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martedì 10 giugno 2014

Rischio Vesuvio: la geologia dei forse... di Malko




“Il rischio Vesuvio e la geologia dei forse…” di MalKo

Il rischio Vesuvio è un argomento che può essere approcciato da diversi punti di vista e ovviamente con logiche che dipendono moltissimo dall’osservatore e da quello che si vuole dimostrare chiamando in causa il famoso gigante.
Ci sono alcuni aspetti oggettivamente problematici e di difficile risoluzione per chi tratta i piani d’emergenza, come l’imprevedibilità del fenomeno eruttivo, sia da un punto di vista del quando (Qd) avverrà che del quanto (Qe) energetica potrà essere la futura eruzione che nessuno esclude.
Due acronimi (Q) allora, quello del tempo e dell’energia, su cui gli scienziati di tutto il mondo si scervellano palesando pareri anche ben articolati ma mai suffragati da certezze matematiche, col risultato finale di un’abbondanza di forse.  Ovviamente trattandosi di argomenti in una certa misura opinabili per le incognite in gioco (un limite internazionale), in Italia e per i pericoli naturali si tiene conto più che del parere del singolo ricercatore, degli istituti a vocazione scientifica chiamati a soddisfare i bisogni istituzionali di consulenze. L’INGV ad esempio, risponde per la parte geologica assumendosi anche l’onere del monitoraggio di certi fenomeni, della ricerca e della sorveglianza vulcanica.
Poi succede come nel caso del terremoto dell’Aquila del 6 aprile 2009, che una commissione istituzionale di altissimo livello, una settimana prima del sisma rassicura frettolosamente la popolazione che vedrà in pochi giorni la propria città devastata proprio da quel terremoto che gli scienziati avevano escluso.
Il sistema istituzionale in questo caso non ha analizzato criticamente la catena degli eventi, ma ha serrato i ranghi e ha adottato l’exit strategy fornitagli da mass media amici che all’unisono hanno battuto grancassa sulla carta stampata, bollando la magistratura aquilana inquirente come medievale e inquisitrice, perché condanna a sei anni di reclusione la commissione grandi rischi. Di quella stavamo parlando…
Un attacco alla scienza! Condannati per non aver previsto il terremoto si gridò il giorno della sentenza. Inquisizione medievale aggiunse qualcun altro… Tra questi l’ex ministro Clini, oggi forzatamente ai domiciliari, che attaccò la magistratura criticando processo e sentenza contro i luminari inviati all’Aquila da Guido Bertolaso. Nell’eloquio con i giornalisti, l’ex ministro dell’ambiente scomodò addirittura Galilei e gli eretici…
Quando avverrà un eruzione del Vesuvio non è dato saperlo. La scienza ufficiale riferisce che i segnali premonitori si avvertiranno con mesi di anticipo. Il problema è che le variazioni dei parametri controllati del vulcano potrebbero essere sintomi pre eruttivi ma anche semplici sommovimenti di riequilibrio delle dinamiche sotterranee. Differenze non da poco, perché nel secondo caso non ci sarebbe eruzione. Per discriminare e interpretare correttamente certi segnali è richiesta un’analisi comparativa e qualitativa dei dati strumentali su un periodo sufficientemente grande per capire il trend del fenomeno. Questo significa che se serve più tempo per decidere è necessario che ci sia meno tempo a disposizione per evacuare. Attualmente le autorità hanno indicato in settantadue ore la misura limite per mettersi in salvo dal Vesuvio all'occorrenza.
Per quanto riguarda l’intensità eruttiva che potrà caratterizzare un possibile risveglio del Vesuvio, le autorità scientifiche attraverso una relazione firmata da due ex direttori dell’Osservatorio Vesuviano (INGV), hanno indicato come probabile nel medio termine un’eruzione stromboliana violenta (VEI 3) o una sub pliniana (VEI 4). Un’eruzione pliniana (VEI 5) invece, come quelle di Avellino o di Pompei nel 79 D.C., è stata scartata sul nascere dagli esperti incaricati di aggiornare gli scenari futuribili, perché dicono, avrebbe un indice di accadimento non superiore all’1%.  Almeno per i prossimi 130 anni…
Nella malaugurata e remota ipotesi che dovessero sbagliarsi, un’eruzione VEI 5 investirebbe con i flussi piroclastici anche i territori posti oltre la linea Gurioli, e per un bel po’ di chilometri…

Gli scenari eruttivi 2014 sono stati aggiornati sulla base di considerazioni che in verità non sono molto dissimili da quelle precedenti. Il ventennio di commissioni e sotto commissioni e gruppi ha lavorato sostanzialmente sempre sulla stessa probabilità massima eruttiva che gira intorno a un’eruzione sub pliniana. Nel corso degli anni non abbiamo avuto stravolgimenti di fronti se non una sostanziale conferma dei limiti dell’attuale  zona rossa di prima fascia che non ha subito nel concreto e nel tempo variazioni notevoli.  
Le novità apportate negli anni consistono nell’introduzione della zona blu quale area soggetta ad allagamenti diffusi senza che alcuno vi dedicasse attenzione. Con la recente rivisitazione e a cura della commissione grandi rischi, è stata introdotta la linea nera Gurioli, che da limite di deposito delle colate piroclastiche è stata in realtà utilizzata impropriamente come limite di pericolo.
Altre novità di rilievo consistono nell’inserimento parziale di alcuni quartieri napoletani nella zona rossa e la perimetrazione del settore circolare orientale (R2), che definisce la zona marrone a maggiore rischio di ricaduta di cenere e lapillo durante i frangenti eruttivi. Tra l’altro, è difficile dimorando nella parte orientale del vulcano, non essere coinvolti da quest’ultimo fenomeno, non solo perché statisticamente i venti stratosferici soffiano in quella direzione, ma anche perché in tutte e tre le tipologie vulcaniche citate le precipitazioni piroclastiche sono una costante.
I distretti vulcanici della Provincia di Napoli sono tre e indipendenti tra loro, pur se sono in vista l’un dell’altro.  Questo significa che le statistiche eruttive con le percentuali assegnate a ogni singolo indice di esplosività vulcanica, potrebbero in un certo qual senso discostarsi fra loro o accavallarsi al punto da rendere la città di Napoli ad altissimo rischio.
La metropoli del Sole dovrebbe varare progetti di prevenzione perché i secoli passano e con essi aumenta il numero di abitanti che si stabilisce sui fertili suoli vulcanici. Gli architetti del territorio dovrebbero muoversi di prevenzione con progetti ineluttabilmente a lungo termine. Bisognerà utilizzare ogni mezzo per favorire l’urbanizzazione futura verso le province di Caserta e Benevento, proprio dove i rispettivi territori si congiungono con quelli di Napoli.  
La realizzazione in primis di sistemi di mobilità veloce da e per il capoluogo partenopeo, potrebbero spianare la strada a questi che potrebbero essere i nuovi indirizzi  insediativi.

I piani d’emergenza e, quindi d’evacuazione che verranno, si baseranno sul concetto del prevediamo di prevedere tre giorni prima l’incalzare dell’eruzione. La previsione della previsione insomma, che potrebbe racchiudere statisticamente un errore maggiore della sola  previsione. Un concetto che in ultima analisi potrebbe essere un chiaro monito a non tralasciare le politiche di  prevenzione.
La condanna della commissione grandi rischi all’Aquila è stata una faccenda maledettamente importante perché ha dato la misura di un brutto sistema dove la scienza è stata utilizzata come mazza per qualcuno e carota per tutti gli altri. Ma questo episodio per quanto drammatico è solo la punta  di un iceberg fatto di politica e di business, che galleggia su finanziamenti e incarichi e consulenze. La prova provata di questo sistema non proprio genuino ci viene esattamente dalla Campania. Gli scienziati avrebbero dovuto dire a gran voce che in zona rossa dovrebbero esserci solo alberi e che in quella gialla alberi e poche case. Invece la politica con la mediazione della scienza  si è inventata la zona rossa 2. Una zona dove bisogna scappare a gambe levate in caso di eruzione, ma dove è ancora possibile insediare abitanti e rilasciare licenze edilizie. Dall’altro lato, nei Campi Flegrei invece, è in corso la politica della trivella che affonderà lo scalpello rotante nel ventre calderico metropolitano, non per inseguire fluidi caldi dicono, ma spessori da carotare. Rischio zero hanno detto! Lo disse pure il capo ingegnere che guidò l’esercitazione nella centrale di Chernobyl il 26 aprile del 1986…
La politica di sicurezza nel vesuviano è un guazzabuglio secondo i collaudati principi del  “Facite ammuina”. Si confida segretamente sulle paure della popolazione che quando avvertirà i prodromi eruttivi scapperà volontariamente dall’area vesuviana senza attendere alcun ordine. Un’evacuazione fuori dagli schemi ovviamente,  non ha responsabili  e qualcuno potrebbe uscirne pure come eroe… 
La lapide di Portici, un’incisione marmorea incastonata in un basamento di piperno posto sulla pubblica via acchè i viandanti vesuviani la leggessero strada facendo, grazie anche alla lentezza dei carretti, è il primo manifesto di protezione civile. L’iscrizione risale al 1632: esattamente un anno dopo la terribile eruzione sub pliniana del 1631, quella che gli scienziati prevedono possa verificarsi se il Vesuvio dovesse porre fine alla sua annosa quiescenza nel medio termine e nella sua forma più intensa. Il testo scolpito (qui tradotto), dimostra la chiarezza delle autorità dell’epoca sul da farsi che così  recita:
Posteri! Posteri!
Si tratta di voi.
L’oggi illumina il domani con la sua luce. Ascoltate.
Venti volte da che è sorto il Sole se la storia non narra favole
il Vesuvio divampò sempre con immane sterminio di coloro
 che esitarono . Vi ammonisco perché non vi trovi incerti.
Questa montagna ha il ventre gravido di pece,
allume, ferro, zolfo, oro, argento,
salnitro e sorgenti d’acqua.
Prima o poi prende fuoco e con il concorso
del mare partorisce. Ma prima di partorire
si scuote e scuote il suolo. Fuma, s’arrossa, s’avvampa,
sconvolge orrendamente l’aria. Mugge, emette boati, tuona,
caccia  gli abitanti dalle zone vicine.
Fuggi finchè ne hai tempo. Ecco già lampeggia scoppia vomita
materia liquida mista a fuoco che si riversa precipitosa tagliando la via della fuga a chi si è attardato. Se ti raggiunge è finita. Sei morto.
In tal modo tanto più umano quanto più sovrabbondante (il fuoco), se temuto disprezza, se disprezzato punisce gli imprudenti e gli avari che hanno più care la casa e le suppellettili della vita. Se hai senno ascolta la voce di questa pietra.
Non preoccuparti del focolare. Non preoccuparti dei fagotti fuggi senza indugio.

Anno 1632, 16 Gennaio. Sotto il regno di Filippo IV Emanuele Fonseca y Zunica Conte di Monterey Vicerè




domenica 26 maggio 2013

Rischio Vesuvio: intervista al Prof. Giuseppe Mastrolorenzo.



"Rischio Vesuvio: intervista al Professor Giuseppe Mastrolorenzo"

di MalKo
Nel nostro parlare di  Vesuvio abbiamo fin da subito chiarito che il rischio è la possibilità che un determinato evento pericoloso possa cagionare danno a persone e cose. Diciamo che il mondo scientifico assegna dei valori   statistici al rischio in genere ed anche a quello vulcanico, stabilendo delle percentuali pure su basi matematiche che non sono, generalizzando,  particolarmente apprezzate o comprese dalla popolazione. Infatti, dire a un cittadino del vesuviano che una tipologia eruttiva  potrebbe statisticamente presentarsi in un certo range percentuale  piuttosto che in un altro, non conforta e non deprime.
Parlando della statistica riferita al rischio Vesuvio e, nel merito di  alcune tipologie eruttive, abbiamo nel tempo ascoltato varie opinioni.  Tra queste diverse che invitavano a trascurare i fenomeni vulcanici a bassa percentuale di accadimento.
Il ricercatore Prof. Giuseppe Mastrolorenzo nel 2007 avanzò nuove ipotesi dalle pagine della rivista National Geografhic, su quelli che potrebbero essere gli scenari eruttivi futuri del Vesuvio (chissà quando), tirando in ballo eruzioni del passato a forte valore energetico e a diversa distribuzione sul territorio in termini di effetti distruttivi. Gli abbiamo posto alcune domande per entrare nel merito di un dibattito che sarebbe  bene rimanesse  sempre aperto e senza preclusioni.   Nessuno di noi infatti, apprezzerebbe una sorta di oscurantismo su faccende che richiedono invece scientismo e chiarezza estrema.  Ogni scienziato deve avere la possibilità di illustrare le sue tesi così come ad altri è concesso di confutarle o condividerle. Oseremmo aggiungere democraticamente…
Professore Mastrolorenzo, che differenza c’è tra un’eruzione pliniana tipo Pompei 79 d.C. e quella delle pomici di Avellino?
In realtà l’eruzione delle Pomici di Avellino non differisce sostanzialmente da quella di Pompei in termini di classificazione vulcanologia. Si tratta infatti in entrambi i casi di eruzioni esplosive di tipo pliniano, secondo la classificazione attuale di VEI (Volcanic Explosivity Index) =5.  Anche la successione degli eventi è simile, essendo caratterizzata dall’evoluzione nel corso dell’eruzione, dalla fase di colonna sostenuta che produceva la pioggia di ceneri e lapilli, a quella da collasso della colonna, con generazione di flussi piroclastici.
Le differenze sostanziali tra le due eruzioni riguardano la distribuzione al suolo dei prodotti eruttivi. La caduta di lapilli interessava prevalentemente i settori a Sud Est del Vesuvio nel caso dell’eruzione di Pompei, mentre interessava quelli di Nord Est nel caso dell’eruzione delle Pomici di Avellino. I flussi piroclastici, nubi ad alta velocità di avanzamento al suolo e temperatura di centinaia di gradi, interessavano prevalentemente i settori meridionali ed orientali, nel caso dell’eruzione
di Pompei, mentre in prevalenza quelli settentrionali  nel caso delle Pomici di Avellino. Per questo motivo, a parità di volumi eruttati e tipologia di eventi, uno scenario futuro del tipo delle Pomici di Avellino esporrebbe a grave rischio l’intera popolazione della provincia di Napoli per un totale di almeno 3 milioni di persone.
L’evento massimo atteso (EMA) preso ad esame per abbozzare i piani d’emergenza è quello del 1631.  E’ una mediazione scientifica o un dato di fatto numerico incontrovertibile in termini statistici  ?
La scelta di un evento analogo a quello del 1631 come scenario di riferimento è a mio avviso solo una soluzione ottimistica alla questione del rischio vulcanico. Lo scenario fu scelto circa venti anni fa, in assenza di rigorose valutazioni probabilistiche o simulazioni di eventi.
Da allora è rimasto sostanzialmente immutato a fronte di notevoli progressi nella ricerca vulcanologia che hanno dimostrato l’elevata probabilità di un evento pliniano e l’estrema pericolosità di un tale evento. Purtroppo, benché da anni io e  altri vulcanologi abbiamo dimostrato l’assoluta necessità di adottare uno scenario pliniano, o in alternativa di dichiarare l’impossibilità di mettere in salvo la popolazione esposta al rischio connesso con tale tipo di eventi, la Protezione Civile e la Commissione Grandi Rischi non hanno effettuato modifiche in tal senso al Piano di emergenza: questo è rimasto sostanzialmente invariato da oltre quindici anni.
La camera magmatica è un qualcosa di quantificabile con precisione in termini di estensione e profondità ?
Dai nostri studi magmatologici, basati su complesse analisi delle rocce eruttate nel corso della storia vulcanologia del Somma-Vesuvio, abbiamo potuto determinare che il bacino magmatico si trova ad una profondità probabile di circa 8 km. Tale profondità è  anche in accordo con gli esperimenti di tomografia sismica, effettuati negli anni novanta, che hanno indicato una analoga profondità. Le stesse ricerche indicano che l’estensione della camera dovrebbe aggirarsi sui 400 kmq . Non è noto il
volume totale di magma attualmente disponibile, ma certamente è disponibile abbastanza magma per alimentare decine o centinaia di eruzioni esplosive di volume comparabile con quella del 79 A.D.
La previsione di prevedere tre giorni prima l’imminenza di un’eruzione è in linea con le conoscenze attuali  sul Vesuvio?
Sulla previsione di eruzioni al Vesuvio esiste un notevole livello di confusione. La realtà è purtroppo poco rassicurante. Infatti, non è assolutamente possibile prevedere quando si verificherà la prossima eruzione  così come non è possibile definire la possibile entità dell’evento: L’approssimarsi di un evento eruttivo sarà con grande probabilità preceduto da una crisi  pre-eruttiva caratterizzata da terremoti, deformazioni del suolo e modificazioni geochimiche. Una tale crisi potrebbe iniziare tra un secolo così come tra una settimana. Purtroppo, dall’inizio della crisi non  sarà possibile alcuna previsione sul momento di eventuale inizio della fase eruttiva, che potrebbe richiedere da ore ad anni. La scelta dei tre giorni per l’evacuazione, ammesso che sia realistica, benché abbastanza rapida non fornisce in assoluto garanzia di successo.

La redazione di Hyde Park ringrazia il Prof. Giuseppe Mastrolorenzo per la cortese intervista che ci ha rilasciato.
Un ulteriore domanda rivolta all’esperto inerente la distruzione degli aerei americani ubicati a Terzigno nel 1944, sarà oggetto di un articolo che verrà pubblicato nei prossimi giorni corredato da fotografie d’epoca.