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sabato 15 giugno 2019

Rischio Vesuvio: Ercolano peggio di Pompei... di MalKo



Ercolano

La città di Pompei rappresenta un caso interessante dal punto di vista del rischio vulcanico, perché pur essendo la cittadina emblema della furia eruttiva del Vesuvio, in realtà il suo territorio risulta poco coinvolgibile dai flussi piroclastici di quella che gli esperti chiamano l’eruzione massima di riferimento, cioè quella nell’odierno adottata per la stesura dei piani d’emergenza. Trattasi di un evento sub pliniano dall’indice di esplosività vulcanica VEI 4: un evento simile a quello che si manifestò nel 1631. Sugli effetti di questo tipo di eruzione dovrebbero forgiarsi le politiche di sicurezza delle popolazioni vesuviane.…


Per capire l’assunto, dobbiamo partire dal presupposto che il Vesuvio nella sua ultra millenaria storia geologica annovera eruzioni a diversa intensità e frequenza di accadimento, con fenomeni minimi che fungevano da attrattori turistici, fino ad eventi rari ma immani come le eruzioni pliniane, che hanno sconquassato nel 1850 a.C. i territori a nord del Vesuvio, costringendo a precipitosa fuga gli abitanti dei villaggi dell’età del bronzo antico che hanno lasciato nelle prime coltre di cenere le loro orme dei piedi. Nel 79 d.C. invece, un’ulteriore esplosione pliniana colpì duramente i territori a sud del vulcano, investendo le cittadine di Pompei, Ercolano e Oplonti che furono completamente distrutte e sepolte.

Eruzioni tipo e indice di esplosività vulcanica (VEI)

A optare per politiche di sicurezza areali basate sul presupposto già accennato che la prossima eruzione sarà nella peggiore delle ipotesi di bassa - media intensità e non quella massima conosciuta, è stato il Dipartimento della Protezione Civile, organo decisore per il rischio Vesuvio, che ha fatto proprie le congetture prospettate dall’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV). D’altra parte premesso che la scelta dell’eruzione di riferimento porta seco la perimetrazione della zona rossa, la condivisione è stata concertata anche con la Regione Campania e poi con i comuni del vesuviano più o meno interessati alla zonazione di pericolo.

Per meglio spiegare come si è giunti a questa decisione che contiene dal punto di vista delle garanzie dei vulnus macroscopici, occorre mettere in evidenza la statistica che ha presentato l’INGV, e che qui riproponiamo riassuntivamente in tabella.

Indice probabilistico dello stile eruttivo che verrà

La probabilità che si manifesti una certa tipologia eruttiva è presentata su due differenti archi di tempo: nella tabella A l’intervallo comprende come base di riferimento un periodo di quiescenza del Vesuvio di 60 anni, ma senza un limite superiore. Nella Tabella B invece, la base di riferimento prevede sempre un tempo di quiescenza minima di 60 anni, ma con un tetto temporale massimo fissato a 200 anni. I risultati sono che nel caso A la possibilità che si verifichi una pliniana è dell’11%, mentre nell’ipotesi B è dell’1%. 

La scelta proposta dal mondo scientifico è caduta sulla tabella B, anche sulla scorta di alcune disgressioni a proposito della quantità di magma contenuto nella camera magmatica superficiale del Vesuvio: secondo gli esperti non c’è n’é a sufficienza per una pliniana… Secondo altri ricercatori invece, l’eruzione di Pompei del 79 d.C. attinse magma direttamente dalla camera magmatica più profonda. Questo significa che le eruzioni del Vesuvio possono avvenire attraverso l’espulsione di magmi incamerati tanto superficialmente (~3 Km.) quanto nel sottosuolo a 8 – 10 km. di profondità. In altre parole il magma non dovrebbe avere necessariamente un comportamento da subacqueo, con obbligo di fermata sub superficiale atta alla decompressione prima di dirompere all’aria… D’altra parte non essendoci la possibilità di dare un valore tridimensionale alle camere magmatiche, la stima della quantità di magma presente nel sottosuolo vesuviano a prescindere dalla profondità è alquanto aleatoria e quindi congetturalmente i valori non dovrebbero prestarsi a previsioni deterministiche.  

Gli esperti dell’INGV hanno poi affermato che la loro indicazione di un evento VEI4 similmente sub pliniano, come quello di riferimento per la stesura dei piani di emergenza, rappresenta una mediazione di rischio accettabile per le comunità locali…

In realtà non è un rischio accettabile ma un vero azzardo a cui inconsapevolmente potrebbe essere sottoposta quella parte di popolazione vesuviana che si ritiene al sicuro. La grande incognita è tutta racchiusa nel dato statistico elaborato dall’INGV, secondo il quale per i prossimi 125 anni non dovrebbe esserci un’eruzione pliniana. Ergo, solo tra 125 anni sapremo se le congetture istituzionali si riveleranno fondate come ci auguriamo. In assenza di eruzioni però, in ogni caso il giro di boa statistico imporrà di prendere in considerazione anche gli eventi pliniani fin qui obliati.


Un ex direttore dell’Osservatorio Vesuviano (INGV), ripeteva che è inutile pianificare a fronte dell’eruzione massima conosciuta (pliniana), perchè richiederebbe una pianificazione emergenziale ed evacuativa talmente estesa da risultare praticamente inattuabile, mentre è preferibile pianificare su eventi piccoli e medi, cioè quelli più gestibili e anche a maggiore probabilità di accadimento. In pratica è lo stesso modus pensandi dell’ex assessore alla protezione civile della Regione Campania, che amava ripetere che se volessimo prendere come riferimento per i piani di emergenza i massimi eventi conosciuti, nel caso delle alluvioni ci sarebbero grossi problemi per tutti coloro che non si chiamano Noè… Certamente aggiungiamo noi, con le pliniane ci sarebbe qualche problema anche per tutti coloro che non si chiamano Efesto...

Le istituzioni pertinenti hanno quindi sposato questa filosofia operativa sfociata poi di fatto nell’assunzione di un’eruzione di media intensità (VEI4) come evento massimo di riferimento su cui basare i piani di emergenza. L’eruzione massima conosciuta che è quella pliniana (VEI5), alla stregua di quella verificatasi nel 79 d.C. è stata scartata dal calcolo delle probabilità senza alcuna citazione per i media. Un evento quest’ultimo dieci volte superiore a una VEI 4 e maggiore di cento volte un’eruzione VEI3. Ovviamente il fenomeno maggiormente temibile che potrebbe svilupparsi in seno a eruzioni tanto VEI 4 quanto VEI 5 sono i flussi piroclastici.
Indice esplosività vulcanica (VEI) e fenomeni maggiormente pericolosi attesi
I flussi o anche colate piroclastiche, sono costituiti da materiale magmatico di svariate dimensioni, misto a gas e vapore acqueo ad elevata temperatura, che si stacca dalla colonna eruttiva scorrendo lungo i fianchi del vulcano per gravità, inoltrandosi poi nella plaga vesuviana per un certo numero di chilometri dipendente dalla forza cinetica ancora posseduta dall’ammasso surriscaldato e dagli ostacoli che si frapporrebbero durante il travolgente cammino.

In base ai modelli utilizzati, lo spazio che si ipotizza che possano percorrere le colate piroclastiche qualora si verifichi un'eruzione del Vesuvio nei prossimi 125 anni, ha consentito di determinare i limiti della zona (rossa) ad alta pericolosità vulcanica, intesa a questo punto come area invadibile e quindi da evacuare prima dell’evento.

Nel nostro caso, premesso che l’eruzione massima di riferimento per i piani di salvaguardia è di intensità media, cioè con indice di esplosività vulcanica non eccedente VEI4, su input della Commissione Grandi Rischi  si è utilizzato un lavoro scientifico della ricercatrice Lucia Gurioli et altri, che attraverso un lavoro campale ebbe a geo referenziare i limiti di massimo scorrimento delle correnti piroclastiche ascrivibili ad eventi VEI4.  La linea nera riportata nella mappa che vi proponiamo più avanti circoscrive la zona rossa scientifica ad alta pericolosità vulcanica, zona poi ampliata fino ai confini della vecchia zona rossa (R1) attraverso un’azione amministrativa  evincibile nel disegno dal segmento chiuso di colore rosso.
Ebbene, in questo perimetro (R1) vigono misure atte ad inibire la realizzazione di manufatti ad uso residenziale (legge regionale Campania 21/2003) per non insediare altri esseri umani in un settore caratterizzato da un rischio vulcanico di tutto rispetto assoggettabile a fenomeni assolutamente letali. Questa legge risponde alle necessità della prevenzione delle catastrofi, ma le incongruenze della politica sempre a caccia di consensi, hanno ridisegnato nell’attualità una zona rossa che non si offre pienamente a meccanismi di tutela, e pecca di nessuna considerazione per i posteri.


Le discrasie nella zonazione della zona rossa rese operative dalle precedenti amministrazioni dipartimentali e regionali, si notano lungo il confine napoletano con le circoscrizioni di San Giovanni a TeduccioBarra e Ponticelli, e con le cittadine di VollaPoggiomarino e Scafati, dove a ridosso della linea nera Gurioli che impropriamente viene utilizzata come limite di pericolo e non di deposito, è possibile edificare palazzi addirittura con regolare licenza edilizia…

La linea nera Gurioli indica il limite di massimo scorrimento della colate piroclastiche
che possono formarsi in seno ad eruzioni non eccedenti l'indice VEI4. 

Il segmento rosso indica la zona R1. Il segmento verde circoscrive la zona R2.

La zona R2 invece, quella asimmetrica a est (tratteggio verde), è il settore dove a causa della massiva pioggia di cenere e lapilli, l’evacuazione della popolazione in caso di allarme vulcanico è imprescindibile: eppure qui è ancora possibile costruire case con licenza edilizia.
Occorre dire, a proposito della prevenzione della catastrofe vulcanica, che nei Campi Flegrei dove è in vigore lo stato di attenzione vulcanica, la situazione è peggiore dal punto di vista della prevenzione rispetto al Vesuvio, perché non è stata varata alcuna norma che proibisca la costruzione di insediamenti residenziali, come in parte è stato fatto pur con certi limiti nel vesuviano…

E allora giocoforza e rifacendoci alle tabelle predittive dell’INGV, i 125 anni di azzardo vulcanico che caratterizzeranno la partita vitale da qui in avanti tra uomo e natura, possono essere obtorto collo accettabili solo se le popolazioni verranno informate dettagliatamente. Non è vero che non c'è possibilità di difendersi da un evento pliniano che nessun scienziato al mondo può escludere, perché domani ci si può spostare sull’antimeridiano in una posizione diametralmente opposta al Vesuvio. E’ vero invece che a distanza di alcuni decenni non ci sono piani di evacuazione e semmai si ultimeranno e funzioneranno davvero grazie a una previsione utile dell’evento, ci sarà oltre un milione di persone immobili e ignare protette solamente dalla statistica dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia.

Nel vesuviano occorrono serie politiche di prevenzione, soprattutto in favore delle generazioni che verranno, i posteri, attraverso la riorganizzazione dei territori che dovranno offrirsi alle politiche degli spazi migliorando le difese passive degli edifici e ampliando in maniera debordante una viabilità che dovrà essere capace di drenare dalla zona rossa e all'occorrenza, tutti gli abitanti esposti alla furia del vulcano a prescindere dalla tipologia eruttiva.

Per ritornare al titolo dell’articolo, con le ipotesi introdotte dall’INGV a proposito dell’eruzione massima attesa (VEI4), Pompei è meno esposta al pericolo derivante dai flussi piroclastici anche grazie all’effetto barriera garantito dall’edificato di Boscoreale. Non si può dire la stessa cosa di PorticiErcolano e Torre del Greco e Trecase e Boscotrecase, dove anche in caso di evento sub pliniano, tutto il territorio pertinente può essere interamente attraversato e distrutto dai flussi piroclastici che si spingeranno in pochi minuti fino al mare. Con la situazione attuale degli alberi pietrificati dagli incendi del 2017, eventuali flussi non avrebbero alcun freno, ma solo ulteriore materiale ligneo da rigettare con violenza a valle.

In altri comuni, come le tre municipalità di Napoli, Volla, Poggiomarino e Scafati, non affannatevi a comprar casa a ridosso della linea nera Gurioli, perché nell’attualità si è troppo vicini ai limiti di deposito dei flussi piroclastici, e per il futuro vi ritrovereste ben all'interno del perimetro a maggior rischio vulcanico per le eruzioni pliniane, che nessuno scienziato può cancellare dal calcolo delle probabilità.

Certamente ci sono ottimi auspici che la futura eruzione del Vesuvio venga colta in anticipo e in tempi utili per la salvaguardia delle popolazioni esposte, ma non c’è certezza matematica circa la previsione dell’evento e neanche sull’entità dello stesso.  Quindi i problemi di tutela sono tuttora irrisolti...

La pianificazione delle emergenze è un elemento che richiede scelte molto precise e coraggiose e forse impopolari: purtroppo esiste il non dichiarato presupposto dei costi benefici mitigato dalle politiche del non allarmare; un modus pensandi, vivendi e operandi, che caratterizza la nostra società del pensiero unico che lascia a casa, in nome dell’economia e del consenso politico,  qualche diritto fondamentale come quello di accedere alla corretta informazione quale prodromo fondamentale di democrazia e di libero arbitrio dei popoli nel rispetto delle regole.








lunedì 5 ottobre 2015

Rischio Vesuvio: twitter ai comuni vesuviani...di MalKo







Gli impulsi che avete dato all’edilizia residenziale dimostrano una eccessiva sicurezza sul fatto che il vulcano Vesuvio mantenga il suo stato di quiescenza per moltissimo tempo ancora. Certamente è un auspicio condivisibile da tutti, ma è altrettanto certo che sono passati oltre settanta anni dall’ultima eruzione (1944) che l’ardente monte ha consegnato alla storia: può significare molto o niente.

Il vulcano rimugina ai margini della litosfera la sua condizione imperscrutabile di vulcano a condotto chiuso, con una calma solenne, e non è dato ad alcuno il privilegio di sapere quando la stizza coglierà il monte e in che misura.

I cittadini che amministrate dovrebbero essere già informati che l’eruzione di riferimento su cui si basano i piani di emergenza e quelli di evacuazione ancora da stilare, sono incentrati su un evento sub pliniano dall’indice di esplosività vulcanica VEI4. Lo hanno stabilito alcuni matematici del pericolo operando calcoli su basi statistiche. Generalmente i piani d’emergenza si tarano sull’evento massimo conosciuto che nel nostro caso corrisponde alla famosa eruzione pliniana di Pompei. La differenza tra un’eruzione VEI 4 (sub pliniana) e VEI 5 (pliniana), riguarda sicuramente l’intensità dei fenomeni e l’altezza della colonna eruttiva e con essa i territori su cui si spalmerebbero gli effetti più deleteri dell’eruzione.

Nel caso dovesse manifestarsi una eruzione pliniana, evento che solo la politica può escludere ma non la scienza, le inarrestabili colate piroclastiche scorrerebbero ben oltre la linea nera Gurioli che erroneamente la si interpreta come una sorta di limite di pericolo, soprattutto perché si è omesso di aggiungere che tale segmento asimmetrico è indicativo solo per eruzioni di media intensità.

Il dato statistico eruttivo che capeggia come preambolo nella incompiuta pianificazione d’emergenza, con molta scaltrezza è diventato deterministico, tant’è che grazie a un arzigogolo giuri-politico, nei territori di Poggiomarino e Scafati si rilasciano ancora licenze edilizie, mentre al contiguo comune di Boscoreale o a quello di Pompei  posti alla stessa distanza dal cratere, tale possibilità cementizia è assolutamente preclusa per gli effetti della legge regionale 21/2003, che vieta l’edilizia residenziale nelle zone ad alto rischio vulcanico. Quest’ultima definizione con le regole adottate dovrebbe valere solo per i territori o le porzioni comunali circoscritte dalla linea nera Gurioli. 


Il comune di Boscoreale ebbe ad opporsi a questa evidente sperequazione interpretativa della legge regionale 21/2003 innanzi al Tribunale Amministrativo Regionale (TAR) che gli diede ragione. La Regione Campania si oppose alla favorevole sentenza ricorrendo al Consiglio di Stato che ha annullato il precedente giudizio con motivazioni incomprensibili che richiamano tra l’altro principi di prudenza in verità non applicati omogeneamente.



Il principio di precauzione non si capisce bene perché debba valere per la municipalità di Boscoreale e non per quelle di Poggiomarino e Scafati. La foglia di fico dietro cui si nasconde questa ipocrita differenziazione è dettata dalla introduzione della zona rossa 2 (figura in basso) contornata da una linea verde.


Vesuvio: classificazione delle varie zone a rischio: linea viola rossa 1 - linea verde rossa 2 -
linea nera Gurioli  (limiti di invasione dei flussi piroclastici per eruzioni VEI 4 (sub pliniane)


Dove termina la linea nera Gurioli infatti, secondo gli esperti cessa il rischio colate piroclastiche in seno ad eruzione di media intensità, ma ad est il problema statisticamente continua con la caduta massiccia di cenere e lapillo: una fenomenologia considerata pericolosa fino ai margini della linea verde e anche se in modo crescente per qualsiasi tipo di eruzione. Da questo punto di vista e a dirla tutta, non si capisce l’immunità di Striano… Il piano di emergenza prevede per la zona rossa 2 una evacuazione mirata con eruzione in corso e solo dalle zone poste sottovento lungo l’asse dei venti predominanti. In siffatte condizioni la respirazione potrebbe essere problematica, ma anche il transito dei veicoli che oltre a slittare sui materiali incoerenti potrebbero arrestarsi per occlusione dei filtri dell'aria in una innaturale notte vulcanica a causa della visibilità che risulterebbe particolarmente ridotta. Condizioni che si raggiungerebbero nel giro di ore e non di giorni...


La zona rossa da evacuare. In realtà nella zona rossa 2 l'evacuazione è settoriale e solo con eruzione in corso.

Con l’incremento dei depositi piroclastici poi, incomincerebbero a sprofondare tettoie e con l’aggravio del peso i solai meno resistenti e a seguire quelli non progettati per sostenere pesi accidentali come il carico da neve. Tra l’altro il problema della pioggia di cenere e di lapilli si presenterebbe già con eruzioni di tipo stromboliane (VEI3) …
Il grande problema è che il vostro territorio, egregi comuni, potrebbe essere travolto anche dalle nubi ardenti e non solo dalla pioggia di materiali incoerenti vulcanici. La linea nera Gurioli come dicevamo, è un limite indicativo d’invasione dei flussi piroclastici (VEI 4), e comunque non può considerarsi per le molteplici variabili in gioco un confine assoluto, una sorta di steccato oltre il quale si è certamente al sicuro anche a fronte di eruzioni mediamente intense. In caso di eruzioni pliniane invece, purtroppo i flussi roventi (circa 500°C.) percorrerebbero distanze ben oltre la linea nera Gurioli; e ad est in particolare, bisognerebbe aggiungere, sommare e affrontare contemporaneamente  pure il martellìo e l’accumulo di cenere e lapilli senza escludere problematiche di ordine alluvionale dettati dai corsi d’acqua colmati e sbarrati dai materiali piroclastici.
Con quale criterio allora rilasciate  licenze edilizie?  Qualcuno, rifletta: con questi presupposti il documento di proprietà è innanzitutto un documento di rischio con lo stemma della repubblica…Tra un pò di anni anche la buona novella statistica abbandonerà  questi territori, lasciando una grave ipoteca sul futuro dei giovani, che si chiederanno chi sono stati i padri costruendi...



giovedì 26 giugno 2014

Rischio Vesuvio: abusi e priorità...di Malko



Rischio Vesuvio e la catena delle priorità… di MalKo

L’argomento Vesuvio col suo carico di rischio e di bellezza naturale, rappresenta purtroppo anche un crocevia di interessi che non lascia molto spazio alle garanzie di sicurezza che dovrebbero essere un importante traguardo sociale da appagare e da riconoscere ad ogni singolo cittadino della repubblica. Lo dice pure la carta dei diritti dell’uomo… Dovrebbe essere così, ma non è così! La sicurezza è un argomento rosicchiato dal malessere quotidiano che ha il sopravvento in termini di priorità su altre cose. In queste contrade il pericolo eruttivo è il più delle volte traccheggiato dalle maestranze locali, che rimandano sempre a responsabilità primitive l’incredibile connubio che si è concretato tra la conurbazione e il focoso monte; una miscela esplosiva definita dai media internazionali come la vera bomba a orologeria d’Europa.
La politica qui non parla di pericoli: ha bisogno solo di voti. Il business invece, ingurgita cemento e mattoni vomitando case abusive invisibili alle istituzioni, come gli stealth ai radar di sorveglianza.

I convegni che si organizzano sul rischio Vesuvio sono veramente tanti al punto che conosciamo tutti i forse possibili a proposito della previsione. Dei piani d’evacuazione invece, non sappiamo un bel niente, eppure molti giurano che esistono, secondo una sorta di postilla contrattuale che prevede di rassicurare a prescindere per non allarmare. Come se bastasse questo modus operandi per esorcizzare il pericolo...

La cattiva politica locale inquinata da influssi nazionali, ha prodotto un raccolto di mala amministrazione e pessima gestione del territorio, dove insani intrecci hanno generato anche l’onta delle discariche d’immondizia all’interno del declamato Parco Vesuvio. Chi capitanò l’interramento dei rifiuti in realtà non aveva una grande considerazione del popolo vesuviano; blaterò, infatti, che un’eruzione non sarebbe stata una grande disgrazia
In nome non si capisce bene di quale sviluppo ristoratore, hanno poi consentito ai bus turistici di transitare all’interno della riserva forestale di protezione integrale Tirone  Alto Vesuvio, un’oasi nell’oasi, facendo impazzire quei pochi animali che ancora esistono e resistono alla spinta antropica, e i sismografi di sorveglianza dell’Osservatorio Vesuviano, che segnalano isterici tracciati ad ogni transito dei pesanti furgonati quattro per quattro. La funivia tanto vituperata sarebbe stata certamente più silenziosa, meno invasiva e meno inquinante. Si riprenda allora il progetto bocciato in nome dell’ambiente per riproporlo in nome dell’ambiente…

Nonostante stazioni e tenenze e garitte e comandi e volanti, sono state costruite migliaia di costruzioni abusive nella zona rossa Vesuvio, i cui proprietari oggi reclamano l’impunità e il diritto ad esistere perché le case non sono state sigillate sul nascere dalla legge.  La legge… polifemica ma con un occhio solo, che non si avvede neanche di una villa da seicento metri quadri su due livelli, costruita abusivamente con tanto di strada tra gli alberi di quella natura che tutti dicono di voler difendere.

La politica locale intanto, pressata dai cosiddetti cementificatori di necessità e indigenti con le ruspe alle porte, per salvare il salvabile ha scritto alla politica nazionale che ha trovato la salomonica soluzione del limbo amministrativo per le costruzioni abusive. L’espediente che sa di scientifico, prevede la scaletta delle priorità d’abbattimento… prima quelle pericolanti; poi quelle allo stato rustico; poi quelle utilizzate per scopi criminali e affini; poi quelle a rilevante impatto ambientale; poi quelle a utilizzo turistico o similare; poi quelle utilizzate come seconda dimora; poi quelle costruite per attività produttive; poi le case di coloro che hanno nella disponibilità personale altre case dove andare; poi altri immobili a vario titolo e classificazione diverse dal bisogno, e solo dopo e in ultimo, potranno abbattersi le case abusive realizzate da nuclei familiari che non hanno altro tetto sotto cui ripararsi, e dulcis in fundo, se è rimasto qualche spicciolo, ci saranno da abbattere le abitazioni degli indigenti. I fondi disponibili annualmente per il ripristino della legalità e dello stato dei luoghi reggono il confronto con la famosa conchiglia per svuotare il mare. Secoli…che poi sono proprio quelli necessari per concatenare gli eventi che portano alle catastrofi da cigno nero.

Nella zona vesuviana c’è sempre stato il controsenso del piano d’emergenza che aspetta che si completino alcuni grandi opere come la terza corsia sulla Napoli Salerno e la doppia corsia sulla statale vesuviana 268, di là da venire… In una realtà sana dove la vita umana ha un valore altissimo, si sarebbero dovuto registrare filosofie inverse, cioè uno sviluppo che doveva adeguarsi alle esigenze dei piani d’emergenza e d’evacuazione, perché la prima regola in una società di diritto è quella della protezione di bambini, donne e uomini, tanto per rimanere nel campo delle priorità.
Che non ci sia un granché d’interesse per la pianificazione delle emergenze in area vulcanica lo dimostrano i fatti. E ancora lo dovrebbe dire la corte europea di Strasburgo  sui diritti dell’uomo, che dovrà pronunciarsi sulla bontà delle misure di tutela adottate nel vesuviano. Aspettiamo le risultanze…
La pioggerellina di soldi europei stanziati per la stesura dei piani comunali, state pur certi saranno utilizzati per mettere insieme una dissertazione scientifica sulle eruzioni passate e future, un glossario di termini e un database di provviste e esercizi commerciali da utilizzare all’occorrenza. O ancora una lista di materiale da comprare per farne dotazione ai volontari di protezione civile che sono la foglia di fico dietro di cui si nascondono molte amministrazioni comunali inconcludenti.

Ritornando al problema degli abusi edilizi, riteniamo che l’enormità del fenomeno renda la strada degli abbattimenti difficilmente perseguibile, anche perché i cittadini sfollati alla fine orbiterebbero comunque nel vesuviano senza ridurre il valore esposto che rimane tale. D’altra parte non è possibile neanche far passare indenne le malefatte cementizie perché lo Stato ne uscirebbe a pezzi. La necessità non può essere una regola. Deve essere un’eccezione, e le eccezioni non si possono contare a centomila.
Occorre quindi, qualora si scelga la strada del salvataggio, che su tali abitazioni si imponga forte la clausola dell’invendibilità, che deve essere interpretata anche come assunzione di responsabilità diretta del proprietario all’esposizione a un pericolo grave e sancito che non può essere in alcun modo ceduto ad altri.
Bisognerà poi instaurare la clausola della destituzione del sindaco e lo scioglimento dei consigli comunali che non reprimono sul nascere il fenomeno dell’abusivismo edilizio, che va circostanziato da relazioni annuali a cura del comandante della Polizia Municipale e del capo dell’ufficio tecnico, che devono essere titolari dell’osservatorio locale sull’abusivismo. Documenti ovviamente controfirmati dal sindaco quale autorità comunale.

Diversamente, se si ritiene necessario abbattere i manufatti fuorilegge, la priorità la dovrà dare la classificazione della zona dove sorgono i fabbricati recuperando e adattando la cronologia di schedatura iniziale. In questo caso le autorità giudiziarie cui deve rimanere assolutamente la gestione dell’abusivismo edilizio in senso penale, dovrebbero discriminare e reprimere gli abusi perpetrati innanzitutto in zona rossa 1 (R1), che è poi quella più pericolosa delimitata dalla linea nera Gurioli.
La materia è complessa e dobbiamo necessariamente riparlarne…



domenica 22 giugno 2014

Rischio Vesuvio e l' abusivismo edilizio da obliare...di Malko

La plaga vesuviana e il Vesuvio visti dai monti Lattari

“Rischio Vesuvio e abusivismo edilizio: un decreto legge 
propone l’oblio.”   di Malko
Al senato è stato presentato  un Decreto Legge riguardante l’abusivismo edilizio in Campania, che ha nelle sue fondamenta ispiratrici alcune semplici considerazioni così riassumibili.  In alcune province campane, tra cui Napoli, si contano ben 270.000 costruzioni abusive. Ci sono soldi per abbatterne appena 1000 all’anno. Il senatore che ha proposto la legge, ha ravvisato nella sua iniziativa parlamentare la necessità di stilare una graduatoria delle priorità di demolizione, che dovranno contemplare primamente quelle pericolanti, e poi quelle realizzate dalle organizzazioni criminali e quindi quelle speculative, e solo in ultimo la scaletta degli abbattimenti potrà annoverare  le case abusive realizzate secondo le discutibile logiche della necessità abitativa, considerata un male minore in un contesto territoriale fatto di molti vincoli e poca pianificazione dello sviluppo sostenibile.
A conti fatti però, il pallottoliere riferisce che gli abusivi potrebbero tranquillamente vivere nei manufatti fuorilegge per  decine e decine di anni. Con i numeri in gioco era prevedibile e scontato che le associazioni ambientalistiche avrebbero subito gridato al condono edilizio mascherato… Qualcun altro ancora invece, si chiede se i proprietari degli edifici che si propone di relegare in un limbo amministrativo, hanno pagato e pagheranno le tasse alla stregua di quelli interamente immersi nell’inferno del balzello e senza alcuna scappatoia…
A ben pensarci è veramente straordinario il concetto contenuto nel decreto proposto, che salva capre e cavoli, cioè legalità e bisogno, prevedendo un congelamento della pratica di abbattimento per decine e decine di anni. 
La strategia consisterebbe nel relegare nel futuro la trattazione della faccenda penale che nel frattempo diventa amministrativa, e che potrebbe consistere in un abbattimento del mattone fuorilegge con un attimo di secolare ritardo, magari rivalendosi sui dolosi del cemento che dovrebbero  essere addirittura gli eredi e,quindi, totalmente incolpevoli dei reati ascritti ai loro avi…
Il primo cittadino di Torre del Greco è anche il primo fan di questa proposta; per sollecitare l’approvazione del DDL Falanga infatti, ha chiesto e ottenuto l’appoggio dei colleghi di Nola, Cercola, Pollena Trocchia, San Giuseppe Vesuviano, Palma Campania, San Giorgio a Cremano, Ottaviano, Terzigno, Massa di Somma, Boscotrecase, Scafati, Trecase, Torre Annunziata, Boscoreale, Ercolano e San Sebastiano al Vesuvio. Tutti comuni in febbrile attesa per raccogliere i frutti di questa geniale proposta di salomonica politica. Municipi accomunati fra loro anche e soprattutto dalla condivisione del rischio vulcanico e dall’assenza di un piano di evacuazione utile per salvaguardare i cittadini amministrati, abusivi compresi. Queste amministrazioni  infatti, rientrano tutte nella zona rossa a sfollamento totale in caso di allarme vulcanico. Di seguito un promemoria…

Boscoreale
Zona rossa 1

San Giorgio a Cremano
Zona rossa 1
Boscotrecase
Zona rossa 1

San Giuseppe
Vesuviano         
Zona rossa 1
Cercola
Zona rossa 1

San sebastiano al
Vesuvio
Zona rossa 1
Ercolano
Zona rossa 1

Scafati
Zona rossa 2
Massa di somma
Zona rossa 1

Terzigno
Zona rossa 1
Nola
Zona rossa 1:
(parziale)
Zona gialla
Zona blu

Torre annunziata
Zona rossa 1
Ottaviano
Zona rossa 1

Torre del Greco
Zona rossa 1
Palma Campania
Zona rossa 1:
(parziale)
Zona rossa 2

Trecase
Zona rossa 1
Pollena Trocchia
Zona rossa 1




La zona rossa 1 (R1), lo ricordiamo per i nuovi lettori, è quella invadibile, in caso di eruzione sub pliniana o pliniana, dalle colate piroclastiche, cioè qualcosa di molto simile a una valanga di fuoco che, dalla colonna eruttiva che s'innalza per chilometri verso l’alto, si stacca scivolando ad altissima velocità sui fianchi del vulcano distruggendo e bruciando ogni cosa sul suo cammino e nel giro di pochi minuti.
La zona rossa 2 invece, riguarda quei territori dove è più probabile che la pioggia di cenere e lapillo possa assumere valori di invivibilità già nelle prime fasi dell’eruzione. Si prevedono sommovimenti accentuati degli edifici sovraccaricati; crollo dei solai di copertura; fermo dei motori e difficoltà anche gravi della respirazione. Tant'è che entrambe le zone rosse  (R1 e R2), per i motivi suddetti, ricadono  nella zona  a evacuazione totale e preventiva.


(rischio Vesuvio) La zona rossa di evacuazione totale

Secondo l’oramai noto principio di precauzione e alcune logiche legate anche al disposto giuridico di colpa cosciente, ben difficilmente lo Stato potrà dilazionare l’abbattimento di abitazioni costruite in un sedime a rischio. Che sia o meno un abuso di necessità infatti, non risolve la premessa iniziale che trattasi di zone sottoposte a un pericolo immanente.
Intanto queste notizie relative a una possibile risoluzione del problema abusi edilizi, fosse anche di semplice dilazione dei tempi d’abbattimento, non fanno altro che offrire un input in più alle bitumiere che languono  ma insonni all’ombra del vulcano in attesa degli eventi.
Occorrerebbe poi una commissione d’inchiesta che spieghi com’è possibile che in una zona rossa fortemente a rischio siano stati realizzati migliaia di fabbricati abusivi senza che nessuno si sia accorto sul nascere della pervasività del fenomeno cementizio. Un'accidia incredibile... Tutti orbi sordi e muti?
Saremmo pronti anche a sostenere le logiche di un condono edilizio nel vesuviano perchè il problema c'è ed è smisuratamente grande, ma solo dopo che siano stati formalizzati alcuni tombali capisaldi regolamentari, tra cui il divieto di vendere la residenza sanata, dando poi forza al principio di destituzione del sindaco per abuso edilizio rapportato all’omessa vigilanza del territorio di pertinenza.

Molti forse non sanno che uno dei pochi casi in Italia di rimozione del primo cittadino per incapacità nel frenare il fenomeno dell’abusivismo edilizio, si registrò proprio  nel tenimento di Terzigno... una cittadina che è stata per anni la vera punta di diamante dell’abusivismo edilizio nella zona rossa Vesuvio. 

sabato 31 maggio 2014

Rischio Vesuvio: la soap opera del pericolo...di Malko




“Rischio Vesuvio: la soap opera del pericolo… “ di MalKo

La piega che stanno prendendo gli avvenimenti che riguardano il rischio Vesuvio ancora non sembra quella giusta. Il goffo tentativo di far quadrare il cerchio della sicurezza con altri interessi meno nobili, sta esponendo un gran numero di persone a un evento da cigno nero, in modo direttamente proporzionale e nella migliore delle ipotesi al passare dei decenni. Alla base di tutto l’incapacità degli amministratori nel gestire il territorio secondo semplici regole di prevenzione. Giorno dopo giorno la sagra delle zone rosse ad andamento variabile e dei piani d’emergenza a cucù, si arricchisce di nuovi colpi di scena, come la più seguita delle soap opera televisive…
La vecchia zona rossa (Fig.A) composta da 18 comuni, era criticata perché i confini dell’area a maggior rischio seguivano quelli amministrativi comunali.  E’ stata così adottata a cura della commissione grandi rischi, una nuova perimetrazione basata su una soglia scientifica offerta dalla famosa linea nera Gurioli. Un tracciato e non una barriera, che circoscrive un perimetro vulcanico entro il quale bisogna annoverare la possibilità che sia invaso e superato dai flussi piroclastici in caso di eruzione pliniana… solo invaso se l’evento è sub pliniano.
Per tracciare la linea Gurioli sono state eseguite indagini sul campo utili per marcare i punti di massimo scorrimento raggiunti dalle colate piroclastiche staccatesi dal cratere sommitale durante le eruzioni di una certa portata (VEI 4), ma non quelle massime conosciute… I punti di fine corsa sono stati poi uniti sulle mappe, così come si fa con alcuni   passatempi enigmistici,per dare forma a una 


linea e ancora a un’area di massima pericolosità chiamata zona rossa 1, che circoscrive il Vesuvio toccando o tagliando ben 25 comuni della metropoli partenopea. La zona rossa 1 sarebbe quella vermiglio, la più pericolosa, quella dove possono abbattersi i micidiali flussi piroclastici.
La linea Gurioli sovrapponendosi alla vecchia zonazione rossa (fig.B) non ha coinciso ovviamente con i confini amministrativi, creando delle sperequazioni territoriali che non hanno migliorato di molto le discrepanze precedenti, e creandone  addirittura altre di segno opposto…
Per cercare di chiarire al meglio i concetti che riguardano questo guazzabuglio burocratico, bisogna guardare il disegno in (fig. X) che riporta a mo’ d’esempio le aree di due ipotetici comuni (A e B) di fresca nomina toccati o trapassati dalla linea nera Gurioli.  La norma inizialmente prevedeva per tali municipalità la classificazione immediata e totale di tutta la superficie in zona rossa 1, anche per la parte eccedente la black line.  Agli stessi comuni però, è stato poi consentito entro il 31 marzo 2013, di modificare il confine della zona rossa 1 segnato dalla linea nera Gurioli, in modo da evitare che passasse su luoghi anonimi e vaghi preferendo piuttosto elementi noti come strade e canali e acquedotti, per favorire una maggiore riconoscibilità dei limiti d’invasione dei flussi piroclastici. Con tale arbitrio, si offriva ai comuni la possibilità di decidere quali parti di territorio sacrificare alla zona rossa 1. L’unico vincolo per tale rivisitazione ovviamente, consisteva nel presupposto che la linea Gurioli può dilatarsi e ampliarsi (assumendola concettualmente come limite di pericolo e non di deposito) ma non restringersi verso il monte.
Sussiste una differenza però: continuando con l’esempio, guardate la figura Y. I nostri due ipotetici comuni (A) e (B) che potrebbero ad esempio essere Napoli (A) e Poggiomarino (B), sono riusciti in qualche modo, “lucrando” sulla fascia di rispetto, a far coincidere o quasi la zona rossa 1 con la linea nera Gurioli.
Al di là della zona rossa 1 però, il comune (A) vede il proprio territorio in zona gialla e quello del comune (B) in zona rossa 2.
Nello scenario vesuviano tutto quello che è fuori dalla zona rossa o R1, vecchia o nuova che sia, è automaticamente in zona gialla, ad eccezione del settore circolare che in figura definisce appunto l’area R2, posta a est del Vesuvio e su cui dobbiamo concentrare tutta la nostra attenzione.



Il settore circolare R2 (colorato in marrone), identifica la zona che in caso di eruzione può essere soggetta a una considerevole pioggia di cenere e lapilli che potrebbe raggiungere intensità tali da rendere impossibile la permanenza dei cittadini in loco e già nelle prime fasi dell’eruzione. Crollo dei tetti, amplificazione degli effetti sismici dovuti all’innaturale peso sulle coperture e fastidi anche serissimi alla respirazione e alla vista, non consentirebbero infatti di “imbastire” un’evacuazione sul momento e in un contesto di panico diffuso. Già il panico: quello che i pianificatori non trattano nelle loro dotte disquisizioni. Quando il Vesuvio incomincerà a vibrare anche tra un secolo o due, ci sarà una ressa infernale e le statistiche serviranno a poco, perché tutti vorranno mettere quanta più distanza è possibile tra loro e l’incognita (VEI 3,4,5…?) che sarà svelata solo a eruzione fatta.
Il settore circolare R2 è quello dove statisticamente il fenomeno della pioggia di prodotti piroclastici potrebbe abbattersi pericolosamente, in ragione dei venti stratosferici dominanti. Non è un caso, infatti, che nei primi anni ’90 il comune di Poggiomarino era già contemplato tra i comuni a rischio vulcanico da zona rossa: lo dicevano e lo dicono le spesse coltri di lapillo nelle campagne… Per quanto riguarda le sperequazioni territoriali, non è assurda  l’ipotesi che anche il  comune di Striano dovrebbe entrare in zona rossa 2 così come una parte di Sarno.
Le zone pericolose sono diventate due: la zona rossa 1 e la zona rossa 2. Questo spiega perché il piano d’evacuazione dovrà essere esteso ai 25 comuni della zona rossa totale, così come previsto dagli atti ufficiali. Quindi non già un'estensione della tradizionale zona rossa ma l'inserimento di un ulteriore settore a rischio.


Per capire meglio il bailamme delle zone e le varie furberie che accompagnano le scelte e le non scelte di una certa classe politica, è necessario ripartire dalla legge Regionale Campania N° 21 del 10/12/2003, che proibisce qualsiasi attività edile per uso residenziale nei territori a maggior rischio vulcanico.
Nella figura Y, si apprezza la zona rossa 1 (R1) che è quella come detto d’inedificabilità totale. La zona rossa 2 (R2) compresa nel settore circolare invece, è stata classificata meno pericolosa... Non tanto, però, da non sancirne l’evacuazione in caso di allarme vulcanico. Ovviamente tutto questo architettismo zonale è stato elucubrato per evitare la mannaia della legge sull’inedificabilità residenziale preventiva almeno nella zona Rossa 2, dove  si può allegramente continuare a fabbricare a ridosso della linea Gurioli, magari con lo spiovente, e con un'anta della finestra che all'apertura supera la linea nera...



Ciò che lascia veramente perplessi è la totale assenza di politiche di prevenzione. Se la comunità scientifica ha sancito che nel breve - medio termine eventuali flussi piroclastici statisticamente e non matematicamente non dovrebbero dilagare oltre la linea nera Gurioli, ciò non vale per gli anni a venire. Secondo alcune logiche commisurate ai tempi di quiescenza, la linea Gurioli che non è un limite di pericolo ma è stata utilizzata come tale, si sposterà in avanti col passare degli anni. E I decenni, si badi bene, non sono eternità…
Se da un lato discutiamo sulla perimetrazione della zona rossa 2, d’altra parte ci sono popolosi comuni come Portici, Ercolano o Torre del Greco che sono ubicati e per tutto il perimetro amministrativo in zona a totale invasione dei flussi piroclastici. Per loro l’unica chance di salvezza è un efficace piano d’evacuazione che al momento non c'è.
La recentissima sentenza del TAR che da ragione al comune di Boscoreale che vuole metà territorio in zona rossa 2, ha determinato un precedente che sarà seguito da altre municipalità portando a un restringimento della zona rossa. Ovviamente i giudici non sono esperti di vulcani e di emergenza e di pianificazione del territorio, e quindi non potevano sentenziare diversamente.
Pensate però, che mentre la zona Rossa 1 diventa micidiale con eruzioni di tipo VEI 4 e VEI 5 (indice di esplosività vulcanica), la zona Rossa 2 diventa pericolosa e,quindi, da evacuare già a un livello eruttivo minore (VEI 3). Un’intensità  ritenuta tra l’altro come la più probabile nel  medio termine…
 
Il Prefetto Gabrielli ha presentato in commissione ambiente al senato una buona relazione sullo stato dell’arte a proposito del rischio vulcanico in Campania e sui fondali tirrenici. Il capo dipartimento alla fine delle sue disquisizioni, sembra che abbia lasciato intendere con qualche misuratissima parola, che le amministrazioni locali forse non fanno per intero il loro dovere. Un modo per dire che le inefficienze non possono essere imputate solo allo Stato centrale. Il nostro pensiero è completamente diverso e riteniamo il Dipartimento della Protezione Civile responsabile della mancanza di sicurezza in area vesuviana e non da oggi.  Il ruolo di centralità che compete al noto dicastero nella stesura del piano di emergenza nazionale Vesuvio, che doveva comprendere anche quello di evacuazione, è difficilissimo scaricarlo  altrove. 

Nella commissione al senato il Prefetto Gabrielli avrebbe dovuto togliersi la scarpa e batterla sul tavolo, per dire che il primo anello della sicurezza è la prevenzione, e non può esserci gioco o indifferenza politica  in un contesto areale dove ogni malaccorta mossa può rivelarsi un azzardo per migliaia e migliaia di persone...