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Visualizzazione post con etichetta eruzione attesa Vesuvio. Mostra tutti i post
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lunedì 18 ottobre 2021

Rischio Vesuvio: un pericolo dimenticato... di MalKo

 


Foto aerea dell'interno del cono del Vesuvio

Il pericolo eruttivo dettato dal Vesuvio fu “scoperto” sul finire degli anni ’80 con interlocuzioni sull’argomento intercorse tra le principali istituzioni competenti in auge in quel periodo: la presidenza del consiglio col ministro delegato, la prefettura di Napoli, l’osservatorio vesuviano, i vigili del fuoco e la provincia di Napoli.

La prefettura in quegli anni aveva competenze notevoli sulla gestione delle emergenze, innanzitutto perché il pericolo vulcanico rientrava territorialmente nel piano provinciale d’intervento. Il problema della prefettura ieri come oggi, è che non ha una grande memoria storica se non generalista sui rischi naturali che tratta, perché cambiano i componenti che ruotano tra uffici e sedi, e ogni volta con le nuove nomine bisogna ricominciare tutto daccapo, in un contesto in cui le tematiche vulcaniche vengono troppo spesso sopraffatte da molte e più cogenti necessità quotidiane. La prima regola delle prefetture intanto è quella di non allarmare…

In quegli anni e su input del compianto ispettore regionale dei vigili del fuoco, ing. Alberto d’Errico, cercammo di capire che cosa avremmo potuto trovarci di fronte in caso di eruzione. Intanto c’erano alcuni punti fermi da cui partire per procedere a una disanima della situazione qui riassumibile:

  • non è possibile prevedere deterministicamente il momento delle dirompenze vulcaniche;
  • non è possibile valutare in anticipo la tipologia eruttiva della prossima eruzione al Vesuvio        che può avere carattere ultra stromboliano (VEI3), sub pliniano (VEI4) o pliniano (VEI5);
  • non c’è ombrello o barriera capace di proteggere le popolazioni ubicate in zona rossa dagli   effetti deleteri di un’eruzione esplosiva;
  • non è possibile garantire interventi delle squadre di soccorso con eruzione in corso.

Le chance, oggi come allora, in assenza di pratiche di prevenzione strutturali, sono tutte racchiuse in procedure meramente emergenziali: cioè, in caso di allarme vulcanico, occorrerà spostare in tempo rapidi e a una distanza di sicurezza (d), tutti i cittadini della zona rossa, onde sottrarli dal possibile dilagare delle micidiali colate piroclastiche.


by Malko

Nell’odierno la situazione è quella suggerita dalla prima immagine a sinistra (Fig. A): si noti la totale promiscuità della vita umana col pericolo vulcanico. La figura B illustra invece la tattica di salvaguardia vigente, consistente nell’interporre una distanza di sicurezza (d) tra popolazione e fenomeni eruttivi, ma solo nel momento in cui dovesse palesarsi l’approssimarsi di un’eruzione.

La commissione grandi rischi (CGR), sentito l’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV) e valutata la relazione redatta da un consesso di esperti nominati, è stata chiamata un po’ di anni fa a indicare da quale tipologia eruttiva occorrerà difendersi in futuro: notizia indispensabile per definire i limiti della zona rossa e quindi il numero di cittadini da evacuare che dovranno essere spostati dal centro eruttivo alla distanza (d).

Ebbene, la CGR accettò l’indicazione probabilistica sponsorizzato da alcuni ricercatori dell’INGV, tra cui il Dott. Marzocchi, adottando un’eruzione di taglia VEI 4 come evento massimo alla base dei piani di emergenza. Occorre anche dire che i previsori hanno indicato come eruzione probabile un evento VEI3 (ultra stromboliano) mentre una pliniana VEI5 è stata completamente esclusa dal ventaglio delle possibilità. La Commissione Grandi Rischi con motu proprio ebbe ad assumere la linea nera della ricercatrice Lucia Gurioli, come limite scientifico d’invasione dei flussi piroclastici con energie VEI4. Il segmento curvilineo in questione, fu ricavato da rilievi campali.

Rispetto alla vecchia zona rossa formata da 18 comuni, sono state inserite nel perimetro a rischio piccole porzioni di territorio non prima contemplate, come ad esempio quelle orientali delle municipalità napoletane di Ponticelli, San Giovanni a Teduccio e Barra. Di contro ci sono vaste aree comunali che debordano oltre la linea nera Gurioli (mappa in basso) e che andavano liberate da vincoli di alta pericolosità come suggerì lo stesso consesso di esperti a proposito di Torre Annunziata.

Linea nera Gurioli: limite scientifico di scorrimento dei flussi piroclastici al Vesuvio

L’ex assessore alla protezione civile della regione Campania, Ing. Cosenza, in tutti i casi decise di mantenere i confini amministrativi precedenti della vecchia zona rossa (18 comuni) integrati da tutti i territori ricadenti nel perimetro Gurioli con estensione per le new entry fissata dai consigli comunali. L’innovazione che fu introdotta, fu l’instaurazione della zona rossa 2 da evacuare all’occorrenza con la stessa urgenza prevista per la zona rossa 1. La pubblicità battente fu quella che la regione aveva ampliato di molto la zona rossa da evacuare per motivi precauzionali. Pubblicità progresso diremmo…Nella realtà l’ampliamento è stato solo di taglio operativo (evacuazione), ma non preventivo atteso che i comuni di Poggiomarino e Scafati pur aggettandosi verso l’apparato vulcanico ben oltre i limiti orientali della cittadina di Boscoreale, non hanno controindicazioni all’edilizia residenziale, perché sono classificati a pericolosità vulcanica e non ad alta pericolosità vulcanica (legge regionale 21 del 2003).

In termini operativi occorre tener presente che non sono possibili interventi di soccorso con eruzione in corso: ne consegue, che tutto ciò che è possibile fare per salvaguardare i vesuviani, occorre farlo col supporto delle istituzioni competenti ma ben prima dell’evento eruttivo. Con eruzione in corso, qualora non sia stata completata l'evacuazione, eventuali necessità di soccorso dovrebbero confidare soprattutto nell’organizzazione comunale, che non deve essere passiva in un contesto emergenziale di questa portata. Inoltre, non è possibile durante l’eruzione l’impiego di elicotteri per evitare il blocco delle turbine e la ridotta visibilità dovuta alle abrasioni sui plexiglass della cabina di pilotaggio, causate dal silicio (cenere) in sospensione.

Sulla previsione dell’evento vulcanico in tempi più che utili per l’evacuazione, la direttrice dell’osservatorio vesuviano ha espresso il suo totale ottimismo confidando sul fatto che le attrezzature di monitoraggio di cui dispone, sono in grado di cogliere l’eventuale ascesa del magma verso la camera magmatica superficiale con largo anticipo. Il riempimento di questo serbatoio ubicato ad alcuni chilometri di profondità, è ritenuto dalla dirigente il vero indicatore di pericolosità vulcanica. Alla domanda circa la tipologia eruttiva correlabile ai tempi di quiescenza, la Dott.ssa Bianco ha affermato che il perdurare della pace vulcanica, finanche secolare, non incide sulla futura intensità eruttiva. Solo nuovi studi e ricerche possono modificare l’eruzione di riferimento (VEI4), tant'è che se la ricerca non farà passi in avanti, il parametro VEI 4 quale intensità eruttiva massima attesa è immutabile nei secoli…

La mappa sottostante offre una chiara visione della situazione attuale. Come si vede la zona rossa 1 è quella dove è possibile il dilagare di flussi piroclastici. La zona rossa 2 invece è particolarmente soggetta alla pioggia di piroclastiti che potrebbe far crollare i solai piatti e meno resistenti e rendere impossibile la permanenza in zona a causa della sospensione in aria delle ceneri vulcaniche. La zona rossa 1 e rossa 2 sono un unicum da evacuare prima dell’eruzione. La zona a nord del Vesuvio (zona Blu) invece, è quella allagabile dalle acque meteoriche che accompagnano l’eruzione, con ristagni che possono superare anche i due metri di altezza soprattutto nella conca di Nola.


Mappa della pericolosità vulcanica al Vesuvio con le tre zone

In termini di prevenzione siamo lontani dalle esigenze che dovrebbero accompagnare il rischio vulcanico, perché nella zona rossa ma anche nei comuni di Volla e Striano viciniori alla perimetrazione di alta pericolosità, è ancora possibile l’incremento abitativo con normale licenza edilizia. Chi compra casa nelle zone ad est del Vesuvio, deve tener presente che qualsiasi tipologia eruttiva comporterebbe statisticamente la necessità di salvaguardarsi dalla pioggia di cenere e lapilli.  

La cartina sottostante mostra la linea nera Gurioli e in giallo il dilagare dei flussi piroclastici in seno alle eruzioni pliniane (VEI5) di circa 4000 anni fa (Pomici di Avellino) e di circa 2000 anni fa (Pompei). Dalle superfici coinvolti s’intuisce la necessità che non vengano sottovalutate le pratiche di prevenzione delle catastrofi in favore delle generazioni future che popoleranno la plaga vesuviana. Nelle zone VEI 5 non c’è alcuna regola edilizia (non diciamo vincoli ma almeno regole). Di fatto, escludendo una maggiore intensità eruttiva dettata dallo scorrere del tempo, si sta offrendo sponda alla conurbazione nella zona rossa pliniana.


Mappa tratta dalla pubblicazione: Pyroclastic flow hazard assessment at
Somma-Vesuvius based on the geological record di Lucia Gurioli

Nei Campi Flegrei la situazione non è migliore: anzi. Innanzitutto perché vige uno stato di attenzione; poi non c’è un vincolo vulcanico capace di tenere a freno l’edilizia residenziale, e quindi il tempo giuoca doppiamente a sfavore. Di contro non è possibile stabilire in anticipo il centro o i centri eruttivi della futura eruzione. Un’altra nota che crea apprensione, è che bisogna fare i conti con un indice di pericolosità vulcanica che al momento possiamo dire che varia in ragione dell’incremento bradisismico; dato altalenante e vivace, ma soprattutto potrebbe repentinamente cambiare. Anche in questa zona i soccorsi con eruzione in corso non sono possibili.

                                                                 


malkohydepark@gmail.com

venerdì 23 ottobre 2020

Rischio Vesuvio: la zona rossa è di garanzia?

 


Per chi segue le vicende del rischio Vesuvio, occorre dire che nell’attualità il dibattito scientifico e giornalistico che ruota intorno al famoso vulcano è totalmente assente, perché tutta l’attenzione dei media è concentrata sul Covid 19, la pandemia che sta fustigando il mondo intero con le strutture sanitarie in ginocchio e la popolazione mondiale allarmata e disorientata.

L’apparato vulcanico del Vesuvio, come si evince dai tracciati sismici, di tanto in tanto subisce scuotimenti dovuti a terremoti a bassa e bassissima magnitudo con il rilascio di energia equivalente inferiore a una tonnellata di tritolo: valori, generalizzando, che non cagionano danni. Di contro però, attestano ineluttabilmente che il Vesuvio è ubicato su una vasta camera magmatica che ricordiamo non è un bacino chiuso. Questo significa che i contenuti di magma incassati nelle profondità chilometriche dell’apparato vulcanico, presumibilmente dovrebbero variare con il tempo. Intanto nessuna ricerca fino ad oggi è riuscita a dare un preciso rilievo tridimensionale alle sostanze incandescenti presenti nelle viscere del monte, onde consentire con precisione di valutare con quanti chilometri cubici di materiale magmatico potremmo avere a che fare un domani. Questo significa che non è possibile pronunciarsi sulla misura energetica della prossima eruzione, che non sappiamo se sarà esplosiva e soprattutto quanto esplosiva; e poi non sappiamo se riusciremo a cogliere con netto anticipo i prodromi pre eruttivi che non siano un falso allarme, e se il traffico stradale ci consentirà di allontanarci velocemente dal pericolo. Ed ancora non sappiamo se il piano di evacuazione quando sarà completato riuscirà a soddisfare d’appieno le necessità di sicurezza dell’area vesuviana. Queste sono solo alcune delle domande che un giorno cattureranno la nostra attenzione o quella dei posteri, che si scontreranno, statene certi, contro un muro di dubbi a fronte delle impellenti necessità del sopravvivere.

Riallacciandoci con qualche analogia alle problematiche da Covid 19, sembra che nessun governo nazionale e mondiale abbia mai stilato un piano per fronteggiare una pandemia seria come questa. Il Covid 19, dopo una prima ondata di aggressività sugli anziani, ha diviso gli scienziati che si sono espressi sulla letalità dell’epidemia. Alle porte dell’estate, secondo alcuni luminari il virus era morto e sepolto; altri lo definivano oramai cambiato e quindi innocuo come un raffreddore, ma c’è stato pure chi ha avvertito di una recrudescenza dei contagi con modalità particolarmente pervasive da attendersi in autunno. In effetti mentre il mondo cinematografico aveva largamente previsto la drammaticità di una minaccia pandemica, il mondo reale, quello fatto di politici e scienziati ed esperti e opinion leader, neanche avevano lontanamente immaginato che potesse verificarsi un incubo simile: da ciò ne è derivato una impreparazione pressochè totale. 

Un’esplosione pliniana del Vesuvio, evento raro ma non escludibile dagli annali del possibile, è un argomento in questo caso poco dibattuto fra gli scienziati, con prese di posizione fatte di farfugliamenti a bassissima voce. La classe degli esperti istituzionali preferisce infatti parlare a voce alta per esprimersi sui sistemi di monitoraggio sempre più tecnologici e da finanziare, e sui piani di emergenza e di evacuazione, dando in pasto all’opinione pubblica indizi di certezze sulla previsione dell’evento, offrendo poi esercitazioni di protezione civile che hanno la stessa utilità di una lampada abbronzante ai tropici.  I dati geologici ci provengono dall’organo istituzionalmente competente che è senza ombra di dubbio l’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV), mentre per la parte tecnica e politica le indicazioni sono tutte del Dipartimento della Protezione Civile e della Regione Campania. L’INGV, anche attraverso la sua diramazione scientifica costituita dall’Osservatorio Vesuviano, ha concluso che la massima eruzione attendibile al Vesuvio è tuttalpiù di taglia sub pliniana, mentre quella più probabile è di tipo ultra stromboliana (VEI3). La pliniana è innominabile, perché, sussurrano, ha un indice di probabilità di accadimento praticamente zero. Stranamente un documento firmato da due ex direttori dell'Osservatorio Vesuviano davano una probabilità eruttiva VEI 5 all'11%.


Per quanto riguarda la possibilità che con i decenni e poi con le decine di decenni e poi secoli, il Vesuvio possa aumentare la sua latente energia eruttiva e distruttiva, la direttrice dell’Osservatorio Vesuviano (INGV) ebbe a precisare qualche anno fa, che non è il trascorrere del tempo che rende più pericoloso un vulcano come il Vesuvio, bensì solo nuove scoperte capaci di modificare quelle conoscenze scientifiche che hanno consentito nell’odierno di classificare l’eruzione  di tipo sub pliniana (VEI4) come l’eruzione massima di riferimento per i piani di emergenza.  Se per nuove scoperte s'intende la precisa calibrazione della massa magmatica in aspettativa nell'omonima camera, come già anticipato prima, non c'è una tale inappuntabile quantificazione, ma di certo l'eruzione pliniana del 79 d.C. pescò magma dalla camera superficiale (4-5 Km.), ma soprattutto da quella profonda (8-10 Km.) poco perscrutabile... Il dibattito scientifico dovrebbe incominciare a chiarire l’importanza di queste due camere nelle dinamiche magmatiche esplosive, che forse hanno ruoli diversi nelle diverse tipologie eruttive.

È nella normalità delle cose che se il mondo scientifico certifica addirittura come deterministica una previsione di eruzione massima attesa non superiore a un indice di esplosività vulcanica VEI 4, i tecnici del dipartimento della protezione civile e della Regione Campania hanno impostato le bozze dei piani di emergenza, tenendo in debito conto questa discutibile classificazione per circoscrivere la zona rossa da evacuare. Per meglio inquadrare il problema, si tenga presente che l’estensione della zona rossa ha un raggio correlato all’indice di esplosività vulcanica. Quindi: circa 10 chilometri per una VEI 4, e quasi 20 per una eruzione pliniana VEI5. Occorre anche comprendere che, come i termometri, anche le energie eruttive possono manifestarsi con valori intermedi che nel nostro caso creerebbero problemi, soprattutto se la zona rossa non ha un contorno maggiorato di sicurezza. Da questo punto di vista il caso di Volla è emblematico.


Assumendo per il Vesuvio una zona rossa VEI 4, in pratica si è tenuto fuori dai piani di evacuazione buona parte della città di Napoli ad eccezione dei quartieri orientali (Barra, Ponticelli, San Giovanni a Teduccio). Questa storia di Napoli centro storico invulnerabile alle dinamiche eruttive vesuviane e flegree ci lascia perplessi. Infatti, la zona rossa del super vulcano non comprende come è stato fatto col Vesuvio una zona rossa 2 (R2).  La zona rossa 2 ricordiamolo, è quella parte di territorio che per lontananza sarebbe risparmiata dalle colate piroclastiche sub pliniane ma non dalla massiccia pioggia di cenere e lapilli. La caduta di materiale piroclastico renderebbe impossibile la permanenza in loco per l’immediatezza dell’insorgere dei problemi alla respirazione. E poi ci sarebbero dopo qualche ora criticità alla circolazione dei veicoli, e poi serie complicanze statiche alle coperture dei fabbricati per il sovrappeso di cenere e pomici e lapilli. Questo significa che la zona rossa 2 ha le stesse regole e tempi di evacuazione della zona rossa ordinaria, e che intanto non è stata indicata per la zona rossa flegrea.

Considerato che i venti predominanti soffiano prevalentemente verso est, pur comprendendo che non c’è l’indicazione di un preciso centro eruttivo nella caldera dei Campi Flegrei, riteniamo che una media mediata non possa non comprendere la necessità, all’occorrenza, di un allontanamento preventivo di tutti gli abitanti che affollano il centro storico di Napoli. 

I rischi che si corrono col Vesuvio è quello che anche una riuscitissima previsione dell’evento vulcanico con una efficace evacuazione della zona rossa, possa comportare una catastrofe se l’intensità eruttiva che non è possibile cogliere in anticipo, vada ad assumere i caratteri di una pliniana o similmente pliniana, con le colate piroclastiche che andrebbero ad espandersi ben oltre i limiti attuali della zona rossa cogliendo non pochi spettatori immoti. Anche nel flegreo persiste un problema, e anche qui in caso di allarme, pur se si dovesse raggiungere l’auspicato successo evacuativo, il centro storico di Napoli rischierebbe di essere bombardato dai prodotti piroclastici di caduta che renderebbero dopo qualche ora inutilizzabile la stazione centrale, mentre i marittimi dovrebbero spalare cenere dai ponti dei traghetti e gli snodi stradali e autostradali rischierebbero dopo qualche ora il blocco totale della circolazione.

Alcune diatribe interne all’Osservatorio Vesuviano, così come la querelle sull’epicentro del terremoto di Casamicciola del 21 agosto 2017, la cui localizzazione venne fatta a distanza di giorni; ed ancora il gioco del sapevo e non sapevo sulla trivellazione operata nella zona di Agnano nel giugno 2020, portano a ritenere che la richiesta di alcuni senatori sull’opportunità di commissariare l’INGV per riorganizzare i vertici, sia un'assoluta necessità per riportare il ruolo della scienza lontano dai bisogni non confessati della politica. Le istituzioni non sono meno responsabili però, soprattutto quando si arrogano il diritto di nascondere la verità per non allarmare, mentre in realtà la cautela serve esclusivamente per non rispondere...














giovedì 27 aprile 2017

Rischio Vesuvio: tsunami cementizio su Volla... di MalKo


Vesuvio da Napoli


Le ultime valutazioni del mondo scientifico circa la determinazione delle aree a maggior rischio vulcanico, hanno stabilito per il Vesuvio l’adozione della linea nera Gurioli quale limite d’invasione dei flussi piroclastici per eruzioni di livello intermedio energeticamente valutate con un indice di esplosività vulcanica (VE) 4 similmente sub pliniane. Tutto ciò che è all’interno di questo segmento curvilineo quindi, può essere spazzato via dalle terribili e micidiali nubi ardenti, cioè il fenomeno vulcanico più temuto in assoluto.

La linea Gurioli rappresenta allora il perimetro della zona ad alta pericolosità vulcanica. Una certificazione che è anche un azzardo statistico però, perché si basa sulla discutibile certezza che la prossima eruzione del Vesuvio non supererà il livello intensivo di una sub pliniana…

L’azzardo è tutto racchiuso in questo limite di deposito (linea Gurioli) trasformato in un limite di pericolo. Il problema grosso è che nella storia eruttiva del Vesuvio si contano anche alcune pliniane (VEI 5), come quella arcinota che seppellì Pompei circa 2000 anni fa, o quella che distrusse a nord gli insediamenti dell’età del bronzo approssimativamente 4000 anni fa. Eruzioni potentissime, i cui flussi piroclastici superarono di gran lunga l’attuale linea nera.

La demarcazione del limite di propagazione delle nubi ardenti ha assunto una valenza assurdamente deterministica, come se gli scienziati avessero colto dal profondo sottosuolo vesuviano, tutti gli elementi necessari per dare un valore quantitativo e qualitativo al magma stipato nelle camere magmatiche o nell’unica camera magmatica a circa 8 chilometri di profondità, fino al punto da poterne determinare con precisione il valore dirompente. La realtà è ben diversa e i limiti di una camera magmatica si colgono in una misura approssimata soprattutto sui contorni, perché i metodi d’indagine sono indiretti e quindi non privi d’incertezza interpretativa.

In assenza di elementi pragmatici, si è lasciato spazio al gioco statistico le cui percentuali non potranno mai darci la sicurezza matematica su quale sarà la reale tipologia eruttiva della prossima eruzione del Vesuvio. Eruzione, ricordiamo, che in ogni caso non potrà mai essere una fedele replica di quelle precedenti pur nel caso in cui le tecniche di previsione dovessero cogliere l’insorgere di energie con stima VEI 4. Le eruzioni vesuviane molto spesso si caratterizzano con un nome (Avellino; Pompei; Mercato; Pollena; Ottaviano) per alcune singolari caratteristiche certamente legate al livello energetico o al fenomeno predominante e ancora al livello di coinvolgimento del territorio interessato e ai prodotti aspersi, a testimonianza del fatto che ogni eruzione fa storia a sé stante.
Per poter meglio comprendere il concetto d’indeterminatezza della faccenda, ci aiutiamo con un esempio: se noi buttiamo più volte il contenuto di un secchio d’acqua in aria sopra la nostra testa, il liquido ricadrà e ci colpirà e si propagherà ad ogni secchiata con rivoli dall’andamento sempre dissimili… Se le secchiate sono poche è difficile ricreare una statistica particolarmente attendibile sul percorso delle lingue d’acqua, soprattutto se non conosciamo in anticipo se nel secchio ci sono 3, 4 o  5 litri di liquido e non sappiamo neanche l’altezza che raggiungerà l’acqua aspersa in cielo dalla nostra energia di lancio sempre diversa… e che può essere una VEI 3,9 oppure una VEI 4,2 una VEI 5 ecc.



In questo contesto non suffragato da certezze, il modus operandi delle istituzioni competenti sbilanciate interamente sul dato statistico utilizzato in senso deterministico, ha creato le basi per minare anche le auspicate pratiche di prevenzioni delle catastrofi che in ogni caso e purtroppo già non ci sono.

Entrando nel merito, l’immagine sottostante ci consente di apprezzare intanto il percorso della linea nera Gurioli e il tratto viola che rappresenta e circoscrive l’area entro la quale vige il divieto di edificare nel senso residenziale (zona rossa 1).


A sud est il segmento nero trapassa solo di qualche metro il comune di Scafati. Ebbene, in questo comune è possibile rilasciare licenze edilizie nonostante il fatto che in caso di allarme vulcanico bisognerà scappare gambe in spalla. Il comune di Scafati infatti, è classificato come zona rossa 2 perché in caso di ripresa dell’attività eruttiva sarà molto probabilmente bombardato da cenere e lapilli proiettati in aria dal vulcano e spinti ad est dalla direzione dei venti predominanti. Una situazione altamente critica che tra l’altro si verificherebbe in seno a qualsiasi tipo di eruzione: VEI 3, VEI 4 o VEI 5…

Poggiomarino invece, ha fatto un vero capolavoro apparentemente di pseudo furbizia: gli amministratori hanno stabilito una fascia di rispetto dalla linea nera Gurioli, talmente insignificante da coincidere quasi con la stessa linea nera. Mentre la regola prevedeva di utilizzare strade, fiumi o altro elemento di chiara determinazione geografica per tracciare una fascia di rispetto, la comunità amministrativa poggiomarinese ha utilizzato addirittura i confini poderali e infra poderali, praticamente intangibili, per riformulare il perimetro a rischio secondo la loro visione garantista a fronte delle imponderabilità vulcaniche. In altre parole la vera garanzia che si sono cercata, è stata solo quella di evitare su quanta più terra è possibile, la mannaia della legge 21 del 2003 che comporta la inedificabilità residenziale nelle zone classificate ad alto rischio vulcanico. E’ quasi inutile aggiungervi che a Poggiomarino, alla stregua di Scafati, si costruisce al di là della linea nera con licenza edilizia.

Spostiamoci adesso a nord ovest nel comune di Volla. Come vedete le caratteristiche sono simili a quelle di Scafati. Questo comune però, non rientra in alcuna catalogazione di rischio vulcanico. Probabilmente gode di un beneficio indiretto dettato dalla necessità politica di tenere fuori il segmento partenopeo comprendente per intero le municipalità di San Giovanni a Teduccio, Barra e Ponticelli. Infatti, Se avessero classificato come in effetti avrebbero dovuto, questi tre quartieri napoletani in zona rossa 1, alla stregua avrebbero dovuto inserire anche Volla. Stessa logica ma inversa se avessero considerato Volla zona rossa…

Cosa comporta l’esercizio di classificare il territorio secondo le logiche della politica è presto detto. Assumendo l’eruzione VEI 4 come quella massima possibile e, quindi, la linea nera Gurioli come un limite di pericolo certo, su Volla si è abbattuto, come recita il testo giornalistico, un vero tsunami di cemento

Che non si possa costruire una muraglia di appartamenti a ridosso della linea nera Gurioli doveva e dovrebbe essere una considerazione frutto del buon senso e della logica protettiva. Tra alcuni anni la scienza e anche quella che autorevolmente occupa le posizioni apicali all’interno della commissione grandi rischi, si accorgerà che oltre a tracciare una linea nera Gurioli si sarebbe dovuto parimenti segnare un ulteriore segmento più ampio del precedente, quale fascia di rispetto capace di colmare il fossato delle incongruenze statistiche e anche territoriali circa i territori percorribili dai flussi piroclastici o bombardati dalla ricaduta di cenere e lapilli.

La scienza avrebbe dovuto inoltre levare alta la sua voce sulle necessità di adoperarsi di prevenzione per scongiurare le catastrofi, senza limitarsi a dire che più tempo passa e più l’eruzione sarà violenta. Se così fosse, bisognava e bisogna dare un peso alle parole… e muoversi di conseguenza senza doversi piangere addosso, fra 100 anni, per gli errori commessi dalla politica e da una scienza afona che presenteranno l’assurdo conto di uno o più vulcani esplosivi sovrastati e asfissiati dalla megalopoli delle sirene...

C’è poi tutto il capitolo sull’abusivismo edilizio da sanare. Tutti i comuni e senza differenze, spingono (elezioni a breve) per una sanatoria generalizzata sull’abusivismo edilizio che costella anche il vesuviano zone rosse comprese. Lo Stato come valuterà il patrimonio abusivo ricadente anche nelle zone classificate ad alta pericolosità vulcanica?

L’argomento è complesso e cercheremo di trattarlo meglio nei prossimi articoli richiamando magari alcune proposte di qualche anno fa che prevedevano priorità nelle demolizioni; una proposta non soddisfacente perché non menzionava e non teneva in debito conto le criticità territoriali in cui l’abuso eventualmente ricadeva ovvero ricade…

domenica 26 maggio 2013

Rischio Vesuvio: intervista al Prof. Giuseppe Mastrolorenzo.



"Rischio Vesuvio: intervista al Professor Giuseppe Mastrolorenzo"

di MalKo
Nel nostro parlare di  Vesuvio abbiamo fin da subito chiarito che il rischio è la possibilità che un determinato evento pericoloso possa cagionare danno a persone e cose. Diciamo che il mondo scientifico assegna dei valori   statistici al rischio in genere ed anche a quello vulcanico, stabilendo delle percentuali pure su basi matematiche che non sono, generalizzando,  particolarmente apprezzate o comprese dalla popolazione. Infatti, dire a un cittadino del vesuviano che una tipologia eruttiva  potrebbe statisticamente presentarsi in un certo range percentuale  piuttosto che in un altro, non conforta e non deprime.
Parlando della statistica riferita al rischio Vesuvio e, nel merito di  alcune tipologie eruttive, abbiamo nel tempo ascoltato varie opinioni.  Tra queste diverse che invitavano a trascurare i fenomeni vulcanici a bassa percentuale di accadimento.
Il ricercatore Prof. Giuseppe Mastrolorenzo nel 2007 avanzò nuove ipotesi dalle pagine della rivista National Geografhic, su quelli che potrebbero essere gli scenari eruttivi futuri del Vesuvio (chissà quando), tirando in ballo eruzioni del passato a forte valore energetico e a diversa distribuzione sul territorio in termini di effetti distruttivi. Gli abbiamo posto alcune domande per entrare nel merito di un dibattito che sarebbe  bene rimanesse  sempre aperto e senza preclusioni.   Nessuno di noi infatti, apprezzerebbe una sorta di oscurantismo su faccende che richiedono invece scientismo e chiarezza estrema.  Ogni scienziato deve avere la possibilità di illustrare le sue tesi così come ad altri è concesso di confutarle o condividerle. Oseremmo aggiungere democraticamente…
Professore Mastrolorenzo, che differenza c’è tra un’eruzione pliniana tipo Pompei 79 d.C. e quella delle pomici di Avellino?
In realtà l’eruzione delle Pomici di Avellino non differisce sostanzialmente da quella di Pompei in termini di classificazione vulcanologia. Si tratta infatti in entrambi i casi di eruzioni esplosive di tipo pliniano, secondo la classificazione attuale di VEI (Volcanic Explosivity Index) =5.  Anche la successione degli eventi è simile, essendo caratterizzata dall’evoluzione nel corso dell’eruzione, dalla fase di colonna sostenuta che produceva la pioggia di ceneri e lapilli, a quella da collasso della colonna, con generazione di flussi piroclastici.
Le differenze sostanziali tra le due eruzioni riguardano la distribuzione al suolo dei prodotti eruttivi. La caduta di lapilli interessava prevalentemente i settori a Sud Est del Vesuvio nel caso dell’eruzione di Pompei, mentre interessava quelli di Nord Est nel caso dell’eruzione delle Pomici di Avellino. I flussi piroclastici, nubi ad alta velocità di avanzamento al suolo e temperatura di centinaia di gradi, interessavano prevalentemente i settori meridionali ed orientali, nel caso dell’eruzione
di Pompei, mentre in prevalenza quelli settentrionali  nel caso delle Pomici di Avellino. Per questo motivo, a parità di volumi eruttati e tipologia di eventi, uno scenario futuro del tipo delle Pomici di Avellino esporrebbe a grave rischio l’intera popolazione della provincia di Napoli per un totale di almeno 3 milioni di persone.
L’evento massimo atteso (EMA) preso ad esame per abbozzare i piani d’emergenza è quello del 1631.  E’ una mediazione scientifica o un dato di fatto numerico incontrovertibile in termini statistici  ?
La scelta di un evento analogo a quello del 1631 come scenario di riferimento è a mio avviso solo una soluzione ottimistica alla questione del rischio vulcanico. Lo scenario fu scelto circa venti anni fa, in assenza di rigorose valutazioni probabilistiche o simulazioni di eventi.
Da allora è rimasto sostanzialmente immutato a fronte di notevoli progressi nella ricerca vulcanologia che hanno dimostrato l’elevata probabilità di un evento pliniano e l’estrema pericolosità di un tale evento. Purtroppo, benché da anni io e  altri vulcanologi abbiamo dimostrato l’assoluta necessità di adottare uno scenario pliniano, o in alternativa di dichiarare l’impossibilità di mettere in salvo la popolazione esposta al rischio connesso con tale tipo di eventi, la Protezione Civile e la Commissione Grandi Rischi non hanno effettuato modifiche in tal senso al Piano di emergenza: questo è rimasto sostanzialmente invariato da oltre quindici anni.
La camera magmatica è un qualcosa di quantificabile con precisione in termini di estensione e profondità ?
Dai nostri studi magmatologici, basati su complesse analisi delle rocce eruttate nel corso della storia vulcanologia del Somma-Vesuvio, abbiamo potuto determinare che il bacino magmatico si trova ad una profondità probabile di circa 8 km. Tale profondità è  anche in accordo con gli esperimenti di tomografia sismica, effettuati negli anni novanta, che hanno indicato una analoga profondità. Le stesse ricerche indicano che l’estensione della camera dovrebbe aggirarsi sui 400 kmq . Non è noto il
volume totale di magma attualmente disponibile, ma certamente è disponibile abbastanza magma per alimentare decine o centinaia di eruzioni esplosive di volume comparabile con quella del 79 A.D.
La previsione di prevedere tre giorni prima l’imminenza di un’eruzione è in linea con le conoscenze attuali  sul Vesuvio?
Sulla previsione di eruzioni al Vesuvio esiste un notevole livello di confusione. La realtà è purtroppo poco rassicurante. Infatti, non è assolutamente possibile prevedere quando si verificherà la prossima eruzione  così come non è possibile definire la possibile entità dell’evento: L’approssimarsi di un evento eruttivo sarà con grande probabilità preceduto da una crisi  pre-eruttiva caratterizzata da terremoti, deformazioni del suolo e modificazioni geochimiche. Una tale crisi potrebbe iniziare tra un secolo così come tra una settimana. Purtroppo, dall’inizio della crisi non  sarà possibile alcuna previsione sul momento di eventuale inizio della fase eruttiva, che potrebbe richiedere da ore ad anni. La scelta dei tre giorni per l’evacuazione, ammesso che sia realistica, benché abbastanza rapida non fornisce in assoluto garanzia di successo.

La redazione di Hyde Park ringrazia il Prof. Giuseppe Mastrolorenzo per la cortese intervista che ci ha rilasciato.
Un ulteriore domanda rivolta all’esperto inerente la distruzione degli aerei americani ubicati a Terzigno nel 1944, sarà oggetto di un articolo che verrà pubblicato nei prossimi giorni corredato da fotografie d’epoca.