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venerdì 5 luglio 2013

Rischio Vesuvio e prevenzione della catastrofe: ... di Malko

Vigili del Fuoco (SAF) in esercitazione

“Il Dipartimento della Protezione Civile, i Piani d’emergenza Vesuvio e le attività di monitoraggio nel cratere” di MalKo

I piani di emergenza ancora in corso di elaborazione per la plaga vesuviana, hanno visto fin qui all’opera pianificatori che hanno congegnato tra l’altro un sistema di comando e controllo in verità già nelle premesse macchinoso e pachidermico.
Purtroppo anche il piano d’emergenza Vesuvio, che non è il piano d’evacuazione, è stato figlio di un’epoca in cui la protezione civile non disdegnava le operazioni mediatiche. Tra l’altro il leader indiscusso del dipartimento era particolarmente intollerante verso i non allineati o i cretini seminatori di panico, e su tutti gravava la spocchiosa minaccia di denuncia per procurato allarme…
Gli scienziati inviati all’Aquila dal mitico Guido Bertolaso, una settimana prima del luttuoso terremoto del 6 aprile 2009, pare che avessero il compito di annichilire il povero Giampaolo Giuliani e ridicolizzare il suo poco accademico e profetico allarmismo.
Chi fosse Bertolaso e quale fosse il suo livello di serietà, lo si evince non dalle cronache del salaria sport village, ma dal gala di commiato dalla protezione civile, dove nel consesso conviviale con i suoi adepti ridacchianti, si lasciò andare alla famosa battuta che …un’eruzione del Vesuvio, da buon leghista, non bisognava considerarla come una gran disgrazia

La sconcia ironia si presterebbe facilmente a ogni tipo di commento nefando. A ben rifletterci però, suona più fastidioso il ridacchiare dei dipendenti che si sbellicavano con risate a crepapelle per compiacere il gran capo.  Se avessero fatto il loro dovere da buoni impiegati dello Stato, o da buoni leghisti se vogliamo, avremmo avuto un piano d’evacuazione e non la certezza della disgrazia in caso di eruzione del Vesuvio, come con ilarità si alludeva. Bertolaso non ricordava con piacere le falde vesuviane, perché in uno dei comuni della zona rossa, Terzigno, il suo lavoro di commissario straordinario ai rifiuti fu ostacolato malamente dai cittadini locali che si opposero fino allo stremo alla discarica che alla fine purtroppo e con una organizzazione militare fu realizzata nel Parco Nazionale del Vesuvio, proprio sulle colline care a Bacco...
Al Dipartimento della Protezione Civile toccava, in ragione di un rischio definito d’importanza nazionale, pungolare le amministrazioni comunali affinché preparassero uno straccio di piano di tutela per gli oltre seicentomila abitanti del vesuviano.
Certe storie che riguardano le emergenze o la prevenzione sono piene di aneddoti che vanno dalle rassicurazioni fittizie, alle risate post terremoto come all’Aquila; e poi ancora risatine beffarde parlando dello sterminator Vesevo (Vesuvio); poi si spararono grosse sciocchezze come il colpo in canna all’isola d’Ischia, intendendo un’eruzione bell’è pronta, o come la storia del meteorite al centro di Roma, forzando un’analogia impossibile tra rischio vulcanico e cosmico.  Che dire…
Siamo sicuri che il processo a L’Aquila contro l’ex  commissione grandi rischi si arricchirà di nuovi capitoli soprattutto se gli imputati avranno il coraggio del riscatto dicendo la verità. Le aule giudiziarie ci riserveranno ancora cronaca, né nera né rosa, probabilmente solo umanamente indecente… con qualche medaglia che intanto andrebbe rimossa da un petto spaccone e irridente.
Il Dipartimento della Protezione Civile qualche anno fa fu oggetto di una proposta di privatizzazione (Protezione Civile servizi s.p.a.). I protettori in quel periodo curavano le emergenze, ma anche i grandi eventi sportivi, e poi le discariche campane con qualche defaillance raccapricciante, e poi il G8 e ancora le beatificazioni e ancora funerali solenni e poi ci siamo chiesti come mai avessero in forza una flotta operativa di Canadair, quando in realtà gli uffici dipartimentali dovevano essere solo una struttura di coordinamento operativo. Le miriadi di attività oggi ridimensionate anche a suon di scandali, hanno fatto si che il personale del dipartimento negli anni sia cresciuto numericamente. Forse anche troppo e, quindi, venendo meno gli innaturali compiti, qualche procedura di mobilità per i dipendenti in esubero dovrebbe essere nella naturalità delle cose in un momento difficile per i revisori dei conti e per le altre istituzioni acutamente sotto organico.
Alla Direzione Regionale dei Vigili del Fuoco di Napoli, braccio operativo del Ministero dell’Interno per il soccorso tecnico urgente, è affidato il compito di trovare una soluzione d’emergenza al piano d’emergenza deficitario. Un particolare utilizzo delle autostrade e una rimodulazione del traffico sono l’unica scelta possibile a un’evacuazione a piedi. Per i paesi ricadenti totalmente nell’area nera, cioè quelli posti in una posizione mediana tra mare e monte, bisogna dare spazio alla mobilità marittima stilando piani che consentano di sfruttare il naviglio leggero in servizio giornaliero nel Golfo di Napoli per il collegamento con le isole.
Nella poco pubblicizzata esercitazione Vesuvio 2001, che si tenne a Portici dodici anni fa, si testarono tutti i mezzi di locomozione: i traghetti veloci, esclusi dal piano d’emergenza, guarda caso furono quelli più funzionali per rapidità di manovra e spostamento.
Qualcosa comunque non funziona negli apparati di prevenzione. Non ci siamo.  L’Osservatorio Vesuviano ha diramato una nota nel bollettino mensile (marzo 2013) di sorveglianza vulcanica campana con questa postilla:<<… Le operazioni di monitoraggio nel fondo del cratere del Vesuvio sono state sospese, in quanto richiedono il supporto di una guida specializzata in grado di effettuare misure e campionamenti in un sito non raggiungibile da personale non specializzato in tecniche di alpinismo, non presente all'Osservatorio Vesuviano. Tale supporto, assicurato nel passato con un contratto esterno di tipo professionale, non è stato più rinnovato nel 2013 a causa del taglio dei fondi assegnati. >>.
Avendo a cuore la prevenzione del rischio vulcanico nell’area vesuviana e quella dei seicentomila esposti al pericolo di colate piroclastiche, vogliamo appena ricordare al Direttore dell’Osservatorio Vesuviano (INGV), Marcello Martini che, alla stregua di quanto succede all’Etna dove la sede di vulcanologia dell’INGV  si avvale della Guardia di Finanza e del Corpo Forestale dello Stato per andare in cima, a Napoli è possibile scendere nel cratere del Vesuvio anche con l’appoggio di personale specializzato del Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco. Bastava farne richiesta, magari già a ridosso degli eventi sismici che destarono meno di un mese fa preoccupazione tra gli abitanti per ricevere il prezioso supporto dal personale VVF (SAF), preposto appunto agli interventi in ambiente ostile...  


martedì 28 maggio 2013

Rischio vulcanico ai Campi Flegrei: la geotermia democratica...di Malko


"Campi Flegrei Deep Drilling Project e la geotermia democratica" 
    di MalKo


Antonio Luongo, consigliere delegato dal sindaco di Napoli De Magistris ai problemi dell’energia, durante un convegno ha chiarito pochi giorni fa che, con una geotermia “democratica” di superficie, non invasiva e con impianti di nuova generazione a reiniezione, potremmo aprire un nuovo futuro per la città di Napoli (Ansa med).
Il consigliere pare abbia precisato che l’intendimento dell’amministrazione partenopea è quello di installare nell’area flegrea, ma non sui suoli di Bagnoli Futura (foto), un impianto geotermico supportato da altre fonti energetiche come il solare termodinamico e l’utilizzo di biomasse consistenti in oli vegetali e alghe.
In realtà, e non traspare bene nelle interviste, per utilizzare oli vegetali e oli prodotti dalla spremitura di alghe, temiamo sia necessario un bruciatore, anche se c’è da dire che brucerebbe una sorta di carburante oleoso, in termini di emanazioni però,  alquanto rispettoso dell’ambiente.
Inizialmente, afferma sempre il consigliere Luongo, il geotermico sarà utilizzato per il teleriscaldamento (calore nelle case) e in seguito anche per la generazione di energia elettrica.
L’individuazione del sito ove ubicare l’impianto, dovrà probabilmente tenere in debito conto prevalentemente le caratteristiche del sottosuolo, perché per le altre forme di energia, quali il solare e il biodiesel, la scelta del luogo dovrebbe presentare minori difficoltà per le opzioni tutte di superficie. Ovviamente il sito non potrà ricadere a ridosso o all’interno di aree urbanizzate, ma forse neanche dove si prevedono sommovimenti dei suoli dovuti al bradisismo flegreo.
Da questo punto di vista riteniamo che qualsiasi progettazione e pianificazione dello sviluppo nell’area Flegrea, debba essere momentaneamente sospesa, fino a quando non siano resi pubblici gli scenari eruttivi ipotizzati per la caldera flegrea con la definizione delle aree a differente pericolosità.
Infatti, sarebbe oltremodo sgradevole, dopo il paradosso dell’Ospedale del Mare costruito in zona rossa Vesuvio, proporre qualcosa di simile in quel di Bagnoli o PozzuoliFuorigrotta o Bacoli.  Peggio ancora varare un piano di insediamento residenziale in un’area a rischio di distruzione totale, delimitata dalla linea nera (black line) come al Vesuvio.
Intanto, con la storia della geotermia è entrato di nuovo negli interessi della popolazione, ma in modo più contenuto rispetto al recente passato, la querelle che riguarda il famoso Campi Flegrei Deep Drilling Project (CFDDP), cioè la perforazione profonda in area calderica.
Il pozzo pilota ha raggiunto sul finire del 2012 i cinquecento metri di profondità. A questo livello saranno collocate le attrezzature con dei sensori, particolarmente sensibili e precisi, al punto da captare sul nascere dicono, e con una precisione mai prima raggiunta, le eventuali variazioni di alcuni parametri geofisici e geochimici del supevulcano, quali precursori per la previsione dei fenomeni eruttivi nella caldera flegrea.
La trivella, in assenza di cambiamenti progettuali, riprenderà probabilmente la sua marcia per raggiungere nel 2014 i tremila e ottocento metri di profondità, proseguendo con una certa inclinazione in direzione di Pozzuoli.
A tali quote nel profondo, ci si dovrebbe imbattere in acque molto calde; superati gli acquiferi, ci s’incanalerebbe nel mezzo di rocce calde. Per interpolazioni che si riferiscono alla trasmissione del calore per conduzione, si potrebbe a questo punto stimare a che profondità sono ubicate le sacche magmatiche superficiali.
 All’inizio dei lavori di scavo le inquietudini della popolazione locale erano concentrate sui rischi in generale che le operazioni di perforazione comportano, stante alcuni episodi di pericolo verificatisi qua e là nel mondo, ampiamente  reclamizzati da articoli di stampa e anche dal nostro giornale.
Ovviamente e per molti versi, ha un valore di rischio diverso trapanare nella caldera poco abitata dello Yellowstone (Stati Uniti) piuttosto che in quella calderica di un quartiere metropolitano napoletano come Bagnoli. Così come uno scavo infracalderico a cinquecento metri di profondità ha un margine di rischio anche statistico molto diverso da una perforazione chilometrica profonda realizzata direttamente nella bocca del vulcano quiescente.
Nelle profondità calderiche si stimano temperature dell’ordine dei cinquecento gradi; imbattersi in una sacca di vapore surriscaldato o altro potrebbe non essere un fatto remoto. Comunque, il sistema a tenuta della trivella e i doppi sistemi di sicurezza, pare siano sufficienti a mitigare qualsiasi pericolo che possa presentarsi dal fondo.
In termini di autorizzazioni però, pensiamo che non possa procedersi oltre nello scavo senza il preventivo parere della commissione grandi rischi (CGR). Dovrebbe essere questo consesso di esperti, di cui fa parte anche l’Osservatorio Vesuviano come centro di competenza, a esprimersi sulla reale portata del pericolo insito in una perforazione infra calderica. Se il parere non sarà chiesto d’ufficio dal capo dipartimento della protezione civile Franco Gabrielli, dovrebbe essere sollecitato dal sindaco o, in surroga, dai comitati locali attraverso una petizione popolare.
Il mayor Luigi De Magistris dovrà analizzare il parere della commissione grandi rischi e pronunciarsi sulla fattibilità dell’esperimento, riservandosi nell’analisi del rischio, la valutazione di fattori che potrebbero anche non essere pertinenti al mondo scientifico e tecnico. Ad esempio potrebbero frapporsi ostacoli di ordine   sociale o di indice di affollamento ma anche di semplice opportunità, mettendo in conto pure i falsi allarmi che potrebbero scatenare panico soprattutto per una  mancata percezione del pericolo da parte di cittadini che solo oggi, recitano gli organi di stampa dipartimentale, sembrano scoprire il supervulcano quiescente.
Nel mondo s’inizia a discutere sui reali rischi che comporta lo sfruttamento della geotermia che, specie per la produzione di elettricità, richiede lo scavo di pozzi un tantino profondi e a volte tecniche di reiniezione o di emungimento dei fluidi.
In un recentissimo comunicato dell’INGV si mette in guardia sulle pratiche di pompaggio o di estrazione di fluidi geotermali sotterranei, per la possibilità che si verifichino  terremoti medio-piccoli (Vincenzo Convertito). Questo potrebbe spiegare una dichiarazione sibillina del Direttore dell’Osservatorio Vesuviano,Marcello Martini, rilasciata in un recente convegno sulla geotermia a proposito dei rischi:<<bisogna sempre rapportarli agli impieghi…ovviamente per tutte le cose umane, l’uso che se ne fa determina anche le condizioni di sicurezza>>.
comitati flegrei non devono schierarsi e manifestare simpatie nel senso della trivella si, trivella no. Devono molto più semplicemente chiedere che siano applicate le prassi di tutela previste dal nostro ordinamento anche in termini di cautela.  Le associazioni di cittadini possono pure esprimere un parere profondamente diverso dalle istituzioni: è lecito. In tal caso il problema diventerebbe non di contrapposizione tecnico scientifica, ma squisitamente di natura politica che, com’è noto, è l’arte della mediazione dei bisogni sociali.
La vocazione geotermica del comune di Napoli sia oggetto di valutazioni e non di speculazioni. La priorità che deve avere l’amministrazione comunale non è l’estrazione dei fluidi energetici dal sottosuolo o l’urbanizzazione della spianata ex italsider di Bagnoli, bensì mettere in sicurezza dal rischio sismico e vulcanico, chi nei Campi Flegrei ci vive o ci lavora.

lunedì 27 maggio 2013

Campi Flegrei: a Bagnoli il deep drilling project


"Campi Flegrei: Deep Drilling Project e Bagnoli Futura" di MalKo

Luigi De Magistris, sindaco del comune di Napoli, ha espresso il proprio consenso acchè si dia corso al progetto di perforazione profonda dei Campi Flegrei (deep drilling), esattamente nell’area della spianata dell’ex italsider di Bagnoli.
Esplorare il sottosuolo anche attraverso la trivellazione, è sempre scientificamente significativo e interessante e aggiungeremmo affascinante, e non si dovrebbe perdere occasione per farlo, purché non si incida sulla sicurezza dei cittadini.
In virtù di questo principio, infatti, è stato sancito dal diritto il dovere della precauzione di fronte a pericoli anche solo ipotizzati, remoti o da quantificare in termini percentuale di accadimento.
Gli scienziati con enfasi parlano dell’importanza di conoscere ai fini della previsione e della prevenzione delle catastrofi, che cosa nasconde la caldera flegrea. Un problema diremmo tutto scientifico, perché sappiamo perfettamente cosa nasconde il Vesuvio, e pur tuttavia non è stato prodotto un solo grammo di prevenzione, pianificazione o di organizzazione del territorio o di delocalizzazione di una parte degli abitanti, utile per scemare il valore esposto. Eppure ci troviamo di fronte a un arcinoto e ben documentato rischio tutt’altro da trapanare…
Addirittura alcuni sindaci del comprensorio vesuviano, sfidando il buon senso, si sono armati di populismo per tentare di strappare alle autorità regionali e nazionali un condono edilizio da lanciare lì sulle piazze vesuviane in pasto ai famelici professionisti dell’abuso cui non garbano le restrizioni all’edilizia residenziale imposte dalla legge regionale 21 del 2003 sulla zona rossa. Va da se che il provvedimento sanatorio nel vesuviano è atteso soprattutto da chi possiede case e palazzi fermi allo stato di spiccato o di pilastratura, e aspettano quindi con la bava alla bocca il prezioso condono per ultimare il manufatto e immetterlo sul mercato del mattone che tira sempre anche in tempi di crisi. Ovviamente la contropartita è il consenso…
A che cosa servirà quindi la strategica e improcrastinabile e fondamentale e rischiosa perforazione sotterranea dei Campi Flegrei? A produrre previsione nella ricerca vulcanologica per la mitigazione del rischio, come si legge nel progetto CFDDP (Campi Flegrei Deep Drilling Project) ?  Farà Prevenzione? Produrrà le basi per tirare fuori dal cratere energia a basso costo lì dove ci hanno provato le grandi società che di energia campano (Agip – Enel) ?  A cosa? Non siamo scienziati e parliamo da profani, ma condurre un’operazione a rischio per mettere sensori a fibre ottiche sotto terra capaci di monitorare deformazioni micrometriche in una zona avvezza a deformazioni decametriche, con cinquecento scosse al giorno in tempi di crisi, non ci sembra il massimo della previsione.
Le indicazioni che perverranno dal sottosuolo abbiamo garanzie che saranno poi utilizzate dal sindaco De Magistris e dalla sua giunta per dare corso a provvedimenti magari impopolari atti a ridurre il rischio nei quartieri di Bagnoli e Fuorigrotta e Soccavo e Pianura?  E com’è che da un lato si opera in via del tutto straordinario per valutare il pericolo vulcanico flegreo e dall’altra c’è chi valuta sempre a livello comunale di aumentare le licenze edilizie sugli stessi suoli da perforare (Bagnoli)? Analizziamo il rischio per mitigarlo e nel frattempo aggiungiamo abitanti agli abitanti? Anche il battere cassa dovrebbe avere un limite…
Il “suggerimento” che alla fine uscirà dalle viscere del vulcano se si farà la trivellazione, sarà sicuramente nella direzione della necessità di non sovrappopolare queste zone già classificate a rischio senza la trivella, e di mettere a punto un buon piano di protezione civile per fronteggiare i rischi potenziali offerti dal distretto vulcanico flegreo: lo sa bene il direttore Marcello Martini dell’Osservatorio Vesuviano, così come lo sanno tutti gli altri ricercatori interessati con finalità diverse al progetto.
In altre pagine della nostra rivista, parlando dei suoli di Bagnoli Futura, avevamo segnalato e suggerito di non urbanizzare a tappeto l’area della spianata dell’ex italsider, giacché per dimensioni e ubicazione potrebbe rappresentare una straordinaria area strategica di protezione civile. (Punto di riunione, area di smistamento, di ammassamento, di prima accoglienza; area atterraggio elicotteri ed altro). Il sito, infatti, può essere raggiunto con tutti i mezzi di trasporto: navali, terrestri, aerei e ferroviari.
Ecco. La città di Napoli per tutta una serie di rischi legati a pericoli naturali o indotti dall’uomo, avrebbe fatto bene a dotarsi pure di una struttura di protezione civile polifunzionale magari avanzando anche al Dipartimento di Protezione Civile e alla Regione e alla provincia un concorso finanziario.
D’altra parte se il comitato CFDDP avrà il definitivo nulla osta da parte di De Magistris (autorità locale di protezione civile – Legge 225/1992) e si procederà alla perforazione, sarà necessario produrre il famoso documento di analisi del rischio, tanto per i lavoratori chiamati a operare in loco quanto per gli abitanti di quella zona che hanno gli stessi diritti di tutela.
A fronte dei rischi prospettati poi, si dovrà procedere alla stesura del piano d’emergenza rispetto al pericolo massimo individuato. Dovrebbe poi essere circoscritta una zona rossa quale fascia di rispetto e nelle misure di sicurezza dovrebbe prevedersi il modo di sigillare il foro in caso di necessità, così come si dovrà procedere anche all’analisi dell’impatto ambientale.
Noi non siamo contro la scienza, ma la scienza deve pure capire che un’attività di ricerca che racchiude comunque dei rischi seppur minimi per gli abitanti, non è possibile che venga espletata esclusivamente perché non si possono perdere i finanziamenti ricevuti o attesi.
D’altra parte questo impianto dovrebbe sorgere su suoli destinati a parco urbano, con roseti, spazi verde, centri integrati per il turismo, la didattica, congressi, parcheggi, acquario per le tartarughe, e tanto altro ancora tra cui un polo per l’ambiente. Sussiste francamente una discordanza d’intenti… Purtroppo su questo sito così “goloso”, sussistono pure lotti edificabili in termini residenziali ma in una percentuale che si tenta di far battere al rialzo, visto che le gare di alienazione dei suoli edificabili sono andate deserte (speculazioni?). Si prospetta quindi di aumentare un po’ la percentuale destinata alla realizzazione di prestigiose residenze per invogliare i possibili acquirenti ad acquistare.

Il sindaco di Sant’Anastasia Carmine Esposito forse non ci ha pensato, ma nell’area flegrea c’è la stessa classificazione di zona rossa come nel vesuviano: eppure lì appaltano a cura del comune lotti anche edificabili in senso abitativo. Strana questa sorta di sperequazione territoriale, atteso che, i campi flegrei vissero una situazione di reale allarme addirittura nel recentissimo 1983 col bradisismo. Forse l’Osservatorio Vesuviano avrebbe dovuto fare una premessa nella riunione del 24 maggio 2012 col comune di Napoli (commissione urbanistica e beni comuni presieduta da Iannello), ricordando che Bagnoli è in zona rossa flegrea, e il primo passo verso la prevenzione non è il deep drilling, ma una legge regionale identica alla 21/2003 che stabilisce l’inedificabilità a scopo abitativo in zone vulcaniche a rischio. Non ci sembra una cosa da poco…
Limiti della vecchia zonazione di pericolo