commissione Grandi Rischi (CGR-SRV) per valutare l’eventuale necessità di variare lo stato di allerta vulcanica.   Al Presidente del Consiglio spetta la decisione finale di dichiarare lo stato di pre allarme e allarme con evacuazione totale dell’area, se i dati e il parere degli esperti dovessero indicare una condizione pre eruttiva dell’apparato vulcanico…


i 4 livelli di allerta vulcanica 


Per le fasi operative corrispondenti c’è un’organizzazione da mettere in campo quale frutto di strategie e sinergie ancora da diffondere, ma che sostanzialmente dovranno convergere tutte ed esclusivamente sulla necessità di evacuare l’area vesuviana, possibilmente prima dell’eruzione e possibilmente non senza eruzione.
Agli utenti del piano di evacuazione prima o poi bisognerà impartire istruzioni semplici quanto precise sul come raggiungere all’occorrenza un luogo sicuro.  Con il termine luogo sicuro intendiamo non la regione di destinazione finale, ma il primo punto adatto a proteggersi dall’elemento più pericoloso, in primis le nubi ardenti, da cui vogliamo difenderci mettendo magari sufficiente distanza tra noi e la valanga di fuoco, anche se ci hanno assicurato in termini deterministici che le colate piroclastiche non supereranno la linea nera Gurioli e il preavviso eruttivo avrà un margine di almeno  72 ore.

La linea nera Gurioli è indicata forse impropriamente  come limite di pericolo per i flussi piroclastici
perchè non prende in esame l'eruzione massima conosciuta ma quella media dall'indice VEI 4 

Per poter raggiungere un luogo sicuro, la natura, prima ancora della norma tecnica, ha previsto per l’uomo l’istinto irrefrenabile della fuga. La fuga è l’abbandono precipitoso e disordinato e angoscioso e spesso irrazionale del luogo pericoloso verso una direzione il più delle volte non definita. La parola evacuare sottintende invece l’abbandono un po’ più ragionato di un certo numero di persone da un luogo teatro di un’emergenza, che può essere un edificio, una nave, un aereo, o anche una zona, un quartiere, un comune, una regione, una nazione o finanche il Pianeta se avessimo la capacità tecnologica per farlo e una meta da raggiungere.  
Per non lasciare nulla al caso ed evitare la contrapposizione delle direzioni di allontanamento, gli strateghi delle emergenze, in base alle risorse viarie e ai mezzi di locomozione a disposizione, pianificano l’evacuazione dell’area vesuviana da attuare in caso di emergenza vulcanica. Il piano evacuativo di dettaglio quando sarà pronto conterrà istruzioni precise circa la direzione e i mezzi autonomi o collettivi da utilizzare per portarsi in luogo sicuro. Chi governerà l’esodo sarà una regia locale, e regionale e statale e le operazioni coinvolgeranno l’intero Paese (Piano Nazionale). A livello comunale si renderà operativo un centro di coordinamento dei soccorsi chiamato COM, con a capo il sindaco quale autorità locale di protezione civile, e che teoricamente dovrebbe essere l’ultimo a lasciare il comune.

Tutti i passaggi tecnici, scientifici e burocratici concernenti il piano di emergenza Vesuvio, pur con alcune incongruenze e inadempienze sono stati quasi ultimati e quindi si può dire che la fase di pianificazione generale è prossima al traguardo. Mancano però i piani di protezione civile comunali che conterranno anche i piani di evacuazione che ogni singola amministrazione campana dovrebbe aver consegnato entro il 31 dicembre 2015, e quindi siamo in attesa della pubblicazione online e delle considerazioni finali a cura del dirigente regionale, ing. Italo Giulivo, responsabile di questa pluri pianificazione economicamente onerosa per la comunità europea.

I piani di evacuazione probabilmente necessiteranno di un coordinamento regionale e dipartimentale perché dovranno incastrarsi l’un l’altro nel senso della continuità rotabile, esattamente come i binari dei trenini.  Rimanendo nell’esempio, se un binario salta, tutti i treni incolonnati a monte dell’interruzione rimarranno fermi nel nostro caso nella zona rossa e nessun locomotore riuscirà a superare l’ostacolo rappresentato dal binario divelto o tranciato...
Il piano d’emergenza nazionale Vesuvio è una pianificazione che dovrà rendersi attuativa quando il pericolo eruttivo ancora non è manifesto. Cioè l’unica garanzia possibile per la popolazione è proprio quella di andare via prima dell’eruzione e non durante l’eruzione… Questo significa che al mondo scientifico e politico è demandata una responsabilità enorme e purtroppo senza esperienze pregresse, sia in termini di valutazioni scientifiche che di gestione di un piano (evacuazione) che obiettivamente per indice di difficoltà e numeri in gioco è senza dubbio il più complesso a livello mondiale. 
La nota stonata è che il problema piano è stato messo sul tavolo istituzionale nel lontano 1993 e solo 10 anni dopo si sono accorti che forse bisognava porre un freno all’edilizia abitativa che proliferava in zona rossa; dopo il varo della legge 21/03, il proibizionismo edilizio ha scatenato l'abusivismo edilizio, per il quale, grazie a un'inerzia istituzionale e a un finto buonismo politico che chiede clemenza per gli abusi di necessità,  ancora oggi il fenomeno è  una piaga aperta 

Rispetto al passato, qualche voce di protesta scientifica, tecnica e giuridica sulle omissioni di tutela di un’intera popolazione purtroppo poco attenta a questi argomenti: c’è!  Il piano di emergenza è prossimo alla conclusione mentre i piani di evacuazione di ogni singolo comune che dovranno essere assemblati secondo logiche di coerenza direzionale, sono forse in una fase conclusiva ma non ancora operativi. L’operatività è garantita solo dalla consegna casa per casa di un vademecum illustrato contenente le regole evacuative che il comune deve imporre…

Da un punto di vista prettamente tecnico, a prescindere da quello che argomentano Dipartimento della Protezione Civile e Regione Campania, ad oggi non ci sono ancora strumenti di tutela della popolazione vesuviana. I piani d’evacuazione (Vesuvio e Campi Flegrei) non vedono ancora la luce mentre per l’isola d’Ischia mancano addirittura gli scenari di rischio…

Quello fin qui fatto in termini legislativi e organizzativi non rappresenta nell'attualità una soluzione nella gestione di una possibile emergenza vulcanica. La crisi sismica del 7 ottobre 2015 che si è registrata  nel distretto vulcanico dei Campi Flegrei, con 33 scosse di terremoto a bassa intensità ma superficiali, e le scuole opportunamente evacuate, ha dato un assaggio di quelli che sono i timori della popolazione. 
Il sindaco di Pozzuoli, Vincenzo Figliolia, pare non abbia gradito l’iniziativa dei direttori didattici di far evacuare le scuole. Viceversa crediamo che i dirigenti scolastici abbiano ben operato, in quanto si sono mossi secondo quella che era la percezione del pericolo in quel momento. Sancire l’evacuazione del plesso è una cosa in linea con il ruolo e le decisioni assunte dai direttori, e non possono essere censurate dal sindaco che non ha nessuna autorità gestionale delle scolaresche e degli insegnanti in frangenti d'emergenza. Siamo sicuri che il piano d'emergenza scolastico infatti,  non menzioni il sindaco alla voce terremoto ed eruzione vulcanica se non per l'evacuazione della cittadina che è un'altra faccenda...


mercoledì 2 dicembre 2015

Rischio Vesuvio e crisi vulcanica... di Malko



Il Vesuvio visto dal Torre del Greco


Non pochi navigatori inseriscono nella finestra di ricerca di Google, i termini Vesuvio e previsione... Migliaia di titoli escono così dal fondo della rete. Dalle varie pagine visualizzate emergono titoli classici dell’informazione giornalistica, istituzionale, governativa e scientifica, e poi tanti blog con le più svariate analisi del rischio vulcanico, che vanno dalla congiura del silenzio alle profezie di Nostradamus.
Purtroppo da nessun sito si riesce a estrapolare quando il vulcano più famoso del mondo metterà fine alla sua quiescenza e con quanta energia. Gli equilibri che regolano i moti del magma astenosferico infatti, giostrano su differenti valori come temperature e densità e viscosità in un contesto di interazioni continue e di mescola e metamorfosi dei prodotti incandescenti all’interno del grande e inarrestabile giroscopio terrestre: in siffatte condizioni, si riesce ben poco a prevedere.   

Gli scienziati ripetono continuamente che le eruzioni diversamente dai terremoti generalmente presentano una serie di fenomeni pre eruttivi che consentono un margine utile di previsione dell’eruzione: nel caso del Vesuvio questo margine è stato certificato in tre giorni. Questo non è un dato buttato lì tanto per dire qualcosa: è il preavviso ufficiale di 72 ore su cui dovranno ruotare e concludersi le operazioni di evacuazione dell’area vesuviana in caso di necessità. Circa 10.000 persone da evacuare diuturnamente ogni ora…

D’altra parte gli esperti affermano che il problema che potrebbe presentarsi è inverso, cioè le fenomenologie vulcaniche che indicherebbero un cambiamento dello stato di quiete del Vesuvio, comparirebbero molto tempo prima dell’eruzione. In tal caso avremmo una crisi vulcanica dalla durata imponderabile e aperta a tutte le forme di risoluzione.

Una crisi vulcanica può essere lunghissima e snervante, comportando col passare del tempo una condizione di stallo, di rilassamento dei servizi di soccorso e dell’attenzione della popolazione, ma anche un nervosismo crescente dei cittadini vesuviani che rimarrebbero ingessati in una situazione di incertezza che si ripercuoterebbe negativamente e in modo crescente sulla vita quotidiana sociale e lavorativa.
Viceversa, la crisi potrebbe essere talmente corta nella sua escalation, da rendere problematiche le operazioni di evacuazione, soprattutto col crescere della percezione fisica del fenomeno che condurrebbe molto rapidamente a una condizione pericolosissima di panico diffuso. Sarebbe il caos…
Un’altra possibilità ancora,è che una crisi vulcanica anche acuta si ridimensioni presto o tardi per poi riposizionarsi su valori strumentali di assoluta quiete vulcanica. In questo caso, il ritorno a un livello base di allerta non sarebbe automatico ma richiederebbe comunque un bel po’ di tempo di permanenza nella fase di attenzione, che è una sorta di quarantena scientifica…

Livelli di allerta vulcanica e l'autorità che lo dichiara.

Con questo excursus vogliamo dire che pure con le più importanti e sofisticate tecnologie atte a carpire con un anticipo straordinario tutti i micro segnali che inducono a ritenere che ci sia una variazione di uno o più parametri controllati del Vesuvio, bisognerà necessariamente attendere un certo  tempo per avere ragionevoli evidenze scientifiche circa il fatto che le variazione geofisiche e geochimiche osservate e registrate siano avvisaglie pre eruttive, piuttosto che segnali innocui di riequilibrio del sistema vulcanico.

Quindi, in un certo qual senso l’eccezionale sensibilità delle strumentazioni di monitoraggio vulcanico, potranno solo anticipare i tempi della crisi vulcanica ma non potranno offrire la previsione dell’evento vulcanico che richiede i suoi imprevedibili tempi. Per arrivare a una diagnosi di previsione dell’evento vulcanico, ovvero che siamo prossimi all’eruzione, bisognerà attendere il trend al rialzo dei valori, così come le riflessioni e i confronti scientifici degli scienziati che affolleranno le camere del dipartimento, il cui referente dovrà aggiornare e avvertire il presidente del consiglio a cui spetta l’onere politico di dichiarare lo stato di allarme vulcanico e il via alle operazioni di evacuazione della popolazione.

In realtà la certezza eruttiva la può dare solo l’eruzione che ovviamente non possiamo aspettare come segnale incontrovertibile per evacuare il vesuviano. Ecco perché bisogna comprendere che esiste la possibilità che si dia corso a un’evacuazione senza eruzione…e anche su questa eventualità che sembra innocua bisogna andarci coi piedi di piombo, perché sarebbe un evento tutt’altro che privo di conseguenze.

La cautela sull’evacuazione è data dall’eccessivo numero di abitanti della zona rossa, specialmente della fascia costiera che conta i due terzi del totale con densità abitative di tipo asiatico, tra l’altro in una condizione di costipazione tra mare e vulcano con un’unica via di esodo a disposizione.
Un’evacuazione non seguita da un’eruzione allora, potrebbe comportare danni anche fisici agli evacuati non giustificati dall’imminenza di un pericolo, e quindi, l’operazione sarebbe fortemente criticata dalle masse e dai media con ripercussioni future sull’obbedienza civile.

Per questo motivo la capacità della scienza dovrà essere particolarmente equilibrata in modo da diffondere un pre allarme nel momento in cui i parametri controllati del vulcano lasceranno ritenere un’eruzione probabile magari prossima al 25%. L’allarme invece, secondo le nostre congetture, dovrebbe essere diramato non oltre una percentuale di probabilità eruttiva vicina o uguale al 50%. Attendere oltre sarebbe un vero azzardo… Ovviamente queste percentuali possono oscillare in modo inversamente proporzionale ai tempi di evacuazione. Le nostre però, sono solo congetture argomentative e analitiche che servono per far notare che oggi sussiste sia l’incognita percentuale sulla probabilità eruttiva (incognita naturale), sia l’incognita sui tempi di evacuazione (incognita antropica), perché non ci sono piani specifici. In queste condizioni il rischio è tecnicamente inaccettabile…

Il piano di emergenza messo a punto dalle autorità competenti (Dipartimento Protezione Civile; Regione Campania) sulla scorta di scenari offerti dall’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV) con il placet della Commissione Grandi Rischi (CGR-RV), contiene tutti gli elementi per gestire la crisi vulcanica, come ad esempio l’organizzazione da mettere in campo, la catena di comando, gli enti coinvolti nelle varie fasi operative e le strutture di coordinamento e controllo di quello che potrebbe essere il più grande piano di evacuazione del mondo in tempo di pace. Un piano di evacuazione che oggi ancora non c'è, nonostante siano passati dall'instaurazione di apposite commissioni e gruppi di lavoro, un numero di anni superiori a quelli che caratterizzarono il mito omerico della tela di Penelope…

L’unico modo per mitigare un po’ la situazione è quello di favorire l’allontanamento spontaneo del maggior numero possibile di persone nella fase di preallarme: prevalentemente di chi ha seconde case a disposizione. In tal caso le famiglie che si trasferirebbero altrove riceverebbero il contributo di autonoma sistemazione (C.A.S). Occorre quindi che questa possibilità sia assicurata attraverso atti governativi anche ai cittadini dei Campi Flegrei e di Ischia.

Le disquisizioni  fatte in questo articolo circa la difficile interpretazione da dare a una possibile crisi vulcanica che non racchiude con certezza l’ineluttabilità di un’eruzione, serve a mettere in evidenza quanto siano importanti le politiche di prevenzione e i piani di evacuazione e tutte le opere capaci di favorire il flusso veicolare degli sfollati che sarebbe particolarmente utile sfoltire come numero all’origine, attraverso politiche serie di delocalizzazione e di vincoli di inedificabilità residenziale in tutti quei territori che una legge dello Stato, e non noi, ha classificato zona rossa da evacuare.

Anche sulla zona rossa la politica comunque è stata capace di incredibili interpretazioni: nella figura sottostante si vede appunto la red zone nella sua interezza. In alcuni di questi comuni (a est) ricadenti nel perimetro a rischio, si può ancora costruire con licenza edilizia sulla scorta di una logica offerta dalla Regione: è vero che devono scappare anche loro in caso di eruzione, ma per fenomenologie gravi e non gravissime…

La zona rossa da evacuare in caso di allarme vulcanico.


Al dirigente della protezione civile regionale campana, ing. Italo Giulivo, era stato chiesto quanti comuni hanno utilizzato i fondi europei per appaltare a professionisti esterni la redazione del piano comunale di protezione civile, notoriamente da consegnare entro il 31 dicembre 2015: nessuna risposta. 
Secondo il nostro punto di vista, se la Regione Campania insieme al Dipartimento della Protezione Civile e all’Osservatorio Vesuviano ha varato qualche anno fa corsi ad hoc per la formazione del personale comunale anche dell'area flegrea e vesuviana da impiegare nella redazione dei piani di protezione civile, sarebbe intollerabile che alcune di queste municipalità destinasse soldi a privati o a società o a Enti terzi, per ottenere  la compilazione  di piani per i quali hanno ricevuto fondi europei e sapere nazionale...


Tabella dei comuni ricadenti in zone rosse vulcaniche che hanno ricevuto i finanziamenti
rispetto ad altri maggiorati del 25% per la stesura dei piani comunali di protezione civile . Tutti i comuni campani sono stati comunque finanziati per un importo complessivo di 14.milioni e 624 mila euro.

domenica 3 maggio 2015

Rischio Vesuvio: zona rossa al Consiglio di Stato... di MalKo

Il Vesuvio
Il 4 giugno 2015 dovrebbe esserci un interessante dibattito innanzi al Consiglio di Stato tra il Comune di Boscoreale e la Regione Campania ad oggetto la zona rossa Vesuvio. Alla base della diatriba c’è la sentenza emessa dal Tribunale Amministrativo Regionale (TAR), che ha dato ragione al Comune di Boscoreale circa il diritto ad estrapolare dalla classificazione di zona ad alto rischio, quella parte di territorio boschese che va oltre la linea nera Gurioli. In questo modo il comune vesuviano sfuggirebbe parzialmente alla morsa della legge regionale campana n° 21 del 2003. Questa legge infatti, vieta di edificare per uso residenziale nella plaga ad alto rischio vulcanico.

La Regione Campania ha proposto ricorso al Consiglio di Stato che a sua volta ha ritenuto necessario sospendere la sentenza (periculum in mora), indicendo un dibattito pubblico per approfondire aspetti giudicati di tutto rispetto per la sicurezza delle popolazioni esposte.
Siamo stati facili profeti nell’ipotizzare questa querelle, perché riteniamo di conoscere in buona parte i cui prodest che regolano le azioni di alcuni politici e amministratori pubblici, particolarmente protesi nella corsa alla cementificazione del territorio e al condono edilizio che racchiude aspettative da barattare col consenso elettorale.

Per spiegare che cosa si andrà a dibattere, dobbiamo procedere con una piccola cronistoria degli eventi scientifici, tecnici e politici, che hanno portato il Dipartimento della Protezione Civile, la Regione Campania, l’INGV e la Commissione Grandi Rischi, a produrre una serie di documenti poi sfociati nelle nuove direttive ad oggetto scenari eruttivi e nuova zona rossa.

La "vecchia" zona rossa Vesuvio
La zona rossa Vesuvio, cioè quella a massima pericolosità vulcanica, negli anni 90’ era composta dai 18 comuni riportati nella figura a lato. Una conformazione scarlatta molto criticata perché utilizzava i confini amministrativi come limite alle dirompenze vulcaniche. 

Nel 2003 l’assessore Marco di Lello propose e ottenne il varo della legge n° 21 che bloccava e blocca di fatto l’edilizia ad uso residenziale nei territori vesuviani a maggior rischio. L’articolo 1 del disposto recita testualmente così: << La presente legge si applica ai comuni rientranti nella zona rossa ad alto rischio vulcanico della pianificazione nazionale d’emergenza dell’area vesuviana del dipartimento della protezione civile – prefettura di Napoli – osservatorio vesuviano>>.

Il Dipartimento della Protezione Civile (DPC), come abbiamo più volte segnalato, è uno degli attori principali di questa storia, ed è anche il soggetto giuridico su cui grava la responsabilità del piano nazionale d’emergenza Vesuvio.
Per definire i territori a rischio vulcanico, e, quindi, la zona rossa, il dipartimento si è avvalso di un’apposita commissione legata al piano d’emergenza (Gruppo A), che ha prodotto un elaborato tecnico scientifico posto poi al vaglio della Commissione Grandi Rischi per il rischio vulcanico (CGR - SRV). A quest’ultimo consesso di esperti infatti, è demandato l’ultimo autorevole parere sugli argomenti di particolare rilevanza per la sicurezza.
La Commissione Grandi Rischi ha concluso che la zona a massima pericolosità vulcanica, cioè quella invadibile dalle colate piroclastiche, nel nostro caso (Vesuvio) poteva ritenersi congrua a quella circoscritta dalla linea nera Gurioli. Il Dipartimento della Protezione Civile ha quindi fatto sue queste conclusioni, assegnando a questo segmento a tratti curvilineo, la funzione fondamentale per quanto discutibile di limite di pericolo.

La linea nera Gurioli: in rosa la vecchia zona rossa.In tratteggio rosso i nuovi comuni "toccati"
dalla linea nera Gurioli.
La linea nera Gurioli che vedete nella figura soprastante, è un segmento geo referenziato nato da indagini campali e segna i limiti di scorrimento dei flussi piroclastici per eruzioni di energia VEI 4.
Quasi contemporaneamente, alcuni ricercatori dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia, hanno effettuato specifiche elaborazioni statistiche indicando da qui a un secolo un’eruzioni ultra stromboliana (VEI 3)  come quella più probabile, mentre una sub pliniana di energia VEI 4 come quella massima di riferimento.  Il Dipartimento ha quindi accettato questa proiezione statistica e anche la linea Gurioli che da limite di deposito si è trasformata incredibilmente in un limite di pericolo. In conclusione possiamo dire con certezza che si è assegnato con qualche azzardo un valore deterministico al pericolo eruttivo.

D’altra parte nel momento in cui è stata rivisitata la zona rossa ad alto rischio vulcanico, il risultato immediatamente apprezzabile che si evince dalle mappe fin qui pubblicate, è quello di un restringimento del settore a maggior rischio vulcanico, perché le superfici inglobate dalla linea nera Gurioli sono nettamente inferiori alle superfici eccedenti la stessa linea. Infatti, guardando la figura sottostante, si identifica immediatamente la nuova zona rossa che, come abbiamo più volte chiarito, è quella circoscritta proprio dalla linea Gurioli. All’interno del segmento asimmetrico, si apprezzano delle piccole aree rosse che sono  porzioni di territorio entrate recentemente nella classificazione ad alto rischio vulcanico (Ponticelli, Barra, San Giovanni a Teduccio, Nola, San Gennaro Vesuviano, Palma Campania e Poggiomarino). Di contro, le aree color testa di moro sono quelle uscite dalla classificazione scientifica di alto rischio.

L'area vesuviana commentata.

Il 4 giugno 2015 il Comune di Boscoreale chiederà il rispetto della sentenza che gli ha riconosciuto il diritto di estrapolare quella parte del proprio territorio eccedente la linea nera, dalla nuova zona rossa che classifica, lo ribadiamo ancora una volta, il territorio ad alto rischio vulcanico. Con la favorevole sentenza emessa dal TAR Campania, questo settore boschese acquisirebbe alla stregua di Poggiomarino e Scafati, lo status di zona rossa 2 (R2). Nulla cambierebbe ai fini dell’evacuazione preventiva in caso di allarme vulcanico, ma crollerebbero i vincoli di inedificabilità previsti dai disposti della legge regionale 21 del 2003.

Richiamando principi di equità e di diritto, siamo convinti che la Regione Campania non può sostituirsi all’autorità scientifica nella definizione e nella classificazione delle zone ad alto rischio, soprattutto utilizzando confini non circolari ma sinusoidali. L’assessore regionale Prof. Edoardo Cosenza è lecito pensare che possa proporre un cambio della legge 21/03, ma non siamo certi invece, che egli possa procedere a forzature di classificazione del territorio, palesando concetti di maggiore tutela che varrebbero stranamente per un comune e non per l’altro. La realtà è che involontariamente o maliziosamente è stato veicolato alla stampa il concetto propagandistico dell’allargamento della zona rossa Vesuvio, forse perché sarebbe stato di qualche imbarazzo ammettere che il nuovo settore a rischio nei fatti è più piccolo della precedente perimetrazione…


La Regione Campania a cui spetta in aula confutare le tesi avverse, dovrebbe innanzitutto spiegare, atteso una certa linearità distanziale dei tre comuni dalla bocca eruttiva del Vesuvio (fig. Y), come mai alle municipalità di Poggiomarino e Scafati non vengono assegnati gli stessi criteri di iper garantismo che invece vengono invocati per Boscoreale e comuni similari, indicati (abnormità) come già avvezzi alle rinunce nel campo dell’edilizia... Ancora più assurda è la situazione di Pompei, che dovrebbe essere quasi per intero fuori dalla nuova zona rossa; lo stesso vale anche per Torre Annunziata e poi Somma Vesuviana e Sant’Anastasia. Su questi comuni infatti, grava una palese discriminazione che a torto o a ragione, ha avuto negli anni delle notevoli implicazioni  economiche.



Per decisione regionale alcuni comuni oltre linea Gurioli permangono in zona rossa.
Quelli colorati in giallo no. Nei comuni a colorazione gialla si può costruire in quelli rossi no.

Qualche giorno fa nell’ambito di un convegno ad oggetto il rischio vulcanico napoletano, l’assessore Edoardo Cosenza nel rispondere a una domanda proveniente dal pubblico in sala, ci sembra che ebbe a chiarire succintamente che sui suoli di Bagnoli (caldera del super vulcano Campi Flegrei), si potrà costruire anche nel senso residenziale perché la legge 21 del 2003 che vieta l’edificazione nella zona ad alto rischio vulcanico, vale per il Vesuvio ma non per il vulcano flegreo… La legge non può essere semplicemente estesa ad altri distretti vulcanici per logica, ha affermato… Questa puntualizzazione non depone a favore della Regione. Infatti, proprio perché la legge è legge, i disposti della norma sull’inedificabilità nella zona ad alto rischio vulcanico, devono applicarsi solo ai territori compresi all’interno della linea nera Gurioli, che non può essere allargata per logica politica, soprattutto se non c’è equità di trattamento delle municipalità limitrofe, ovvero supporto scientifico di riferimento.   

Certamente il nostro atteggiamento sulla faccenda non è motivato da ripensamenti sui danni prodotti dal cemento ristoratore: anzi… Con queste precisazioni pedisseque vogliamo semplicemente dimostrare che sul rischio Vesuvio pesa la politica del guazzabuglio e dei colpevoli silenzi anche della carta stampata usuale e specializzata. Sull’area vesuviana bisogna sciogliere molti nodi scientifici, tecnici, politici e informativi. La gente sappia che si sta dando molto spazio alla strategia della previsione dell’evento vulcanico come misura di tutela assoluta, abbandonando completamente la prevenzione delle catastrofi: una complessa multidisciplinarietà che richiede tempo e rinunce e poca visibilità.
La linea nera deve trasformarsi in un cerchio e passare da segmento puntiforme a fascia di rispetto come suggerisce la stessa Lucia Gurioli. Una fascia circolare e ampia in una misura che dovrà essere stabilita a cura di un consesso di scienziati nazionali, internazionali e preferibilmente senza particolare dipendenze finanziarie sui progetti di ricerca.

Per quanto riguarda il restringimento della zona rossa non si faccia confusione con l'allargamento della zona da evacuare che sono due cose completamente diverse che nascondono una ipocrisia di fondo che tratteremo presto.

Il nostro parere è che il Consiglio di Stato intanto debba rendere esecutiva la sentenza del TAR Campania, soprattutto perché la giustizia deve rimanere su un discutere dei fatti e sulle evidenze e non sulle conclusioni scientifiche o sulle strategie operative. Ovviamente Il Consiglio di Stato potrà arrogarsi con motu proprio il diritto civico - istituzionale di scrivere al Dipartimento della Protezione Civile, onde segnalare delle probabili incongruità o incertezze sull’affaire Vesuvio, che vanno riviste in un quadro di generale interesse della collettività esposta. 
Il principio appellante potrebbe essere proprio quello del periculum in mora, o se volete semplicemente di precauzione che difficilmente sarà richiamato dalle parti in causa.





mercoledì 11 marzo 2015

Rischio Vesuvio 2015: la zona gialla...di Malko


Eruzione Vesuvio 1944. Bombardieri americani B25 schierati a Terzigno  vengono flagellati
dalla pioggia di cenere e lapilli.
  Rischio Vesuvio 2015: la zona gialla, quella della pioggia 
di cenere e lapilli…” di MalKo

La zona gialla nelle mappe di pericolosità dettate dal rischio Vesuvio, identifica quella parte del territorio campano dove la ricaduta di cenere e lapillo potrebbe assumere intensità tali da costituire un serio problema per la tenuta statica delle coperture dei fabbricati che, a causa degli accumuli, potrebbero cedere con gravi conseguenze per gli abitanti ricoverati negli ambienti sottostanti.
Lo scenario massimo (VEI 4 - eruzione sub pliniana) adottato dal dipartimento della protezione civile su input dell'INGV, può considerarsi deterministico e prevede per il Vesuvio una colonna eruttiva di 10 - 15 chilometri che verrebbe imbrigliata dal vento soprattutto nella parte alta composta da materiali più leggeri e oramai con scarsa energia cinetica da contrapporre ai refoli. I lapilli, ma soprattutto la cenere, verrebbe così spinta e aspersa pure a notevole distanza dal cratere, con la conseguenza che si andrebbe a depositare anche sulle case in una misura influenzabile dalla direzione e dall’intensità del vento, dalla distanza degli agglomerati urbani dal cratere e dalla posizione dei fabbricati rispetto alla direttrice del vento passante per il cono sommitale (nell’esempio la linea celeste).

In siffatte condizioni e abbastanza velocemente (ore), si accumulerebbe tanto materiale piroclastico sui tetti, da costituire soprattutto se imbibito, un peso sufficientemente grande da compromettere seriamente la statica delle coperture in piano e delle terrazze.
Nelle zone sottovento, in ragione dell’intensità del vento e dell’altezza raggiunta dalla colonna eruttiva (nelle pliniane anche oltre 30 Km. di quota), si avrebbero precipitazioni intense di cenere ed altro particolato, che determinerebbero nelle aree maggiormente esposte un innaturale calare della notte. Si avrebbero poi difficoltà nell’orientamento a causa della coltre sottile che tutto ricoprirebbe, ma i danni da tenere in debito conto sarebbero soprattutto fisici laddove dovessero sprofondare i solai, e quelli all’apparato respiratorio e agli occhi, in assenza di protezione, con arrossamenti e lacrimazioni già nelle prime fasi eruttive a causa delle fini ceneri che potrebbero contenere a percentuali variabili prodotti nocivi di tutto rispetto come la silice e il fluoro.
I danni fisici per le popolazioni esposte sarebbero quindi commisurati alla concentrazione e al diametro delle particelle rocciose diffuse nell’aria, e al tempo di esposizione alla polvere vulcanica e alla sua composizione che è un dato forse stimabile per il Vesuvio. Certamente i danni alla salute avrebbero un’incidenza dipendente anche dalle condizioni fisiche iniziali degli esposti, con una platea più vulnerabile laddove composta da asmatici e allergici, vecchi e bambini. 
Le istruzioni dettate dalle autorità dipartimentali e regionali indicano per la popolazione della zona gialla esposta all’eventuale problema della massiccia ricaduta di cenere e lapilli, la necessità di permanere in luoghi riparati e chiusi, che abbiano però coperture capaci di sopportare il sovraccarico innaturale dettato dall’accumulo delle ceneri sui tetti. A tal proposito le indicazioni dipartimentali invitano i comuni a inquadrare e classificare finanche ogni singolo fabbricato, in ragione della resistenza delle coperture. Inoltre, e sempre a cura delle autorità locali, sarà necessario individuare edifici che, per caratteristiche costruttive, non temano i sovraccarichi e consentano ripari collettivi alle popolazioni da proteggere. Le avvertenze poi, consigliano di individuare luoghi dove poter ammassare i prodotti piroclastici rimossi dalle strade presumibilmente in un momento successivo all’evento.
Mappa 2015 - Zona Gialla a cura del Dipartimento della Protezione Civile
Sempre nella minuta che accompagna la cartografia tematica della zona gialla, si evidenzia in caso di eruzione la probabilità di black out elettrici, interruzione dei collegamenti telefonici, intasamento delle fogne, spegnimento dei motori e impercorribilità delle strade.
Da queste prime considerazioni dovrebbe risultare alquanto problematica l’attuazione dinamica del piano di evacuazione per alcuni settori della zona gialla con eruzione in corso. Il grosso problema che si presenterebbe in caso di ripresa eruttiva, è che già a distanza di alcune ore dal risveglio del vulcano, il settore sottovento potrebbe essere gravemente compromesso in termini strutturali, di viabilità e di impianti tecnologici che diverrebbero inutilizzabili, senza contare possibili scuotimenti sismici che minerebbero ulteriormente la resistenza dei fabbricati, laddove il tetto risulterebbe inusualmente appesantito.
Non si capisce bene quindi in un cotale inferno e in assenza di collegamenti anche radio che potrebbero essere compromessi, in che modo si fornirebbero precise e vitali informazioni alle popolazioni arroccate nei fabbricati. E in caso di situazione insostenibile, in che modo si porterebbero via le persone dai settori maggiormente colpiti della zona gialla, posti all’interno della curva di isocarico da 300 kg a metro quadro di cenere, cioè con spessori al suolo superiori ai 30 centimetri in una condizione operativa ambientale tra l’altro proibitiva pure per gli elicotteri.
Nell’immagine d’apertura risalente al mese di marzo 1944, si vedono i bombardieri americani B-25 schierati sul campo d’aviazione ubicato tra Terzigno e Poggiomarino, danneggiati e bloccati da cenere e lapilli per un improvviso cambiamento dello stile eruttivo del Vesuvio che diede luogo a una colonna sostenuta di circa 5 chilometri che asperse in quella direzione il suo gravame piroclastico.

I nostri lettori sanno che dopo la zona rossa e la zona gialla manca all’appello ancora un tassello del mosaico a tema il rischio Vesuvio: la zona blu. 
Ubicata a nord – est del Vesuvio, comprende una serie di comuni che potrebbero subire intensi allagamenti, dovuti alla posizione areale depressa che pare tocchi un massimo nella conca di Nola, proprio nei pressi del vulcano buono…. 
Nola - Il vulcano buono
Si stimano altezza delle acque di circa due metri… Il comune di Nola ha una particolarità: il suo territorio comprende la zona rossa, quella gialla e quella blu.  Ai piani terra? Solo garage all’ombra di tetti spioventi…

martedì 6 gennaio 2015

Rischio Vesuvio e Campi Flegrei: la metropoli vulcanica... di Malko

Vesuvio al calar della sera

“Rischio Vesuvio: un vademecum per ogni famiglia...” di MalKo

Con la pubblicazione di molti articoli a tema il Vesuvio e il rischio vulcanico, riteniamo di aver fornito ai nostri lettori strumenti informativi sufficientemente ampi per la conoscenza del rischio vulcanico che sovrasta la metropoli partenopea. E’ necessario precisare che non sussistono segnali allarmanti per il Vesuvio che continua imperterrito la sua quiescenza, così come ai Campi Flegrei permane un prudenziale stato di attenzione vulcanica dettato qualche anno fa dalla ripresa del bradisismo, che già caratterizzò l’area puteolana negli anni ’70 e ’80, e che lascia sempre un po’ perplessi per la difficile interpretazione da dare al fenomeno.

Vogliamo poi ricordare che l’Osservatorio Vesuviano ha la responsabilità del monitoraggio dei vulcani campani, ma non quella di lanciare direttamente allarmi. Questo significa che eventuali variazioni dei parametri controllati dei vulcani devono essere trasmesse al Dipartimento della Protezione Civile, oggi retto dal Prefetto Franco Gabrielli, che consulterebbe la Commissione Grandi Rischi per un parere e la Presidenza del Consiglio dei Ministri per le direttive. Se dovessero presentarsi gli estremi, al termine dell’iter procedurale il Dipartimento emetterebbe il bollettino di variazione nello stato di allerta vulcanica, o verrebbe dichiarata una situazione di preallarme o allarme direttamente dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri. Tutte le decisioni sarebbero comunque oggetto di consulto con gli uffici campani della presidenza regionale.
Dopo queste formalità tecniche e politiche necessarie per assicurare a una ipotetica emergenza da fronteggiare l’impegno dello Stato centrale e periferico ai massimi livelli, l’informazione sul da farsi giungerebbe ai cittadini tramite l’autorità comunale di protezione civile, ovvero dal sindaco, che ha il compito di attivare tutti i canali di diffusione più idonei per far giungere notizie in ogni contrada e quartiere del territorio amministrato.
I sindaci, è bene ricordarlo, proprio perché usufruiscono del titolo di autorità locale di protezione civile, hanno l’onere ben preciso e ben prima che si presenti un’emergenza, di impegnarsi nel campo della previsione e della prevenzione delle catastrofi, attraverso l’individuazione di strumenti di difesa attivi e passivi che contemplino anche una organizzazione comunale di gestione delle emergenze (COC – COM).

Il piano di protezione civile comunale per il quale tutti i comuni campani volente o nolente hanno ricevuto un finanziamento per realizzarlo, deve contenere nelle premesse tutte le ipotesi di rischio che caratterizzano il territorio di pertinenza a fronte di ogni pericolo naturale o antropico conosciuto. Il piano d’emergenza dovrebbe essere un compendio di pubblica utilità visionabile pure online con spazi previsti per le osservazioni a cura degli utenti cittadini, secondo logiche di amministrazione condivisa.
Nel caso del rischio Vesuvio e Campi Flegrei, ad ogni famiglia dovrebbe essere distribuito un vademecum contenente i percorsi di allontanamento e l’ubicazione delle aree strategiche. Ed ancora istruzioni dettagliate da osservare a cura di chi si allontana con mezzo di trasporto personale verso dimore alternative; oppure e viceversa, se dovesse sussistere la necessità di dover ricorrere all’assistenza per il viaggio (mezzi collettivi) o per l’alloggio o per entrambe le esigenze.
Su ogni copertina del vademecum, dovrebbe essere stampigliato o incollato il codice a barre che identifica quella famiglia, onde consentire rapide procedure di identificazione lungo il percorso o alle varie destinazioni finali attraverso lettori ottici.

Le istruzioni dovrebbero contenere, in caso di emergenza vulcanica, le eventuali limitazioni di transito ai mezzi pesanti e indicazioni precise sul come lasciare e sigillare l’appartamento da evacuare. Non è detto infatti, che i prodromi preeruttivi diano sempre e come risultato finale l’eruzione, o che vada sicuramente distrutta la casa che si abbandona. L’allarme vulcanico, nessuno lo può escludere, è anche possibile che rientri… Da questo punto di vista è necessario che la popolazione acquisisca la necessaria conoscenza dei fenomeni vulcanici e la necessaria maturità per affrontare secondo logica l’emergenza che potrebbe presentarsi. Si ritenga sempre preferibile un falso allarme piuttosto che un allarme lanciato in ritardo; avremo poi l’intelligenza di lasciare in momenti successivi spazio per le polemiche, partendo dalle disquisizioni sull’operato personale prima ancora di esaminare quello degli altri. 

La nostra scienza è bene dirlo è all’avanguardia e i limiti nella previsione dei fenomeni vulcanici sono limiti planetari. Il nostro contributo alla sicurezza dovrà essere innanzitutto quello di rinunciare a piccole e grandi furbizie in nome di un bene più grande che è quello della comunità di cui facciamo parte. Occorre quindi consapevolezza e onestà per eleggere una classe dirigente e amministrativa che ci porti con le regole della prevenzione e della buona amministrazione fuori dalle grandi catastrofi e non dentro ai piccoli e personalissimi interessi.  

La metropoli vulcanica c’era già ieri anche se la scopriamo solo oggi. L’informazione che vi ha sempre accompagnato in questi anni allora non sempre è stata super partes e molto spesso, generalizzando, non è stata altro che una diramazione delle segreterie istituzionali e politiche di riferimento e una rinuncia al giornalismo investigativo.
Per riuscire a vivere sui fertili terreni tufacei o cinerei, è necessario che si giunga a un certo equilibrio in termini di densità abitativa e numero di abitanti, attraverso una deconcentrazione della popolazione da spalmare con incentivi su tutte le province campane. Sono poi necessarie strade a scorrimento veloce e ad alta capacità ricettiva con multi accessi e aree polifunzionali da attivare nell’emergenza. I porti vanno dragati e non più lasciati in balia delle maestranze locali, così come sarebbero necessarie banchine ad attracco rapido perché è sui litorali la maggiore concentrazione di abitanti da allontanare.

Se tutto andrà bene, sul finire del 2015 o forse 2016 sapremo anche cosa fare se dovessero attivarsi le fasi 2 (preallarme) e 3 (allarme) dei piani di emergenza Vesuvio e Campi Flegrei. Nel frattempo bisogna incominciare a tracciare gli scenari di rischio vulcanico per l’Isola d’Ischia.

In tutto questo incominciano a segnalarsi sui blog e sulle riviste la profezia di Nostradamus ad oggetto il Vesuvio e una catastrofica eruzione che si manifesterebbe nel 2015. E’ quasi superfluo aggiungervi che non crediamo nelle profezie…

martedì 13 maggio 2014

Rischio Vesuvio e la teoria del cigno nero: ...di Malko

Vesuvio visto da sud al tramonto.
 “Rischio Vesuvio e la teoria del cigno nero” di MalKo

Come avevamo ipotizzato nell’articolo del 28 maggio 2013, il comune di Boscoreale ha fatto ricorso al tribunale amministrativo regionale (TAR), a proposito della difformità di trattamento scaturita dalla nuova rivisitazione della zona rossa Vesuvio, dettata dall’introduzione della linea nera Gurioli. La sentenza dell’8 maggio 2014 non poteva avere esito diverso, visto l’incredibile pastrocchio combinato dalla Regione Campania con la delibera che varava i nuovi scenari che avrebbero a loro dire addirittura allargato la zona rossa in favore di una maggiore tutela delle popolazioni esposte al rischio Vesuvio. Il TAR, per farla breve, ha dovuto dare ragione al comune vesuviano ricorrente…

Spaccato che evidenzia l'incongruenza
dei settori a rischio
Il territorio di pertinenza di Boscoreale, infatti, insieme con altri 17 comuni, era storicamente inserito e per  l’intero limite amministrativo nel perimetro a maggior rischio vulcanico (zona rossa R). Ora, con la nuova classificazione (R1 e R2) adottata dal Dipartimento della Protezione Civile, il territorio di Boscoreale è stato sostanzialmente spaccato in due dalla Linea nera Gurioli, che segna un limite di massimo pericolo introdotto dalla commissione grandi rischi.  Quindi, mentre da un lato la Regione Campania e il Dipartimento della Protezione Civile hanno offerto ai nuovi comuni entrati a far parte della nuova zona rossa, escamotage utili per  suddividere i loro territori in R1 e R2, ai vecchi 18 comuni questa possibilità è stata negata, e i loro tenimenti dovevano considerarsi per intero in  R1, anche se in parte gravavano, come nel caso di Boscoreale, a valle della linea Gurioli. A essere chiari, una vera assurdità giuridica…
 Questo modo di operare che non si capisce se è frutto di dabbenaggine o malizia, ha creato un grosso pateracchio burocratico, perché era logico aspettarsi un ricorso da parte dei comuni diversamente inquadrati rispetto alla nuova zona rossa. Boscoreale ha aperto la strada: siamo sicuri però, che anche altri comuni percorsi in senso secante dalla linea Gurioli ne seguiranno le orme. La figura sottostante ci aiuta  a individuarli…

I motivi del ricorso al TAR, instradato dal Comune di Boscoreale, convergono e vertono tutti sul fatto che la zona rossa 1 (R1) è soggetta ai limiti di inedificabilità totale per scopi residenziali, sanciti dalla invisa legge regionale Campania n° 21 del 2003, che individua nella zona a maggior rischio vulcanico il divieto di costruire per scopi abitativi: tentativo ultimo per sperare di contenere il valore esposto (vita umana) al pericolo eruttivo.

Veduta d'insieme della nuova classificazione della zona rossa Vesuvio


La zona rossa 2 (R2) invece, è esclusa da questa legge, e anzi consentirà pure ai proprietari degli immobili già esistenti di realizzare ampliamenti e mansarde a spiovente, quale strumento di difesa passiva degli edifici, a fronte del pericolo rappresentato dalla ricaduta di cenere e lapillo. Da qui la corsa dei comuni di fresca nomina a cavalcare la provvida possibilità offertagli dalla Regione Campania, per estrapolare quanta più terra possibile dalla tenaglia edilizia dettata dalle rigide norme vigenti nei settori R1. In questa folle corsa il primo classificato risulta essere il Comune di Poggiomarino
Molto probabilmente la stessa cittadina di Boscoreale e altre municipalità che ne percorreranno le orme, utilizzeranno l’esito favorevole del ricorso al TAR, per raggiungere pure il mai sottaciuto e ambitissimo obiettivo di un condono edilizio largheggiante da estendere nei settori R2. Un doppio risultato insomma… Come sempre però, il business creerà malumori politici e bagarre in questi consigli comunali che, probabilmente, sono già in una fase di fibrillazione.

Con siffatte e risibili strategie, stiamo facendo grossi passi in avanti nella direzione di un disastro futuribile assimilabile per portata alle famigerate teorie del cigno nero. Un concetto evocato sulla base delle sottovalutazioni che si fanno su eventi rari, anche vulcanici ad altissima energia, che potrebbero flagellare nel nostro caso tutta l’area metropolitana di Napoli e anche oltre, lasciando esterrefatti e impotenti gli abitanti e quanti ne hanno sancito, senza dati incontrovertibili, l’invulnerabilità statistica del territorio. Gli scavi di Pompei prima di essere uno spaccato di storia, dovrebbero essere innanzitutto un monito...

Secondo alcuni esperti che hanno tirato in ballo addirittura asteroidi e realpolitik, la possibilità che avvenga un’eruzione pliniana è talmente bassa da non richiedere sacrifici per stilare un piano d'emergenza di vasta portata e per questo irrealizzabile. La gravità di certe affermazioni risiede nella incapacità di chi le pronuncia, nel capire che le parole vengono esaltate o ignorate da terzi, a seconda della convenienza, per giustificare politiche di sopraffazione del territorio anche nelle aree cosiddette a rischio estremo.
Il latore della realpolitik, avrebbe dovuto aggiungere:<<...utilizziamo tutti gli anni di clemenza geologica che abbiamo ancora a disposizione, per operare soprattutto nel campo della prevenzione, in un’area dove per rimettere ordine urbanistico, occorrono appunto i secoli >>. 

Nell’immagine in basso si notano casette in rosso e in verde. Quelle rosse indicano i comuni (vecchia zona rossa o in R1) dove il giro di vite all'edilizia prevede l'inedificabilità residenziale assoluta. Quelle verdi invece, indicano i territori dove è ancora possibile edificare e adeguare e ampliare i fabbricati esistenti con tecniche di difesa passiva consistenti  soprattutto nella realizzazione di   mansarde con tetti spioventi.
Il Vesuvio accerchiato dalla conurbazione. La zona d'inedificabilità assoluta potrebbe rimanere, in assenza
d'interventi legislativi, la sola zona R1

Con la sentenza del TAR, le casette rosse a iniziare da Boscoreale, potrebbero diventare tutte verdi. Tale decisione comporterebbe che il Vesuvio sarà sempre più accerchiato da un edificato asfissiante, che si svilupperà anche a distanza dal cratere secondo uno scalare che sarà dato dall’occupazione metodica degli spazi liberi a iniziare dalla linea nera Gurioli. Ci si allontanerà anche dalla bocca eruttiva, ma non tanto da potersi ritenere al sicuro dagli effetti di un’eruzione pliniana, le cui colate piroclastiche possono espandersi in una misura ben più dilagante di quelle rappresentata dalla linea Gurioli che, lo ricordiamo, indica un limite campale dei depositi derivanti dai flussi di eruzioni di portata inferiore.
Secondo le statistiche, fra 130 anni passeremo all’11% di possibilità che avvenga un’eruzione pliniana. Questi anni dovremmo utilizzarli per pianificare uno sviluppo sostenibile in area vulcanica, magari lanciando un concorso mondiale fra gli architetti per il miglior progetto possibile di riordino territoriale in linea con le esigenze di tutela di un’ignara popolazione, che non sa di andare incontro magari in danno alle generazioni future, ai grandi disastri dettati dalle logiche alla base delle teorie del cigno nero.
Bisognerebbe puntare il dito contro quelli che sono inchiodati immeritatamente sulle poltrone di comando o di gestione, mettendo a rischio con la loro miope mediocrità le generazioni future... personaggi che minano il futuro, in danno di alcuni milioni di persone che sono e saranno lasciate in balia di assurdi giochi di potere, favoriti dalle istituzioni troppo spesso girate dall'altra parte…