La dott.ssa Bianco, dirigente dell’osservatorio vesuviano, in una recente intervista ha chiarito che i terremoti a bassissima intensità registrati nei Campi Flegrei, sono legati al fenomeno del bradisismo che nell’area del Rione Terra ha superato gli 80 centimetri. Non c’è nulla da temere nell’immediato, ripete, così come la bassissima energia dei sismi non dovrebbe preoccupare neanche da un punto di vista della staticità degli edifici, soprattutto se questi non sono particolarmente fatiscenti. Chi vive in quest’area, prosegue la scienziata, in ogni caso deve avere contezza del dove vive, e deve essere pronta ad evacuare all’occorrenza, osservando le istruzioni di un piano di emergenza che, assicura, esiste! Quest’ultima affermazione rilasciata come pillola finale non richiesta di verità inconfutabile, forse è frutto dello zelo, ovvero del senso di appartenenza a un’organizzazione (Protezione Civile), più vasta e interistituzionale, che apprezza il sostegno ideologico al sistema.
La nota pragmatica riassunta nel verbo esiste, forse serve a rispondere ai detrattori del piano di emergenza e di evacuazione flegreo, visto che qualcuno ritiene il documento di base sottostimato per l’assunzione di scenari eruttivi inadeguati alla incognita vulcanica, e qualcun altro è scettico sull’efficacia di un piano evacuativo basato su criteri tutto sommato da esercizio aritmetico disconnesso dalla realtà territoriale. Che ci sia un corposo dossier agli atti chiamato piano di evacuazione a fronte del rischio vulcanico nei Campi Flegrei, non ci sono dubbi ed è depositato nei cassetti comunali da alcuni anni. Che nelle pagine del piano di “allontanamento” siano indicate le migliori soluzioni per mettere in salvo all’occorrenza i 550.000 cittadini che affollano il flegreo, è opinabile ma non per le istituzioni che rifuggono dalle critiche serrando le file.
La base di partenza per la stesura di un piano di emergenza, è la determinazione delle fenomenologie pericolose che accompagnano l’eruzione, e le zone dove queste energie deleterie per la vita umana possono abbattersi. A fronte del rischio eruttivo, il Vesuvio e i Campi Flegrei hanno molte similitudini legate alla comune indole esplosiva, come ad esempio la concreta possibilità che si generino correnti piroclastiche e da subito una massiccia pioggia di cenere e lapilli. La zona invadibile dalle correnti piroclastiche (R1), viene circoscritta e inquadrata come zona rossa ad alta pericolosità vulcanica. Il settore (R2), invece, appena fuori portata dei flussi piroclastici e in linea con i venti predominanti che soffiano generalmente e statisticamente verso est, per il fatto di essere sottoposto per un buon tratto alla nutrita pioggia di cenere e lapilli, deve essere parimenti evacuato contemporaneamente alla zona rossa fuoco (R1). Nella mappa in basso rappresentante l’area vesuviana, si nota la zona rossa 1 (R1), la rossa 2 (R2) con qualche buco (n.d.r.), la zona blu a nord e quella gialla ad estensione variabile.
I motivi per i quali si deve abbandonare la zona rossa 2 con la stessa velocità di fuga dalla zona rossa 1, sono racchiusi nell'immediatezza del fenomeno di ricaduta dei prodotti piroclastici, che si depositano al suolo con spessori incalzanti di circa 15 centimetri ora, e la cui diffusione nell'aria comporta una perdita di visibilità, il possibile spegnimento dei motori e severe difficoltà respiratorie e agli occhi per il contatto con minuto materiale siliceo: tutti disagi a gravità variabile, soprattutto in danno a vecchi e bambini.
La pioggia di piroclastiti sul centro storico di Napoli sarebbe preoccupante, calcolando una modesta resistenza dei piatti solai di copertura dei vecchi fabbricati, così come gli accumuli nelle strade che diventerebbero problematici soprattutto nei vicoli, tra l'altro comprendenti a volte abitazioni striminzite ubicate al piano terra e a fronte strada (bassi).
Il piano di emergenza dei Campi Flegrei parte con una défaillance iniziale dettata dalla mancata determinazione della zona rossa 2 che non potrà fare a meno prima o poi di essere evidenziata, e che inevitabilmente dovrà comprendere il centro storico di Napoli e con esso i quartieri Pendino, Mercato, San Lorenzo e Vicaria, cioè quelli che ospitano la stazione centrale ferroviaria di piazza Garibaldi. Non si capisce allora la tattica di salvaguardia, atteso che i cittadini di Pozzuoli non in grado di spostarsi con mezzi autonomi, secondo le indicazioni del piano dovranno essere trasportati con bus dai punti di attesa comunali all’area d’incontro individuata a piazza Garibaldi: da lì gli evacuati dovrebbero proseguire in treno per la Lombardia. L’area d’incontro intanto non dovrebbe corrispondere per strategia con un settore (zona rossa 2) a sua volta da evacuare tempestivamente…
Nella figura in basso con un disegno esplicativo si è assunto a mo' d'esempio un centro eruttivo corrispondente a uno dei fuochi (a est) insiti nell'ellisse calderica flegrea. Nei documenti ufficiali è pubblicizzata la zona rossa 1 e gialla, mentre manca completamente la zona rossa 2.
La prima regola che doveva varare la politica nel flegreo, doveva essere quella di non
implementare i fattori di rischio evitando innanzitutto che nelle zone ad alta pericolosità
vulcanica, si continuino ad erigere fabbricati ad uso residenziale. Per l’area
vesuviana è stata varata la legge anti cemento 21/2003 a firma di Bassolino:
disposti in tutti i casi erosi dall’abusivismo e dai tentativi di mitigare le norme a cura di alcune cordate politiche. Per
l’area dei Campi Flegrei, solo di recente “scoperta” come zona vulcanica, sul
tema del vincolo anti cemento non si notano interessi civici, ma solo quelli affaristici legati alla spianata di Bagnoli: l’area ad altissimo rischio vulcanico offerta alla
speculazione edilizia di lusso. Non ci sono politici che perorano degnamente
questa causa perché non porta voti: meglio pubblicizzare le piste ciclabili allora,
che hanno estimatori trasversali e il pregio racchiuso in un argomento che
francamente non impone serrate battaglie intellettuali.
Il dato da tener presente è che i Campi Flegrei e il Vesuvio sono posti quasi sullo stesso parallelo, forse su un'unica camera magmatica, a una distanza tra di loro risibile al punto che i due distretti vulcanici sono collegati da un servizio ferroviario metropolitano. In questo caso la statistica degli esposti deve fare i conti probabilistici non già con un solo apparato ma con due.
Nel documentario Sotto il vulcano, trasmesso da Rai 2, si è palesata una buona organizzazione che comunque ad oggi ancora non supera le incognite del sottosuolo dal punto di vista della previsione delle eruzioni, anche se il documento filmato ha avuto il pregio di essere maggiormente pragmatico rispetto ad alcune dichiarazioni alla camomilla rilasciate da esperti del ramo. Oltre all'INGV e alla commissione grandi rischi, nell'entourage tecnico scientifico e amministrativo metropolitano, si contano figure competenti come la direttrice Bianco dell'osservatorio vesuviano, il prof. Rosi consigliere del Comune di Pozzuoli, il sindaco Manfredi di Napoli e Figliolia di Pozzuoli, così come l'assessore comunale alla protezione civile di Napoli, ing. Edoardo Cosenza, veterano del rischio vulcanico. Ebbene, forse è il caso che dette autorità forniscano elementi sulla zona rossa 2 flegrea, atteso che la prima curva di isocarico delle piroclastiti interessa inequivocabilmente il centro storico di Napoli.
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