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sabato 15 giugno 2019

Rischio Vesuvio: Ercolano peggio di Pompei... di MalKo



Ercolano

La città di Pompei rappresenta un caso interessante dal punto di vista del rischio vulcanico, perché pur essendo la cittadina emblema della furia eruttiva del Vesuvio, in realtà il suo territorio risulta poco coinvolgibile dai flussi piroclastici di quella che gli esperti chiamano l’eruzione massima di riferimento, cioè quella nell’odierno adottata per la stesura dei piani d’emergenza. Trattasi di un evento sub pliniano dall’indice di esplosività vulcanica VEI 4: un evento simile a quello che si manifestò nel 1631. Sugli effetti di questo tipo di eruzione dovrebbero forgiarsi le politiche di sicurezza delle popolazioni vesuviane.…


Per capire l’assunto, dobbiamo partire dal presupposto che il Vesuvio nella sua ultra millenaria storia geologica annovera eruzioni a diversa intensità e frequenza di accadimento, con fenomeni minimi che fungevano da attrattori turistici, fino ad eventi rari ma immani come le eruzioni pliniane, che hanno sconquassato nel 1850 a.C. i territori a nord del Vesuvio, costringendo a precipitosa fuga gli abitanti dei villaggi dell’età del bronzo antico che hanno lasciato nelle prime coltre di cenere le loro orme dei piedi. Nel 79 d.C. invece, un’ulteriore esplosione pliniana colpì duramente i territori a sud del vulcano, investendo le cittadine di Pompei, Ercolano e Oplonti che furono completamente distrutte e sepolte.

Eruzioni tipo e indice di esplosività vulcanica (VEI)

A optare per politiche di sicurezza areali basate sul presupposto già accennato che la prossima eruzione sarà nella peggiore delle ipotesi di bassa - media intensità e non quella massima conosciuta, è stato il Dipartimento della Protezione Civile, organo decisore per il rischio Vesuvio, che ha fatto proprie le congetture prospettate dall’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV). D’altra parte premesso che la scelta dell’eruzione di riferimento porta seco la perimetrazione della zona rossa, la condivisione è stata concertata anche con la Regione Campania e poi con i comuni del vesuviano più o meno interessati alla zonazione di pericolo.

Per meglio spiegare come si è giunti a questa decisione che contiene dal punto di vista delle garanzie dei vulnus macroscopici, occorre mettere in evidenza la statistica che ha presentato l’INGV, e che qui riproponiamo riassuntivamente in tabella.

Indice probabilistico dello stile eruttivo che verrà

La probabilità che si manifesti una certa tipologia eruttiva è presentata su due differenti archi di tempo: nella tabella A l’intervallo comprende come base di riferimento un periodo di quiescenza del Vesuvio di 60 anni, ma senza un limite superiore. Nella Tabella B invece, la base di riferimento prevede sempre un tempo di quiescenza minima di 60 anni, ma con un tetto temporale massimo fissato a 200 anni. I risultati sono che nel caso A la possibilità che si verifichi una pliniana è dell’11%, mentre nell’ipotesi B è dell’1%. 

La scelta proposta dal mondo scientifico è caduta sulla tabella B, anche sulla scorta di alcune disgressioni a proposito della quantità di magma contenuto nella camera magmatica superficiale del Vesuvio: secondo gli esperti non c’è n’é a sufficienza per una pliniana… Secondo altri ricercatori invece, l’eruzione di Pompei del 79 d.C. attinse magma direttamente dalla camera magmatica più profonda. Questo significa che le eruzioni del Vesuvio possono avvenire attraverso l’espulsione di magmi incamerati tanto superficialmente (~3 Km.) quanto nel sottosuolo a 8 – 10 km. di profondità. In altre parole il magma non dovrebbe avere necessariamente un comportamento da subacqueo, con obbligo di fermata sub superficiale atta alla decompressione prima di dirompere all’aria… D’altra parte non essendoci la possibilità di dare un valore tridimensionale alle camere magmatiche, la stima della quantità di magma presente nel sottosuolo vesuviano a prescindere dalla profondità è alquanto aleatoria e quindi congetturalmente i valori non dovrebbero prestarsi a previsioni deterministiche.  

Gli esperti dell’INGV hanno poi affermato che la loro indicazione di un evento VEI4 similmente sub pliniano, come quello di riferimento per la stesura dei piani di emergenza, rappresenta una mediazione di rischio accettabile per le comunità locali…

In realtà non è un rischio accettabile ma un vero azzardo a cui inconsapevolmente potrebbe essere sottoposta quella parte di popolazione vesuviana che si ritiene al sicuro. La grande incognita è tutta racchiusa nel dato statistico elaborato dall’INGV, secondo il quale per i prossimi 125 anni non dovrebbe esserci un’eruzione pliniana. Ergo, solo tra 125 anni sapremo se le congetture istituzionali si riveleranno fondate come ci auguriamo. In assenza di eruzioni però, in ogni caso il giro di boa statistico imporrà di prendere in considerazione anche gli eventi pliniani fin qui obliati.


Un ex direttore dell’Osservatorio Vesuviano (INGV), ripeteva che è inutile pianificare a fronte dell’eruzione massima conosciuta (pliniana), perchè richiederebbe una pianificazione emergenziale ed evacuativa talmente estesa da risultare praticamente inattuabile, mentre è preferibile pianificare su eventi piccoli e medi, cioè quelli più gestibili e anche a maggiore probabilità di accadimento. In pratica è lo stesso modus pensandi dell’ex assessore alla protezione civile della Regione Campania, che amava ripetere che se volessimo prendere come riferimento per i piani di emergenza i massimi eventi conosciuti, nel caso delle alluvioni ci sarebbero grossi problemi per tutti coloro che non si chiamano Noè… Certamente aggiungiamo noi, con le pliniane ci sarebbe qualche problema anche per tutti coloro che non si chiamano Efesto...

Le istituzioni pertinenti hanno quindi sposato questa filosofia operativa sfociata poi di fatto nell’assunzione di un’eruzione di media intensità (VEI4) come evento massimo di riferimento su cui basare i piani di emergenza. L’eruzione massima conosciuta che è quella pliniana (VEI5), alla stregua di quella verificatasi nel 79 d.C. è stata scartata dal calcolo delle probabilità senza alcuna citazione per i media. Un evento quest’ultimo dieci volte superiore a una VEI 4 e maggiore di cento volte un’eruzione VEI3. Ovviamente il fenomeno maggiormente temibile che potrebbe svilupparsi in seno a eruzioni tanto VEI 4 quanto VEI 5 sono i flussi piroclastici.
Indice esplosività vulcanica (VEI) e fenomeni maggiormente pericolosi attesi
I flussi o anche colate piroclastiche, sono costituiti da materiale magmatico di svariate dimensioni, misto a gas e vapore acqueo ad elevata temperatura, che si stacca dalla colonna eruttiva scorrendo lungo i fianchi del vulcano per gravità, inoltrandosi poi nella plaga vesuviana per un certo numero di chilometri dipendente dalla forza cinetica ancora posseduta dall’ammasso surriscaldato e dagli ostacoli che si frapporrebbero durante il travolgente cammino.

In base ai modelli utilizzati, lo spazio che si ipotizza che possano percorrere le colate piroclastiche qualora si verifichi un'eruzione del Vesuvio nei prossimi 125 anni, ha consentito di determinare i limiti della zona (rossa) ad alta pericolosità vulcanica, intesa a questo punto come area invadibile e quindi da evacuare prima dell’evento.

Nel nostro caso, premesso che l’eruzione massima di riferimento per i piani di salvaguardia è di intensità media, cioè con indice di esplosività vulcanica non eccedente VEI4, su input della Commissione Grandi Rischi  si è utilizzato un lavoro scientifico della ricercatrice Lucia Gurioli et altri, che attraverso un lavoro campale ebbe a geo referenziare i limiti di massimo scorrimento delle correnti piroclastiche ascrivibili ad eventi VEI4.  La linea nera riportata nella mappa che vi proponiamo più avanti circoscrive la zona rossa scientifica ad alta pericolosità vulcanica, zona poi ampliata fino ai confini della vecchia zona rossa (R1) attraverso un’azione amministrativa  evincibile nel disegno dal segmento chiuso di colore rosso.
Ebbene, in questo perimetro (R1) vigono misure atte ad inibire la realizzazione di manufatti ad uso residenziale (legge regionale Campania 21/2003) per non insediare altri esseri umani in un settore caratterizzato da un rischio vulcanico di tutto rispetto assoggettabile a fenomeni assolutamente letali. Questa legge risponde alle necessità della prevenzione delle catastrofi, ma le incongruenze della politica sempre a caccia di consensi, hanno ridisegnato nell’attualità una zona rossa che non si offre pienamente a meccanismi di tutela, e pecca di nessuna considerazione per i posteri.


Le discrasie nella zonazione della zona rossa rese operative dalle precedenti amministrazioni dipartimentali e regionali, si notano lungo il confine napoletano con le circoscrizioni di San Giovanni a TeduccioBarra e Ponticelli, e con le cittadine di VollaPoggiomarino e Scafati, dove a ridosso della linea nera Gurioli che impropriamente viene utilizzata come limite di pericolo e non di deposito, è possibile edificare palazzi addirittura con regolare licenza edilizia…

La linea nera Gurioli indica il limite di massimo scorrimento della colate piroclastiche
che possono formarsi in seno ad eruzioni non eccedenti l'indice VEI4. 

Il segmento rosso indica la zona R1. Il segmento verde circoscrive la zona R2.

La zona R2 invece, quella asimmetrica a est (tratteggio verde), è il settore dove a causa della massiva pioggia di cenere e lapilli, l’evacuazione della popolazione in caso di allarme vulcanico è imprescindibile: eppure qui è ancora possibile costruire case con licenza edilizia.
Occorre dire, a proposito della prevenzione della catastrofe vulcanica, che nei Campi Flegrei dove è in vigore lo stato di attenzione vulcanica, la situazione è peggiore dal punto di vista della prevenzione rispetto al Vesuvio, perché non è stata varata alcuna norma che proibisca la costruzione di insediamenti residenziali, come in parte è stato fatto pur con certi limiti nel vesuviano…

E allora giocoforza e rifacendoci alle tabelle predittive dell’INGV, i 125 anni di azzardo vulcanico che caratterizzeranno la partita vitale da qui in avanti tra uomo e natura, possono essere obtorto collo accettabili solo se le popolazioni verranno informate dettagliatamente. Non è vero che non c'è possibilità di difendersi da un evento pliniano che nessun scienziato al mondo può escludere, perché domani ci si può spostare sull’antimeridiano in una posizione diametralmente opposta al Vesuvio. E’ vero invece che a distanza di alcuni decenni non ci sono piani di evacuazione e semmai si ultimeranno e funzioneranno davvero grazie a una previsione utile dell’evento, ci sarà oltre un milione di persone immobili e ignare protette solamente dalla statistica dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia.

Nel vesuviano occorrono serie politiche di prevenzione, soprattutto in favore delle generazioni che verranno, i posteri, attraverso la riorganizzazione dei territori che dovranno offrirsi alle politiche degli spazi migliorando le difese passive degli edifici e ampliando in maniera debordante una viabilità che dovrà essere capace di drenare dalla zona rossa e all'occorrenza, tutti gli abitanti esposti alla furia del vulcano a prescindere dalla tipologia eruttiva.

Per ritornare al titolo dell’articolo, con le ipotesi introdotte dall’INGV a proposito dell’eruzione massima attesa (VEI4), Pompei è meno esposta al pericolo derivante dai flussi piroclastici anche grazie all’effetto barriera garantito dall’edificato di Boscoreale. Non si può dire la stessa cosa di PorticiErcolano e Torre del Greco e Trecase e Boscotrecase, dove anche in caso di evento sub pliniano, tutto il territorio pertinente può essere interamente attraversato e distrutto dai flussi piroclastici che si spingeranno in pochi minuti fino al mare. Con la situazione attuale degli alberi pietrificati dagli incendi del 2017, eventuali flussi non avrebbero alcun freno, ma solo ulteriore materiale ligneo da rigettare con violenza a valle.

In altri comuni, come le tre municipalità di Napoli, Volla, Poggiomarino e Scafati, non affannatevi a comprar casa a ridosso della linea nera Gurioli, perché nell’attualità si è troppo vicini ai limiti di deposito dei flussi piroclastici, e per il futuro vi ritrovereste ben all'interno del perimetro a maggior rischio vulcanico per le eruzioni pliniane, che nessuno scienziato può cancellare dal calcolo delle probabilità.

Certamente ci sono ottimi auspici che la futura eruzione del Vesuvio venga colta in anticipo e in tempi utili per la salvaguardia delle popolazioni esposte, ma non c’è certezza matematica circa la previsione dell’evento e neanche sull’entità dello stesso.  Quindi i problemi di tutela sono tuttora irrisolti...

La pianificazione delle emergenze è un elemento che richiede scelte molto precise e coraggiose e forse impopolari: purtroppo esiste il non dichiarato presupposto dei costi benefici mitigato dalle politiche del non allarmare; un modus pensandi, vivendi e operandi, che caratterizza la nostra società del pensiero unico che lascia a casa, in nome dell’economia e del consenso politico,  qualche diritto fondamentale come quello di accedere alla corretta informazione quale prodromo fondamentale di democrazia e di libero arbitrio dei popoli nel rispetto delle regole.








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