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lunedì 13 aprile 2015

Rischio Vesuvio: segreto di Stato?...di Malko


Rischio Vesuvio: segreto di Stato?”  di MalKo

L’ing. Fabrizio Curcio è il nuovo capo dipartimento della Protezione Civile. Una scelta fortemente voluta dal prefetto Franco Gabrielli che ha garantito al dipartimento l’ascesa di un interno ai massimi livelli scartando così la carta dell’intruso probabilmente poco gradita al personale e alle esigenze del Giubileo.
Della gestione Gabrielli se ne sentiva comunque il bisogno per riportare sobrietà in una struttura forse troppo contigua al potere e troppo sbilanciata su opere tutt’altro che riguardanti il rischio e le emergenze con le cricche in perenne agguato. Gabrielli da questo punto di vista ha riportato rigore in una struttura che a volerne parlare male si giocava facile…Al comando della Prefettura di Roma, in ambiente più affine come humus al suo curriculum vitae, probabilmente l’ex capo dipartimento potrà dimostrare il suo valore investigativo e organizzativo sull'emergenza scandali che attanaglia mafia capitale. Il nostro augurio è di fare bene…

L’ing. Curcio invece, è chiamato a dare risposte sui grandi temi della sicurezza e a offrire soluzioni anche sul problema più grande e più in vista che affligge il nostro Paese: il rischio Vesuvio. I media internazionali si chiedono come si coniuga un vulcano esplosivo all’interno di una metropoli. In realtà la domanda dovrebbe essere inversa: come si è arrivati a costruire una metropoli intorno a un vulcano esplosivo…
Il Vesuvio e i Campi Flegrei con le loro rispettive zone rosse e poi gialle e poi blu, contornano e lasciano emergere il quadro d’insieme di una città (Napoli) completamente segnata e serrata a est e a ovest dal Vesuvio e dal distretto calderico flegreo. Vulcani snobbati come monito e addirittura assaliti da un’urbanizzazione selvaggia, cresciuta decennio dopo decennio grazie a una viscerale ricerca del consenso elettorale da parte di non pochi amministratori che hanno trovato non di rado sponda in quella parte del mondo della cultura e della scienza che non rifugge per motivi diversi dal “cemento ristoratore”.
La clemenza geologica in troppi la interpretano erroneamente come vecchiezza di uno strato vulcano (Vesuvio) oramai disarmato e che di recente divide la scena mediatica con la non meno pericolosa caldera flegrea, che si fregia tra l’altro del titolo di supervulcano. Per chi non conosce i luoghi, sappia che I due distretti vulcanici sono in vista l’uno dell’altro…

A fronte di cotanto pericolo le strategie difensive del nostro Paese puntano tutte sulla mitigazione del rischio vulcanico attraverso la previsione del fenomeno eruttivo piuttosto che la prevenzione. Quest’ultima disciplina ha tempi lunghi, e necessita quale premessa d’attuazione di una staffetta tra un’amministrazione e l’altra, con atti politici illuminati e soprattutto protesi al futuro con l’obiettivo di offrire ai posteri una situazione territoriale meno scellerata.  Mettere ordine in un territorio gravemente compromesso come quello vesuviano, orfano di strateghi dello sviluppo sostenibile, e tra l’altro con un’opinione pubblica che nicchia su un argomento che implica certamente rinunce che nessuno vuole fare, è impresa veramente difficile. Alle generazioni che verranno, con quest’andazzo lasceremo nella migliore delle ipotesi un’eredità letteralmente parlando minata…

Per abbattere il rischio vulcanico nel nostro caso dovrebbe essere necessario rimuovere il pericolo (Vesuvio) o il valore esposto (popolazione). L’inamovibilità del Vesuvio non lascia dubbi sulla necessità di operare in termini di difesa esclusivamente sulla movibilità della popolazione che dovrà essere evacuata all’occorrenza in un’unica soluzione e poco prima che il pericolo si materializzi con tutta la sua virulenza distruttiva.
I nostri esperti prevedono di prevedere almeno 72 ore prima l’insorgere di un’eruzione... Il problema è che se la previsione contiene un errore (n…) la previsione della previsione conterrà un errore (n+n). Quindi bisognerà tendere all’errore zero per avere una previsione utile se non infallibile.

Ragionando cinicamente, con cotali strategie difensive il ruolo della scienza, soprattutto di quella deputata al monitoraggio delle aree vulcaniche, assurge a importanza non solo fondamentale, ma addirittura vitale per molte centinaia di migliaia di persone: un vero azzardo quella della sola previsione come tecnica di mitigazione del rischio vulcanico, perchè ha un indice di indeterminatezza alto, e su cui si sta comunque scommettendo e investendo nel vesuviano e nel flegreo, non sappiamo con quanta consapevolezza dei cittadini.
Con questa “filosofia” di fondo, le notizie che riguardano i dati geofisici e geochimici dei vulcani campani sono diventati dati oltremodo sensibili che non sono diffusi in tempo reale, grazie ad accordi che impongono in primis al collaborativo Osservatorio Vesuviano, la trasmissione di notizie di primissima mano al solo Dipartimento della Protezione Civile, secondo accordi che si potrebbero configurare addirittura come segreto di Stato (?).

Ritornando all’ing. Curcio e al suo ruolo apicale dipartimentale, dobbiamo annotare che nell’articolo pubblicato su Le Scienze nell’agosto del 2014, numero dedicato al rischio Vesuvio, argomentò la tesi dipartimentale e regionale sostenuta da Gabrielli e dall’assessore Edoardo Cosenza, a proposito dell’ospedale del mare, il più grande nosocomio dell'Italia meridionale, circa la discutibile dislocazione in zona rossa Vesuvio. Queste le parole: <<la zona rossa non è una zona in cui si smette di vivere e quindi di erogare servizi. Settecentomila persone hanno diritto ad avere un piano di emergenza esattamente come ad avere un ospedale, insomma. E non c’è nessun motivo per pensare che, siccome ad oggi abbiamo una nuova e più ampia zona rossa (sic ? n.d.r.), dobbiamo comportarci come se il Vesuvio dovesse eruttare domani senza che ci sia alcuna ragione scientifica per dirlo>>. 
Napoli (Barra e Ponticelli): limiti zona rossa 1
 e ubicazione Ospedale del Mare
Pensare che l’ing. Curcio potesse avere idee difformi dal capo dipartimento e dal Prof. Cosenza era francamente difficile. Il nostro auspicio però, è che il nuovo capo dipartimento, proprio perché proveniene dalle file dipartimentali e dall’ufficio emergenze, non avendo bisogno di un rodaggio iniziale, affronti immediatamente i problemi della prevenzione che sulla rivista mensile non sembrano emergere.
La nostra Penisola è mangiata dal cemento secondo logiche assurde che danno importanza a quello che si costruisce piuttosto che al dove si costruisce. In una realtà come quella vesuviana o flegrea, le esigenze dei piani di evacuazione avrebbero dovuto condizionare la metamorfosi del territorio e non viceversa, cioè piani che devono adattarsi a quello che rimane di una politica di sviluppo mangia spazio.

La gestione delle emergenze non dovrebbe preoccupare o distrarre il neo capo dipartimento, atteso che c’è il Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco che di mestiere fa proprio quello, con ispettorati e caserme e nuclei specializzati sparsi in tutto il Paese. Qualcosina in Italia in tema di organizzazione della sicurezza e della difesa civile bisognerebbe proprio rivederla, soprattutto in termini di ruoli e competenze per evitare doppioni che tra l’altro non hanno un costo zero. Chi fa chi e che cosa (?)… Attendiamo risposte.


martedì 6 gennaio 2015

Rischio Vesuvio e Campi Flegrei: la metropoli vulcanica... di Malko

Vesuvio al calar della sera

“Rischio Vesuvio: un vademecum per ogni famiglia...” di MalKo

Con la pubblicazione di molti articoli a tema il Vesuvio e il rischio vulcanico, riteniamo di aver fornito ai nostri lettori strumenti informativi sufficientemente ampi per la conoscenza del rischio vulcanico che sovrasta la metropoli partenopea. E’ necessario precisare che non sussistono segnali allarmanti per il Vesuvio che continua imperterrito la sua quiescenza, così come ai Campi Flegrei permane un prudenziale stato di attenzione vulcanica dettato qualche anno fa dalla ripresa del bradisismo, che già caratterizzò l’area puteolana negli anni ’70 e ’80, e che lascia sempre un po’ perplessi per la difficile interpretazione da dare al fenomeno.

Vogliamo poi ricordare che l’Osservatorio Vesuviano ha la responsabilità del monitoraggio dei vulcani campani, ma non quella di lanciare direttamente allarmi. Questo significa che eventuali variazioni dei parametri controllati dei vulcani devono essere trasmesse al Dipartimento della Protezione Civile, oggi retto dal Prefetto Franco Gabrielli, che consulterebbe la Commissione Grandi Rischi per un parere e la Presidenza del Consiglio dei Ministri per le direttive. Se dovessero presentarsi gli estremi, al termine dell’iter procedurale il Dipartimento emetterebbe il bollettino di variazione nello stato di allerta vulcanica, o verrebbe dichiarata una situazione di preallarme o allarme direttamente dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri. Tutte le decisioni sarebbero comunque oggetto di consulto con gli uffici campani della presidenza regionale.
Dopo queste formalità tecniche e politiche necessarie per assicurare a una ipotetica emergenza da fronteggiare l’impegno dello Stato centrale e periferico ai massimi livelli, l’informazione sul da farsi giungerebbe ai cittadini tramite l’autorità comunale di protezione civile, ovvero dal sindaco, che ha il compito di attivare tutti i canali di diffusione più idonei per far giungere notizie in ogni contrada e quartiere del territorio amministrato.
I sindaci, è bene ricordarlo, proprio perché usufruiscono del titolo di autorità locale di protezione civile, hanno l’onere ben preciso e ben prima che si presenti un’emergenza, di impegnarsi nel campo della previsione e della prevenzione delle catastrofi, attraverso l’individuazione di strumenti di difesa attivi e passivi che contemplino anche una organizzazione comunale di gestione delle emergenze (COC – COM).

Il piano di protezione civile comunale per il quale tutti i comuni campani volente o nolente hanno ricevuto un finanziamento per realizzarlo, deve contenere nelle premesse tutte le ipotesi di rischio che caratterizzano il territorio di pertinenza a fronte di ogni pericolo naturale o antropico conosciuto. Il piano d’emergenza dovrebbe essere un compendio di pubblica utilità visionabile pure online con spazi previsti per le osservazioni a cura degli utenti cittadini, secondo logiche di amministrazione condivisa.
Nel caso del rischio Vesuvio e Campi Flegrei, ad ogni famiglia dovrebbe essere distribuito un vademecum contenente i percorsi di allontanamento e l’ubicazione delle aree strategiche. Ed ancora istruzioni dettagliate da osservare a cura di chi si allontana con mezzo di trasporto personale verso dimore alternative; oppure e viceversa, se dovesse sussistere la necessità di dover ricorrere all’assistenza per il viaggio (mezzi collettivi) o per l’alloggio o per entrambe le esigenze.
Su ogni copertina del vademecum, dovrebbe essere stampigliato o incollato il codice a barre che identifica quella famiglia, onde consentire rapide procedure di identificazione lungo il percorso o alle varie destinazioni finali attraverso lettori ottici.

Le istruzioni dovrebbero contenere, in caso di emergenza vulcanica, le eventuali limitazioni di transito ai mezzi pesanti e indicazioni precise sul come lasciare e sigillare l’appartamento da evacuare. Non è detto infatti, che i prodromi preeruttivi diano sempre e come risultato finale l’eruzione, o che vada sicuramente distrutta la casa che si abbandona. L’allarme vulcanico, nessuno lo può escludere, è anche possibile che rientri… Da questo punto di vista è necessario che la popolazione acquisisca la necessaria conoscenza dei fenomeni vulcanici e la necessaria maturità per affrontare secondo logica l’emergenza che potrebbe presentarsi. Si ritenga sempre preferibile un falso allarme piuttosto che un allarme lanciato in ritardo; avremo poi l’intelligenza di lasciare in momenti successivi spazio per le polemiche, partendo dalle disquisizioni sull’operato personale prima ancora di esaminare quello degli altri. 

La nostra scienza è bene dirlo è all’avanguardia e i limiti nella previsione dei fenomeni vulcanici sono limiti planetari. Il nostro contributo alla sicurezza dovrà essere innanzitutto quello di rinunciare a piccole e grandi furbizie in nome di un bene più grande che è quello della comunità di cui facciamo parte. Occorre quindi consapevolezza e onestà per eleggere una classe dirigente e amministrativa che ci porti con le regole della prevenzione e della buona amministrazione fuori dalle grandi catastrofi e non dentro ai piccoli e personalissimi interessi.  

La metropoli vulcanica c’era già ieri anche se la scopriamo solo oggi. L’informazione che vi ha sempre accompagnato in questi anni allora non sempre è stata super partes e molto spesso, generalizzando, non è stata altro che una diramazione delle segreterie istituzionali e politiche di riferimento e una rinuncia al giornalismo investigativo.
Per riuscire a vivere sui fertili terreni tufacei o cinerei, è necessario che si giunga a un certo equilibrio in termini di densità abitativa e numero di abitanti, attraverso una deconcentrazione della popolazione da spalmare con incentivi su tutte le province campane. Sono poi necessarie strade a scorrimento veloce e ad alta capacità ricettiva con multi accessi e aree polifunzionali da attivare nell’emergenza. I porti vanno dragati e non più lasciati in balia delle maestranze locali, così come sarebbero necessarie banchine ad attracco rapido perché è sui litorali la maggiore concentrazione di abitanti da allontanare.

Se tutto andrà bene, sul finire del 2015 o forse 2016 sapremo anche cosa fare se dovessero attivarsi le fasi 2 (preallarme) e 3 (allarme) dei piani di emergenza Vesuvio e Campi Flegrei. Nel frattempo bisogna incominciare a tracciare gli scenari di rischio vulcanico per l’Isola d’Ischia.

In tutto questo incominciano a segnalarsi sui blog e sulle riviste la profezia di Nostradamus ad oggetto il Vesuvio e una catastrofica eruzione che si manifesterebbe nel 2015. E’ quasi superfluo aggiungervi che non crediamo nelle profezie…

sabato 8 novembre 2014

Rischio Vesuvio e lo strategico assessore regionale...di Malko




“Rischio Vesuvio e lo strategico assessore regionale...”

Il primo problema per gli strateghi del piano d’emergenza Vesuvio dovrebbe essere l’impossibilità di definire con certezza il territorio su cui potrebbero abbattersi gli effetti di una possibile eruzione vulcanica. La Commissione Grandi Rischi e il parterre della Protezione Civile Nazionale guidata dal prefetto Franco Gabrielli, hanno ufficializzato la linea nera Gurioli come limite di pericolo per marcare la zona a massima pericolosità corrispondente a quella invadibile dai flussi piroclastici per eruzioni non eccedenti un indice energetico VEI 4. Ovviamente queste certezze confluite nell’adozione di una linea geo referenziata sono discutibili, perché un tale decisionismo non è supportato da elementi concreti di valutazioni che consentano un fare deterministico. Parliamo di una struttura vulcanica emersa e sommersa che ad ogni eruzione muore e risorge senza nessun rapporto gemellare con la miscela magmatica precedente.

Le eruzioni pliniane (VEI 5) di fatto sono state scartate nella scenografia del pericolo, perché secondo gli esperti statistici e la commissione grandi rischi, la possibilità di una siffatta tipologia eruttiva è solo dell’1%. L’assessore regionale alla protezione civile, Ing. Edoardo Cosenza, ha aggiunto in alcune dotte disquisizioni che il rischio di essere colpiti da un meteorite supera la possibilità che ci colga una pliniana. Secondo la tabella statistica allo scopo adoperata, tra 130 anni la probabilità che una futura eruzione del Vesuvio assuma carattere da pliniana salirà secondo le stime all’11%, e forse bisognerà ridisegnare la nuova zona rossa Vesuvio che oggi già ricade nei limiti per niente periferici della metropoli partenopea.
L’assessore Ingegnere Edoardo Cosenza è stato il vero protagonista del consesso di geologi riunitisi a Napoli il 14 ottobre 2014 per discutere di rischio Vulcanico. Con fare deciso, il responsabile della protezione civile regionale Campania ha spiegato alla platea che i tempi di ritorno di un’eruzione pliniana sono di 23.000 anni, quelli sismici di 475 anni e quelli alluvionali legati al fiume Sarno di appena 100 anni.   Secondo il relatore, in zona rossa Vesuvio bisogna quindi occuparsi in primis della robustezza delle case che vanno riattate, adeguate in senso antisismico e dotate di tetto a spiovente per evitare pesanti accumuli di cenere e lapilli sulle coperture. Questa posizione è condivisa anche dal Prefetto Franco Gabrielli. Non ci hanno spiegato i due dirigenti però, i ruderi e gli spiccati che non contemplano oggi e per degrado alcun abitante, una volta ripristinati con quale legge se ne vieterà l’utilizzo a uso abitativo per non incrementare il valore esposto nel sedime a rischio. Diversamente perchè spendere? Non c’è tempo per una risposta, perché nelle attenzioni dell’ingegnere c’è già il fiume Sarno che dovrà essere dotato di una procedura o di un sistema di rapida ripulitura degli alvei dagli accumuli di piroclastiti per evitare fastidiosi alluvionamenti…

Il secondo elemento su cui ugualmente non si possono riporre certezze è il numero di abitanti che deciderà autonomamente di andare via, con o senza supporto economico dell’amministrazione statale, dalle zone prossime a quelle rosse ufficializzate, semplicemente per motivi precauzionali magari perché non si condividono le meteoritiche certezze… Un caso potrebbe offrirlo la cittadina di Striano che pur incastrata geograficamente tra Palma Campania e Poggiomarino non è stata contemplata nel settore da evacuare preventivamente in caso di allarme. In compenso però, nell’ultimo consiglio comunale strianese sono state approvate le linee regionali per la prevenzione del rischio sismico.

Zona rossa Vesuvio 1 e 2

Il terzo elemento che è di riflessione, riguarda la possibilità offerta agli abitanti ubicati a oriente del vulcano (Poggiomarino e Scafati), di continuare a costruire con licenza edilizia saturando metro dopo metro un territorio che con il passare degli anni ricadrà per intero nel settore dei flussi piroclastici pliniani. Questi comuni fanno parte della zona rossa 2 (R2), quella cioè, dove la ricaduta di prodotti piroclastici potrebbe creare fin dai primi momenti eruttivi problemi seri alla respirazione. Inoltre, la statica dei solai di copertura potrebbe essere compromessa dall’accumulo dei prodotti cinerei espulsi dal vulcano.  Una decisione miope la mancata prevenzione in quest’area, con disposti normativi che non vietano l’implemento della popolazione ma stabiliscono la fuga a gambe levate in caso di allarme vulcanico. Non vogliono comprendere gli amministratori che i decenni non sono eternità, e quindi non dovrebbero consentire ulteriori insediamenti nella plaga vesuviana, con cittadini che possono ritrovarsi esposti come birilli su un tracciato di bowling…

Il quarto elemento di incertezza riguarda i tempi a disposizione per evacuare all’occorrenza l’area vesuviana e che dovranno essere utili e di anticipo sull’evento eruttivo. L’autorità scientifica ci ricorda che lo start lo dovrà dare l’autorità politica su cui si faranno confluire tutti i dati rilevati dalle stazioni di monitoraggio. Sarebbe interessante capire qual è la percentuale di rischio che potrà essere assorbita dalle spalle della Presidenza del Consiglio e dalla commissione grandi rischi riunita, in caso di emergenza, in seno al dipartimento della protezione civile, e quale valore percentuale invece dovrà dare origine inevitabilmente all’evacuazione della plaga vesuviana. Ovviamente e condividiamo, in ultima analisi è preferibile un falso allarme piuttosto che uno tardivo… L’indice probabilistico eruttivo per far scattare l’evacuazione totale dovrebbe essere del 50% + 1. Purtroppo c'è un'assenza di riferimenti utili per indicizzare trend e percentuale statistica... La percezione degli scienziati allora, rimarrà quindi di fondamentale importanza.

Il quinto elemento di incertezza riguarda i Comuni che stanno lavorando con i fondi europei ai piani di emergenza nel rispetto delle linee guide ricevute. Come abbiamo accennato altre volte, speriamo che i municipi non affidino in toto ad esperti esterni la redazione dei piani di protezione civile, perché verrebbe meno il processo auto formativo degli addetti locali, particolarmente importante per la gestione delle emergenze e per l’aggiornamento degli elaborati tecnici.

Il Vesuvio nel frattempo è pregato di mantenere il suo stato di quiete almeno fino al 31 dicembre del 2015, che pare sia la data limite per la consegna e la pubblicazione dei piani comunali di protezione civile anche online. Nella tabella che segue sono riportati i livelli di allerta, le fasi operative e le autorità politiche che decideranno i vari passaggi. 



Il sesto elemento di perplessità riguarda le affermazioni rilasciate  dall’assessore regionale Edoardo Cosenza a proposito dei tempi di ritorno delle eruzioni pliniane misurate a 23.000 anni.  Trattasi di una colossale inesattezza…I maggiori organismi scientifici infatti, e fra tutti l’Osservatorio Vesuviano, rifuggono da una tale interpretazione perché non è possibile oggi definire i tempi di ritorno di una qualsivoglia tipologia di eruzione per tutti i vulcani in generale e in particolare per le eruzione pliniane del Vesuvio.   C’è allora da riflettere sul perché di certe affermazioni…

In realtà se fosse passato il principio che i piani d’emergenza devono contemplare l’evento massimo conosciuto e non quello maggiormente probabile, per prassi normativa all’intera metropoli partenopea segnata da tre distretti vulcanici, bisognava applicare il divieto di edificare in senso residenziale. Principi stabiliti dalla legge regionale numero 21 del 2003. Con tale modus operandi si avrebbe avuto l’indiscutibile vantaggio di una stabilizzazione del numero di abitanti della metropoli vulcanica. Di conseguenza si sarebbe dovuto pianificare lo sviluppo sostenibile in altre province campane che possono assorbire agilmente un certo numero di abitanti e, quindi, partire dalla progettazione di nuove vie di comunicazioni che si andrebbero a scostare da quelle tradizionali e parallele alla linea di costa. I nastri d’asfalto e le linee ferrate punterebbero verso gli appennini… L’edificato nascente comprenderebbe palazzi costruiti con criteri antisismici, in un contesto urbanistico più equilibrato, con ampi spazi e a misura d'uomo. Nel frattempo e auspicabilmente sarebbe iniziato il secolo del riordino territoriale, una sorta di primavera napoletana, con ambiziosi traguardi di rivalutazione del patrimonio paesaggistico e archeologico e storico della metropoli vulcanica, oggi sopraffatta dalla politica e dal cemento quali elementi per niente disgiunti fra di loro.

Vorremmo salutare al più presto il primo piano d’emergenza pubblicato online da qualche virtuoso comune campano per capire come si sta procedendo nel fronteggiare il rischio vulcanico vesuviano, calderico flegreo e ischitano. Sono soldi europei tra l’altro spesi su un argomento che dovrebbe essere nelle attenzioni della corte europea di Strasburgo sui diritti dell'uomo, a proposito delle azioni volte a difendere i vesuviani dal rischio vulcanico. Una problematica oggi nelle mani di un assessore talmente sicuro del fatto suo, che non ha avuto difficoltà ad affermare che ricostruirebbe di nuovo e in zona rossa il più grande e antisismico ospedale del sud Italia... Ipse dixit!

Ospedale del mare - Napoli -




venerdì 10 ottobre 2014

Rischio Vesuvio: Intervista al Prof. G. Mastrolorenzo...di MalKo

Napoli e il Vesuvio

 “Rischio Vesuvio: quale eruzione?
Intervista al Prof. Giuseppe Mastrolorenzo.”
di MalKo

Uno degli assilli che arrovella o che dovrebbe arrovellare l’intellighenzia tecnica preposta alla redazione dei piani d’evacuazione dell’area vesuviana, è la impossibilità di stabilire i tempi che ci separano da una prossima eruzione del Vesuvio. Anche al comparire dei sintomi precursori infatti, è parimenti azzardato profondersi in una previsione corta del fenomeno eruttivo.
La sicurezza delle istituzioni scientifiche circa la possibilità che si colgano i sintomi del risveglio del Vesuvio in netto anticipo sugli eventi, in realtà è una speranza che non rappresenta però la svolta nella previsione dell’eruzione. La “vitalità” vulcanica infatti, è un insieme di valori fisici e chimici che possono portare una notevole dose di indeterminatezza nell’interpretare senza errori un fenomeno che, ricordiamo, si evolve nel sottosuolo e che può quindi irrompere all’aria o ricomporsi di nuovo nel profondo.
La verità mediata allora, è che le sentinelle vulcaniche coglieranno probabilmente e con un certo anticipo tutti gli sbadigli geologici del Vesuvio, ma non potranno affermare con certezza se questi rappresentano il preludio al risveglio o semplicemente una riossigenazione da stato soporifero che nulla toglie al sonno letargico. Pertanto, il problema vero sarà quello di riuscire a decifrare i segnali in modo da << non indurre un’evacuazione senza eruzione o essere colti da un’eruzione senza evacuazione…>>.

Nell’ultimo articolo abbiamo accennato alla coraggiosa previsione prospettata dal gruppo di lavoro incaricato di redigere gli scenari eruttivi del Vesuvio e dei Campi Flegrei, con l’avallo della Commissione Grandi Rischi (CGR-RV) che ha comunque condiviso le scelte insieme al Dipartimento della Protezione Civile.  Secondo le stime prospettate, per i prossimi 130 anni l’eruzione massima di riferimento attesa al Vesuvio è quella sub pliniana, mentre la più probabile è una stomboliana violenta. La differenza tra i due eventi consiste che nel secondo caso non sono preventivabili flussi piroclastici.
Il sistema di protezione civile nell’area vesuviana si sta quindi basando ed evolvendo proprio su queste due tipologie eruttive, con la prima che congloba la seconda.
La Commissione Grandi Rischi oltre a condividere gli scenari eruttivi ha introdotto la linea nera Gurioli come reale limite della zona rossa Vesuvio. Il Comune di Boscoreale ha preso molto sul serio la zonazione così operata dalla scienza, ricorrendo e con successo, addirittura al potere giuridico (TAR), per vedersi riconosciuto il diritto ad estrapolare quelle parti di territorio che si trovano oltre la linea nera, in modo da sfuggire al severo regime di inedificabilità assoluta (Legge regionale 21/2003) per gli usi residenziali.  Alle amministrazioni comunali infatti, interessa soprattutto il cemento, e intanto non risulta alcuna impugnazione della sentenza del TAR da parte della Regione Campania o del Dipartimento della Protezione Civile.

Al Professor Giuseppe Mastrolorenzo, esperto vulcanologo dell’Osservatorio Vesuviano - INGV, giriamo subito una domanda: Professore, è possibile prevedere in anticipo un’eruzione attraverso i precursori vulcanici che il mondo scientifico asserisce di poter cogliere mesi prima?

<< Non c’è una specifica teoria sui precursori, ovvero non abbiamo ancora adeguate conoscenze sui meccanismi che generano i precursori spesso osservati nelle aree vulcaniche prima di un’eruzione. Questo è il motivo per cui ancora oggi non è possibile definire e individuare una rigorosa correlazione deterministica tra precursori ed evento eruttivo. In particolare, anche durante le crisi pre eruttive, in cui si manifestano precursori geofisici e geochimici quali terremoti, deformazioni del suolo e modificazione della portata e della composizione dei gas fumarolici, non è possibile in alcun modo prevedere se l’evento si manifesterà, e ancora quando e con quale tipologia e intensità si presenterà l’eruzione. L’assenza di qualsiasi correlazione di tipo deterministico tra precursori ed eruzione, mista alla debolezza della previsione statistica in sistemi molto complessi come quelli vulcanici, rendono necessarie ai fini della tutela l’adozione di rapidissime procedure per garantire l’evacuazione di tutta la popolazione esposta all’evento>>. 

La comunità scientifica ha di fatto concordato una previsione di evento massimo atteso al Vesuvio, tarato su una tipologia eruttiva di tipo sub pliniana. E’ d’accordo?

<< Qualsiasi previsione sull’evoluzione dei precursori e sulla tipologia e intensità del possibile evento eruttivo, dato la forte dipendenza del risultato statistico dai modelli adottati costituisce un azzardo, e pertanto ogni previsione deve essere valutata come opinione e come tale può variare da ricercatore a ricercatore.
E’ chiaro che la sicurezza di una collettività a rischio non si può basare, come ho detto in più circostanze, sull’adozione di uno scenario sub pliniano che è del tutto arbitrario, dati i risultati contrastanti che emergono dalle diverse ricerche scientifiche degli ultimi anni, relativamente alla dinamica interna del sistema vulcanico, alla storia eruttiva e al confronto con altri vulcani analoghi.
Paradossalmente, gli stessi ricercatori che su base prettamente probabilistica hanno fornito un valore basso ma comunque assolutamente non trascurabile di probabilità di un evento pliniano, in studi comparativi con altri vulcani analoghi sono giunti alla conclusione di una assoluta imprevedibilità dell’evoluzione di vulcani a condotto chiuso come il Vesuvio, per i quali non c’è memoria del passato. In altre parole, per un vulcano a condotto chiuso non avrebbe alcuna rilevanza la durata del periodo di quiescenza ai fini della previsione dell’intensità massima della possibile eruzione futura.
E’ paradossale che nell’esercitazione Mesimex 2006, benché sulla base dei risultati scientifici del gruppo consulenti della Protezione Civile sia stato dichiarato l’11% come valore medio di probabilità di un evento pliniano al Vesuvio, si sia poi scelto uno scenario esercitativo sub pliniano. E’ evidente come l’11% di probabilità che si verifichi un evento catastrofico pliniano in un’area abitata da tre milioni di persone, renda l’eruzione pliniana un evento assolutamente non trascurabile e da assumere certamente come scenario di riferimento nei piani d’emergenza. D’altra parte, date le ampie differenze e incongruenze tra le evidenze vulcanologiche, le valutazioni statistiche e le opinioni scientifiche dei diversi ricercatori impegnati da decenni nello studio dell’area vulcanica napoletana, con ricerche di pari dignità pubblicate su autorevoli riviste scientifiche, la scelta da parte degli organi preposti di una specifica tesi come base operativa per la realizzazione del piano d’emergenza, dovrebbe essere dichiarata e presentata alla collettività evidenziando come tale tesi non sia condivisa da tutti i ricercatori. In altre parole, dovrebbero essere dichiarati i limiti e le potenziali conseguenze dovute alla scelta di scenari che potrebbero poi rivelarsi inadeguati.
Prof. Giuseppe Mastrolorenzo - Osservatorio Vesuviano - INGV

A tale proposito è interessante notare come in alcuni articoli scientifici da parte di ricercatori impegnati nelle valutazioni di pericolosità vulcanica per l’area napoletana, pur riconoscendo una probabilità non trascurabile di un evento di natura pliniana, in base a valutazioni di costi - benefici si suggerisca di optare per uno scenario di riferimento sub pliniano. È evidente come un criterio costi - benefici possa essere adottato ma per correttezza verso le collettività dovrebbe essere esplicitamente dichiarato. Una tale dichiarazione equivarrebbe ad affermare che benché si sia consapevoli che oltre 3 milioni di persone siano costantemente esposte a rischio catastrofe, per ragioni economiche si valuti di porne in salvo solo settecentomila.
In conclusione, specificando che comunque le mie opinioni derivano analogamente a quelle di altri colleghi, anche referenti delle autorità preposte, dai risultati delle mie ricerche scientifiche e dell’esperienza in ambito vulcanologico e pertanto non costituiscono posizioni di istituzioni ma esclusivamente scientifiche. Ricordo come i risultati delle mie ricerche condotte negli ultimi decenni sulle catastrofi del Vesuvio, hanno dimostrato che nel caso di un evento massimo pliniano, è a rischio tutta la popolazione della provincia di Napoli e parzialmente quella della provincia di Avellino e Salerno. Ho spesso ricordato che molti disastri avvenuti sul nostro pianeta negli ultimi decenni, sono derivati dalla combinazione di eventi naturali estremi e da una generale sottovalutazione del rischio. In eruzioni quali quella del Mt. St. Helens avvenuta nel 1980, del Pinatubo nel 1991 e del Merapi nel 2010, fu necessario estendere rapidamente la zona da evacuare in piena eruzione a causa di una drammatica sottovalutazione dell’evento atteso. Di fatto non esistono criteri standard di riferimento per la redazione di piani d’emergenza per le aree vulcaniche, contrariamente a quanto avviene in altri ambiti, pertanto, tutto il processo decisionale e le conseguenti responsabilità che possono derivarne, ricadono sugli organi e le istituzioni e sui soggetti incaricati della mitigazione del rischio vulcanico. E per tale motivo, le informazioni dettagliate dei criteri adottati per la messa in sicurezza delle popolazione e dei relativi limiti, devono essere elementi portati a conoscenza della collettività>>.

Ringraziamo il Prof. Giuseppe Mastrolorenzo per la preziosissima e cortese collaborazione che ci ha assicurato su un tema particolarmente attuale e complesso come il rischio Vesuvio, al centro delle nostre attenzioni e quelle dei nostri lettori.

Per concludere e come redazione, al di là delle disquisizioni che da più parti vengono sollevate in tema di rischio Vesuvio, vorremmo annoverare alcune cose che riguardano l’argomento appena trattato. Innanzitutto la scelta dello scenario eruttivo come sapete è propedeutico e come avete intuito nel caso Vesuvio è stato scelto quello un gradino in più del probabile e non quello massimo conosciuto. La commissione incaricata di effettuare quest’analisi del probabile si è basata su dati statistici che indicano differenti elementi appunto di probabilità. Ogni qualvolta un vulcano esplosivo si zittisce e a condotto chiuso ricomincia la quiescenza, pensiamo che con il passare dei decenni diventi insondabile, enigmatico, e ogni previsione sul divenire potrebbe essere un azzardo, soprattutto quando la calca che lo avvolge rifugge dal concetto stesso di rischio. Il vulcano Vesuvio non è quello del 79 d.C. e non è neanche quello del 1631 o del 1944... cosa sia lo scopriremo il giorno dopo che si sarà risvegliato. 

Il piano di emergenza, perché solo di quello possiamo parlare visto che non esiste ancora quello di evacuazione, non è frutto del garantismo ma figlio di un adeguamento cerchiobottista alle enormità che ci rimanda il territorio fortemente compromesso e dove ogni decisione e non solo di sicurezza si scontra con numeri inapprocciabili. Incapaci di inseguire la prevenzione allora, inseguiamo come sempre l’emergenza con piani basati appunto sul probabile. Non vorremmo però, che scienziati e organi d’informazione, così come hanno fatto all’Aquila col terremoto anch'esso improbabile, abbiano poi a dire che la colpa è delle case ubicate in zona rossa…

L’assessore regionale Edoardo Cosenza ha giubilato all’affermazione del capo dipartimento della protezione civile Franco Gabrielli circa gli interventi antisismici e anti lapillo in zona rossa che vanno fatti. Solo quelli aggiunge Cosenza promettendo: <<in zona rossa non si aggiungerà un solo metro cubo di cemento a uso residenziale…>>.
Se mettiamo insieme i ruderi però, i fabbricati diroccati e gli spiccati di palazzi a più piani consentendone il ripristino statico e l’ultimazione, che sarebbe gioco forza a uso abitativo, senza aggiungere un solo metro cubo di nuovo cemento, si aggiungerebbero migliaia di nuovi abitanti nella zona rossa: molti di questi poi, sarebbero stranieri, che non sempre risultano nei registri dell'anagrafe.
Il problema rimane il futuro. Anche i teorici del probabile come la commissione grandi rischi e quella incaricata degli scenari al Vesuvio e ai Campi Flegrei, dovrebbero riconoscere come dicono, che con il passare del tempo andremo sempre di più in una condizione di eruzione a maggiore intensità. Qual’è allora la politica che stiamo mettendo in campo per garantire la sicurezza ai nostri posteri? Quella dei condoni e del cemento ristoratore? Fateci sapere le architetture del territorio previste per la metropoli vulcanica

La commissione grandi rischi ha tra le sue funzioni (art.2) anche quella di fornire indicazioni per migliorare la capacità di valutazione, previsione e prevenzione dei diversi rischi. Allora, l'emanazione di una nota sul cemento sarebbe auspicabile, anche correndo il rischio,quello sì, di essere invisi a qualche politico. Il futuro ringrazierebbe…

venerdì 15 agosto 2014

Rischio Vesuvio: l'editoriale di MalKo.



RISCHIO VESUVIO
C'è il pericolo di una nuova eruzione?
Siamo preparati ad affrontarla?
L'editoriale di MalKo...

Attenti al Vesuvio.
Non siamo pronti per un’eruzione e fortunatamente neanche il Vesuvio lo è stato fino a oggi...  Quanti lo sanno?

Nel 2011 katherine Barnes su Nature definì il Vesuvio una bomba ad orologeria. A distanza di un paio di anni è toccato al vulcanologo giapponese Nakada Setsuya riproporre la questione a margine di un seminario sui geoparchi nel Cilento. Periodicamente gli organi di stampa amplificano o minimizzano il grido di allarme degli esperti sul pericolo Vesuvio e sulla possibilità che possa produrre improvvisamente un’eruzione esplosiva devastante. Ogni allarme è accompagnato dalla ferrea certezza che non siamo preparati a una simile evenienza o anche che lo siamo. Affermazioni differenti che dipendono molto dalla testata giornalistica o dal giornalista e soprattutto se il problema è affrontato da un punto di vista scientifico o tecnico.

Dal dopoguerra a oggi, dopo l’eruzione del 1944, i paesi vesuviani sono stati protagonisti e complici di uno scempio urbanistico senza precedenti, regalandoci un sacco edilizio da guinness dei  primati con Portici e San Giorgio a Cremano che vantano densità abitative da metropoli asiatiche, con oltre 12.000 abitanti per chilometro quadrato.  Altro che bomba... A voler compilare una lista delle scelleratezze compiute in questi ultimi 70 anni di pace vulcanica, rischiamo di mettere insieme più pagine dell’elenco telefonico.
Piuttosto è vero che siamo così impreparati a un’eruzione? Sì! Molto di più di quanto si possa immaginare... Il Vesuvio fortunatamente è uno dei vulcani più monitorati al mondo insieme al Mauna Kea e al monte Fuji. Il possibile risveglio di questi ultimi due è argomento trattato di recente ma senza l’enfasi riservata al nostro Vesuvio. Forse perché questi vulcani d’0ltre oceano non hanno al loro attivo il “merito” di aver sepolto con una sola eruzione intere città come Pompei ed Ercolano al punto da cancellarle per secoli dalle carte geografiche.

A differenza dei terremoti le eruzioni vulcaniche potrebbero essere prevedibili, almeno entro certi limiti (previsione corta del fenomeno), senza nessuna certezza matematica assoluta. Comunque non è possibile  quantificare in anticipo l’intensità eruttiva. Se il Vesuvio dovesse eruttare, avremmo il tempo di limitare i danni ma difficilmente di azzerarli per le incognite che caratterizzano una calca disorientata e in fuga.
Sì, ma i piani di emergenza? Ci sono! Riguardano prevalentemente la parte scientifica con scenari eruttivi e livelli di allerta. E’ anche prevista l’organizzazione della catena di comando e le fasi operative. Un contributo decisivo è stato dato dall’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV), dal Dipartimento della Protezione Civile e dalla Regione Campania che negli ultimi anni è stata maggiormente investita dalle problematiche di quello che è un piano nazionale, e che vede quindi nel dipartimento di Franco Gabrielli l’autorità centrale (D.L. 225/1992) di riferimento. I comuni non hanno contribuito fino ad oggi alla stesura del piano d’emergenza perché esula dalle loro dirette competenze. Ai comuni toccherà invece l’arduo compito della redazione dei piani di evacuazione, quando il comitato operativo della protezione civile avrà finalmente varato la strategia operativa di allontanamento, che al momento è ondivaga, e si basa su numeri e ipotesi  per niente  convincenti. Vedremo...

L’ex presidente del consiglio Enrico Letta ha firmato il 14 febbraio 2014 non il nuovo piano d’emergenza nazionale Vesuvio, ma gli aggiornamenti sulle aree da evacuare e i gemellaggi comuni - regioni per l'accoglienza delle popolazioni. Inoltre, nella direttiva in questione, si stabilisce anche la necessità di fornire, a cura del capo dipartimento, indicazioni alle strutture operative per l'aggiornamento dei rispettivi piani d'emergenza.

La popolazione vesuviana interessata dal piano Vesuvio ammonta a circa  700.000 mila persone dimoranti in 25 comuni prevalentemente del napoletano e uno solo del salernitano (Scafati). L’evacuazione dovrà avvenire in caso di necessità entro tre giorni (72 ore) dall'allarme.
Ultimamente la scena dell'informazione è stata occupata dalle polemiche per un ospedale chiamato del mare progettato incredibilmente nella zona rossa, e che in caso di necessità assorbirà soccorritori e mezzi piuttosto che erogare servizi di prima necessità. E poi è stata battuta grancassa sulla mappa che identifica la nuova zona rossa Vesuvio. Contrariamente a quanto si afferma su qualche rivista, l'informazione in questo caso è stata capillare, ma l'interesse suscitato molto basso. Probabilmente  meritava tutta la pubblicità del caso la parte assurda che è sfuggita a molti commentatori dell'attualità, consistente nella possibilità per alcuni comuni della zona rossa di concedere licenze edilizie in barba al decreto regionale 21 del 2003 di inedificabilità assoluta nelle aree a maggior rischio vulcanico. Decreto intanto pure “lesionato” dalla spallata (31 luglio 2014) offerta dall'approvazione in consiglio regionale Campania del maxi emendamento che riapre condoni e ristrutturazioni fortificanti con ampliamento volumetrico e sottotetti termici finanche  in zona rossa...


La pubblicità alla cartina della nuova zona rossa andava fatta e, infatti, è stata assicurata come notizia da tutti i giornali e dal web. L'enfasi data alla novità ci è sembrata fumo negli occhi per garantire agli inadempienti del piano di evacuazione una sorta di giustifica (alibi) per tentare di pianificare usando a sproposito il termine aggiornamento. L’aggiornamento c’è stato ma solo della superficie a rischio e non dei piani di evacuazione che sono tuttora inesistenti.  Le prove di evacuazione andranno fatte ma solo quando sarà stata varata una concreta strategia operativa, in modo da offrire ai comuni maggiormente volenterosi la possibilità di produrre uno straccio di piano da testare, da pubblicare online e poi da consegnare sotto forma di vademecum a ogni cittadino amministrato.


A dirla tutta, la mappa contenente i percorsi d’evacuazione dalla zona rossa andrebbe affissa nelle classi scolastiche di ogni ordine e grado di fianco a quella obbligatoria d'istituto. Perché prima o poi un’eruzione ci sarà e dobbiamo limitare i danni senza dar colpa a una mancata informazione.  Ed ancora si faccia autocritica e si ammetta che nel vesuviano si è un tantino distratti e indifferenti alle problematiche connesse al rischio Vesuvio, e se le istituzioni risultano  ancora inadempienti, molta responsabilità è addossabile proprio ai cittadini, con l’unica attenuante che non hanno avuto buoni esempi da seguire, con amministrazioni locali un po' schizofreniche che non predicano neanche e razzolano invece malissimo.
Bisogna poi dire che la carta stampata  a volte allarma, celebra o edulcora, in una misura  tale da suscitare  probabilmente disorientamento, favorendo così quella disattenzione e indifferenza richiamata da Marco Cattaneo nell'editoriale della rivista Le Scienze.

domenica 10 agosto 2014

Rischio Vesuvio e l'informazione di massa: ... di Malko

il Vesuvio visto da Castellammare di Stabia


“Rischio Vesuvio e l’informazione di massa ” di Malko

MalKo è un ex ufficiale pilota di elicotteri del Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco, tra l’altro esperto di rischio Vesuvio, e vive in uno dei diciotto comuni della prima zona rossa. Se ci fosse stato un piano di evacuazione sarebbe stato probabilmente tra i primi a saperlo, sia per il suo ruolo operativo che ha rivestito fino a qualche anno fa, che per quello di cittadino del vesuviano, tra l’altro per niente distratto o indifferente.
Il 4 agosto 2014 la rivista Le Scienze ha dedicato spazio e copertina al rischio Vesuvio. L’illustre direttore ha invitato ad appendere nelle classi di ogni scuola del vesuviano la mappa della zona rossa per fare cultura e informazione. Ai ragazzi toccherà poi spiegare come mai in alcuni di questi paesi è ancora possibile costruire con tanto di licenza edilizia.  Al momento di cartine da appendere c’è solo quella asimmetrica e rossa, perché quell’altra tematica  contenente a scala locale le vie di fuga corredate da simboli e note, non è stata ancora approntata da quelle autorità competenti richiamate nell’articolo.

Il piano di emergenza Vesuvio di cui si blatera da anni, esiste e contiene tutto lo scibile umano, tranne le istruzioni operative di tutela della popolazione. Per decidere quest’ultimo e delicatissimo punto, infatti, occorre innanzitutto una strategia operativa che deve essere illustrata a tutti gli attori del servizio nazionale della protezione civile. Bisogna quindi delineare e approvare le linee strategiche su cui dovranno poi operare i comuni supportati dalla grande macchina istituzionale statale in un piano che si definisce appunto nazionale.

Ed è quello che è stato fatto l’8 agosto 2014 a Roma nella riunione dell’apposito comitato operativo della protezione civile presieduto dal Prefetto Franco Gabrielli. Nella nota diffusa agli organi di stampa dall’assessore regionale Prof. Edoardo Cosenza, si legge tra l’altro che <<…è stato fornito alle diverse componenti e strutture operative del Servizio nazionale della Protezione civile, le indicazioni per l'aggiornamento delle rispettive pianificazioni di emergenza ai fini dell'evacuazione cautelativa della popolazione in caso di emergenza. In tale contesto, il Dipartimento, in raccordo con la Regione Campania, aveva già predisposto una bozza di tali indicazioni ed era indispensabile un momento di condivisione con tutte le istituzioni coinvolte. Entro settembre si avrà la versione finale del documento, che dovrà poi essere sottoposto alla Conferenza delle Regioni e delle Province autonome>>.
Il  piano è ancora in itinere… lo sa bene l'elenco telefonico. Se poi c’è qualche zelante giornalista d’assalto che vuole vederci chiaro, incominci a chiedersi  come mai in questa storia dei piani di evacuazione i sindaci dei 25 comuni interessati non si fanno sentire e risultano particolarmente defilati sui media e sull’argomento...  

Che qualcosa non quadra nell’informazione è abbastanza evidente. Prendiamo ad esempio la condanna della commissione grandi rischi. In quel caso la prevalenza dei mass media ha criticato il tribunale dell’Aquila per aver condannato esimi scienziati rei di non aver previsto il terremoto del 6 aprile 2009. E’ una colossale bugia, perché la condanna è giunta per i motivi opposti, cioè perché la commissione aveva dato frettolosamente delle rassicurazioni su argomenti non supportati da certezze scientifiche.
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Un altro caso evidente riguarda il vulcanologo Nakada Setsuya, le cui dichiarazioni alla stampa sono state sminuite dai colleghi italiani come delle semplici ovvietà.  In realtà alla conferenza mondiale sui geoparchi tenutasi nel 2013 ad Ascea nel Cilento, il ricercatore nipponico rilasciò un’intervista, dove evidenziava che il Vesuvio da vulcano quiescente può eruttare ma non si hanno certezze sui tempi di previsione del fenomeno, perché i segnali premonitori potrebbero comparire anche solo poche ore prima dell’evento. Sarebbe quindi il caso di parlarne e approntare un adeguato piano d’intervento. Con tutta la gentilezza orientale, il messaggio del ricercatore nipponico era un invito a non starsene con le mani in mano…

L’articolo contenuto nella rivista Le Scienze è istituzionalmente perfetto. La giornalista si lancia in un’accorata spiegazione dei progressi fatti dal mondo scientifico e istituzionale che addirittura ha aumentato la superficie del territorio considerato a rischio Vesuvio (zona rossa). In realtà non è proprio così: è stata sì aumentata la superficie da evacuare (25 comuni) e con essa il numero di abitanti passati a 700.000 unità, ma è stata ridotta l’area a maggior rischio (area Gurioli) circoscritta da una linea nera, offrendo tra l’altro ai cittadini una falsa percezione del pericolo, dando ad alcuni comuni, come quello di Boscoreale, la possibilità di potersi addirittura svincolare dalla tenaglia dello stop al cemento, chiamando in causa il TAR che gli ha dato pure ragione. 

E’ vero anche che ai comuni di fresca nomina è stata data la possibilità di decidere se inglobare nella zona rossa tutto il territorio comunale fino ai limiti amministrativi o solo parte di esso. Ma non come riferisce la gentile giornalista per decidere chi evacuare. La mappa della zona rossa parla chiaro: sono tutti da evacuare. Ai sindaci è stato semplicemente lasciato l’arbitrio di decidere quale porzione di territorio lasciare in zona rossa 1 e quale in zona rossa 2. La differenza consiste che in zona rossa 1 vale la legge regionale 21 del 2003 (inedificabilità assoluta per fini residenziali), mentre in quella rossa 2 tale legge non trova applicazione…  

L’esperto ingegnere Fabrizio Curcio del Dipartimento della Protezione Civile chiamato in causa sempre nell’articolo pubblicato su Le Scienze, riferisce di una ingiusta critica rivolta ai progettisti dell’Ospedale del Mare perché lo hanno ubicato in zona rossa 1.  <<Settecentomila persone hanno diritto all’assistenza>>, afferma… La piccola nota è che il nosocomio del mare serve a garantire servizi sanitari su vasta scala con 500 posti letto e 18 camere operatorie e un eliporto. Non ci sembra cosa da poco. L’ingegnere in questione ha anche incredibilmente affermato: <<E non c’è nessun motivo per pensare che, siccome da oggi abbiamo una nuova e più ampia zona rossa, dobbiamo comportarci come se il Vesuvio dovesse eruttare domani senza alcuna ragione scientifica per dirlo>>. Affermazione disastrosa...
Anche il consigliere regionale Gennaro Salvatore del gruppo politico Caldoro presidente, ha usato quasi le stesse parole per difendere condono e cemento in zona rossa… << Se il rischio Vesuvio è reale, scientificamente reale, o viene a Napoli il presidente del Consiglio, Matteo Renzi e con il presidente Caldoro e i sindaci della Zona Rossa si dispone un Piano Straordinario di evacuazione, oppure si lasci ai cittadini la possibilità di rendere le proprie case quanto meno più sicure>>.  Che non ci sia un piano d’evacuazione, è ripetuto dall’illuminato consigliere...



Alla giornalista de Le Scienze va comunque tutta la nostra comprensione perché non è facile districarsi in questo labirinto di differenziazioni che caratterizza un territorio dove si tenta da anni di far quadrare sviluppo, business e sicurezza, attraverso la mediazione di una politica tutt’altro che garantista e veritiera e largamente miope. La maggior parte degli articoli che riguardano il Vesuvio, compreso quelli di note firme del giornalismo, non sempre riescono a centrare l’obiettivo della corretta informazione che si caratterizza purtroppo per essere sempre di più la cassa di risonanza delle amministrazioni centrali e periferiche che veicolano quello che vogliono. Il potere di verifica da parte dei media è ben lontano dal giornalismo investigativo alla anglosassone.

Lo sviluppo di internet ha consentito comunque di aggirare questi filtri passando a un reperimento diretto delle notizie che vengono diffuse in rete dagli stessi utilizzatori del web, a volte credibili e a volte incredibili nella doppia funzione del termine. Ovviamente l’assenza di filtri potrebbe consentire la diffusione di false notizie: ma è un rischio che dobbiamo necessariamente correre, se vogliamo sapere cosa succede in certi paesi, incluso il nostro, che non occupa i primi posti nella classifica dedicata alla libertà di stampa… 
Solo di recente si sta squarciando quel velo fatto di informazioni fuorvianti creato ad arte sul rischio Vesuvio e i piani d'emergenza. Sarà anche interessante conoscere le conclusione della corte europea di Strasburgo sulle misure di tutela che lo Stato italiano ha fin qui approntato per proteggere i vesuviani... Ma ancora più interessante sarà conoscere la strategia operativa che si intende adottare nei piani d'evacuazione che verranno: da lì capiremo se l'operazione sarà mediatica, amministrativa od operativa. Da esperto di sicurezza, posso solo dirvi che finchè sarà possibile impastare cemento, il rischio Vesuvio non esiste...