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giovedì 27 aprile 2017

Rischio Vesuvio: tsunami cementizio su Volla... di MalKo


Vesuvio da Napoli


Le ultime valutazioni del mondo scientifico circa la determinazione delle aree a maggior rischio vulcanico, hanno stabilito per il Vesuvio l’adozione della linea nera Gurioli quale limite d’invasione dei flussi piroclastici per eruzioni di livello intermedio energeticamente valutate con un indice di esplosività vulcanica (VE) 4 similmente sub pliniane. Tutto ciò che è all’interno di questo segmento curvilineo quindi, può essere spazzato via dalle terribili e micidiali nubi ardenti, cioè il fenomeno vulcanico più temuto in assoluto.

La linea Gurioli rappresenta allora il perimetro della zona ad alta pericolosità vulcanica. Una certificazione che è anche un azzardo statistico però, perché si basa sulla discutibile certezza che la prossima eruzione del Vesuvio non supererà il livello intensivo di una sub pliniana…

L’azzardo è tutto racchiuso in questo limite di deposito (linea Gurioli) trasformato in un limite di pericolo. Il problema grosso è che nella storia eruttiva del Vesuvio si contano anche alcune pliniane (VEI 5), come quella arcinota che seppellì Pompei circa 2000 anni fa, o quella che distrusse a nord gli insediamenti dell’età del bronzo approssimativamente 4000 anni fa. Eruzioni potentissime, i cui flussi piroclastici superarono di gran lunga l’attuale linea nera.

La demarcazione del limite di propagazione delle nubi ardenti ha assunto una valenza assurdamente deterministica, come se gli scienziati avessero colto dal profondo sottosuolo vesuviano, tutti gli elementi necessari per dare un valore quantitativo e qualitativo al magma stipato nelle camere magmatiche o nell’unica camera magmatica a circa 8 chilometri di profondità, fino al punto da poterne determinare con precisione il valore dirompente. La realtà è ben diversa e i limiti di una camera magmatica si colgono in una misura approssimata soprattutto sui contorni, perché i metodi d’indagine sono indiretti e quindi non privi d’incertezza interpretativa.

In assenza di elementi pragmatici, si è lasciato spazio al gioco statistico le cui percentuali non potranno mai darci la sicurezza matematica su quale sarà la reale tipologia eruttiva della prossima eruzione del Vesuvio. Eruzione, ricordiamo, che in ogni caso non potrà mai essere una fedele replica di quelle precedenti pur nel caso in cui le tecniche di previsione dovessero cogliere l’insorgere di energie con stima VEI 4. Le eruzioni vesuviane molto spesso si caratterizzano con un nome (Avellino; Pompei; Mercato; Pollena; Ottaviano) per alcune singolari caratteristiche certamente legate al livello energetico o al fenomeno predominante e ancora al livello di coinvolgimento del territorio interessato e ai prodotti aspersi, a testimonianza del fatto che ogni eruzione fa storia a sé stante.
Per poter meglio comprendere il concetto d’indeterminatezza della faccenda, ci aiutiamo con un esempio: se noi buttiamo più volte il contenuto di un secchio d’acqua in aria sopra la nostra testa, il liquido ricadrà e ci colpirà e si propagherà ad ogni secchiata con rivoli dall’andamento sempre dissimili… Se le secchiate sono poche è difficile ricreare una statistica particolarmente attendibile sul percorso delle lingue d’acqua, soprattutto se non conosciamo in anticipo se nel secchio ci sono 3, 4 o  5 litri di liquido e non sappiamo neanche l’altezza che raggiungerà l’acqua aspersa in cielo dalla nostra energia di lancio sempre diversa… e che può essere una VEI 3,9 oppure una VEI 4,2 una VEI 5 ecc.



In questo contesto non suffragato da certezze, il modus operandi delle istituzioni competenti sbilanciate interamente sul dato statistico utilizzato in senso deterministico, ha creato le basi per minare anche le auspicate pratiche di prevenzioni delle catastrofi che in ogni caso e purtroppo già non ci sono.

Entrando nel merito, l’immagine sottostante ci consente di apprezzare intanto il percorso della linea nera Gurioli e il tratto viola che rappresenta e circoscrive l’area entro la quale vige il divieto di edificare nel senso residenziale (zona rossa 1).


A sud est il segmento nero trapassa solo di qualche metro il comune di Scafati. Ebbene, in questo comune è possibile rilasciare licenze edilizie nonostante il fatto che in caso di allarme vulcanico bisognerà scappare gambe in spalla. Il comune di Scafati infatti, è classificato come zona rossa 2 perché in caso di ripresa dell’attività eruttiva sarà molto probabilmente bombardato da cenere e lapilli proiettati in aria dal vulcano e spinti ad est dalla direzione dei venti predominanti. Una situazione altamente critica che tra l’altro si verificherebbe in seno a qualsiasi tipo di eruzione: VEI 3, VEI 4 o VEI 5…

Poggiomarino invece, ha fatto un vero capolavoro apparentemente di pseudo furbizia: gli amministratori hanno stabilito una fascia di rispetto dalla linea nera Gurioli, talmente insignificante da coincidere quasi con la stessa linea nera. Mentre la regola prevedeva di utilizzare strade, fiumi o altro elemento di chiara determinazione geografica per tracciare una fascia di rispetto, la comunità amministrativa poggiomarinese ha utilizzato addirittura i confini poderali e infra poderali, praticamente intangibili, per riformulare il perimetro a rischio secondo la loro visione garantista a fronte delle imponderabilità vulcaniche. In altre parole la vera garanzia che si sono cercata, è stata solo quella di evitare su quanta più terra è possibile, la mannaia della legge 21 del 2003 che comporta la inedificabilità residenziale nelle zone classificate ad alto rischio vulcanico. E’ quasi inutile aggiungervi che a Poggiomarino, alla stregua di Scafati, si costruisce al di là della linea nera con licenza edilizia.

Spostiamoci adesso a nord ovest nel comune di Volla. Come vedete le caratteristiche sono simili a quelle di Scafati. Questo comune però, non rientra in alcuna catalogazione di rischio vulcanico. Probabilmente gode di un beneficio indiretto dettato dalla necessità politica di tenere fuori il segmento partenopeo comprendente per intero le municipalità di San Giovanni a Teduccio, Barra e Ponticelli. Infatti, Se avessero classificato come in effetti avrebbero dovuto, questi tre quartieri napoletani in zona rossa 1, alla stregua avrebbero dovuto inserire anche Volla. Stessa logica ma inversa se avessero considerato Volla zona rossa…

Cosa comporta l’esercizio di classificare il territorio secondo le logiche della politica è presto detto. Assumendo l’eruzione VEI 4 come quella massima possibile e, quindi, la linea nera Gurioli come un limite di pericolo certo, su Volla si è abbattuto, come recita il testo giornalistico, un vero tsunami di cemento

Che non si possa costruire una muraglia di appartamenti a ridosso della linea nera Gurioli doveva e dovrebbe essere una considerazione frutto del buon senso e della logica protettiva. Tra alcuni anni la scienza e anche quella che autorevolmente occupa le posizioni apicali all’interno della commissione grandi rischi, si accorgerà che oltre a tracciare una linea nera Gurioli si sarebbe dovuto parimenti segnare un ulteriore segmento più ampio del precedente, quale fascia di rispetto capace di colmare il fossato delle incongruenze statistiche e anche territoriali circa i territori percorribili dai flussi piroclastici o bombardati dalla ricaduta di cenere e lapilli.

La scienza avrebbe dovuto inoltre levare alta la sua voce sulle necessità di adoperarsi di prevenzione per scongiurare le catastrofi, senza limitarsi a dire che più tempo passa e più l’eruzione sarà violenta. Se così fosse, bisognava e bisogna dare un peso alle parole… e muoversi di conseguenza senza doversi piangere addosso, fra 100 anni, per gli errori commessi dalla politica e da una scienza afona che presenteranno l’assurdo conto di uno o più vulcani esplosivi sovrastati e asfissiati dalla megalopoli delle sirene...

C’è poi tutto il capitolo sull’abusivismo edilizio da sanare. Tutti i comuni e senza differenze, spingono (elezioni a breve) per una sanatoria generalizzata sull’abusivismo edilizio che costella anche il vesuviano zone rosse comprese. Lo Stato come valuterà il patrimonio abusivo ricadente anche nelle zone classificate ad alta pericolosità vulcanica?

L’argomento è complesso e cercheremo di trattarlo meglio nei prossimi articoli richiamando magari alcune proposte di qualche anno fa che prevedevano priorità nelle demolizioni; una proposta non soddisfacente perché non menzionava e non teneva in debito conto le criticità territoriali in cui l’abuso eventualmente ricadeva ovvero ricade…

mercoledì 11 marzo 2015

Rischio Vesuvio 2015: la zona gialla...di Malko


Eruzione Vesuvio 1944. Bombardieri americani B25 schierati a Terzigno  vengono flagellati
dalla pioggia di cenere e lapilli.
  Rischio Vesuvio 2015: la zona gialla, quella della pioggia 
di cenere e lapilli…” di MalKo

La zona gialla nelle mappe di pericolosità dettate dal rischio Vesuvio, identifica quella parte del territorio campano dove la ricaduta di cenere e lapillo potrebbe assumere intensità tali da costituire un serio problema per la tenuta statica delle coperture dei fabbricati che, a causa degli accumuli, potrebbero cedere con gravi conseguenze per gli abitanti ricoverati negli ambienti sottostanti.
Lo scenario massimo (VEI 4 - eruzione sub pliniana) adottato dal dipartimento della protezione civile su input dell'INGV, può considerarsi deterministico e prevede per il Vesuvio una colonna eruttiva di 10 - 15 chilometri che verrebbe imbrigliata dal vento soprattutto nella parte alta composta da materiali più leggeri e oramai con scarsa energia cinetica da contrapporre ai refoli. I lapilli, ma soprattutto la cenere, verrebbe così spinta e aspersa pure a notevole distanza dal cratere, con la conseguenza che si andrebbe a depositare anche sulle case in una misura influenzabile dalla direzione e dall’intensità del vento, dalla distanza degli agglomerati urbani dal cratere e dalla posizione dei fabbricati rispetto alla direttrice del vento passante per il cono sommitale (nell’esempio la linea celeste).

In siffatte condizioni e abbastanza velocemente (ore), si accumulerebbe tanto materiale piroclastico sui tetti, da costituire soprattutto se imbibito, un peso sufficientemente grande da compromettere seriamente la statica delle coperture in piano e delle terrazze.
Nelle zone sottovento, in ragione dell’intensità del vento e dell’altezza raggiunta dalla colonna eruttiva (nelle pliniane anche oltre 30 Km. di quota), si avrebbero precipitazioni intense di cenere ed altro particolato, che determinerebbero nelle aree maggiormente esposte un innaturale calare della notte. Si avrebbero poi difficoltà nell’orientamento a causa della coltre sottile che tutto ricoprirebbe, ma i danni da tenere in debito conto sarebbero soprattutto fisici laddove dovessero sprofondare i solai, e quelli all’apparato respiratorio e agli occhi, in assenza di protezione, con arrossamenti e lacrimazioni già nelle prime fasi eruttive a causa delle fini ceneri che potrebbero contenere a percentuali variabili prodotti nocivi di tutto rispetto come la silice e il fluoro.
I danni fisici per le popolazioni esposte sarebbero quindi commisurati alla concentrazione e al diametro delle particelle rocciose diffuse nell’aria, e al tempo di esposizione alla polvere vulcanica e alla sua composizione che è un dato forse stimabile per il Vesuvio. Certamente i danni alla salute avrebbero un’incidenza dipendente anche dalle condizioni fisiche iniziali degli esposti, con una platea più vulnerabile laddove composta da asmatici e allergici, vecchi e bambini. 
Le istruzioni dettate dalle autorità dipartimentali e regionali indicano per la popolazione della zona gialla esposta all’eventuale problema della massiccia ricaduta di cenere e lapilli, la necessità di permanere in luoghi riparati e chiusi, che abbiano però coperture capaci di sopportare il sovraccarico innaturale dettato dall’accumulo delle ceneri sui tetti. A tal proposito le indicazioni dipartimentali invitano i comuni a inquadrare e classificare finanche ogni singolo fabbricato, in ragione della resistenza delle coperture. Inoltre, e sempre a cura delle autorità locali, sarà necessario individuare edifici che, per caratteristiche costruttive, non temano i sovraccarichi e consentano ripari collettivi alle popolazioni da proteggere. Le avvertenze poi, consigliano di individuare luoghi dove poter ammassare i prodotti piroclastici rimossi dalle strade presumibilmente in un momento successivo all’evento.
Mappa 2015 - Zona Gialla a cura del Dipartimento della Protezione Civile
Sempre nella minuta che accompagna la cartografia tematica della zona gialla, si evidenzia in caso di eruzione la probabilità di black out elettrici, interruzione dei collegamenti telefonici, intasamento delle fogne, spegnimento dei motori e impercorribilità delle strade.
Da queste prime considerazioni dovrebbe risultare alquanto problematica l’attuazione dinamica del piano di evacuazione per alcuni settori della zona gialla con eruzione in corso. Il grosso problema che si presenterebbe in caso di ripresa eruttiva, è che già a distanza di alcune ore dal risveglio del vulcano, il settore sottovento potrebbe essere gravemente compromesso in termini strutturali, di viabilità e di impianti tecnologici che diverrebbero inutilizzabili, senza contare possibili scuotimenti sismici che minerebbero ulteriormente la resistenza dei fabbricati, laddove il tetto risulterebbe inusualmente appesantito.
Non si capisce bene quindi in un cotale inferno e in assenza di collegamenti anche radio che potrebbero essere compromessi, in che modo si fornirebbero precise e vitali informazioni alle popolazioni arroccate nei fabbricati. E in caso di situazione insostenibile, in che modo si porterebbero via le persone dai settori maggiormente colpiti della zona gialla, posti all’interno della curva di isocarico da 300 kg a metro quadro di cenere, cioè con spessori al suolo superiori ai 30 centimetri in una condizione operativa ambientale tra l’altro proibitiva pure per gli elicotteri.
Nell’immagine d’apertura risalente al mese di marzo 1944, si vedono i bombardieri americani B-25 schierati sul campo d’aviazione ubicato tra Terzigno e Poggiomarino, danneggiati e bloccati da cenere e lapilli per un improvviso cambiamento dello stile eruttivo del Vesuvio che diede luogo a una colonna sostenuta di circa 5 chilometri che asperse in quella direzione il suo gravame piroclastico.

I nostri lettori sanno che dopo la zona rossa e la zona gialla manca all’appello ancora un tassello del mosaico a tema il rischio Vesuvio: la zona blu. 
Ubicata a nord – est del Vesuvio, comprende una serie di comuni che potrebbero subire intensi allagamenti, dovuti alla posizione areale depressa che pare tocchi un massimo nella conca di Nola, proprio nei pressi del vulcano buono…. 
Nola - Il vulcano buono
Si stimano altezza delle acque di circa due metri… Il comune di Nola ha una particolarità: il suo territorio comprende la zona rossa, quella gialla e quella blu.  Ai piani terra? Solo garage all’ombra di tetti spioventi…

sabato 31 maggio 2014

Rischio Vesuvio: la soap opera del pericolo...di Malko




“Rischio Vesuvio: la soap opera del pericolo… “ di MalKo

La piega che stanno prendendo gli avvenimenti che riguardano il rischio Vesuvio ancora non sembra quella giusta. Il goffo tentativo di far quadrare il cerchio della sicurezza con altri interessi meno nobili, sta esponendo un gran numero di persone a un evento da cigno nero, in modo direttamente proporzionale e nella migliore delle ipotesi al passare dei decenni. Alla base di tutto l’incapacità degli amministratori nel gestire il territorio secondo semplici regole di prevenzione. Giorno dopo giorno la sagra delle zone rosse ad andamento variabile e dei piani d’emergenza a cucù, si arricchisce di nuovi colpi di scena, come la più seguita delle soap opera televisive…
La vecchia zona rossa (Fig.A) composta da 18 comuni, era criticata perché i confini dell’area a maggior rischio seguivano quelli amministrativi comunali.  E’ stata così adottata a cura della commissione grandi rischi, una nuova perimetrazione basata su una soglia scientifica offerta dalla famosa linea nera Gurioli. Un tracciato e non una barriera, che circoscrive un perimetro vulcanico entro il quale bisogna annoverare la possibilità che sia invaso e superato dai flussi piroclastici in caso di eruzione pliniana… solo invaso se l’evento è sub pliniano.
Per tracciare la linea Gurioli sono state eseguite indagini sul campo utili per marcare i punti di massimo scorrimento raggiunti dalle colate piroclastiche staccatesi dal cratere sommitale durante le eruzioni di una certa portata (VEI 4), ma non quelle massime conosciute… I punti di fine corsa sono stati poi uniti sulle mappe, così come si fa con alcuni   passatempi enigmistici,per dare forma a una 


linea e ancora a un’area di massima pericolosità chiamata zona rossa 1, che circoscrive il Vesuvio toccando o tagliando ben 25 comuni della metropoli partenopea. La zona rossa 1 sarebbe quella vermiglio, la più pericolosa, quella dove possono abbattersi i micidiali flussi piroclastici.
La linea Gurioli sovrapponendosi alla vecchia zonazione rossa (fig.B) non ha coinciso ovviamente con i confini amministrativi, creando delle sperequazioni territoriali che non hanno migliorato di molto le discrepanze precedenti, e creandone  addirittura altre di segno opposto…
Per cercare di chiarire al meglio i concetti che riguardano questo guazzabuglio burocratico, bisogna guardare il disegno in (fig. X) che riporta a mo’ d’esempio le aree di due ipotetici comuni (A e B) di fresca nomina toccati o trapassati dalla linea nera Gurioli.  La norma inizialmente prevedeva per tali municipalità la classificazione immediata e totale di tutta la superficie in zona rossa 1, anche per la parte eccedente la black line.  Agli stessi comuni però, è stato poi consentito entro il 31 marzo 2013, di modificare il confine della zona rossa 1 segnato dalla linea nera Gurioli, in modo da evitare che passasse su luoghi anonimi e vaghi preferendo piuttosto elementi noti come strade e canali e acquedotti, per favorire una maggiore riconoscibilità dei limiti d’invasione dei flussi piroclastici. Con tale arbitrio, si offriva ai comuni la possibilità di decidere quali parti di territorio sacrificare alla zona rossa 1. L’unico vincolo per tale rivisitazione ovviamente, consisteva nel presupposto che la linea Gurioli può dilatarsi e ampliarsi (assumendola concettualmente come limite di pericolo e non di deposito) ma non restringersi verso il monte.
Sussiste una differenza però: continuando con l’esempio, guardate la figura Y. I nostri due ipotetici comuni (A) e (B) che potrebbero ad esempio essere Napoli (A) e Poggiomarino (B), sono riusciti in qualche modo, “lucrando” sulla fascia di rispetto, a far coincidere o quasi la zona rossa 1 con la linea nera Gurioli.
Al di là della zona rossa 1 però, il comune (A) vede il proprio territorio in zona gialla e quello del comune (B) in zona rossa 2.
Nello scenario vesuviano tutto quello che è fuori dalla zona rossa o R1, vecchia o nuova che sia, è automaticamente in zona gialla, ad eccezione del settore circolare che in figura definisce appunto l’area R2, posta a est del Vesuvio e su cui dobbiamo concentrare tutta la nostra attenzione.



Il settore circolare R2 (colorato in marrone), identifica la zona che in caso di eruzione può essere soggetta a una considerevole pioggia di cenere e lapilli che potrebbe raggiungere intensità tali da rendere impossibile la permanenza dei cittadini in loco e già nelle prime fasi dell’eruzione. Crollo dei tetti, amplificazione degli effetti sismici dovuti all’innaturale peso sulle coperture e fastidi anche serissimi alla respirazione e alla vista, non consentirebbero infatti di “imbastire” un’evacuazione sul momento e in un contesto di panico diffuso. Già il panico: quello che i pianificatori non trattano nelle loro dotte disquisizioni. Quando il Vesuvio incomincerà a vibrare anche tra un secolo o due, ci sarà una ressa infernale e le statistiche serviranno a poco, perché tutti vorranno mettere quanta più distanza è possibile tra loro e l’incognita (VEI 3,4,5…?) che sarà svelata solo a eruzione fatta.
Il settore circolare R2 è quello dove statisticamente il fenomeno della pioggia di prodotti piroclastici potrebbe abbattersi pericolosamente, in ragione dei venti stratosferici dominanti. Non è un caso, infatti, che nei primi anni ’90 il comune di Poggiomarino era già contemplato tra i comuni a rischio vulcanico da zona rossa: lo dicevano e lo dicono le spesse coltri di lapillo nelle campagne… Per quanto riguarda le sperequazioni territoriali, non è assurda  l’ipotesi che anche il  comune di Striano dovrebbe entrare in zona rossa 2 così come una parte di Sarno.
Le zone pericolose sono diventate due: la zona rossa 1 e la zona rossa 2. Questo spiega perché il piano d’evacuazione dovrà essere esteso ai 25 comuni della zona rossa totale, così come previsto dagli atti ufficiali. Quindi non già un'estensione della tradizionale zona rossa ma l'inserimento di un ulteriore settore a rischio.


Per capire meglio il bailamme delle zone e le varie furberie che accompagnano le scelte e le non scelte di una certa classe politica, è necessario ripartire dalla legge Regionale Campania N° 21 del 10/12/2003, che proibisce qualsiasi attività edile per uso residenziale nei territori a maggior rischio vulcanico.
Nella figura Y, si apprezza la zona rossa 1 (R1) che è quella come detto d’inedificabilità totale. La zona rossa 2 (R2) compresa nel settore circolare invece, è stata classificata meno pericolosa... Non tanto, però, da non sancirne l’evacuazione in caso di allarme vulcanico. Ovviamente tutto questo architettismo zonale è stato elucubrato per evitare la mannaia della legge sull’inedificabilità residenziale preventiva almeno nella zona Rossa 2, dove  si può allegramente continuare a fabbricare a ridosso della linea Gurioli, magari con lo spiovente, e con un'anta della finestra che all'apertura supera la linea nera...



Ciò che lascia veramente perplessi è la totale assenza di politiche di prevenzione. Se la comunità scientifica ha sancito che nel breve - medio termine eventuali flussi piroclastici statisticamente e non matematicamente non dovrebbero dilagare oltre la linea nera Gurioli, ciò non vale per gli anni a venire. Secondo alcune logiche commisurate ai tempi di quiescenza, la linea Gurioli che non è un limite di pericolo ma è stata utilizzata come tale, si sposterà in avanti col passare degli anni. E I decenni, si badi bene, non sono eternità…
Se da un lato discutiamo sulla perimetrazione della zona rossa 2, d’altra parte ci sono popolosi comuni come Portici, Ercolano o Torre del Greco che sono ubicati e per tutto il perimetro amministrativo in zona a totale invasione dei flussi piroclastici. Per loro l’unica chance di salvezza è un efficace piano d’evacuazione che al momento non c'è.
La recentissima sentenza del TAR che da ragione al comune di Boscoreale che vuole metà territorio in zona rossa 2, ha determinato un precedente che sarà seguito da altre municipalità portando a un restringimento della zona rossa. Ovviamente i giudici non sono esperti di vulcani e di emergenza e di pianificazione del territorio, e quindi non potevano sentenziare diversamente.
Pensate però, che mentre la zona Rossa 1 diventa micidiale con eruzioni di tipo VEI 4 e VEI 5 (indice di esplosività vulcanica), la zona Rossa 2 diventa pericolosa e,quindi, da evacuare già a un livello eruttivo minore (VEI 3). Un’intensità  ritenuta tra l’altro come la più probabile nel  medio termine…
 
Il Prefetto Gabrielli ha presentato in commissione ambiente al senato una buona relazione sullo stato dell’arte a proposito del rischio vulcanico in Campania e sui fondali tirrenici. Il capo dipartimento alla fine delle sue disquisizioni, sembra che abbia lasciato intendere con qualche misuratissima parola, che le amministrazioni locali forse non fanno per intero il loro dovere. Un modo per dire che le inefficienze non possono essere imputate solo allo Stato centrale. Il nostro pensiero è completamente diverso e riteniamo il Dipartimento della Protezione Civile responsabile della mancanza di sicurezza in area vesuviana e non da oggi.  Il ruolo di centralità che compete al noto dicastero nella stesura del piano di emergenza nazionale Vesuvio, che doveva comprendere anche quello di evacuazione, è difficilissimo scaricarlo  altrove. 

Nella commissione al senato il Prefetto Gabrielli avrebbe dovuto togliersi la scarpa e batterla sul tavolo, per dire che il primo anello della sicurezza è la prevenzione, e non può esserci gioco o indifferenza politica  in un contesto areale dove ogni malaccorta mossa può rivelarsi un azzardo per migliaia e migliaia di persone...