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martedì 28 maggio 2013

Rischio Vesuvio e linea nera: Intervista alla Dott. L. Gurioli...di Malko

Area vesuviana - foto aerea  a cura di Andrew Harris

Rischio Vesuvio, zona rossa e linea nera: intervista alla Dott. Lucia Gurioli... di MalKo
I flussi piroclastici rappresentano uno degli effetti più deleteri del risveglio di un vulcano esplosivo. Trattasi di un fenomeno temuto e pericoloso, soprattutto per una zona come quella vesuviana caratterizzata da una conurbazione asfissiante e caotica che ha letteralmente invaso la fascia pedemontana del Vesuvio, per poi spingersi fino alle pendici del monte. Un’urbanizzazione che, per superfici e numeri in gioco, ha portato l’indice di rischio zonale a un valore di inaccettabilità per un Paese che si definisce moderno e garantista.
Il Dipartimento della Protezione Civile, retto dal Prefetto Gabrielli, seguendo le indicazioni pervenute da una commissione incaricata di valutare e definire scenari e livelli di allerta, ha deciso, sentito anche la commissione grandi rischi (CGR), di adottare la pubblicazione scientifica della ricercatrice Dott. Lucia Gurioli per delimitare geograficamente l’area a maggior rischio per gli abitanti del vesuviano,includendo nuovi territori a quelli dei diciotto comuni già classificati in zona rossa. Gli scenari presi a riferimento e da cui bisognerà difendersi, sono quelli ipotizzabili per un’eruzione sub pliniana, accettata statisticamente dagli esperti istituzionali come eruzione di riferimento (EMA) per la stesura dei piani d’emergenza.

La Dott.ssa Lucia Gurioli come detto, è autrice insieme ad altri, di un lavoro scientifico in cui si evidenziano su carta  alcune linee che rappresentano il limite entro cui dilagarono i flussi piroclastici nel corso della plurimillenaria storia eruttiva del Vesuvio. I risultati, frutto di un lavoro campale, sono stati oggetto di un articolo molto interessante dal titolo “Pyroclastic flow hazard assessment at Somma-Vesuvius based on the geological record”.
Lo studio geologico basatosi su un’intensa attività all’aperto, è stato suffragato da indagini dirette sui materiali deposti dal Vesuvio nell’arco della sua lunghissima storia eruttiva. Alla gentile Dott. Lucia Gurioli, che vive e lavora in Francia, abbiamo posto alcune domande:
Dott.ssa Gurioli, la mappa che riportiamo è tratta dalla pubblicazione citata in precedenza.  I limiti definiti da un segmento rosso, e poi nero e ancora verde, cosa indicano esattamente?
I limiti riportati sono quelli di depositi messi in posto dai flussi piroclastici durante le maggiori eruzioni del Vesuvio verificatesi negli ultimi 20.000 anni (Pomici di Base, Verdoline, Pomici di Mercato, Pomici di Avellino, Pomici di Pompei, Pollena e 1631). Nella pubblicazione abbiamo elaborato, per ogni singola eruzione, il piano di giacitura dei prodotti rilevati con le attività di campo. 
Sovrapponendo quindi ogni piano, caratterizzato da uno spessore e da una superficie, siamo riusciti a mappare e definire i limiti d’invasione dei flussi piroclastici.

La figura qui di fianco riporta le zone del vulcano che sono state flagellate dalle colate piroclastiche con un diverso indice di frequenza.
La linea rossa delimita una zona ad alta frequenza d’invasione, che raggruppa le aree colpite da tutte le eruzioni che hanno comportato la formazione di nubi ardenti.  La linea nera invece, delimita un’area leggermente più estesa che comprende una frequenza media di accadimenti invasivi.  La “corona” asimmetrica tra la linea rossa e nera invece, indica una zona, dove almeno due eruzioni hanno lasciato in loco i loro depositi. Infine, si evidenzia l’area gialla, quella più estesa, dove si registrano i depositi da flussi scaturiti dalle imponenti eruzioni di tipo pliniano. Quest’ultime, ricordiamo, sono le più energetiche e distruttive prodotte dal Vesuvio.
La zona gialla che si protende verso sud est é quella che fu colpita dall’eruzione pliniana di Pompei del 79 d.C. Quella orientata a nord invece, fu invasa dai flussi della violenta eruzione di Avellino. Queste due aree racchiuse complessivamente e omogeneamente all’interno della linea verde, furono flagellate da colate piroclastiche molto energetiche, caratterizzate da elevata mobilità. Eventi indubbiamente particolari che si sono manifestati solo due volte nell’arco dei 20.000 anni presi in esame.
I materiali piroclastici visionati e analizzati hanno dato un’idea delle temperature raggiunte dalle colate piroclastiche?
La temperatura media dei depositi di tutte queste eruzioni é di 250-370 °C (Zanella et al. 2013). Questi dati sono stati ottenuti con misure paleomagnetiche condotte sui litici dispersi nei depositi piroclastici.
La linea nera ha un suo logico proseguimento anche sul mare. A volerla tracciare a quanti metri dalla costa bisognerebbe evidenziarla?
La linea nera rappresenta un’indicazione: se si vuole tracciarla sul mare, diventa una linea fantascientifica perché non abbiamo alcun tipo di misura. Comunque, a forzare una risposta su basi analitiche, due chilometri dalla costa potrebbe essere una misura accettabile per disegnare un segmento che unisca le due estremità della linea nera.
I centri urbani con i loro edifici in zona nera costituiscono un serio freno al dilagare dei flussi piroclastici? Un po’ di anni fa c’era chi proponeva una sorta di muraglia cinese per difendere le popolazioni dalle nubi ardenti…
Non mi pronuncio neanche sull’idea originale, ma poco convincente della “muraglia cinese”. Per quanto riguarda la linea dell’edificato invece, dico solo che gli studi fatti nelle aree archeologiche colpite dall’eruzione di Pompei, hanno evidenziato che i flussi, soprattutto quelli più diluiti, interagiscono localmente con la struttura urbana, ma poi il sistema di trasporto della corrente (che può essere spessa anche fino a 200 metri), passa la città indisturbata ancora per chilometri (Gurioli et al. 2005 ; 2007 e Zanella et al. 2007)
- Il limite della black line lo possiamo definire garantista rispetto a quali tipologie eruttive e a quali fenomeni?
La line nera non era assolutamente stata pensata come un limite di rischio. Se io dovessi tracciare un qualcosa, innanzitutto disegnerei una fascia nera piuttosto che una linea. Poi, questo nero é un segmento tracciato e basato su limiti di depositi, e quindi rappresenta un valore minimo di riferimento. Noi non sappiamo con il passare del tempo quello che é stato perso in termini di materiali in sito, e logicamente non abbiamo informazione di quello che si è perso senza lasciare tracce. In questa carta poi, non c’é alcuna indicazione delle aree che potrebbero essere interessate dalla parte più diluita della corrente, che noi chiamiamo ash cloud. Quindi, per me la linea nera non dovrebbe essere utilizzata in termini di tutela, o comunque dovrebbe essere utilizzata come un limite minimo di riferimento. Per tracciare una carta di pericolosità utile per la prevenzione, occorre fare un lavoro più ponderato e finalizzato, ma non era questo lo scopo della pubblicazione. Teniamo presente inoltre, che questa carta deve essere completata con altri elementi di studio che riguardano ad esempio i depositi di caduta, dei quali noi non facciamo alcun cenno nell’articolo scientifico.
- Al di là della black line, nel senso opposto al Vesuvio, cosa è lecito attendersi nel caso dovesse verificarsi un’eruzione sub pliniana del tipo 1631?
Questa é una domanda alla quale non saprei rispondere. Noi sappiamo che i flussi piroclastici del 1631 sono stati delimitati dalla barriera del Somma, ciononostante sono state trovate delle ceneri oltre l’orlo calderico. Dato che le ceneri hanno lasciato uno spessore irrisorio e una dispersione limitata, non sono state prese in esame in questa carta, ma la loro presenza é sufficiente per affermare che porzioni più diluite dei flussi sono andate anche oltre il rilievo del Somma.
- In Francia com’è valutato il rischio Vesuvio?
Per tutti i vulcanologi e non solo francesi, il Vesuvio rappresenta certamente uno dei vulcani più pericolosi al mondo, a causa dell’elevato numero di abitanti che affollano le pendici del vulcano, la base e l’intera plaga vesuviana circostante.
 La redazione di Hyde Park ringrazia la Dott. Lucia Gurioli per la gentile disponibilità a rispondere ad alcune domande particolarmente utili per tenere aggiornati, anzi aggiornatissimi, tutti i temi che riguardano direttamente o indirettamente il Vesuvio. L’opera informativa in questo caso ha una valenza non solo dal punto di vista della ricerca e della prevenzione, ma anche da quello più spigoloso riguardante i piani d’emergenza e d’evacuazione che sono appena in itinere.

domenica 26 maggio 2013

Rischio Vesuvio: intervista al Prof. Giuseppe Mastrolorenzo.



"Rischio Vesuvio: intervista al Professor Giuseppe Mastrolorenzo"

di MalKo
Nel nostro parlare di  Vesuvio abbiamo fin da subito chiarito che il rischio è la possibilità che un determinato evento pericoloso possa cagionare danno a persone e cose. Diciamo che il mondo scientifico assegna dei valori   statistici al rischio in genere ed anche a quello vulcanico, stabilendo delle percentuali pure su basi matematiche che non sono, generalizzando,  particolarmente apprezzate o comprese dalla popolazione. Infatti, dire a un cittadino del vesuviano che una tipologia eruttiva  potrebbe statisticamente presentarsi in un certo range percentuale  piuttosto che in un altro, non conforta e non deprime.
Parlando della statistica riferita al rischio Vesuvio e, nel merito di  alcune tipologie eruttive, abbiamo nel tempo ascoltato varie opinioni.  Tra queste diverse che invitavano a trascurare i fenomeni vulcanici a bassa percentuale di accadimento.
Il ricercatore Prof. Giuseppe Mastrolorenzo nel 2007 avanzò nuove ipotesi dalle pagine della rivista National Geografhic, su quelli che potrebbero essere gli scenari eruttivi futuri del Vesuvio (chissà quando), tirando in ballo eruzioni del passato a forte valore energetico e a diversa distribuzione sul territorio in termini di effetti distruttivi. Gli abbiamo posto alcune domande per entrare nel merito di un dibattito che sarebbe  bene rimanesse  sempre aperto e senza preclusioni.   Nessuno di noi infatti, apprezzerebbe una sorta di oscurantismo su faccende che richiedono invece scientismo e chiarezza estrema.  Ogni scienziato deve avere la possibilità di illustrare le sue tesi così come ad altri è concesso di confutarle o condividerle. Oseremmo aggiungere democraticamente…
Professore Mastrolorenzo, che differenza c’è tra un’eruzione pliniana tipo Pompei 79 d.C. e quella delle pomici di Avellino?
In realtà l’eruzione delle Pomici di Avellino non differisce sostanzialmente da quella di Pompei in termini di classificazione vulcanologia. Si tratta infatti in entrambi i casi di eruzioni esplosive di tipo pliniano, secondo la classificazione attuale di VEI (Volcanic Explosivity Index) =5.  Anche la successione degli eventi è simile, essendo caratterizzata dall’evoluzione nel corso dell’eruzione, dalla fase di colonna sostenuta che produceva la pioggia di ceneri e lapilli, a quella da collasso della colonna, con generazione di flussi piroclastici.
Le differenze sostanziali tra le due eruzioni riguardano la distribuzione al suolo dei prodotti eruttivi. La caduta di lapilli interessava prevalentemente i settori a Sud Est del Vesuvio nel caso dell’eruzione di Pompei, mentre interessava quelli di Nord Est nel caso dell’eruzione delle Pomici di Avellino. I flussi piroclastici, nubi ad alta velocità di avanzamento al suolo e temperatura di centinaia di gradi, interessavano prevalentemente i settori meridionali ed orientali, nel caso dell’eruzione
di Pompei, mentre in prevalenza quelli settentrionali  nel caso delle Pomici di Avellino. Per questo motivo, a parità di volumi eruttati e tipologia di eventi, uno scenario futuro del tipo delle Pomici di Avellino esporrebbe a grave rischio l’intera popolazione della provincia di Napoli per un totale di almeno 3 milioni di persone.
L’evento massimo atteso (EMA) preso ad esame per abbozzare i piani d’emergenza è quello del 1631.  E’ una mediazione scientifica o un dato di fatto numerico incontrovertibile in termini statistici  ?
La scelta di un evento analogo a quello del 1631 come scenario di riferimento è a mio avviso solo una soluzione ottimistica alla questione del rischio vulcanico. Lo scenario fu scelto circa venti anni fa, in assenza di rigorose valutazioni probabilistiche o simulazioni di eventi.
Da allora è rimasto sostanzialmente immutato a fronte di notevoli progressi nella ricerca vulcanologia che hanno dimostrato l’elevata probabilità di un evento pliniano e l’estrema pericolosità di un tale evento. Purtroppo, benché da anni io e  altri vulcanologi abbiamo dimostrato l’assoluta necessità di adottare uno scenario pliniano, o in alternativa di dichiarare l’impossibilità di mettere in salvo la popolazione esposta al rischio connesso con tale tipo di eventi, la Protezione Civile e la Commissione Grandi Rischi non hanno effettuato modifiche in tal senso al Piano di emergenza: questo è rimasto sostanzialmente invariato da oltre quindici anni.
La camera magmatica è un qualcosa di quantificabile con precisione in termini di estensione e profondità ?
Dai nostri studi magmatologici, basati su complesse analisi delle rocce eruttate nel corso della storia vulcanologia del Somma-Vesuvio, abbiamo potuto determinare che il bacino magmatico si trova ad una profondità probabile di circa 8 km. Tale profondità è  anche in accordo con gli esperimenti di tomografia sismica, effettuati negli anni novanta, che hanno indicato una analoga profondità. Le stesse ricerche indicano che l’estensione della camera dovrebbe aggirarsi sui 400 kmq . Non è noto il
volume totale di magma attualmente disponibile, ma certamente è disponibile abbastanza magma per alimentare decine o centinaia di eruzioni esplosive di volume comparabile con quella del 79 A.D.
La previsione di prevedere tre giorni prima l’imminenza di un’eruzione è in linea con le conoscenze attuali  sul Vesuvio?
Sulla previsione di eruzioni al Vesuvio esiste un notevole livello di confusione. La realtà è purtroppo poco rassicurante. Infatti, non è assolutamente possibile prevedere quando si verificherà la prossima eruzione  così come non è possibile definire la possibile entità dell’evento: L’approssimarsi di un evento eruttivo sarà con grande probabilità preceduto da una crisi  pre-eruttiva caratterizzata da terremoti, deformazioni del suolo e modificazioni geochimiche. Una tale crisi potrebbe iniziare tra un secolo così come tra una settimana. Purtroppo, dall’inizio della crisi non  sarà possibile alcuna previsione sul momento di eventuale inizio della fase eruttiva, che potrebbe richiedere da ore ad anni. La scelta dei tre giorni per l’evacuazione, ammesso che sia realistica, benché abbastanza rapida non fornisce in assoluto garanzia di successo.

La redazione di Hyde Park ringrazia il Prof. Giuseppe Mastrolorenzo per la cortese intervista che ci ha rilasciato.
Un ulteriore domanda rivolta all’esperto inerente la distruzione degli aerei americani ubicati a Terzigno nel 1944, sarà oggetto di un articolo che verrà pubblicato nei prossimi giorni corredato da fotografie d’epoca.