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lunedì 13 aprile 2015

Rischio Vesuvio: segreto di Stato?...di Malko


Rischio Vesuvio: segreto di Stato?”  di MalKo

L’ing. Fabrizio Curcio è il nuovo capo dipartimento della Protezione Civile. Una scelta fortemente voluta dal prefetto Franco Gabrielli che ha garantito al dipartimento l’ascesa di un interno ai massimi livelli scartando così la carta dell’intruso probabilmente poco gradita al personale e alle esigenze del Giubileo.
Della gestione Gabrielli se ne sentiva comunque il bisogno per riportare sobrietà in una struttura forse troppo contigua al potere e troppo sbilanciata su opere tutt’altro che riguardanti il rischio e le emergenze con le cricche in perenne agguato. Gabrielli da questo punto di vista ha riportato rigore in una struttura che a volerne parlare male si giocava facile…Al comando della Prefettura di Roma, in ambiente più affine come humus al suo curriculum vitae, probabilmente l’ex capo dipartimento potrà dimostrare il suo valore investigativo e organizzativo sull'emergenza scandali che attanaglia mafia capitale. Il nostro augurio è di fare bene…

L’ing. Curcio invece, è chiamato a dare risposte sui grandi temi della sicurezza e a offrire soluzioni anche sul problema più grande e più in vista che affligge il nostro Paese: il rischio Vesuvio. I media internazionali si chiedono come si coniuga un vulcano esplosivo all’interno di una metropoli. In realtà la domanda dovrebbe essere inversa: come si è arrivati a costruire una metropoli intorno a un vulcano esplosivo…
Il Vesuvio e i Campi Flegrei con le loro rispettive zone rosse e poi gialle e poi blu, contornano e lasciano emergere il quadro d’insieme di una città (Napoli) completamente segnata e serrata a est e a ovest dal Vesuvio e dal distretto calderico flegreo. Vulcani snobbati come monito e addirittura assaliti da un’urbanizzazione selvaggia, cresciuta decennio dopo decennio grazie a una viscerale ricerca del consenso elettorale da parte di non pochi amministratori che hanno trovato non di rado sponda in quella parte del mondo della cultura e della scienza che non rifugge per motivi diversi dal “cemento ristoratore”.
La clemenza geologica in troppi la interpretano erroneamente come vecchiezza di uno strato vulcano (Vesuvio) oramai disarmato e che di recente divide la scena mediatica con la non meno pericolosa caldera flegrea, che si fregia tra l’altro del titolo di supervulcano. Per chi non conosce i luoghi, sappia che I due distretti vulcanici sono in vista l’uno dell’altro…

A fronte di cotanto pericolo le strategie difensive del nostro Paese puntano tutte sulla mitigazione del rischio vulcanico attraverso la previsione del fenomeno eruttivo piuttosto che la prevenzione. Quest’ultima disciplina ha tempi lunghi, e necessita quale premessa d’attuazione di una staffetta tra un’amministrazione e l’altra, con atti politici illuminati e soprattutto protesi al futuro con l’obiettivo di offrire ai posteri una situazione territoriale meno scellerata.  Mettere ordine in un territorio gravemente compromesso come quello vesuviano, orfano di strateghi dello sviluppo sostenibile, e tra l’altro con un’opinione pubblica che nicchia su un argomento che implica certamente rinunce che nessuno vuole fare, è impresa veramente difficile. Alle generazioni che verranno, con quest’andazzo lasceremo nella migliore delle ipotesi un’eredità letteralmente parlando minata…

Per abbattere il rischio vulcanico nel nostro caso dovrebbe essere necessario rimuovere il pericolo (Vesuvio) o il valore esposto (popolazione). L’inamovibilità del Vesuvio non lascia dubbi sulla necessità di operare in termini di difesa esclusivamente sulla movibilità della popolazione che dovrà essere evacuata all’occorrenza in un’unica soluzione e poco prima che il pericolo si materializzi con tutta la sua virulenza distruttiva.
I nostri esperti prevedono di prevedere almeno 72 ore prima l’insorgere di un’eruzione... Il problema è che se la previsione contiene un errore (n…) la previsione della previsione conterrà un errore (n+n). Quindi bisognerà tendere all’errore zero per avere una previsione utile se non infallibile.

Ragionando cinicamente, con cotali strategie difensive il ruolo della scienza, soprattutto di quella deputata al monitoraggio delle aree vulcaniche, assurge a importanza non solo fondamentale, ma addirittura vitale per molte centinaia di migliaia di persone: un vero azzardo quella della sola previsione come tecnica di mitigazione del rischio vulcanico, perchè ha un indice di indeterminatezza alto, e su cui si sta comunque scommettendo e investendo nel vesuviano e nel flegreo, non sappiamo con quanta consapevolezza dei cittadini.
Con questa “filosofia” di fondo, le notizie che riguardano i dati geofisici e geochimici dei vulcani campani sono diventati dati oltremodo sensibili che non sono diffusi in tempo reale, grazie ad accordi che impongono in primis al collaborativo Osservatorio Vesuviano, la trasmissione di notizie di primissima mano al solo Dipartimento della Protezione Civile, secondo accordi che si potrebbero configurare addirittura come segreto di Stato (?).

Ritornando all’ing. Curcio e al suo ruolo apicale dipartimentale, dobbiamo annotare che nell’articolo pubblicato su Le Scienze nell’agosto del 2014, numero dedicato al rischio Vesuvio, argomentò la tesi dipartimentale e regionale sostenuta da Gabrielli e dall’assessore Edoardo Cosenza, a proposito dell’ospedale del mare, il più grande nosocomio dell'Italia meridionale, circa la discutibile dislocazione in zona rossa Vesuvio. Queste le parole: <<la zona rossa non è una zona in cui si smette di vivere e quindi di erogare servizi. Settecentomila persone hanno diritto ad avere un piano di emergenza esattamente come ad avere un ospedale, insomma. E non c’è nessun motivo per pensare che, siccome ad oggi abbiamo una nuova e più ampia zona rossa (sic ? n.d.r.), dobbiamo comportarci come se il Vesuvio dovesse eruttare domani senza che ci sia alcuna ragione scientifica per dirlo>>. 
Napoli (Barra e Ponticelli): limiti zona rossa 1
 e ubicazione Ospedale del Mare
Pensare che l’ing. Curcio potesse avere idee difformi dal capo dipartimento e dal Prof. Cosenza era francamente difficile. Il nostro auspicio però, è che il nuovo capo dipartimento, proprio perché proveniene dalle file dipartimentali e dall’ufficio emergenze, non avendo bisogno di un rodaggio iniziale, affronti immediatamente i problemi della prevenzione che sulla rivista mensile non sembrano emergere.
La nostra Penisola è mangiata dal cemento secondo logiche assurde che danno importanza a quello che si costruisce piuttosto che al dove si costruisce. In una realtà come quella vesuviana o flegrea, le esigenze dei piani di evacuazione avrebbero dovuto condizionare la metamorfosi del territorio e non viceversa, cioè piani che devono adattarsi a quello che rimane di una politica di sviluppo mangia spazio.

La gestione delle emergenze non dovrebbe preoccupare o distrarre il neo capo dipartimento, atteso che c’è il Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco che di mestiere fa proprio quello, con ispettorati e caserme e nuclei specializzati sparsi in tutto il Paese. Qualcosina in Italia in tema di organizzazione della sicurezza e della difesa civile bisognerebbe proprio rivederla, soprattutto in termini di ruoli e competenze per evitare doppioni che tra l’altro non hanno un costo zero. Chi fa chi e che cosa (?)… Attendiamo risposte.


venerdì 5 luglio 2013

Rischio Vesuvio e prevenzione della catastrofe: ... di Malko

Vigili del Fuoco (SAF) in esercitazione

“Il Dipartimento della Protezione Civile, i Piani d’emergenza Vesuvio e le attività di monitoraggio nel cratere” di MalKo

I piani di emergenza ancora in corso di elaborazione per la plaga vesuviana, hanno visto fin qui all’opera pianificatori che hanno congegnato tra l’altro un sistema di comando e controllo in verità già nelle premesse macchinoso e pachidermico.
Purtroppo anche il piano d’emergenza Vesuvio, che non è il piano d’evacuazione, è stato figlio di un’epoca in cui la protezione civile non disdegnava le operazioni mediatiche. Tra l’altro il leader indiscusso del dipartimento era particolarmente intollerante verso i non allineati o i cretini seminatori di panico, e su tutti gravava la spocchiosa minaccia di denuncia per procurato allarme…
Gli scienziati inviati all’Aquila dal mitico Guido Bertolaso, una settimana prima del luttuoso terremoto del 6 aprile 2009, pare che avessero il compito di annichilire il povero Giampaolo Giuliani e ridicolizzare il suo poco accademico e profetico allarmismo.
Chi fosse Bertolaso e quale fosse il suo livello di serietà, lo si evince non dalle cronache del salaria sport village, ma dal gala di commiato dalla protezione civile, dove nel consesso conviviale con i suoi adepti ridacchianti, si lasciò andare alla famosa battuta che …un’eruzione del Vesuvio, da buon leghista, non bisognava considerarla come una gran disgrazia

La sconcia ironia si presterebbe facilmente a ogni tipo di commento nefando. A ben rifletterci però, suona più fastidioso il ridacchiare dei dipendenti che si sbellicavano con risate a crepapelle per compiacere il gran capo.  Se avessero fatto il loro dovere da buoni impiegati dello Stato, o da buoni leghisti se vogliamo, avremmo avuto un piano d’evacuazione e non la certezza della disgrazia in caso di eruzione del Vesuvio, come con ilarità si alludeva. Bertolaso non ricordava con piacere le falde vesuviane, perché in uno dei comuni della zona rossa, Terzigno, il suo lavoro di commissario straordinario ai rifiuti fu ostacolato malamente dai cittadini locali che si opposero fino allo stremo alla discarica che alla fine purtroppo e con una organizzazione militare fu realizzata nel Parco Nazionale del Vesuvio, proprio sulle colline care a Bacco...
Al Dipartimento della Protezione Civile toccava, in ragione di un rischio definito d’importanza nazionale, pungolare le amministrazioni comunali affinché preparassero uno straccio di piano di tutela per gli oltre seicentomila abitanti del vesuviano.
Certe storie che riguardano le emergenze o la prevenzione sono piene di aneddoti che vanno dalle rassicurazioni fittizie, alle risate post terremoto come all’Aquila; e poi ancora risatine beffarde parlando dello sterminator Vesevo (Vesuvio); poi si spararono grosse sciocchezze come il colpo in canna all’isola d’Ischia, intendendo un’eruzione bell’è pronta, o come la storia del meteorite al centro di Roma, forzando un’analogia impossibile tra rischio vulcanico e cosmico.  Che dire…
Siamo sicuri che il processo a L’Aquila contro l’ex  commissione grandi rischi si arricchirà di nuovi capitoli soprattutto se gli imputati avranno il coraggio del riscatto dicendo la verità. Le aule giudiziarie ci riserveranno ancora cronaca, né nera né rosa, probabilmente solo umanamente indecente… con qualche medaglia che intanto andrebbe rimossa da un petto spaccone e irridente.
Il Dipartimento della Protezione Civile qualche anno fa fu oggetto di una proposta di privatizzazione (Protezione Civile servizi s.p.a.). I protettori in quel periodo curavano le emergenze, ma anche i grandi eventi sportivi, e poi le discariche campane con qualche defaillance raccapricciante, e poi il G8 e ancora le beatificazioni e ancora funerali solenni e poi ci siamo chiesti come mai avessero in forza una flotta operativa di Canadair, quando in realtà gli uffici dipartimentali dovevano essere solo una struttura di coordinamento operativo. Le miriadi di attività oggi ridimensionate anche a suon di scandali, hanno fatto si che il personale del dipartimento negli anni sia cresciuto numericamente. Forse anche troppo e, quindi, venendo meno gli innaturali compiti, qualche procedura di mobilità per i dipendenti in esubero dovrebbe essere nella naturalità delle cose in un momento difficile per i revisori dei conti e per le altre istituzioni acutamente sotto organico.
Alla Direzione Regionale dei Vigili del Fuoco di Napoli, braccio operativo del Ministero dell’Interno per il soccorso tecnico urgente, è affidato il compito di trovare una soluzione d’emergenza al piano d’emergenza deficitario. Un particolare utilizzo delle autostrade e una rimodulazione del traffico sono l’unica scelta possibile a un’evacuazione a piedi. Per i paesi ricadenti totalmente nell’area nera, cioè quelli posti in una posizione mediana tra mare e monte, bisogna dare spazio alla mobilità marittima stilando piani che consentano di sfruttare il naviglio leggero in servizio giornaliero nel Golfo di Napoli per il collegamento con le isole.
Nella poco pubblicizzata esercitazione Vesuvio 2001, che si tenne a Portici dodici anni fa, si testarono tutti i mezzi di locomozione: i traghetti veloci, esclusi dal piano d’emergenza, guarda caso furono quelli più funzionali per rapidità di manovra e spostamento.
Qualcosa comunque non funziona negli apparati di prevenzione. Non ci siamo.  L’Osservatorio Vesuviano ha diramato una nota nel bollettino mensile (marzo 2013) di sorveglianza vulcanica campana con questa postilla:<<… Le operazioni di monitoraggio nel fondo del cratere del Vesuvio sono state sospese, in quanto richiedono il supporto di una guida specializzata in grado di effettuare misure e campionamenti in un sito non raggiungibile da personale non specializzato in tecniche di alpinismo, non presente all'Osservatorio Vesuviano. Tale supporto, assicurato nel passato con un contratto esterno di tipo professionale, non è stato più rinnovato nel 2013 a causa del taglio dei fondi assegnati. >>.
Avendo a cuore la prevenzione del rischio vulcanico nell’area vesuviana e quella dei seicentomila esposti al pericolo di colate piroclastiche, vogliamo appena ricordare al Direttore dell’Osservatorio Vesuviano (INGV), Marcello Martini che, alla stregua di quanto succede all’Etna dove la sede di vulcanologia dell’INGV  si avvale della Guardia di Finanza e del Corpo Forestale dello Stato per andare in cima, a Napoli è possibile scendere nel cratere del Vesuvio anche con l’appoggio di personale specializzato del Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco. Bastava farne richiesta, magari già a ridosso degli eventi sismici che destarono meno di un mese fa preoccupazione tra gli abitanti per ricevere il prezioso supporto dal personale VVF (SAF), preposto appunto agli interventi in ambiente ostile...  


venerdì 7 giugno 2013

Rischio Vesuvio e Campi Flegrei: ultime notizie...di Malko

Il Vesuvio visto da Terzigno
“Rischio Vesuvio, Campi Flegrei, commissioni e gruppi” di MalKo

La Regione Campania ha organizzato qualche giorno fa una conferenza stampa per annunciare lo stanziamento di fondi europei da destinare ai comuni e alle province, col fine di dare slancio alle pianificazioni d’emergenza e alle attività informative connesse con i rischi naturali e industriali, secondo linee programmatiche dettate dalla stessa Regione.
L’assessore regionale Edoardo Cosenza ha annunciato l’istituzione di un ufficio di piano, dove dovranno confluire le più aggiornate pianificazioni dei comuni per costituire un archivio. Gli elaborati in corso d’opera invece, dovranno seguire un iter diverso ed essere convalidati dal predetto ufficio.
I comuni che ricadono in zona rossa Vesuvio e Campi Flegrei, avranno a disposizione un budget maggiore per l’indubbia e oggettiva difficoltà nel pianificare piani di evacuazione e di protezione in zone particolarmente difficili e complesse per pericolo e antropizzazione.
Soprattutto per i Campi Flegrei, Il Prefetto Franco Gabrielli ha posto l’accento sulle difficili analisi scientifiche che sono state fatte e che si sono concentrate sugli ultimi cinquemila anni di attività della caldera, ricordando che la nascita del Monte Nuovo nel 1538 non può annoverarsi tra i fenomeni più intensi del supervulcano. Affermazione che suona come un monito a non sottovalutare il pericolo insito in quell’area sulla falsa scorta di una plurisecolare quiescenza.
La nostra impressione è che la caldera flegrea al momento è quella che suscita qualche inquietudine, probabilmente per lo stato di attenzione dichiarato dalla comunità scientifica in seguito ai recenti fenomeni di bradisismo tuttora in corso.
Il Capo Dipartimento della Protezione Civile, nell’ambito della conferenza ha ricordato il notevole lavoro della Commissione Grandi Rischi (CGR) e anche quello della Commissione Nazionale (CN) per l’aggiornamento del piano d’emergenza Vesuvio e dei Campi Flegrei. Quest’ultimo consesso forse è meno noto, anche se in primis è quello impegnato da qualche tempo nella elaborazione degli scenari di pericolo in caso di ripresa dell’attività eruttiva dei vulcani napoletani.
Come anamnesi giornalistica, la data del 7 maggio 2003 è quella che ri-costituisce la commissione nazionale incaricata appunto di provvedere all’aggiornamento dei piani d’emergenza. L’atto fu firmato dall’allora capo dipartimento Guido Bertolaso.
Questo documento ormai decennale, menziona molti partecipanti e incomincia a essere in verità un po’ datato, perché fra costituzione e ricostituzione sul groppone porta ben vent’anni di lavoro sicuramente alacre, ma senza il parto di un piano di evacuazione.
Il documento istitutivo appena accennato (CN), prevede la formazione di ben 4 gruppi di lavoro. Il Gruppo A è quello incaricato di provvedere alla definizione degli scenari e dei livelli di allerta per il Vesuvio e per i Campi Flegrei.  A capo del Gruppo A non poteva che esserci l’Osservatorio Vesuviano per le sue competenze che ne fanno un centro di riferimento per gli aspetti scientifici del rischio.  Altri partecipanti di questo comitato ristretto, sono il Dipartimento della Protezione Civile, un rappresentante della Regione Campania e tre esperti: due di essi ex direttori dell’Osservatorio Vesuviano. 
Il Gruppo A, nella relazione conclusiva consegnata al Dipartimento il 13 aprile 2012 con doppia firma, stranamente non menziona il lavoro scientifico   Pyroclastic flow hazard assessment at Somma-Vesuvius based on the geological record di Lucia Gurioli e altri.
Sarà la Commissione Grandi Rischi consultata dal DPC come previsto, ad assumere il 27 giugno 2012 tale compendio, che definisce su carta (linea nera), il limite terminale dei depositi piroclastici rilasciati in situ dal passaggio delle nubi ardenti formatesi in seno ad eruzioni a media e ad alta probabilità di accadimento.  Questo lavoro campale di ricerca è servito da un punto di vista tecnico a stabilire un confine statico e statistico.
La commissione Grandi Rischi ha utilizzato invece la linea nera come (hazard), utile per tracciare limiti di pericolo legati a limiti comunque statistici ma accettati dal dipartimento della protezione civile che fa capo a un organo politico.
La linea Gurioli ha dettato anche la rimodulazione geografica della zona rossa che si è allargata inglobando altri sei comuni e un’enclave nel settore a maggior rischio. 

L’importante assise di esperti (CGR), per la parte rischio vulcanico oggi si avvale della collaborazione del Prof. Alessandro Aiuppa, Università di Palermo, e del Prof. Raffaello Cioni dell’Università di Pisa.
Per quanto riguarda la Regione Campania, vorremmo consigliare all’assessore alla protezione civile, Prof. Edoardo Cosenza, che sarebbe necessario che gli euri stanziati dall’Europa fossero utilizzati in un modo proficuo, magari elaborando studi e progetti finalizzati alla realizzazione di strutture e infrastrutture da destinare in concreto alle attività di protezione civile nelle aree a maggior rischio. Ad esempio, è sconcertante che ogni comune flegreo o vesuviano non abbia almeno un’area di atterraggio elicotteri con annesso cartello di località a lettura verticale. 
Per i comuni in area vulcanica di fascia costiera, pianificare opere di dragaggio dei porti, soprattutto quello di Torre del Greco particolarmente strategico per la posizione mediana che occupa nella zona nera, ci sembra fondamentale. Lo stesso dicasi per la progettazione e la realizzazione di banchine ad attracco rapido, utili per sfruttare al massimo le potenzialità della flotta di catamarani e monocarene, quali navi a basso pescaggio, che ogni giorno percorrono in lungo e in largo il Golfo di Napoli costituendo una vera risorsa operativa...  
La spianata di Bagnoli, sede del deep drilling project,  capiamo che è particolarmente appetibile per spazi e ubicazione geografica. Quest’area però, si offre egregiamente quale area strategica e polifunzionale di protezione civile, perché ricade in punti nodali per i trasporti aerei, ferroviari e stradali e navali. Bisognerebbe solo bonificarla davvero…
Progettare attraversamenti pedonali sopraelevati e protetti agli incroci stradali complessi per traffico e velocità, non guasterebbe già in tempi normali. Lo stesso dicasi per una verifica e un potenziamento della copertura radio in tutta la zona rossa del Vesuvio e dei Campi Flegrei, a iniziare dalla rete delle radio telecomunicazioni dei Vigili del Fuoco, che saranno i primi a ritrovarsi in trincea all’occorrenza.
Il Gruppo B della commissione nazionale incaricata dell’aggiornamento dei piani d’emergenza, ha come referente il dipartimento della protezione civile e un affollatissimo seguito. Il Gruppo B è quello che dovrebbe mettere su le linee guida e la strategia per i piani di evacuazione. Ovviamente e come sapete, siamo all’anno zero.  
Una particolare utilizzazione delle autostrade per l’evacuazione, anche in questo caso rapida di emergenza, dovrebbe essere nel campo delle attenzione, e forse lo è, della Direzione Regionale dei Vigili del Fuoco Campania.
Il Gruppo C , informazione ed educazione, ha come referente istituzionale la Regione Campania.
Il Gruppo D, sotto l’egida della Provincia di Napoli, dovrebbe trattare i piani d’emergenza e d’evacuazione comunali o intercomunali,  che vanno tarati in accordo con le strategie del piano nazionale.  All’atto della stesura del documento di ri-costituzione della commissione nazionale, fu sancito che il Gruppo D si sarebbe potuto costituire solo dopo che gli altri tre gruppi fossero giunti a delle conclusioni scientifiche e operative. Probabilmente tale Gruppo D non si è mai riunito, salvo smentite graditissime…
I giornali stamani riportano la notizia di un evento sismico al Vesuvio di magnitudo 2,3 che potrebbe non essere una notizia se avessimo strumenti di tutela. Lascia veramente perplessi la dichiarazione del Direttore dell’Osservatorio Vesuviano, che in un’intervista al Mattino di Napoli facendosi carico di problemi non scientifici, parla di piani di sicurezza della protezione civile pronti da molti anni…
Rinnoviamo ancora una volta l’invito alla classe politica ma anche scientifica, ovviamente in entrambi i casi generalizzando, acchè non profetizzino che la previsioni delle eruzioni è possibile  mesi o anni prima dell’evento. Omettano poi, di dire sciocchezze sui piani d’evacuazione che ancora non esistono. 

Non ricalchiamo gli errori commessi all’Aquila: sarebbe una grossa imprudenza. Innanzitutto e purtroppo perché il dato della previsione eruttiva che si conta a mesi non è comprovato matematicamente. E poi, intuirete, se così fosse, più che piani di evacuazione sarebbero sufficienti piani di mobilità extraurbana, risolvibili con la consegna ad ogni cittadino vesuviano o flegreo di un biglietto Unico Campania, magari di fascia U3 o E3 da obliterare alla partenza, cioè al livello 4 di allerta vulcanica…