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lunedì 28 luglio 2014

Rischio vulcanico ai Campi Flegrei 2014: permane lo stato di attenzione vulcanica...di Malko

Monte Nuovo

“ Campi Flegrei : il livello di allerta vulcanica 
è ancora di attenzione…” di MalKo

Vogliamo ricordare ai nostri lettori che il livello di allerta vulcanica per l’area flegrea è ancora tarato su posizioni di attenzione. Nel dicembre 2012, infatti, fu optata questa scelta cautelativa sulla scorta della variazione di alcuni parametri controllati registrati nella zona calderica. Oltre a una ripresa del bradisismo infatti, da alcune fumarole furono riscontrati elementi affini al magma, così come nella località Pisciarelli è stato notato un incremento della temperatura e della intensità dei flussi fumarolici e dell’anidride carbonica.
Nel dicembre del 2013 l’autorità scientifica ha rivisto i dati in possesso dell’Osservatorio Vesuviano, ed ha ritenuto necessario mantenere ancora su livelli di attenzione lo stato di allerta vulcanica ai Campi Flegrei. Una condizione “gialla” tuttora vigente…

Come già abbiamo avuto modo di accennare in articoli precedenti, il livello di attenzione non deve certo preoccupare, perché fa parte di una sorta di automatismo che scatta ogni qualvolta uno o più valori di base del vulcano presentano indici insoliti. L’ente cui è affidata la sorveglianza vulcanica, l’Osservatorio Vesuviano, in questi casi accentua maggiormente le attività di monitoraggio dei fenomeni fisici e chimici che interessano l’area calderica. Da una serie di correlazioni ci sembra poi di capire che oltre al fenomeno generalizzato del bradisismo, la zona tra gli Astroni, Agnano e la Solfatara, è quella diciamo che ha destato un certo interesse.

Una puntuale pianificazione d’emergenza per i Campi Flegrei deve necessariamente far capo e avvalersi degli scenari eruttivi che nel nostro caso sono stati prospettati da un apposito gruppo di lavoro in un documento ad hoc ultimato e consegnato alle autorità dipartimentali della protezione civile il 31 dicembre 2012
Nel compendio, frutto di un’analisi storica statistica che riguarda gli ultimi cinquemila anni di attività vulcanica ai Campi Flegrei, sono descritti scenari e fenomeni che possono caratterizzare appunto una possibile ripresa eruttiva nel settore calderico.
Secondo i dati che è possibile cogliere dalle pubblicazioni inerenti, in questa zona ardente non ancora perfettamente definita e in parte sub marina, potrebbero aversi eruzioni con questa percentuale di accadimento:
-          12 % eruzione effusiva;
-          60 % eruzione eruzione esplosiva di piccola intensità (VEI 1 - 3);
-          24 % eruzione di media intensità (VEI 4);
-          4  % eruzione di grande intensità (VEI 5);
-          0,7 % eruzione di grandissima intensità (VEI 6 - > 6).

Secondo le ipotesi che tengono conto delle riattivazioni vulcaniche passate, pare che qualora dovesse presentarsi un’eruzione sul medio termine, questa possa avere un’intensità uguale o inferiore a un indice di esplosività vulcanica VEI 4.  Valore quest’ultimo in linea con le prospettive sub pliniane già paventate statisticamente  per il rischio  Vesuvio
Negli scenari eruttivi presentati dal gruppo di lavoro, si ipotizzano e si diversificano quattro tipi di eventi che sono :
-          eruzioni esplosive che implicano un VEI da 1 a oltre 6 ;
-          eruzioni contemporanee da più bocche eruttive;
-          esplosione freatica in aree idrotermali (Solfatara, Pisciarelli);
-          eruzione effusiva.

Il problema più grande, in assenza di una bocca eruttiva ben precisa, rimane quindi quello di definire nell’ambito della caldera ignimbritica, la possibile zona dove potrebbe ripresentarsi l’attività eruttiva flegrea, e ancora il tipo di eruzione che al momento è inquadrato statisticamente su tipologie di media intensità, onde definire i suoli su cui si spalmerebbero gli effetti di ogni singolo fenomeno vulcanico.
Secondo alcuni criteri probabilistici, le zone flegree dove è ipotizzabile che si possano aprire bocche eruttive sono quelle ubicate in senso mediano tra i crateri degli Astroni e di Agnano.  In seconda battuta lungo la linea che unisce geograficamente Capo Miseno al lago d’Averno.

Mappa dei Campi Flegrei edita dall'Osservatorio Vesuviano
Nel primo caso se dovesse effettivamente presentarsi un’eruzione con produzione di flussi piroclastici, sussisterebbero dubbi sulla capacità dei contrafforti collinari di Posillipo nel contenere le colate verso est. Nel secondo caso ci sarebbero forse meno rischi per la città di Napoli. 
Nella riperimetrazione della zona rossa saranno probabilmente compresi i comuni di Napoli, con le municipalità di Fuorigrotta, Bagnoli, Agnano, Posillipo e Chiaia, e ancora i comuni di Bacoli, Marano, Monte di procida, Pozzuoli e Quarto. L’ultima parola spetta alla Commissione Grandi Rischi…
Molto presumibilmente gli scenari eruttivi che faranno da introduzione ai piani d’emergenza, dovranno delimitare, alla stregua di quanto già fatto per il Vesuvio, una zona rossa, una zona gialla e una zona blu.
I ricercatori stanno valutando quale estensione dare alla zona rossa nel tessuto cittadino di Napoli. Si dovranno poi confermare gli indici di sismicità attesi quali prodromi eruttivi e le curve di isocarico lì dove potrebbe abbattersi la pioggia di piroclastiti, la cui incidenza statistica dovrebbe essere verso est. Ovviamente la pubblicazione del piano d’emergenza chiarirà ogni dubbio sulle strategie di difesa dal rischio vulcanico in area flegrea. E’ altrettanto ovvio che ogni azione difensiva dovrebbe essere corredata da un piano di prevenzione che stabilisca gli obiettivi da raggiungere nel breve,medio e lungo termine. A questo purtroppo, non siamo ancora avvezzi…


martedì 28 maggio 2013

Rischio vulcanico ai Campi Flegrei: la geotermia democratica...di Malko


"Campi Flegrei Deep Drilling Project e la geotermia democratica" 
    di MalKo


Antonio Luongo, consigliere delegato dal sindaco di Napoli De Magistris ai problemi dell’energia, durante un convegno ha chiarito pochi giorni fa che, con una geotermia “democratica” di superficie, non invasiva e con impianti di nuova generazione a reiniezione, potremmo aprire un nuovo futuro per la città di Napoli (Ansa med).
Il consigliere pare abbia precisato che l’intendimento dell’amministrazione partenopea è quello di installare nell’area flegrea, ma non sui suoli di Bagnoli Futura (foto), un impianto geotermico supportato da altre fonti energetiche come il solare termodinamico e l’utilizzo di biomasse consistenti in oli vegetali e alghe.
In realtà, e non traspare bene nelle interviste, per utilizzare oli vegetali e oli prodotti dalla spremitura di alghe, temiamo sia necessario un bruciatore, anche se c’è da dire che brucerebbe una sorta di carburante oleoso, in termini di emanazioni però,  alquanto rispettoso dell’ambiente.
Inizialmente, afferma sempre il consigliere Luongo, il geotermico sarà utilizzato per il teleriscaldamento (calore nelle case) e in seguito anche per la generazione di energia elettrica.
L’individuazione del sito ove ubicare l’impianto, dovrà probabilmente tenere in debito conto prevalentemente le caratteristiche del sottosuolo, perché per le altre forme di energia, quali il solare e il biodiesel, la scelta del luogo dovrebbe presentare minori difficoltà per le opzioni tutte di superficie. Ovviamente il sito non potrà ricadere a ridosso o all’interno di aree urbanizzate, ma forse neanche dove si prevedono sommovimenti dei suoli dovuti al bradisismo flegreo.
Da questo punto di vista riteniamo che qualsiasi progettazione e pianificazione dello sviluppo nell’area Flegrea, debba essere momentaneamente sospesa, fino a quando non siano resi pubblici gli scenari eruttivi ipotizzati per la caldera flegrea con la definizione delle aree a differente pericolosità.
Infatti, sarebbe oltremodo sgradevole, dopo il paradosso dell’Ospedale del Mare costruito in zona rossa Vesuvio, proporre qualcosa di simile in quel di Bagnoli o PozzuoliFuorigrotta o Bacoli.  Peggio ancora varare un piano di insediamento residenziale in un’area a rischio di distruzione totale, delimitata dalla linea nera (black line) come al Vesuvio.
Intanto, con la storia della geotermia è entrato di nuovo negli interessi della popolazione, ma in modo più contenuto rispetto al recente passato, la querelle che riguarda il famoso Campi Flegrei Deep Drilling Project (CFDDP), cioè la perforazione profonda in area calderica.
Il pozzo pilota ha raggiunto sul finire del 2012 i cinquecento metri di profondità. A questo livello saranno collocate le attrezzature con dei sensori, particolarmente sensibili e precisi, al punto da captare sul nascere dicono, e con una precisione mai prima raggiunta, le eventuali variazioni di alcuni parametri geofisici e geochimici del supevulcano, quali precursori per la previsione dei fenomeni eruttivi nella caldera flegrea.
La trivella, in assenza di cambiamenti progettuali, riprenderà probabilmente la sua marcia per raggiungere nel 2014 i tremila e ottocento metri di profondità, proseguendo con una certa inclinazione in direzione di Pozzuoli.
A tali quote nel profondo, ci si dovrebbe imbattere in acque molto calde; superati gli acquiferi, ci s’incanalerebbe nel mezzo di rocce calde. Per interpolazioni che si riferiscono alla trasmissione del calore per conduzione, si potrebbe a questo punto stimare a che profondità sono ubicate le sacche magmatiche superficiali.
 All’inizio dei lavori di scavo le inquietudini della popolazione locale erano concentrate sui rischi in generale che le operazioni di perforazione comportano, stante alcuni episodi di pericolo verificatisi qua e là nel mondo, ampiamente  reclamizzati da articoli di stampa e anche dal nostro giornale.
Ovviamente e per molti versi, ha un valore di rischio diverso trapanare nella caldera poco abitata dello Yellowstone (Stati Uniti) piuttosto che in quella calderica di un quartiere metropolitano napoletano come Bagnoli. Così come uno scavo infracalderico a cinquecento metri di profondità ha un margine di rischio anche statistico molto diverso da una perforazione chilometrica profonda realizzata direttamente nella bocca del vulcano quiescente.
Nelle profondità calderiche si stimano temperature dell’ordine dei cinquecento gradi; imbattersi in una sacca di vapore surriscaldato o altro potrebbe non essere un fatto remoto. Comunque, il sistema a tenuta della trivella e i doppi sistemi di sicurezza, pare siano sufficienti a mitigare qualsiasi pericolo che possa presentarsi dal fondo.
In termini di autorizzazioni però, pensiamo che non possa procedersi oltre nello scavo senza il preventivo parere della commissione grandi rischi (CGR). Dovrebbe essere questo consesso di esperti, di cui fa parte anche l’Osservatorio Vesuviano come centro di competenza, a esprimersi sulla reale portata del pericolo insito in una perforazione infra calderica. Se il parere non sarà chiesto d’ufficio dal capo dipartimento della protezione civile Franco Gabrielli, dovrebbe essere sollecitato dal sindaco o, in surroga, dai comitati locali attraverso una petizione popolare.
Il mayor Luigi De Magistris dovrà analizzare il parere della commissione grandi rischi e pronunciarsi sulla fattibilità dell’esperimento, riservandosi nell’analisi del rischio, la valutazione di fattori che potrebbero anche non essere pertinenti al mondo scientifico e tecnico. Ad esempio potrebbero frapporsi ostacoli di ordine   sociale o di indice di affollamento ma anche di semplice opportunità, mettendo in conto pure i falsi allarmi che potrebbero scatenare panico soprattutto per una  mancata percezione del pericolo da parte di cittadini che solo oggi, recitano gli organi di stampa dipartimentale, sembrano scoprire il supervulcano quiescente.
Nel mondo s’inizia a discutere sui reali rischi che comporta lo sfruttamento della geotermia che, specie per la produzione di elettricità, richiede lo scavo di pozzi un tantino profondi e a volte tecniche di reiniezione o di emungimento dei fluidi.
In un recentissimo comunicato dell’INGV si mette in guardia sulle pratiche di pompaggio o di estrazione di fluidi geotermali sotterranei, per la possibilità che si verifichino  terremoti medio-piccoli (Vincenzo Convertito). Questo potrebbe spiegare una dichiarazione sibillina del Direttore dell’Osservatorio Vesuviano,Marcello Martini, rilasciata in un recente convegno sulla geotermia a proposito dei rischi:<<bisogna sempre rapportarli agli impieghi…ovviamente per tutte le cose umane, l’uso che se ne fa determina anche le condizioni di sicurezza>>.
comitati flegrei non devono schierarsi e manifestare simpatie nel senso della trivella si, trivella no. Devono molto più semplicemente chiedere che siano applicate le prassi di tutela previste dal nostro ordinamento anche in termini di cautela.  Le associazioni di cittadini possono pure esprimere un parere profondamente diverso dalle istituzioni: è lecito. In tal caso il problema diventerebbe non di contrapposizione tecnico scientifica, ma squisitamente di natura politica che, com’è noto, è l’arte della mediazione dei bisogni sociali.
La vocazione geotermica del comune di Napoli sia oggetto di valutazioni e non di speculazioni. La priorità che deve avere l’amministrazione comunale non è l’estrazione dei fluidi energetici dal sottosuolo o l’urbanizzazione della spianata ex italsider di Bagnoli, bensì mettere in sicurezza dal rischio sismico e vulcanico, chi nei Campi Flegrei ci vive o ci lavora.

domenica 26 maggio 2013

Campi Flegrei: intervista al Prof. G. Mastrolorenzo.



Campi Flegrei

"Campi Flegrei: intervista al Prof. Giuseppe Mastrolorenzo" di MalKo
La provincia di Napoli si estende su di una superficie di 1171 Km2 annoverando 92 comuni e una popolazione di oltre 3.000.000 di abitanti, con una densità media abitativa che supera le 2600 unità per Km2.
Il dato che spaventa analizzando queste cifre, è il fatto tutt’altro secondario che ben tre distretti vulcanici si accalcano all’interno di questo misurato perimetro amministrativo. Tra l’altro tutti vulcani (VesuvioCampi Flegrei e Ischia), con indici di pericolosità non certo minimi.
Molti non addetti ai lavori affermano che l’allarmismo che sovente si alza sul rischio vulcanico campano è eccessivo, perché la storia stessa degli insediamenti dimostra una perdurante capacità della popolazione a coabitare con siffatto pericolo.
In realtà, quello che non è tenuto in debito conto, è la totale sproporzione in termini di densità abitativa tra quelli che erano gli agglomerati urbani di una volta rispetto a quelli attuali, superaffollati e senza strutture stradali idonee a sostenere i flussi di traffico, già in situazioni normali. Non dimentichiamoci che gli indici di affollamento sono una variabile fondamentale, che fanno innalzare inusitatamente i livelli di rischio a prescindere dal pericolo che si vuole prendere in esame.
I Campi Flegrei sono definiti il vero vulcano di Napoli, non solo per la contiguità territoriale, ma anche e soprattutto per il sottosuolo di tufo giallo su cui poggia buona parte della metropoli. Il tufo è un prodotto derivante dall’attività eruttiva esplosiva di alcuni vulcani ubicati nella caldera flegrea.
L’area flegrea è famosa per il bradisismo, cioè l’innalzamento e l’abbassamento periodico del suolo che, tra glia anni 70’ e 80’ in due distinte crisi, destò preoccupazione, allarme e polemiche, per lo sgombero del rione terra (quartiere storico-popolare di Pozzuoli) e altri quartieri puteolani, con la costruzione d’insediamenti alternativi da molti ritenuti inutili soprattutto per l’ubicazione. Infatti, l’area scelta per erigere i nuovi fabbricati (al rione Toiano e Monteruscello), rientra nel comprensorio della stessa Pozzuoli.
La solfatara è un altro cratere caratteristico dell’area, meta di tanti turisti che si soffermano a osservare le sue calde “effusioni”.
In questa terra di rara fertilità, sono ben visibili gli apparati esterni di alcuni dei circa 40 vulcani che costellano il distretto, tra cui Monte Nuovo che nacque in pochi giorni nel tutt’altro che lontano 1538, distruggendo il villaggio di Tripergole.
Al Prof. Giuseppe Mastrolorenzo, esperto vulcanologo, poniamo alcune domande:
a) Professore, l’indice di pericolosità vulcanica dei Campi Flegrei è simile al Vesuvio?
La caldera attiva dei Campi Flegrei è ritenuta a livello mondiale una delle aree a più alto rischio vulcanico. Il motivo è da ricercarsi nella probabilità che un eventuale evento eruttivo sia caratterizzato da un’elevata esplosività (indice di Esplosività Vulcanica -VEI- compreso tra 3 e 5), e ancora che tale evento possa avvenire nel breve o medio termine. Bisogna poi registrare un rilevante valore esposto (persone e beni), visto che una parte della città di Napoli si trova addirittura all’interno della caldera flegrea.
Per questo distretto quindi, il rischio potrebbe essere addirittura superiore a quello calcolabile per il Vesuvio. Una vera competizione tra i vulcani napoletani che si contendono il “titolo” di vulcano più pericoloso su scala mondiale. Inoltre, i campi Flegrei sono tra i pochissimi siti al mondo quali possibili sede di “super eruzioni”, cioè eventi esplosivi di straordinaria energia, che, oltre a devastazioni su scala regionale, possono indurre anche modificazioni climatiche su scala planetaria.
b) Dobbiamo temere l’area flegrea in sé, o ognuna delle bocche che caratterizzano questo distretto magari con indici di pericolosità diversi?
L’intera area calderica con un diametro di dodici chilometri può essere sede di bocche eruttive. Questa caratteristica, comune ad altre caldere vulcaniche attive, è uno dei fattori di rischio che rendono ancora più insidiosi i Campi Flegrei rispetto ai vulcani centrali come il Somma-Vesuvio.
Come dimostrato dalla distribuzione areale delle bocche eruttive negli ultimi 15.000 anni, le eruzioni possono avvenire da qualsiasi punto e in alcuni casi i centri eruttivi possono migrare o addirittura essere più di uno nel corso della stessa eruzione. Recenti simulazioni al computer, sviluppate in collaborazione con la dottoressa Pappalardo dell’Osservatorio Vesuviano, hanno consentito di esaminare i possibili scenari di un’eventuale eruzione futura, tenendo conto dell’intensità e della posizione della bocca eruttiva. I risultati dimostrano che in caso di eruzione, il rischio si estenderebbe per oltre venti chilometri dalla cittadina di Pozzuoli e in tutte le direzioni.
c) Il Golfo di Pozzuoli è l’altra semicirconferenza che manca alla caldera flegrea? Se sì con quali fenomeni sottomarini?
Il Golfo di Pozzuoli è la parte sommersa della caldera dei Campi Flegrei, ed è molto meno attiva rispetto a quella emersa e ancora in gran parte da studiare. Sono state rilevate alcune possibili strutture nei fondali, ma mancano dati precisi sulla tipologia di attività e sulla datazione degli eventi che qui sono avvenuti.
d) Il bradisismo flegreo, a prescindere dalla sua evoluzione, è legato a un vulcanesimo secondario o è da intendersi un sintomo pre-eruttivo?
Il bradisismo è un fenomeno tipico di caldere vulcaniche attive ed è connesso in modo diretto o indiretto alla presenza di un sistema magmatico in profondità. Nel caso dei Campi Flegrei, alcune ricerche condotte da me e da altri geofisici e vulcanologi, hanno rilevato come il fenomeno bradisismico sia stato una costante dell’area flegrea. Eventi di sollevamento e di subsidenza del suolo sono documentati dalle evidenze negli strati geologici così come nei segni lasciati sui resti archeologici, quali sommersione di ville di epoca romana o tracce di erosione marine su strutture oggi emerse.
Una prima ipotesi collegava il bradisismo a variazioni di pressione e volume all’interno della camera magmatica. Di recente invece, abbiamo dimostrato la compatibilità del fenomeno con complessi processi di espansione e contrazione volumetrica dello spesso strato di rocce porose che costituisce il sottosuolo della caldera, fino alla profondità di almeno quattro chilometri.
Queste modificazioni sarebbero comunque causate da variazioni di flusso di calore e/o fratturazioni in profondità riconducibili alle dinamiche del sistema magmatico. Pertanto, il bradisismo deve essere considerato un possibile precursore di un evento eruttivo, anche se, in alcuni casi, come durante le crisi che si registrarono tra gli anni ’70 e ’80, il fenomeno non fu seguito da un’eruzione. Al contrario, l’eruzione del Monte Nuovo del 1538, fu preceduta da un’intensa e prolungata crisi bradisismica, caratterizzata da sollevamento del suolo e sismicità.
e) L’epicentro del bradisismo si è spostato nel tempo?
Sulla base di ricerche geologiche, geofisiche e archeologiche, abbiamo evidenziato come, almeno negli ultimi millenni, i fenomeni bradisismici si siano concentrati proprio in prossimità del centro della caldera, in un raggio di alcuni chilometri. In un mio studio, ho dimostrato che, nel corso dei millenni, il bradisismo positivo, in altre parole il sollevamento del suolo, si è manifestato con crisi di anni e decenni, alternato, viceversa, da lunghi, e continui periodi di lenta subsidenza.
f) Il rione terra rappresenta o rappresentava un pericolo unicamente per la fatiscenza delle abitazioni?
La città di Pozzuoli si trova al centro della caldera dei Campi Flegrei, ed è certamente l’area a maggior rischio da eventi pre-eruttivi e/o eruttivi. Nel corso delle due ultime crisi bradisismiche dei periodi 1970-1972 e, 1982-1984, furono evacuati rispettivamente il Rione Terra e l’area di via Napoli di Pozzuoli. Nel caso della prima crisi, l’attività sismica fu relativamente modesta, mentre nella seconda fu intensa con oltre quindicimila eventi, molti dei quali avvertiti dalla popolazione. In entrambi i casi, l’evacuazione fu suggerita dal persistere dei fenomeni bradisismici e sismici e in particolare dalle condizioni fatiscenti degli edifici. In realtà, nella crisi degli anni ’80 e più ancora in quella precedente, le conoscenze sulle dinamiche dell’area calderica flegrea e sull’effettiva pericolosità della stessa erano modeste. Con le conoscenze attuali, si sarebbe resa necessaria per una maggior tutela, un’evacuazione molto più rapida degli abitanti, da una superficie territoriale più ampia di quella realmente evacuata. A supporto di tale valutazione, l’eruzione del 1994 della caldera di Rabual in Nuova Guinea, ha dimostrato come i precursori possano precedere anche solo di pochi giorni l’inizio dell’attività eruttiva.
g) Che cosa prevede il piano d’emergenza per i Campi Flegrei?
Il piano d’emergenza dei Campi Flegrei è di competenza del Dipartimento della Protezione Civile (Presidenza del Consiglio dei Ministri) ed è in corso di aggiornamento con la consulenza di una commissione scientifica nazionale (commissione grandi rischi – rischio vulcanico).
Sulla base dei risultati delle mie ricerche, ho più volte evidenziato sia in ambito scientifico-istituzionale sia attraverso i mass media, l’urgenza della stesura di un piano d’emergenza, che tenga conto della reale pericolosità dei Campi Flegrei, ampiamente riconosciuta dalla comunità scientifica nazionale e internazionale.
Nel corso dell’ultimo decennio ho prodotto le prime e uniche mappe vulcanologico-probabilistiche di pericolosità per tutti gli scenari possibili, che a fronte di un vasto interesse in ambito scientifico, ma anche da parte dei mass media col supporto di specifiche interrogazioni parlamentari, non sono ancora state trasferite nel piano di emergenza.
Resta il fatto che una crisi bradisismica potrebbe iniziare in qualsiasi momento e sfociare in un’eruzione che potrebbe rivelarsi catastrofica in assenza di un adeguato piano d’emergenza. Infatti, le attuali conoscenze vulcanologiche e le tecniche di monitoraggio esistenti, non consentono di prevedere quando e dove avverrà la prossima eruzione e quale sarà la sua entità. Dall’istante in cui dovessero manifestarsi i fenomeni precursori, l’unica soluzione possibile consisterebbe nell’allontanamento immediato della popolazione residente nell’area a rischio, comprendente anche interi settori della città di Napoli. Ovviamente con prassi successiva d’attesa fino all’evolversi in negativo o in positivo degli eventi.
In più contesti ho evidenziato come in assenza di un dettagliato piano d’emergenza, che preveda tutti gli scenari sismici e vulcanici, si renda praticamente impossibile qualsiasi pianificazione territoriale e qualsiasi intervento nell’area a rischio. Tra questi ad esempio, il progetto di perforazione del sottosuolo a scopo scientifico e industriale nel territorio di Bagnoli, per cui recentemente è stato sollevato un forte allarme da parte di colleghi vulcanologi e geofisici, autorità e popolazione.
(La redazione esprime un particolare  ringraziamento al Prof. Giuseppe Mastrolorenzo, per la cortese e preziosissima collaborazione scientifica che assicura ai lettori di Hyde ParK).