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mercoledì 24 novembre 2021

Rischio vulcanico ai Campi Flegrei: la zona rossa 2? ...di Malko

 


La dott.ssa Bianco, dirigente dell’osservatorio vesuviano, in una recente intervista ha chiarito che i terremoti a bassissima intensità registrati nei Campi Flegrei, sono legati al fenomeno del bradisismo che nell’area del Rione Terra ha superato gli 80 centimetri. Non c’è nulla da temere nell’immediato, ripete, così come la bassissima energia dei sismi non dovrebbe preoccupare neanche da un punto di vista della staticità degli edifici, soprattutto se questi non sono particolarmente fatiscenti. Chi vive in quest’area, prosegue la scienziata, in ogni caso deve avere contezza del dove vive, e deve essere pronta ad evacuare all’occorrenza, osservando le istruzioni di un piano di emergenza che, assicura, esiste! Quest’ultima affermazione rilasciata come pillola finale non richiesta di verità inconfutabile, forse è frutto dello zelo, ovvero del senso di appartenenza a un’organizzazione (Protezione Civile), più vasta e interistituzionale, che apprezza il sostegno ideologico al sistema. 

La nota pragmatica riassunta nel verbo esiste, forse serve a rispondere ai detrattori del piano di emergenza e di evacuazione flegreo, visto che qualcuno ritiene il documento di base sottostimato per l’assunzione di scenari eruttivi inadeguati alla incognita vulcanica, e qualcun altro è scettico sull’efficacia di un piano evacuativo basato su criteri tutto sommato da esercizio aritmetico disconnesso dalla realtà territoriale. Che ci sia un corposo dossier agli atti chiamato piano di evacuazione a fronte del rischio vulcanico nei Campi Flegrei, non ci sono dubbi ed è depositato nei cassetti comunali da alcuni anni. Che nelle pagine del piano di “allontanamento” siano indicate le migliori soluzioni per mettere in salvo all’occorrenza i 550.000 cittadini che affollano il flegreo, è opinabile ma non per le istituzioni che rifuggono dalle critiche serrando le file. 

La base di partenza per la stesura di un piano di emergenza, è la determinazione delle fenomenologie pericolose che accompagnano l’eruzione, e le zone dove queste energie deleterie per la vita umana possono abbattersi. A fronte del rischio eruttivo, il Vesuvio e i Campi Flegrei hanno molte similitudini legate alla comune indole esplosiva, come ad esempio la concreta possibilità che si generino correnti piroclastiche e da subito una massiccia pioggia di cenere e lapilli. La zona invadibile dalle correnti piroclastiche (R1), viene circoscritta e inquadrata come zona rossa ad alta pericolosità vulcanica. Il settore (R2), invece, appena fuori portata dei flussi piroclastici e in linea con i venti predominanti che soffiano generalmente e statisticamente verso est, per il fatto di essere sottoposto per un buon tratto alla nutrita pioggia di cenere e lapilli, deve essere parimenti evacuato contemporaneamente alla zona rossa fuoco (R1). Nella mappa in basso rappresentante l’area vesuviana, si nota la zona rossa 1 (R1), la rossa 2 (R2) con qualche buco (n.d.r.), la zona blu a nord e quella gialla ad estensione variabile.



I motivi per i quali si deve abbandonare la zona rossa 2 con la stessa velocità di fuga dalla zona rossa 1, sono racchiusi nell'immediatezza del fenomeno di ricaduta dei prodotti piroclastici, che si depositano al suolo con spessori incalzanti di circa 15 centimetri ora, e la cui diffusione nell'aria comporta una perdita di visibilità, il possibile spegnimento dei motori e severe difficoltà respiratorie e agli occhi per il contatto con minuto materiale siliceo: tutti disagi a gravità variabile, soprattutto in danno a vecchi e bambini. 

La pioggia di piroclastiti sul centro storico di Napoli sarebbe preoccupante, calcolando una modesta resistenza dei piatti solai di copertura dei vecchi fabbricati, così come gli accumuli nelle strade che diventerebbero problematici soprattutto nei vicoli, tra l'altro comprendenti a volte abitazioni striminzite ubicate al piano terra e a fronte strada (bassi). 

Il piano di emergenza dei Campi Flegrei parte con una défaillance iniziale dettata dalla mancata determinazione della zona rossa 2 che non potrà fare a meno prima o poi di essere evidenziata, e che inevitabilmente dovrà comprendere il centro storico di Napoli e con esso i quartieri Pendino, Mercato, San Lorenzo e Vicaria, cioè quelli che ospitano la stazione centrale ferroviaria di piazza Garibaldi. Non si capisce allora  la tattica di salvaguardia, atteso che i cittadini di Pozzuoli non in grado di spostarsi con mezzi autonomi, secondo le indicazioni del piano dovranno essere trasportati con bus dai punti di attesa comunali all’area d’incontro individuata a piazza Garibaldi: da lì gli evacuati dovrebbero proseguire in treno per la Lombardia. L’area d’incontro intanto non dovrebbe corrispondere per strategia con un settore (zona rossa 2) a sua volta da evacuare tempestivamente… 

Nella figura in basso con un disegno esplicativo si è assunto a mo' d'esempio un centro eruttivo corrispondente a uno dei fuochi (a est) insiti nell'ellisse calderica flegrea. Nei documenti ufficiali è pubblicizzata la zona rossa 1 e gialla, mentre manca completamente la zona rossa 2.


La prima regola che doveva varare la politica nel flegreo, doveva essere quella di non implementare i fattori di rischio evitando innanzitutto che nelle zone ad alta pericolosità vulcanica, si continuino ad erigere fabbricati ad uso residenziale. Per l’area vesuviana è stata varata la legge anti cemento 21/2003 a firma di Bassolino: disposti in tutti i casi erosi dall’abusivismo e dai tentativi di mitigare le norme a cura di alcune cordate politiche. Per l’area dei Campi Flegrei, solo di recente “scoperta” come zona vulcanica, sul tema del vincolo anti cemento non si notano interessi civici, ma solo quelli affaristici legati alla spianata di Bagnoli: l’area ad altissimo rischio vulcanico offerta alla speculazione edilizia di lusso. Non ci sono politici che perorano degnamente questa causa perché non porta voti: meglio pubblicizzare le piste ciclabili allora, che hanno estimatori trasversali e il pregio racchiuso in un argomento che francamente non impone serrate battaglie intellettuali. 

Il dato da tener presente è che i Campi Flegrei e il Vesuvio sono posti quasi sullo stesso parallelo, forse su un'unica camera magmatica, a una distanza tra di loro risibile al punto che i due distretti vulcanici sono collegati da un servizio ferroviario metropolitano. In questo caso la statistica degli esposti deve fare i conti probabilistici non già con un solo apparato ma con due. 

Nel documentario Sotto il vulcano, trasmesso da Rai 2, si è palesata una buona organizzazione che comunque ad oggi ancora non supera le incognite del sottosuolo dal punto di vista della previsione delle eruzioni, anche se il documento filmato ha avuto il pregio di essere maggiormente pragmatico rispetto ad alcune dichiarazioni alla camomilla rilasciate da esperti del ramo. Oltre all'INGV e alla commissione grandi rischi, nell'entourage tecnico scientifico e amministrativo metropolitano, si contano figure competenti come la direttrice Bianco dell'osservatorio vesuviano, il prof. Rosi consigliere del Comune di Pozzuoli, il sindaco Manfredi di Napoli e Figliolia di Pozzuoli, così come l'assessore comunale alla protezione civile di Napoli, ing. Edoardo Cosenza, veterano del rischio vulcanico. Ebbene, forse è il caso che dette autorità forniscano elementi sulla zona rossa 2 flegrea, atteso che la prima curva di isocarico delle piroclastiti interessa inequivocabilmente il centro storico di Napoli.






 


giovedì 27 aprile 2017

Rischio Vesuvio: tsunami cementizio su Volla... di MalKo


Vesuvio da Napoli


Le ultime valutazioni del mondo scientifico circa la determinazione delle aree a maggior rischio vulcanico, hanno stabilito per il Vesuvio l’adozione della linea nera Gurioli quale limite d’invasione dei flussi piroclastici per eruzioni di livello intermedio energeticamente valutate con un indice di esplosività vulcanica (VE) 4 similmente sub pliniane. Tutto ciò che è all’interno di questo segmento curvilineo quindi, può essere spazzato via dalle terribili e micidiali nubi ardenti, cioè il fenomeno vulcanico più temuto in assoluto.

La linea Gurioli rappresenta allora il perimetro della zona ad alta pericolosità vulcanica. Una certificazione che è anche un azzardo statistico però, perché si basa sulla discutibile certezza che la prossima eruzione del Vesuvio non supererà il livello intensivo di una sub pliniana…

L’azzardo è tutto racchiuso in questo limite di deposito (linea Gurioli) trasformato in un limite di pericolo. Il problema grosso è che nella storia eruttiva del Vesuvio si contano anche alcune pliniane (VEI 5), come quella arcinota che seppellì Pompei circa 2000 anni fa, o quella che distrusse a nord gli insediamenti dell’età del bronzo approssimativamente 4000 anni fa. Eruzioni potentissime, i cui flussi piroclastici superarono di gran lunga l’attuale linea nera.

La demarcazione del limite di propagazione delle nubi ardenti ha assunto una valenza assurdamente deterministica, come se gli scienziati avessero colto dal profondo sottosuolo vesuviano, tutti gli elementi necessari per dare un valore quantitativo e qualitativo al magma stipato nelle camere magmatiche o nell’unica camera magmatica a circa 8 chilometri di profondità, fino al punto da poterne determinare con precisione il valore dirompente. La realtà è ben diversa e i limiti di una camera magmatica si colgono in una misura approssimata soprattutto sui contorni, perché i metodi d’indagine sono indiretti e quindi non privi d’incertezza interpretativa.

In assenza di elementi pragmatici, si è lasciato spazio al gioco statistico le cui percentuali non potranno mai darci la sicurezza matematica su quale sarà la reale tipologia eruttiva della prossima eruzione del Vesuvio. Eruzione, ricordiamo, che in ogni caso non potrà mai essere una fedele replica di quelle precedenti pur nel caso in cui le tecniche di previsione dovessero cogliere l’insorgere di energie con stima VEI 4. Le eruzioni vesuviane molto spesso si caratterizzano con un nome (Avellino; Pompei; Mercato; Pollena; Ottaviano) per alcune singolari caratteristiche certamente legate al livello energetico o al fenomeno predominante e ancora al livello di coinvolgimento del territorio interessato e ai prodotti aspersi, a testimonianza del fatto che ogni eruzione fa storia a sé stante.
Per poter meglio comprendere il concetto d’indeterminatezza della faccenda, ci aiutiamo con un esempio: se noi buttiamo più volte il contenuto di un secchio d’acqua in aria sopra la nostra testa, il liquido ricadrà e ci colpirà e si propagherà ad ogni secchiata con rivoli dall’andamento sempre dissimili… Se le secchiate sono poche è difficile ricreare una statistica particolarmente attendibile sul percorso delle lingue d’acqua, soprattutto se non conosciamo in anticipo se nel secchio ci sono 3, 4 o  5 litri di liquido e non sappiamo neanche l’altezza che raggiungerà l’acqua aspersa in cielo dalla nostra energia di lancio sempre diversa… e che può essere una VEI 3,9 oppure una VEI 4,2 una VEI 5 ecc.



In questo contesto non suffragato da certezze, il modus operandi delle istituzioni competenti sbilanciate interamente sul dato statistico utilizzato in senso deterministico, ha creato le basi per minare anche le auspicate pratiche di prevenzioni delle catastrofi che in ogni caso e purtroppo già non ci sono.

Entrando nel merito, l’immagine sottostante ci consente di apprezzare intanto il percorso della linea nera Gurioli e il tratto viola che rappresenta e circoscrive l’area entro la quale vige il divieto di edificare nel senso residenziale (zona rossa 1).


A sud est il segmento nero trapassa solo di qualche metro il comune di Scafati. Ebbene, in questo comune è possibile rilasciare licenze edilizie nonostante il fatto che in caso di allarme vulcanico bisognerà scappare gambe in spalla. Il comune di Scafati infatti, è classificato come zona rossa 2 perché in caso di ripresa dell’attività eruttiva sarà molto probabilmente bombardato da cenere e lapilli proiettati in aria dal vulcano e spinti ad est dalla direzione dei venti predominanti. Una situazione altamente critica che tra l’altro si verificherebbe in seno a qualsiasi tipo di eruzione: VEI 3, VEI 4 o VEI 5…

Poggiomarino invece, ha fatto un vero capolavoro apparentemente di pseudo furbizia: gli amministratori hanno stabilito una fascia di rispetto dalla linea nera Gurioli, talmente insignificante da coincidere quasi con la stessa linea nera. Mentre la regola prevedeva di utilizzare strade, fiumi o altro elemento di chiara determinazione geografica per tracciare una fascia di rispetto, la comunità amministrativa poggiomarinese ha utilizzato addirittura i confini poderali e infra poderali, praticamente intangibili, per riformulare il perimetro a rischio secondo la loro visione garantista a fronte delle imponderabilità vulcaniche. In altre parole la vera garanzia che si sono cercata, è stata solo quella di evitare su quanta più terra è possibile, la mannaia della legge 21 del 2003 che comporta la inedificabilità residenziale nelle zone classificate ad alto rischio vulcanico. E’ quasi inutile aggiungervi che a Poggiomarino, alla stregua di Scafati, si costruisce al di là della linea nera con licenza edilizia.

Spostiamoci adesso a nord ovest nel comune di Volla. Come vedete le caratteristiche sono simili a quelle di Scafati. Questo comune però, non rientra in alcuna catalogazione di rischio vulcanico. Probabilmente gode di un beneficio indiretto dettato dalla necessità politica di tenere fuori il segmento partenopeo comprendente per intero le municipalità di San Giovanni a Teduccio, Barra e Ponticelli. Infatti, Se avessero classificato come in effetti avrebbero dovuto, questi tre quartieri napoletani in zona rossa 1, alla stregua avrebbero dovuto inserire anche Volla. Stessa logica ma inversa se avessero considerato Volla zona rossa…

Cosa comporta l’esercizio di classificare il territorio secondo le logiche della politica è presto detto. Assumendo l’eruzione VEI 4 come quella massima possibile e, quindi, la linea nera Gurioli come un limite di pericolo certo, su Volla si è abbattuto, come recita il testo giornalistico, un vero tsunami di cemento

Che non si possa costruire una muraglia di appartamenti a ridosso della linea nera Gurioli doveva e dovrebbe essere una considerazione frutto del buon senso e della logica protettiva. Tra alcuni anni la scienza e anche quella che autorevolmente occupa le posizioni apicali all’interno della commissione grandi rischi, si accorgerà che oltre a tracciare una linea nera Gurioli si sarebbe dovuto parimenti segnare un ulteriore segmento più ampio del precedente, quale fascia di rispetto capace di colmare il fossato delle incongruenze statistiche e anche territoriali circa i territori percorribili dai flussi piroclastici o bombardati dalla ricaduta di cenere e lapilli.

La scienza avrebbe dovuto inoltre levare alta la sua voce sulle necessità di adoperarsi di prevenzione per scongiurare le catastrofi, senza limitarsi a dire che più tempo passa e più l’eruzione sarà violenta. Se così fosse, bisognava e bisogna dare un peso alle parole… e muoversi di conseguenza senza doversi piangere addosso, fra 100 anni, per gli errori commessi dalla politica e da una scienza afona che presenteranno l’assurdo conto di uno o più vulcani esplosivi sovrastati e asfissiati dalla megalopoli delle sirene...

C’è poi tutto il capitolo sull’abusivismo edilizio da sanare. Tutti i comuni e senza differenze, spingono (elezioni a breve) per una sanatoria generalizzata sull’abusivismo edilizio che costella anche il vesuviano zone rosse comprese. Lo Stato come valuterà il patrimonio abusivo ricadente anche nelle zone classificate ad alta pericolosità vulcanica?

L’argomento è complesso e cercheremo di trattarlo meglio nei prossimi articoli richiamando magari alcune proposte di qualche anno fa che prevedevano priorità nelle demolizioni; una proposta non soddisfacente perché non menzionava e non teneva in debito conto le criticità territoriali in cui l’abuso eventualmente ricadeva ovvero ricade…

martedì 10 giugno 2014

Rischio Vesuvio: la geologia dei forse... di Malko




“Il rischio Vesuvio e la geologia dei forse…” di MalKo

Il rischio Vesuvio è un argomento che può essere approcciato da diversi punti di vista e ovviamente con logiche che dipendono moltissimo dall’osservatore e da quello che si vuole dimostrare chiamando in causa il famoso gigante.
Ci sono alcuni aspetti oggettivamente problematici e di difficile risoluzione per chi tratta i piani d’emergenza, come l’imprevedibilità del fenomeno eruttivo, sia da un punto di vista del quando (Qd) avverrà che del quanto (Qe) energetica potrà essere la futura eruzione che nessuno esclude.
Due acronimi (Q) allora, quello del tempo e dell’energia, su cui gli scienziati di tutto il mondo si scervellano palesando pareri anche ben articolati ma mai suffragati da certezze matematiche, col risultato finale di un’abbondanza di forse.  Ovviamente trattandosi di argomenti in una certa misura opinabili per le incognite in gioco (un limite internazionale), in Italia e per i pericoli naturali si tiene conto più che del parere del singolo ricercatore, degli istituti a vocazione scientifica chiamati a soddisfare i bisogni istituzionali di consulenze. L’INGV ad esempio, risponde per la parte geologica assumendosi anche l’onere del monitoraggio di certi fenomeni, della ricerca e della sorveglianza vulcanica.
Poi succede come nel caso del terremoto dell’Aquila del 6 aprile 2009, che una commissione istituzionale di altissimo livello, una settimana prima del sisma rassicura frettolosamente la popolazione che vedrà in pochi giorni la propria città devastata proprio da quel terremoto che gli scienziati avevano escluso.
Il sistema istituzionale in questo caso non ha analizzato criticamente la catena degli eventi, ma ha serrato i ranghi e ha adottato l’exit strategy fornitagli da mass media amici che all’unisono hanno battuto grancassa sulla carta stampata, bollando la magistratura aquilana inquirente come medievale e inquisitrice, perché condanna a sei anni di reclusione la commissione grandi rischi. Di quella stavamo parlando…
Un attacco alla scienza! Condannati per non aver previsto il terremoto si gridò il giorno della sentenza. Inquisizione medievale aggiunse qualcun altro… Tra questi l’ex ministro Clini, oggi forzatamente ai domiciliari, che attaccò la magistratura criticando processo e sentenza contro i luminari inviati all’Aquila da Guido Bertolaso. Nell’eloquio con i giornalisti, l’ex ministro dell’ambiente scomodò addirittura Galilei e gli eretici…
Quando avverrà un eruzione del Vesuvio non è dato saperlo. La scienza ufficiale riferisce che i segnali premonitori si avvertiranno con mesi di anticipo. Il problema è che le variazioni dei parametri controllati del vulcano potrebbero essere sintomi pre eruttivi ma anche semplici sommovimenti di riequilibrio delle dinamiche sotterranee. Differenze non da poco, perché nel secondo caso non ci sarebbe eruzione. Per discriminare e interpretare correttamente certi segnali è richiesta un’analisi comparativa e qualitativa dei dati strumentali su un periodo sufficientemente grande per capire il trend del fenomeno. Questo significa che se serve più tempo per decidere è necessario che ci sia meno tempo a disposizione per evacuare. Attualmente le autorità hanno indicato in settantadue ore la misura limite per mettersi in salvo dal Vesuvio all'occorrenza.
Per quanto riguarda l’intensità eruttiva che potrà caratterizzare un possibile risveglio del Vesuvio, le autorità scientifiche attraverso una relazione firmata da due ex direttori dell’Osservatorio Vesuviano (INGV), hanno indicato come probabile nel medio termine un’eruzione stromboliana violenta (VEI 3) o una sub pliniana (VEI 4). Un’eruzione pliniana (VEI 5) invece, come quelle di Avellino o di Pompei nel 79 D.C., è stata scartata sul nascere dagli esperti incaricati di aggiornare gli scenari futuribili, perché dicono, avrebbe un indice di accadimento non superiore all’1%.  Almeno per i prossimi 130 anni…
Nella malaugurata e remota ipotesi che dovessero sbagliarsi, un’eruzione VEI 5 investirebbe con i flussi piroclastici anche i territori posti oltre la linea Gurioli, e per un bel po’ di chilometri…

Gli scenari eruttivi 2014 sono stati aggiornati sulla base di considerazioni che in verità non sono molto dissimili da quelle precedenti. Il ventennio di commissioni e sotto commissioni e gruppi ha lavorato sostanzialmente sempre sulla stessa probabilità massima eruttiva che gira intorno a un’eruzione sub pliniana. Nel corso degli anni non abbiamo avuto stravolgimenti di fronti se non una sostanziale conferma dei limiti dell’attuale  zona rossa di prima fascia che non ha subito nel concreto e nel tempo variazioni notevoli.  
Le novità apportate negli anni consistono nell’introduzione della zona blu quale area soggetta ad allagamenti diffusi senza che alcuno vi dedicasse attenzione. Con la recente rivisitazione e a cura della commissione grandi rischi, è stata introdotta la linea nera Gurioli, che da limite di deposito delle colate piroclastiche è stata in realtà utilizzata impropriamente come limite di pericolo.
Altre novità di rilievo consistono nell’inserimento parziale di alcuni quartieri napoletani nella zona rossa e la perimetrazione del settore circolare orientale (R2), che definisce la zona marrone a maggiore rischio di ricaduta di cenere e lapillo durante i frangenti eruttivi. Tra l’altro, è difficile dimorando nella parte orientale del vulcano, non essere coinvolti da quest’ultimo fenomeno, non solo perché statisticamente i venti stratosferici soffiano in quella direzione, ma anche perché in tutte e tre le tipologie vulcaniche citate le precipitazioni piroclastiche sono una costante.
I distretti vulcanici della Provincia di Napoli sono tre e indipendenti tra loro, pur se sono in vista l’un dell’altro.  Questo significa che le statistiche eruttive con le percentuali assegnate a ogni singolo indice di esplosività vulcanica, potrebbero in un certo qual senso discostarsi fra loro o accavallarsi al punto da rendere la città di Napoli ad altissimo rischio.
La metropoli del Sole dovrebbe varare progetti di prevenzione perché i secoli passano e con essi aumenta il numero di abitanti che si stabilisce sui fertili suoli vulcanici. Gli architetti del territorio dovrebbero muoversi di prevenzione con progetti ineluttabilmente a lungo termine. Bisognerà utilizzare ogni mezzo per favorire l’urbanizzazione futura verso le province di Caserta e Benevento, proprio dove i rispettivi territori si congiungono con quelli di Napoli.  
La realizzazione in primis di sistemi di mobilità veloce da e per il capoluogo partenopeo, potrebbero spianare la strada a questi che potrebbero essere i nuovi indirizzi  insediativi.

I piani d’emergenza e, quindi d’evacuazione che verranno, si baseranno sul concetto del prevediamo di prevedere tre giorni prima l’incalzare dell’eruzione. La previsione della previsione insomma, che potrebbe racchiudere statisticamente un errore maggiore della sola  previsione. Un concetto che in ultima analisi potrebbe essere un chiaro monito a non tralasciare le politiche di  prevenzione.
La condanna della commissione grandi rischi all’Aquila è stata una faccenda maledettamente importante perché ha dato la misura di un brutto sistema dove la scienza è stata utilizzata come mazza per qualcuno e carota per tutti gli altri. Ma questo episodio per quanto drammatico è solo la punta  di un iceberg fatto di politica e di business, che galleggia su finanziamenti e incarichi e consulenze. La prova provata di questo sistema non proprio genuino ci viene esattamente dalla Campania. Gli scienziati avrebbero dovuto dire a gran voce che in zona rossa dovrebbero esserci solo alberi e che in quella gialla alberi e poche case. Invece la politica con la mediazione della scienza  si è inventata la zona rossa 2. Una zona dove bisogna scappare a gambe levate in caso di eruzione, ma dove è ancora possibile insediare abitanti e rilasciare licenze edilizie. Dall’altro lato, nei Campi Flegrei invece, è in corso la politica della trivella che affonderà lo scalpello rotante nel ventre calderico metropolitano, non per inseguire fluidi caldi dicono, ma spessori da carotare. Rischio zero hanno detto! Lo disse pure il capo ingegnere che guidò l’esercitazione nella centrale di Chernobyl il 26 aprile del 1986…
La politica di sicurezza nel vesuviano è un guazzabuglio secondo i collaudati principi del  “Facite ammuina”. Si confida segretamente sulle paure della popolazione che quando avvertirà i prodromi eruttivi scapperà volontariamente dall’area vesuviana senza attendere alcun ordine. Un’evacuazione fuori dagli schemi ovviamente,  non ha responsabili  e qualcuno potrebbe uscirne pure come eroe… 
La lapide di Portici, un’incisione marmorea incastonata in un basamento di piperno posto sulla pubblica via acchè i viandanti vesuviani la leggessero strada facendo, grazie anche alla lentezza dei carretti, è il primo manifesto di protezione civile. L’iscrizione risale al 1632: esattamente un anno dopo la terribile eruzione sub pliniana del 1631, quella che gli scienziati prevedono possa verificarsi se il Vesuvio dovesse porre fine alla sua annosa quiescenza nel medio termine e nella sua forma più intensa. Il testo scolpito (qui tradotto), dimostra la chiarezza delle autorità dell’epoca sul da farsi che così  recita:
Posteri! Posteri!
Si tratta di voi.
L’oggi illumina il domani con la sua luce. Ascoltate.
Venti volte da che è sorto il Sole se la storia non narra favole
il Vesuvio divampò sempre con immane sterminio di coloro
 che esitarono . Vi ammonisco perché non vi trovi incerti.
Questa montagna ha il ventre gravido di pece,
allume, ferro, zolfo, oro, argento,
salnitro e sorgenti d’acqua.
Prima o poi prende fuoco e con il concorso
del mare partorisce. Ma prima di partorire
si scuote e scuote il suolo. Fuma, s’arrossa, s’avvampa,
sconvolge orrendamente l’aria. Mugge, emette boati, tuona,
caccia  gli abitanti dalle zone vicine.
Fuggi finchè ne hai tempo. Ecco già lampeggia scoppia vomita
materia liquida mista a fuoco che si riversa precipitosa tagliando la via della fuga a chi si è attardato. Se ti raggiunge è finita. Sei morto.
In tal modo tanto più umano quanto più sovrabbondante (il fuoco), se temuto disprezza, se disprezzato punisce gli imprudenti e gli avari che hanno più care la casa e le suppellettili della vita. Se hai senno ascolta la voce di questa pietra.
Non preoccuparti del focolare. Non preoccuparti dei fagotti fuggi senza indugio.

Anno 1632, 16 Gennaio. Sotto il regno di Filippo IV Emanuele Fonseca y Zunica Conte di Monterey Vicerè