Il Vesuvio |
Che i vulcani se non estinti eruttano è una informazione ben
nota a tutti, perché contrariamente al passato, la quasi totalità dei cittadini
può accedere almeno alla cultura di base e poi a trasmissioni televisive e al
web che, con la parola e le immagini, chiariscono abbastanza compiutamente i
tratti salienti legati al fuoco astenosferico con tutto ciò che ne concerne.
Trattandosi di un sistema complesso quello delle eruzioni,
non ci sono elementi a sufficienza per potersi spingere sul terreno della
previsione deterministica dell’evento e della sua portata energetica, che rimane una incognita
ancora più difficile da esplorare, con la classe scientifica che in assenza di
certezze utilizza il dato delle probabilità per
difendere le popolazioni esposte. Il problema che anche la scienza statistica
richiede un certo numero di dati che non abbondano…
Il rischio eruttivo che sussiste in Campania è legato non solo alla natura sovente esplosiva degli apparati vulcanici che la caratterizzano, ma anche dal fatto che sono ben tre i distretti in questione, e tutti racchiusi nell’ambito della provincia di Napoli. Trattasi di un territorio che conta oltre 3.000.000 di abitanti, con le prime quattro città napoletane più popolose, Napoli, Giugliano, Torre del Greco e Pozzuoli, che ricadono tutte in zone vulcaniche.
In una intervista di un anno fa curata dall’INGV, il Prof. Dellino
della Università di Bari, autorevole membro della commissione grandi rischi (CGR), ebbe ad
esprimere tra i tanti, due pensieri che qui vorremmo richiamare:
Qual è “l’insegnamento” sul rischio vulcanico che più
di ogni altro vorrebbe che percepissero i suoi studenti dell’Università degli
Studi di Bari?
Il rischio è una probabilità. I rischi, di qualsiasi
tipo, sono quindi legati al concetto di incertezza che va sempre tenuto conto
negli studi e nelle discussioni. Saper fare dell’incertezza un dato scientifico
è un passo fondamentale verso la vera conoscenza scientifica dei fenomeni
naturali e sociali e verso la capacità di prevedere e prevenire.
Il rischio che incorpora l'elemento probabilistico, riteniamo
che sia una condizione a cui si può soggiacere per scelta, per ineluttabilità o
anche per calcolo. Come abbiamo avuto
più volte modo di dire, il rischio è senz’altro associato se non a un numero a
un valore, che può essere basso, medio, alto o altissimo o addirittura insostenibile.
Nel campo della risoluzione del fattore rischio c’è un elemento che concorre al
dipanamento del problema: si chiama alternativa. Questa può esserci o
non esserci o magari non può essere perseguibile, e va messa sul piatto della bilancia
con tutte le motivazioni, in modo che si può propendere per l’accettazione o meno
dell’esposizione a un pericolo.
Nell’analisi del rischio concorrono anche altri fattori come quelli culturali, economici, religiosi, ideologici ecc... L’esempio più attuale ci perviene dalla pericolosità del virus meglio noto come Covid-19. Ebbene l’alternativa al rischio di finire in terapia intensiva a pancia sotto con fame d’aria, si chiama vaccino in mancanza di un farmaco efficace. La dose iniettabile a più riprese, anche se non garantisce la preventiva e totale protezione dall’infezione, mitiga in ogni caso gli effetti maggiormente deleteri del contagio, ed è il traguardo del secondo gradino. In questo caso occorre allora che ognuno valuti se accettare il rischio minimale dettato dalla vaccinazione, o in alternativa scegliere di vivere defilato in attesa di una valida cura.
Continuando con gli esempi, in alcune parti del mondo alcuni
bambini si cibano recuperando scarti alimentari nelle discariche. Il rischio
sanitario che ne consegue per noi è inaccettabile, ma per loro è
accettabilissimo perché l’alternativa sarebbe la fame.
Il rischio dettato dai meteoriti o dagli asteroidi è accettabilissimo,
non solo perché sono rarissimi questi eventi totalmente distruttivi, ma soprattutto perché
non c’è alternativa al pericolo, atteso che tutto il Pianeta è esposto a una siffatta condizione.
I cittadini del vesuviano e del flegreo hanno alternative alla soggiacenza al rischio vulcanico? Anche i più sprovveduti sanno che la risposta è sì. Infatti, nessuno vieta a costoro di trasferirsi di sana pianta in una località fuori dalla zona rossa: certamente l’operazione sarebbe sacrificata, ma metterebbe la parola fine al rischio eruttivo incombente. All’interno della zona rossa Vesuvio, col tempo abbiamo constatato che i cittadini a fronte del rischio eruttivo non sono particolarmente arrabbiati o insofferenti all’inerzia della politica e delle istituzioni, perché si sentono corresponsabili di questa condizione, in quanto pur avendone la possibilità non assumono iniziative di trasloco verso terre meno rischiose.
I cittadini dovrebbero invece valutare che esistono anche
strade alternative per mitigare il rischio vulcanico, come ad esempio la
realizzazione di arterie a scorrimento veloce, piani di evacuazione non
aritmetici, ma soprattutto dovrebbero spingere affinché non s’insedino
ulteriori abitanti nelle zone rosse facendo così lievitare il rischio verso una
condizione di inaccettabilità: la densità abitativa gioca un ruolo importante nelle situazioni di emergenza. Anche se avessimo la certezza della previsione, e non facessimo null’altro
per regolare compiutamente l'allontanamento, il pronostico da solo potrebbe non bastare.
Nel suo ruolo di componente, Professore, lei è membro
della CGR per il rischio vulcanico. Qual è, a suo avviso, l’intervento primario
su tutti gli altri per la migliore conoscenza dei vulcani antropizzati? Cosa
rappresenta per lei ricoprire questo ruolo?
L’intervento primario deve essere: comunicare,
comunicare, comunicare. Comunicare verso la popolazione. Comunicare fra i
diversi ruoli tecnici e scientifici dello Stato. Comunicare verso i decisori
politici. Comunicare con un linguaggio rigoroso, semplice, comprensibile ed
univoco. Comunicare con umiltà verso le popolazioni interessate. Comunicare
senza nascondere quello che ancora non sappiamo. Comunicare che per avere uno
sviluppo sostenibile e resiliente verso le criticità sanitarie, naturali,
finanziarie, ecc. Non c’è un uomo al comando ma un organismo vivente, la
Società, che condivide le scelte e gli investimenti. Questo si raggiunge
comunicando con chiarezza ed umiltà. Troppo spesso certi “Soloni”, scienziati
improvvisati o improvvidi, davanti ad una telecamera o un microfono pensano di
esporre le loro teorie personali come “scoop” pseudo giornalistici. Questo
porta a mettere in crisi il lavoro di paziente opera sul territorio che chi
lavora in questi ambiti, compreso l’INGV, fa ogni giorno.
Il Prof. Dellino riferisce che non bisogna nascondere quello che non sappiamo: verità sacrosanta, anche se non trapela questo auspicabile modus operandi dagli organismi centrali e periferici che a vario titolo s’interessano di geologia, in collaborazione con altre istituzioni che a volte possono avere divergenti scale di priorità o finalità, magari esplicabili nella parte “chiusa” della riunione.
La previsione di un evento vulcanico è fatto molto complesso, eppure viene offerta come pratica ordinaria con ampi margini di successo. A sostegno di questa confortante tesi, si menzionano super strumentazioni di monitoraggio anche spaziali, capaci di misurare nel flegreo il passo di una formica nel sottosuolo. Il cittadino vuole credere che non potrà esserci quindi eruzione senza preallarme, ma su quanto potrà essere lungo questo preallarme per poi regredire o accentuarsi, non ci sono elementi per determinarlo. Allora è bene ricordare quello che troverete nelle conclusioni al termine dell'articolo, e accettare il concetto che i preallarmi e gli allarmi vulcanici, oggi possono essere di taglio probabilistico con la possibilità intrinseca di qualche errore.
Alla stregua bisognerebbe dire che i dubbi sulla previsione
dell’intensità eruttiva, che è il dato che veramente manca per definire i
limiti inoppugnabili di una zona rossa, sono stati risolti obliando inopinatamente un’eruzione
pliniana (VEI5) dal novero delle possibilità di accadimento. Il consesso di esperti (CGR) ha
adottato come eruzione di riferimento per i piani di emergenza la media mediata
tra le intensità eruttive, cioè un evento dieci volte inferiore a quello
massimo conosciuto (eruzione di Pompei), con la zona rossa circoscritta scientificamente dalla Linea
nera Gurioli e poi ampliata amministrativamente dalla regione Campania con ampi
spazi di discrezionalità oltremodo discutibili.
Magari bisognerà sfruttare la verve comunicativa del Prof.
Dellino, per indurre le istituzioni competenti, grandi e piccole, a definire pure la zona rossa 2 nell’area flegrea, in modo
da non attendere all’occorrenza il momento eruttivo per capire chi deve
allontanarsi preventivamente dal centro storico di Napoli, onde sottrarsi dalla
ricaduta massiccia di cenere e lapilli quale fenomeno che si concretizza in pochi minuti dall'evento.
Sarebbe interessante sapere in nome della menzionata chiarezza comunicativa, quanta importanza e che ruolo ha la camera magmatica superficiale del Vesuvio: è lì la madre di tutte le previsioni eruttive? Vorremmo anche sapere se il passare dei secoli, magari dai due in poi, non incidono sull’intensità eruttiva futuribile, atteso che l’osservatorio vesuviano ha affermato che non è la somma dei secoli la misura al rialzo della variabilità dell’indice di esplosività vulcanica, bensì la ricerca scientifica con le sue novità. Questi elementi offerti in un pubblico dibattito sotto l’occhio vigile della protezione civile nazionale, mastino delle infrangibili verità governative dall'attacco dei Soloni, è un elemento da rendere noto e maggiormente da pubblicizzare, non solo per gli elementi di conforto che contiene, ma anche perchè faciliterebbe di molto il riordino dei territori in chiave di prevenzione delle catastrofi, atteso che sarebbero più circoscritti.
Per concludere è interessante segnalare la direttiva del presidente del consiglio dei ministri (2/2021). Quivi si legge che Le procedure e le attività finalizzate all’allertamento e all’allarme pubblico devono quindi esplicitare, quando e ove possibile, i limiti delle attività di valutazione e decisionali. In particolare, è opportuno dare conto:
a) dei limiti scientifici delle previsioni probabilistiche.b) della latenza, incertezza e/o indisponibilità dei dati, delle misure e delle informazioni.
c) del possibile malfunzionamento e/o di disfunzionalità degli apparati e delle reti.
d) del margine di errore derivante dall’imprescindibile discrezionalità delle attività di valutazione e decisionali.
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