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domenica 30 marzo 2014

Il vulcano Marsili illuminerà l'Italia?...di Malko


Le isole Eolie

“Il Vulcano Marsili e il deepwater project” di MalKo

Il vulcano Marsili è stato uno dei seamount tirrenici, insieme al Palinuro, che ha destato molto la nostra attenzione. Il vulcano solo da alcuni anni è balzato alle cronache e la sua scoperta pare sia stata casuale e a cura degli americani che, rovistando sui fondali tirrenici, s’imbatterono in alcune indicative fumarole.
Il mastodontico apparato, il più grande d’Europa, dicono che abbia le potenzialità per generare un cataclisma, non tanto derivante dai magmi insiti nelle sue profondità, bensì dagli stessi e scoscesi contrafforti del monte, il cui profilo è disegnato da ammassi rocciosi instabili e poco consistenti, al punto da rendere concreto il rischio franamento per erosione o scuotimento sismico dell’edificio vulcanico.

Il possente monte sommerso è assurto alle cronache come possibile fonte di guai, dopo che un ex direttore dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV) dichiarò che il vulcano aveva appunto i fianchi flaccidi e un’eventuale e rovinosa e massiccia caduta di materiale roccioso dai pendii poteva innescare un’onda di maremoto che avrebbe potuto spazzare i litorali tirrenici esposti. Ipotizziamo in prima battuta quelli calabresi, campani e della Sicilia settentrionale isole comprese. L’unica difesa da siffatto rischio, profferì Enzo Boschi, consiste nella realizzazione di una costosissima rete di monitoraggio sottomarina. In realtà si nutrono dubbi anche su questa soluzione, perché la velocità di avanzamento di un’onda di maremoto è rapida al punto da raggiungere la costa tirrenica più vicina nel giro di una quindicina di minuti o poco più. I litorali più lontani potrebbero forse trarre qualche beneficio dal sistema di allarme costiero… 

Fu veramente grande la nostra meraviglia quando sapemmo del progetto della Eurobuilding spa di perforare a mezzo trivella proprio i fianchi del vulcano Marsili per carpire i fluidi bollenti o il vapore in quota e ad alta pressione che lì abbonda, col fine di produrre energia geotermica direttamente sulla superficie del mare, con piattaforme opportunamente attrezzate e dislocate sulla verticale del vulcano sommerso. Un progetto futuristico e affascinante e indubbiamente unico nel suo genere, che induce solo qualche perplessità per niente pretestuosa riguardante i rischi insiti nelle trivellazioni e nell’impatto ambientale che bisogna tenere in debito conto quando si accede alle acque termali profonde che, contrariamente a quanto si pensi, possono essere acque tutt’altro che innocue.

Le trivellazioni sono diventate oggetto di studio un po’ in tutto il mondo perché si ha il sospetto che inducano terremoti. Ci è quindi sorto il dubbio sul come possa coniugarsi la trapanazione del vulcano con le necessità di sicurezza delle popolazioni rivierasche in rapporto ai precedenti allarmi lanciati dagli stessi esperti.
Il comitato scientifico del “Marsili Project” annovera numerosi scienziati tra cui il Prof. Enzo Boschi: garanzia in più o contraddizione?
Secondo le logiche verrebbe da pensare che se sussiste il rischio frane, al punto da rendersi auspicabile l’installazione di una strumentazione di monitoraggio, forse non sarebbe tanto assurdo concordare di posizionare questa strumentazione ben prima di procedere con la trivellazione.

Nell’avamposto dei Campi Flegrei (Bagnoli), pure si è proceduto a una prima perforazione, probabilmente con fini molto simili al Marsili Project, con la sola differenza che nel caso del Marsili si opererebbe nelle profondità del tirreno, mentre nei Campi Flegrei l’operazione si è già avviata nell'area metropolitana di Napoli all’interno della caldera flegrea.
Lo scalpello rotante del Deep Drilling Project (CFDDP), nonostante le polemiche, i ritardi e i rinvii, nel mese di dicembre 2012 raggiunse i cinquecento metri di profondità. Il pozzo pilota così realizzato dovrebbe poi ospitare sul fondo strumentazioni tecnologicamente all’avanguardia per la previsione del rischio vulcanico. Il progetto prevedeva a distanza di un anno il prosieguo delle attività di perforazione per raggiungere con una certa inclinazione i quattro chilometri di profondità in direzione della gobba bradisismica di Pozzuoli.
Sull’operazione deep drilling da un po’ è calato il silenzio... Non si capisce se bisogna considerarlo come silente iperattività di studio legata al prossimo riavvio della trivella, o un abbandono del progetto perché in qualche consesso o ufficio è stato  giudicato pericoloso o quantomeno inopportuno.
Certamente il seguito delle operazioni, se ci saranno, richiederanno il nulla osta della commissione grandi rischi quale parte terza nel discorso sicurezza. Se l’operazione di perforazione dovesse invece essere abbandonata, anche in questo caso sarebbe assolutamente necessario conoscerne le motivazioni.
La nostra volontà di chiarire certi aspetti che riguardano seppur remotamente la sicurezza dei cittadini, ci ha indotto mesi fa a inoltrare qualche interrogativo all'INGV senza ottenere risposta. Per gli aspetti ambientali abbiamo invece chiesto delucidazioni al competente Ministero dell'Ambiente e siamo in attesa di riscontri.
Il nostro interesse ai progetti che riguardano il Marsili e i Campi Flegrei e l'affaire rischio Vesuvio e piani di evacuazioneattinge energia dai concetti tutti Costituzionali che auspicano il passaggio da un rapporto cittadini – istituzioni fondato sulla separazione e sulla reciproca diffidenza, ad uno invece centrato sulla comunicazione e la leale collaborazione. Non più un rapporto verticale allora, ma uno orizzontale e di condivisione e coinvolgimento nelle scelte. I cittadini infatti, è bene ricordarlo, non sono semplici utenti o clienti o sudditi, come dir si voglia...



martedì 28 maggio 2013

Rischio vulcanico ai Campi Flegrei: la geotermia democratica...di Malko


"Campi Flegrei Deep Drilling Project e la geotermia democratica" 
    di MalKo


Antonio Luongo, consigliere delegato dal sindaco di Napoli De Magistris ai problemi dell’energia, durante un convegno ha chiarito pochi giorni fa che, con una geotermia “democratica” di superficie, non invasiva e con impianti di nuova generazione a reiniezione, potremmo aprire un nuovo futuro per la città di Napoli (Ansa med).
Il consigliere pare abbia precisato che l’intendimento dell’amministrazione partenopea è quello di installare nell’area flegrea, ma non sui suoli di Bagnoli Futura (foto), un impianto geotermico supportato da altre fonti energetiche come il solare termodinamico e l’utilizzo di biomasse consistenti in oli vegetali e alghe.
In realtà, e non traspare bene nelle interviste, per utilizzare oli vegetali e oli prodotti dalla spremitura di alghe, temiamo sia necessario un bruciatore, anche se c’è da dire che brucerebbe una sorta di carburante oleoso, in termini di emanazioni però,  alquanto rispettoso dell’ambiente.
Inizialmente, afferma sempre il consigliere Luongo, il geotermico sarà utilizzato per il teleriscaldamento (calore nelle case) e in seguito anche per la generazione di energia elettrica.
L’individuazione del sito ove ubicare l’impianto, dovrà probabilmente tenere in debito conto prevalentemente le caratteristiche del sottosuolo, perché per le altre forme di energia, quali il solare e il biodiesel, la scelta del luogo dovrebbe presentare minori difficoltà per le opzioni tutte di superficie. Ovviamente il sito non potrà ricadere a ridosso o all’interno di aree urbanizzate, ma forse neanche dove si prevedono sommovimenti dei suoli dovuti al bradisismo flegreo.
Da questo punto di vista riteniamo che qualsiasi progettazione e pianificazione dello sviluppo nell’area Flegrea, debba essere momentaneamente sospesa, fino a quando non siano resi pubblici gli scenari eruttivi ipotizzati per la caldera flegrea con la definizione delle aree a differente pericolosità.
Infatti, sarebbe oltremodo sgradevole, dopo il paradosso dell’Ospedale del Mare costruito in zona rossa Vesuvio, proporre qualcosa di simile in quel di Bagnoli o PozzuoliFuorigrotta o Bacoli.  Peggio ancora varare un piano di insediamento residenziale in un’area a rischio di distruzione totale, delimitata dalla linea nera (black line) come al Vesuvio.
Intanto, con la storia della geotermia è entrato di nuovo negli interessi della popolazione, ma in modo più contenuto rispetto al recente passato, la querelle che riguarda il famoso Campi Flegrei Deep Drilling Project (CFDDP), cioè la perforazione profonda in area calderica.
Il pozzo pilota ha raggiunto sul finire del 2012 i cinquecento metri di profondità. A questo livello saranno collocate le attrezzature con dei sensori, particolarmente sensibili e precisi, al punto da captare sul nascere dicono, e con una precisione mai prima raggiunta, le eventuali variazioni di alcuni parametri geofisici e geochimici del supevulcano, quali precursori per la previsione dei fenomeni eruttivi nella caldera flegrea.
La trivella, in assenza di cambiamenti progettuali, riprenderà probabilmente la sua marcia per raggiungere nel 2014 i tremila e ottocento metri di profondità, proseguendo con una certa inclinazione in direzione di Pozzuoli.
A tali quote nel profondo, ci si dovrebbe imbattere in acque molto calde; superati gli acquiferi, ci s’incanalerebbe nel mezzo di rocce calde. Per interpolazioni che si riferiscono alla trasmissione del calore per conduzione, si potrebbe a questo punto stimare a che profondità sono ubicate le sacche magmatiche superficiali.
 All’inizio dei lavori di scavo le inquietudini della popolazione locale erano concentrate sui rischi in generale che le operazioni di perforazione comportano, stante alcuni episodi di pericolo verificatisi qua e là nel mondo, ampiamente  reclamizzati da articoli di stampa e anche dal nostro giornale.
Ovviamente e per molti versi, ha un valore di rischio diverso trapanare nella caldera poco abitata dello Yellowstone (Stati Uniti) piuttosto che in quella calderica di un quartiere metropolitano napoletano come Bagnoli. Così come uno scavo infracalderico a cinquecento metri di profondità ha un margine di rischio anche statistico molto diverso da una perforazione chilometrica profonda realizzata direttamente nella bocca del vulcano quiescente.
Nelle profondità calderiche si stimano temperature dell’ordine dei cinquecento gradi; imbattersi in una sacca di vapore surriscaldato o altro potrebbe non essere un fatto remoto. Comunque, il sistema a tenuta della trivella e i doppi sistemi di sicurezza, pare siano sufficienti a mitigare qualsiasi pericolo che possa presentarsi dal fondo.
In termini di autorizzazioni però, pensiamo che non possa procedersi oltre nello scavo senza il preventivo parere della commissione grandi rischi (CGR). Dovrebbe essere questo consesso di esperti, di cui fa parte anche l’Osservatorio Vesuviano come centro di competenza, a esprimersi sulla reale portata del pericolo insito in una perforazione infra calderica. Se il parere non sarà chiesto d’ufficio dal capo dipartimento della protezione civile Franco Gabrielli, dovrebbe essere sollecitato dal sindaco o, in surroga, dai comitati locali attraverso una petizione popolare.
Il mayor Luigi De Magistris dovrà analizzare il parere della commissione grandi rischi e pronunciarsi sulla fattibilità dell’esperimento, riservandosi nell’analisi del rischio, la valutazione di fattori che potrebbero anche non essere pertinenti al mondo scientifico e tecnico. Ad esempio potrebbero frapporsi ostacoli di ordine   sociale o di indice di affollamento ma anche di semplice opportunità, mettendo in conto pure i falsi allarmi che potrebbero scatenare panico soprattutto per una  mancata percezione del pericolo da parte di cittadini che solo oggi, recitano gli organi di stampa dipartimentale, sembrano scoprire il supervulcano quiescente.
Nel mondo s’inizia a discutere sui reali rischi che comporta lo sfruttamento della geotermia che, specie per la produzione di elettricità, richiede lo scavo di pozzi un tantino profondi e a volte tecniche di reiniezione o di emungimento dei fluidi.
In un recentissimo comunicato dell’INGV si mette in guardia sulle pratiche di pompaggio o di estrazione di fluidi geotermali sotterranei, per la possibilità che si verifichino  terremoti medio-piccoli (Vincenzo Convertito). Questo potrebbe spiegare una dichiarazione sibillina del Direttore dell’Osservatorio Vesuviano,Marcello Martini, rilasciata in un recente convegno sulla geotermia a proposito dei rischi:<<bisogna sempre rapportarli agli impieghi…ovviamente per tutte le cose umane, l’uso che se ne fa determina anche le condizioni di sicurezza>>.
comitati flegrei non devono schierarsi e manifestare simpatie nel senso della trivella si, trivella no. Devono molto più semplicemente chiedere che siano applicate le prassi di tutela previste dal nostro ordinamento anche in termini di cautela.  Le associazioni di cittadini possono pure esprimere un parere profondamente diverso dalle istituzioni: è lecito. In tal caso il problema diventerebbe non di contrapposizione tecnico scientifica, ma squisitamente di natura politica che, com’è noto, è l’arte della mediazione dei bisogni sociali.
La vocazione geotermica del comune di Napoli sia oggetto di valutazioni e non di speculazioni. La priorità che deve avere l’amministrazione comunale non è l’estrazione dei fluidi energetici dal sottosuolo o l’urbanizzazione della spianata ex italsider di Bagnoli, bensì mettere in sicurezza dal rischio sismico e vulcanico, chi nei Campi Flegrei ci vive o ci lavora.