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lunedì 5 ottobre 2015

Rischio Vesuvio: twitter ai comuni vesuviani...di MalKo







Gli impulsi che avete dato all’edilizia residenziale dimostrano una eccessiva sicurezza sul fatto che il vulcano Vesuvio mantenga il suo stato di quiescenza per moltissimo tempo ancora. Certamente è un auspicio condivisibile da tutti, ma è altrettanto certo che sono passati oltre settanta anni dall’ultima eruzione (1944) che l’ardente monte ha consegnato alla storia: può significare molto o niente.

Il vulcano rimugina ai margini della litosfera la sua condizione imperscrutabile di vulcano a condotto chiuso, con una calma solenne, e non è dato ad alcuno il privilegio di sapere quando la stizza coglierà il monte e in che misura.

I cittadini che amministrate dovrebbero essere già informati che l’eruzione di riferimento su cui si basano i piani di emergenza e quelli di evacuazione ancora da stilare, sono incentrati su un evento sub pliniano dall’indice di esplosività vulcanica VEI4. Lo hanno stabilito alcuni matematici del pericolo operando calcoli su basi statistiche. Generalmente i piani d’emergenza si tarano sull’evento massimo conosciuto che nel nostro caso corrisponde alla famosa eruzione pliniana di Pompei. La differenza tra un’eruzione VEI 4 (sub pliniana) e VEI 5 (pliniana), riguarda sicuramente l’intensità dei fenomeni e l’altezza della colonna eruttiva e con essa i territori su cui si spalmerebbero gli effetti più deleteri dell’eruzione.

Nel caso dovesse manifestarsi una eruzione pliniana, evento che solo la politica può escludere ma non la scienza, le inarrestabili colate piroclastiche scorrerebbero ben oltre la linea nera Gurioli che erroneamente la si interpreta come una sorta di limite di pericolo, soprattutto perché si è omesso di aggiungere che tale segmento asimmetrico è indicativo solo per eruzioni di media intensità.

Il dato statistico eruttivo che capeggia come preambolo nella incompiuta pianificazione d’emergenza, con molta scaltrezza è diventato deterministico, tant’è che grazie a un arzigogolo giuri-politico, nei territori di Poggiomarino e Scafati si rilasciano ancora licenze edilizie, mentre al contiguo comune di Boscoreale o a quello di Pompei  posti alla stessa distanza dal cratere, tale possibilità cementizia è assolutamente preclusa per gli effetti della legge regionale 21/2003, che vieta l’edilizia residenziale nelle zone ad alto rischio vulcanico. Quest’ultima definizione con le regole adottate dovrebbe valere solo per i territori o le porzioni comunali circoscritte dalla linea nera Gurioli. 


Il comune di Boscoreale ebbe ad opporsi a questa evidente sperequazione interpretativa della legge regionale 21/2003 innanzi al Tribunale Amministrativo Regionale (TAR) che gli diede ragione. La Regione Campania si oppose alla favorevole sentenza ricorrendo al Consiglio di Stato che ha annullato il precedente giudizio con motivazioni incomprensibili che richiamano tra l’altro principi di prudenza in verità non applicati omogeneamente.



Il principio di precauzione non si capisce bene perché debba valere per la municipalità di Boscoreale e non per quelle di Poggiomarino e Scafati. La foglia di fico dietro cui si nasconde questa ipocrita differenziazione è dettata dalla introduzione della zona rossa 2 (figura in basso) contornata da una linea verde.


Vesuvio: classificazione delle varie zone a rischio: linea viola rossa 1 - linea verde rossa 2 -
linea nera Gurioli  (limiti di invasione dei flussi piroclastici per eruzioni VEI 4 (sub pliniane)


Dove termina la linea nera Gurioli infatti, secondo gli esperti cessa il rischio colate piroclastiche in seno ad eruzione di media intensità, ma ad est il problema statisticamente continua con la caduta massiccia di cenere e lapillo: una fenomenologia considerata pericolosa fino ai margini della linea verde e anche se in modo crescente per qualsiasi tipo di eruzione. Da questo punto di vista e a dirla tutta, non si capisce l’immunità di Striano… Il piano di emergenza prevede per la zona rossa 2 una evacuazione mirata con eruzione in corso e solo dalle zone poste sottovento lungo l’asse dei venti predominanti. In siffatte condizioni la respirazione potrebbe essere problematica, ma anche il transito dei veicoli che oltre a slittare sui materiali incoerenti potrebbero arrestarsi per occlusione dei filtri dell'aria in una innaturale notte vulcanica a causa della visibilità che risulterebbe particolarmente ridotta. Condizioni che si raggiungerebbero nel giro di ore e non di giorni...


La zona rossa da evacuare. In realtà nella zona rossa 2 l'evacuazione è settoriale e solo con eruzione in corso.

Con l’incremento dei depositi piroclastici poi, incomincerebbero a sprofondare tettoie e con l’aggravio del peso i solai meno resistenti e a seguire quelli non progettati per sostenere pesi accidentali come il carico da neve. Tra l’altro il problema della pioggia di cenere e di lapilli si presenterebbe già con eruzioni di tipo stromboliane (VEI3) …
Il grande problema è che il vostro territorio, egregi comuni, potrebbe essere travolto anche dalle nubi ardenti e non solo dalla pioggia di materiali incoerenti vulcanici. La linea nera Gurioli come dicevamo, è un limite indicativo d’invasione dei flussi piroclastici (VEI 4), e comunque non può considerarsi per le molteplici variabili in gioco un confine assoluto, una sorta di steccato oltre il quale si è certamente al sicuro anche a fronte di eruzioni mediamente intense. In caso di eruzioni pliniane invece, purtroppo i flussi roventi (circa 500°C.) percorrerebbero distanze ben oltre la linea nera Gurioli; e ad est in particolare, bisognerebbe aggiungere, sommare e affrontare contemporaneamente  pure il martellìo e l’accumulo di cenere e lapilli senza escludere problematiche di ordine alluvionale dettati dai corsi d’acqua colmati e sbarrati dai materiali piroclastici.
Con quale criterio allora rilasciate  licenze edilizie?  Qualcuno, rifletta: con questi presupposti il documento di proprietà è innanzitutto un documento di rischio con lo stemma della repubblica…Tra un pò di anni anche la buona novella statistica abbandonerà  questi territori, lasciando una grave ipoteca sul futuro dei giovani, che si chiederanno chi sono stati i padri costruendi...



venerdì 5 luglio 2013

Rischio Vesuvio e prevenzione della catastrofe: ... di Malko

Vigili del Fuoco (SAF) in esercitazione

“Il Dipartimento della Protezione Civile, i Piani d’emergenza Vesuvio e le attività di monitoraggio nel cratere” di MalKo

I piani di emergenza ancora in corso di elaborazione per la plaga vesuviana, hanno visto fin qui all’opera pianificatori che hanno congegnato tra l’altro un sistema di comando e controllo in verità già nelle premesse macchinoso e pachidermico.
Purtroppo anche il piano d’emergenza Vesuvio, che non è il piano d’evacuazione, è stato figlio di un’epoca in cui la protezione civile non disdegnava le operazioni mediatiche. Tra l’altro il leader indiscusso del dipartimento era particolarmente intollerante verso i non allineati o i cretini seminatori di panico, e su tutti gravava la spocchiosa minaccia di denuncia per procurato allarme…
Gli scienziati inviati all’Aquila dal mitico Guido Bertolaso, una settimana prima del luttuoso terremoto del 6 aprile 2009, pare che avessero il compito di annichilire il povero Giampaolo Giuliani e ridicolizzare il suo poco accademico e profetico allarmismo.
Chi fosse Bertolaso e quale fosse il suo livello di serietà, lo si evince non dalle cronache del salaria sport village, ma dal gala di commiato dalla protezione civile, dove nel consesso conviviale con i suoi adepti ridacchianti, si lasciò andare alla famosa battuta che …un’eruzione del Vesuvio, da buon leghista, non bisognava considerarla come una gran disgrazia

La sconcia ironia si presterebbe facilmente a ogni tipo di commento nefando. A ben rifletterci però, suona più fastidioso il ridacchiare dei dipendenti che si sbellicavano con risate a crepapelle per compiacere il gran capo.  Se avessero fatto il loro dovere da buoni impiegati dello Stato, o da buoni leghisti se vogliamo, avremmo avuto un piano d’evacuazione e non la certezza della disgrazia in caso di eruzione del Vesuvio, come con ilarità si alludeva. Bertolaso non ricordava con piacere le falde vesuviane, perché in uno dei comuni della zona rossa, Terzigno, il suo lavoro di commissario straordinario ai rifiuti fu ostacolato malamente dai cittadini locali che si opposero fino allo stremo alla discarica che alla fine purtroppo e con una organizzazione militare fu realizzata nel Parco Nazionale del Vesuvio, proprio sulle colline care a Bacco...
Al Dipartimento della Protezione Civile toccava, in ragione di un rischio definito d’importanza nazionale, pungolare le amministrazioni comunali affinché preparassero uno straccio di piano di tutela per gli oltre seicentomila abitanti del vesuviano.
Certe storie che riguardano le emergenze o la prevenzione sono piene di aneddoti che vanno dalle rassicurazioni fittizie, alle risate post terremoto come all’Aquila; e poi ancora risatine beffarde parlando dello sterminator Vesevo (Vesuvio); poi si spararono grosse sciocchezze come il colpo in canna all’isola d’Ischia, intendendo un’eruzione bell’è pronta, o come la storia del meteorite al centro di Roma, forzando un’analogia impossibile tra rischio vulcanico e cosmico.  Che dire…
Siamo sicuri che il processo a L’Aquila contro l’ex  commissione grandi rischi si arricchirà di nuovi capitoli soprattutto se gli imputati avranno il coraggio del riscatto dicendo la verità. Le aule giudiziarie ci riserveranno ancora cronaca, né nera né rosa, probabilmente solo umanamente indecente… con qualche medaglia che intanto andrebbe rimossa da un petto spaccone e irridente.
Il Dipartimento della Protezione Civile qualche anno fa fu oggetto di una proposta di privatizzazione (Protezione Civile servizi s.p.a.). I protettori in quel periodo curavano le emergenze, ma anche i grandi eventi sportivi, e poi le discariche campane con qualche defaillance raccapricciante, e poi il G8 e ancora le beatificazioni e ancora funerali solenni e poi ci siamo chiesti come mai avessero in forza una flotta operativa di Canadair, quando in realtà gli uffici dipartimentali dovevano essere solo una struttura di coordinamento operativo. Le miriadi di attività oggi ridimensionate anche a suon di scandali, hanno fatto si che il personale del dipartimento negli anni sia cresciuto numericamente. Forse anche troppo e, quindi, venendo meno gli innaturali compiti, qualche procedura di mobilità per i dipendenti in esubero dovrebbe essere nella naturalità delle cose in un momento difficile per i revisori dei conti e per le altre istituzioni acutamente sotto organico.
Alla Direzione Regionale dei Vigili del Fuoco di Napoli, braccio operativo del Ministero dell’Interno per il soccorso tecnico urgente, è affidato il compito di trovare una soluzione d’emergenza al piano d’emergenza deficitario. Un particolare utilizzo delle autostrade e una rimodulazione del traffico sono l’unica scelta possibile a un’evacuazione a piedi. Per i paesi ricadenti totalmente nell’area nera, cioè quelli posti in una posizione mediana tra mare e monte, bisogna dare spazio alla mobilità marittima stilando piani che consentano di sfruttare il naviglio leggero in servizio giornaliero nel Golfo di Napoli per il collegamento con le isole.
Nella poco pubblicizzata esercitazione Vesuvio 2001, che si tenne a Portici dodici anni fa, si testarono tutti i mezzi di locomozione: i traghetti veloci, esclusi dal piano d’emergenza, guarda caso furono quelli più funzionali per rapidità di manovra e spostamento.
Qualcosa comunque non funziona negli apparati di prevenzione. Non ci siamo.  L’Osservatorio Vesuviano ha diramato una nota nel bollettino mensile (marzo 2013) di sorveglianza vulcanica campana con questa postilla:<<… Le operazioni di monitoraggio nel fondo del cratere del Vesuvio sono state sospese, in quanto richiedono il supporto di una guida specializzata in grado di effettuare misure e campionamenti in un sito non raggiungibile da personale non specializzato in tecniche di alpinismo, non presente all'Osservatorio Vesuviano. Tale supporto, assicurato nel passato con un contratto esterno di tipo professionale, non è stato più rinnovato nel 2013 a causa del taglio dei fondi assegnati. >>.
Avendo a cuore la prevenzione del rischio vulcanico nell’area vesuviana e quella dei seicentomila esposti al pericolo di colate piroclastiche, vogliamo appena ricordare al Direttore dell’Osservatorio Vesuviano (INGV), Marcello Martini che, alla stregua di quanto succede all’Etna dove la sede di vulcanologia dell’INGV  si avvale della Guardia di Finanza e del Corpo Forestale dello Stato per andare in cima, a Napoli è possibile scendere nel cratere del Vesuvio anche con l’appoggio di personale specializzato del Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco. Bastava farne richiesta, magari già a ridosso degli eventi sismici che destarono meno di un mese fa preoccupazione tra gli abitanti per ricevere il prezioso supporto dal personale VVF (SAF), preposto appunto agli interventi in ambiente ostile...  


lunedì 27 maggio 2013

Vesuvio:un rischio da votare



Il Vesuvio visto da sud ovest
" Vesuvio: un rischio da votare?" di Malko

Il Vesuvio tra le meraviglie mondiali? Non si sa. Intanto il nostro amato vulcano figura nell’elenco delle ventotto bellezze  naturali più apprezzate nel mondo. Addirittura potrebbe classificarsi nelle primissime posizioni (votazione online). Chi abita nei pressi della discarica di Terzigno, lì alle falde sud orientali del Vesuvio, stenta a crederci. Intanto il vulcano nonostante i depositi di spazzatura della cava sari, serba ancora spunti paesaggistici di straordinaria bellezza. Neanche questo governo con Bertolaso in testa è riuscito a intaccare le peculiarità del vulcano, tutte fatte di magica commistione del panorama arso, montano e marittimo, con luoghi pregni di storia come Pompei, Ercolano, Oplonti e la vicina partenope.
 
Lo spettacolo che si gode da quota mille è di una mediterraneità esemplare, con il giallo delle ginestre elegantemente stagliato sul grigio scuro della cenere e del lapillo. Le virtù dell’antico e focoso monte sono ancora intatte, anche se è accerchiato da un edificato stringente e soffocante. La conurbazione è smodata e la città di Napoli oramai assurge a metropoli spalmata sull’intero territorio provinciale. Il vulcano è quindi l’unico polmone di verde centrale. Un vulcano che più che parco naturale si configura come parco cittadino, col pregio e la differenza di svettare anche sul più alto dei grattacieli napoletani.
Un premio il Vesuvio lo meriterebbe non solo per il panorama e la sua indiscutibile bellezza, ma anche per la sua potenziale pericolosità che crea un fascino adrenalinico. Il vulcano è oggi orgoglio e maestà, ma potrebbe un dì essere causa di rovina. L’apnea magmatica, infatti, che dura da sessantasette anni, non potrà essere eterna, anche se per tutti, scaramantici in testa, l’auspicio è quello.
Al dipartimento della protezione civile di Roma continuano a rovistare nei cassetti in cerca del piano Vesuvio che ancora non salta fuori. Il responsabile della protezione civile regionale campana non batte moneta su questi argomenti. Dal canto suo avrà pure escogitato iniziative per mitigare il rischio Vesuvio, ma sono tutte drammaticamente ermetiche, almeno così sembra, perché non ci sono spunti in tal senso, a parte un segnale di segno opposto che implica un’erosione del divieto assoluto di edificare nella zona rossa.
La tragedia della Thyssen con le sue condanne iniziali, per la prima volta ha messo in campo un concetto di responsabilità molto logico che forse potrà essere applicato per intero anche all’affaire Vesuvio, nella malaugurata ipotesi di un’eruzione. Gli enti responsabili della mancata pianificazione d’emergenza, infatti, potrebbero essere chiamati a rispondere di dolo eventuale e colpa cosciente. In pratica, la formulazione di colpa consisterebbe nel concetto che gli “attori” inadempienti, dirigenti di enti e istituzioni competenti, pur conoscendo i pericoli dettati dalla quiescenza del vulcano attivo (Vesuvio), sanciti dal mondo scientifico e accademico, non producono adeguati sistemi di tutela (piani d’emergenza). In questo modo accettano, di fatto, la responsabilità di considerare il rischio Vesuvio non meritevole di atti concreti; cioè, per loro il rischio non ha reali possibilità di  tramutarsi  in danno per la vita umana, almeno nei limiti del loro personalissimo arco temporale lavorativo di comando (è qui il punto!), e, quindi, dedicano attenzioni e risorse  altrove.
Sui media però, gli stessi attori inadempienti, tentano di far passare il concetto che i piani esistono e sono efficacissimi. In realtà, e non ci stancheremo di dirlo e ripeterlo, questi piani non solo non esistono, ma dire che sono in vigore  inducono un’incauta sicurezza nella popolazione che, molto verosimilmente e alla stregua della rassicurazioni che precedettero il funesto terremoto dell’Aquila, lasciano calare  la guardia anche in termini di prevenzione sul  rischio in esame.
Ci siamo chiesti spesso come mai gli allarmi lanciati dai media italiani e stranieri sul rischio Vesuvio non abbiano sortito effetti e preoccupazioni a carico dei responsabili della sicurezza civile. La risposta non è che una: in un sistema in perenne allarme sociale, prendere coscienza del rischio significherebbe muoversi con un ordine e un metodo che non si concilierebbe  con le esigenze spicciole e caotiche di una popolazione comprensiva di amministrazioni  e istituzioni, che vivono  secondo la regola del giorno dopo giorno… Ecco! La sopravvivenza sociale è ritenuta prioritaria e improcrastinabile rispetto alla vita umana minacciata da un rischio solo ipotizzato. Ovviamente finché il pericolo non è manifesto, perché in tal caso si sovvertirebbero le priorità ma in modo nettamente tardivo per porvi rimedio con efficacia. Lo scaricabarile sarebbe in questi casi  la prassi successiva…
Con l’avvento di De Magistris sindaco, speriamo che sia messo mano anche alla questione Vesuvio e Campi Flegrei. In termini concreti sperando che non si urbanizzi in senso residenziale l’area orientale di Napoli, e che la colmata di Bagnoli rimanga libera da opere strutturali assurgendo a imponente area polifunzionale di protezione civile. Forse è chiedere troppo in questo deserto di idee dove le superfici contano più degli spessori e gli interessi più delle tutele…