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martedì 28 maggio 2013

Campi Flegrei e bradisismo



"Campi Flegrei: incognita bradisismo" di MalKo
Nei Campi Flegrei c’è un livello di allerta vulcanica classificato di attenzione o, se preferite, giallo. Secondo processi standardizzati di valutazione voluti dalla stessa autorità scientifica, il passaggio a un livello successivo diverso da quello base si verifica nel momento in cui la rete di sorveglianza registra variazioni significative dei parametri fisici e chimici del vulcano preso in esame. E così è stato.
Il Direttore dell’Osservatorio Vesuviano, Marcello Martini, qualche settimana fa ha annunciato uno stato di attenzione scientifica per i Campi Flegrei, dovuto alla constatazione che ci sono state:<<delle variazioni significative dei parametri sismici, geochimici e di deformazione del suolo, rispetto ai livelli ordinariamente registrati>>.
A voler semplificare certi linguaggi, siamo in una fase di ripresa del bradisismo flegreo. Ovviamente il bradisismo con il suo rigonfiamento dei suoli presenta sempre delle incognite dal fondo e di fondo, in questo caso alleggerite dal dipartimento della protezione civile, che ha sottolineato che le ipotesi interpretative dei fenomeni in corso non evidenziano al momento variazioni tali da far presupporre situazioni di criticità a breve termine.
A fine novembre poi, la commissione scientifica istituita nel 2009 ha consegnato, al dicastero della protezione civile retto dal Prefetto Franco Gabrielli, una relazione contenente gli scenari previsti in caso di ripresa dell’attività eruttiva nell’area flegrea. Si sapranno quindi con certezza i fenomeni da cui bisognerà difendersi e l’E.M.A., che suona come un prefisso trasfusionale, ma in realtà è l’acronimo dell’eruzione (ipotizzata) massima attesa nel breve – medio termine. Per il Vesuvio, ricorderete, è stata presa a campione quella sub pliniana del 1631.
Ovviamente tale documento dovrà contenere anche i limiti della zona rossa, quella a maggior pericolo, e poi di quella gialla, dove sono previsti fenomeni di ricaduta dei prodotti piroclastici. La consegna di questo documento scientifico i cui autori rimangono sempre un po’ sconosciuti alle masse, darà poi il via alla stesura dei piani d’emergenza che, pare, devono essere solo aggiornati.
Il deep drilling project (CFDDP), cioè la perforazione profonda che si sta facendo nell’area ex italsider di Bagnoli (Bagnoli Futura) per installare degli innovativi sistemi di controllo dei parametri vulcanici e sismici nell’area, ha raggiunto il 26 novembre 2012 quota meno 430 metri. Poche diecine di metri ancora e si toccherà la profondità prevista dei 500 metri. Che cosa succederà dopo non lo sappiamo. Ovviamente anche per il clamore suscitato dalla trivellazione e dalla situazione di allerta esistente oggi nell’area flegrea, un’eventuale ripresa dell’attività perforativa oltre la misura indicata, dovrà essere condivisa da tutti gli attori istituzionali che hanno un ruolo nella previsione e prevenzione dei rischi sismici e vulcanici nell’area flegrea, a iniziare dalla commissione grandi rischi, che presumibilmente sarà interpellata, e dal sindaco di Napoli che dovrà tenere in debito conto più fattori, compreso l’allarme sociale che si è creato intorno a questo  progetto di perforazione profonda.
I fenomeni di bradisismo sono stati da sempre una caratteristica dei Campi Flegrei (Campi ardenti). Di recente si ricordano i movimenti ascensionali dei primi anni ’70 caratterizzati da scarsa attività sismica, e poi di nuovo un rigonfiamento dei suoli tra il 1982 e il 1984, questa volta con manifestazioni sismiche intense (migliaia di scosse) e un terremoto di magnitudo 4 che creò non poche apprensioni il 4 ottobre del 1984.
L’innalzamento notevole del suolo costrinse le autorità a far evacuare precauzionalmente circa quarantamila persone, molte delle quali abitavano in palazzi particolarmente fatiscenti. Per far fronte alle necessità degli alloggi, fu edificato in poco tempo un complesso residenziale popolare nella frazione di Monteruscello. Fortunatamente non ci fu eruzione e l’allarme rientrò. La nota critica, e che le nuove e squadrate  costruzioni sorsero su suoli ubicati nel Comune di Pozzuoli, che rientra a pieno titolo nella zona rossa.
E poi gli alloggi prontamente costruiti potevano ospitare quarantamila persone: una cifra in realtà sproporzionata rispetto al reale fabbisogno abitativo misurato in diecimila sfollati. Si largheggiò molto col denaro pubblico. Il vulcanologo Haroun Tazieff adirato ebbe a dire: «È davvero triste che la gogna sia stata abolita. Una gogna moltiplicata all’infinito dalla televisione sarebbe il mezzo migliore per smascherare le truffe che si commettono in nome del rischio sismico».
Dal 2005, scrive l’Osservatorio Vesuviano, il suolo ha ricominciato a innalzarsi per un totale di 15 centimetri. Nel 2012 il fenomeno pare si sia notevolmente incrementato dando origine il 7 settembre 2012 a uno sciame sismico di circa 200 scosse a bassa magnitudo.
Nel puteolano si annoverano rigonfiamenti e sprofondamenti, a volte lentissimi altre volte ancora incalzanti, ma non dimentichiamo che ci sono state anche eruzioni come quella del Monte Nuovo nel 1538, evento annunciato da deformazioni metriche sviluppatesi nell’arco di pochi giorni e da un appariscente arretramento del mare che lasciò all’asciutto moltissimi pesci per la gioia dei pescatori ignari del pericolo.
Le cause del bradisismo restano un problema ancora irrisolto per una molteplicità di fattori, anche se, da un punto di vista concettuale, il fenomeno in se comunque è da ascriversi, direttamente o indirettamente, al magma nel sottosuolo e alla sua verve ardente.
L’area flegrea rimane quindi una grossa incognita scientifica e tecnica ma anche politica per gli aspetti della prevenzione, che in questo caso dovrebbe ruotare inesorabilmente e prevalentemente su un abbattimento della pressione demografica, una riqualificazione antisismica dei fabbricati e un’organizzazione del territorio che garantisca una rapida mobilità degli abitanti in caso di dichiarata emergenza vulcanica. Elementi di difficile attuazione: ma ci dovrà pur essere un inizio…

domenica 26 maggio 2013

Campi Flegrei: intervista al Prof. G. Mastrolorenzo.



Campi Flegrei

"Campi Flegrei: intervista al Prof. Giuseppe Mastrolorenzo" di MalKo
La provincia di Napoli si estende su di una superficie di 1171 Km2 annoverando 92 comuni e una popolazione di oltre 3.000.000 di abitanti, con una densità media abitativa che supera le 2600 unità per Km2.
Il dato che spaventa analizzando queste cifre, è il fatto tutt’altro secondario che ben tre distretti vulcanici si accalcano all’interno di questo misurato perimetro amministrativo. Tra l’altro tutti vulcani (VesuvioCampi Flegrei e Ischia), con indici di pericolosità non certo minimi.
Molti non addetti ai lavori affermano che l’allarmismo che sovente si alza sul rischio vulcanico campano è eccessivo, perché la storia stessa degli insediamenti dimostra una perdurante capacità della popolazione a coabitare con siffatto pericolo.
In realtà, quello che non è tenuto in debito conto, è la totale sproporzione in termini di densità abitativa tra quelli che erano gli agglomerati urbani di una volta rispetto a quelli attuali, superaffollati e senza strutture stradali idonee a sostenere i flussi di traffico, già in situazioni normali. Non dimentichiamoci che gli indici di affollamento sono una variabile fondamentale, che fanno innalzare inusitatamente i livelli di rischio a prescindere dal pericolo che si vuole prendere in esame.
I Campi Flegrei sono definiti il vero vulcano di Napoli, non solo per la contiguità territoriale, ma anche e soprattutto per il sottosuolo di tufo giallo su cui poggia buona parte della metropoli. Il tufo è un prodotto derivante dall’attività eruttiva esplosiva di alcuni vulcani ubicati nella caldera flegrea.
L’area flegrea è famosa per il bradisismo, cioè l’innalzamento e l’abbassamento periodico del suolo che, tra glia anni 70’ e 80’ in due distinte crisi, destò preoccupazione, allarme e polemiche, per lo sgombero del rione terra (quartiere storico-popolare di Pozzuoli) e altri quartieri puteolani, con la costruzione d’insediamenti alternativi da molti ritenuti inutili soprattutto per l’ubicazione. Infatti, l’area scelta per erigere i nuovi fabbricati (al rione Toiano e Monteruscello), rientra nel comprensorio della stessa Pozzuoli.
La solfatara è un altro cratere caratteristico dell’area, meta di tanti turisti che si soffermano a osservare le sue calde “effusioni”.
In questa terra di rara fertilità, sono ben visibili gli apparati esterni di alcuni dei circa 40 vulcani che costellano il distretto, tra cui Monte Nuovo che nacque in pochi giorni nel tutt’altro che lontano 1538, distruggendo il villaggio di Tripergole.
Al Prof. Giuseppe Mastrolorenzo, esperto vulcanologo, poniamo alcune domande:
a) Professore, l’indice di pericolosità vulcanica dei Campi Flegrei è simile al Vesuvio?
La caldera attiva dei Campi Flegrei è ritenuta a livello mondiale una delle aree a più alto rischio vulcanico. Il motivo è da ricercarsi nella probabilità che un eventuale evento eruttivo sia caratterizzato da un’elevata esplosività (indice di Esplosività Vulcanica -VEI- compreso tra 3 e 5), e ancora che tale evento possa avvenire nel breve o medio termine. Bisogna poi registrare un rilevante valore esposto (persone e beni), visto che una parte della città di Napoli si trova addirittura all’interno della caldera flegrea.
Per questo distretto quindi, il rischio potrebbe essere addirittura superiore a quello calcolabile per il Vesuvio. Una vera competizione tra i vulcani napoletani che si contendono il “titolo” di vulcano più pericoloso su scala mondiale. Inoltre, i campi Flegrei sono tra i pochissimi siti al mondo quali possibili sede di “super eruzioni”, cioè eventi esplosivi di straordinaria energia, che, oltre a devastazioni su scala regionale, possono indurre anche modificazioni climatiche su scala planetaria.
b) Dobbiamo temere l’area flegrea in sé, o ognuna delle bocche che caratterizzano questo distretto magari con indici di pericolosità diversi?
L’intera area calderica con un diametro di dodici chilometri può essere sede di bocche eruttive. Questa caratteristica, comune ad altre caldere vulcaniche attive, è uno dei fattori di rischio che rendono ancora più insidiosi i Campi Flegrei rispetto ai vulcani centrali come il Somma-Vesuvio.
Come dimostrato dalla distribuzione areale delle bocche eruttive negli ultimi 15.000 anni, le eruzioni possono avvenire da qualsiasi punto e in alcuni casi i centri eruttivi possono migrare o addirittura essere più di uno nel corso della stessa eruzione. Recenti simulazioni al computer, sviluppate in collaborazione con la dottoressa Pappalardo dell’Osservatorio Vesuviano, hanno consentito di esaminare i possibili scenari di un’eventuale eruzione futura, tenendo conto dell’intensità e della posizione della bocca eruttiva. I risultati dimostrano che in caso di eruzione, il rischio si estenderebbe per oltre venti chilometri dalla cittadina di Pozzuoli e in tutte le direzioni.
c) Il Golfo di Pozzuoli è l’altra semicirconferenza che manca alla caldera flegrea? Se sì con quali fenomeni sottomarini?
Il Golfo di Pozzuoli è la parte sommersa della caldera dei Campi Flegrei, ed è molto meno attiva rispetto a quella emersa e ancora in gran parte da studiare. Sono state rilevate alcune possibili strutture nei fondali, ma mancano dati precisi sulla tipologia di attività e sulla datazione degli eventi che qui sono avvenuti.
d) Il bradisismo flegreo, a prescindere dalla sua evoluzione, è legato a un vulcanesimo secondario o è da intendersi un sintomo pre-eruttivo?
Il bradisismo è un fenomeno tipico di caldere vulcaniche attive ed è connesso in modo diretto o indiretto alla presenza di un sistema magmatico in profondità. Nel caso dei Campi Flegrei, alcune ricerche condotte da me e da altri geofisici e vulcanologi, hanno rilevato come il fenomeno bradisismico sia stato una costante dell’area flegrea. Eventi di sollevamento e di subsidenza del suolo sono documentati dalle evidenze negli strati geologici così come nei segni lasciati sui resti archeologici, quali sommersione di ville di epoca romana o tracce di erosione marine su strutture oggi emerse.
Una prima ipotesi collegava il bradisismo a variazioni di pressione e volume all’interno della camera magmatica. Di recente invece, abbiamo dimostrato la compatibilità del fenomeno con complessi processi di espansione e contrazione volumetrica dello spesso strato di rocce porose che costituisce il sottosuolo della caldera, fino alla profondità di almeno quattro chilometri.
Queste modificazioni sarebbero comunque causate da variazioni di flusso di calore e/o fratturazioni in profondità riconducibili alle dinamiche del sistema magmatico. Pertanto, il bradisismo deve essere considerato un possibile precursore di un evento eruttivo, anche se, in alcuni casi, come durante le crisi che si registrarono tra gli anni ’70 e ’80, il fenomeno non fu seguito da un’eruzione. Al contrario, l’eruzione del Monte Nuovo del 1538, fu preceduta da un’intensa e prolungata crisi bradisismica, caratterizzata da sollevamento del suolo e sismicità.
e) L’epicentro del bradisismo si è spostato nel tempo?
Sulla base di ricerche geologiche, geofisiche e archeologiche, abbiamo evidenziato come, almeno negli ultimi millenni, i fenomeni bradisismici si siano concentrati proprio in prossimità del centro della caldera, in un raggio di alcuni chilometri. In un mio studio, ho dimostrato che, nel corso dei millenni, il bradisismo positivo, in altre parole il sollevamento del suolo, si è manifestato con crisi di anni e decenni, alternato, viceversa, da lunghi, e continui periodi di lenta subsidenza.
f) Il rione terra rappresenta o rappresentava un pericolo unicamente per la fatiscenza delle abitazioni?
La città di Pozzuoli si trova al centro della caldera dei Campi Flegrei, ed è certamente l’area a maggior rischio da eventi pre-eruttivi e/o eruttivi. Nel corso delle due ultime crisi bradisismiche dei periodi 1970-1972 e, 1982-1984, furono evacuati rispettivamente il Rione Terra e l’area di via Napoli di Pozzuoli. Nel caso della prima crisi, l’attività sismica fu relativamente modesta, mentre nella seconda fu intensa con oltre quindicimila eventi, molti dei quali avvertiti dalla popolazione. In entrambi i casi, l’evacuazione fu suggerita dal persistere dei fenomeni bradisismici e sismici e in particolare dalle condizioni fatiscenti degli edifici. In realtà, nella crisi degli anni ’80 e più ancora in quella precedente, le conoscenze sulle dinamiche dell’area calderica flegrea e sull’effettiva pericolosità della stessa erano modeste. Con le conoscenze attuali, si sarebbe resa necessaria per una maggior tutela, un’evacuazione molto più rapida degli abitanti, da una superficie territoriale più ampia di quella realmente evacuata. A supporto di tale valutazione, l’eruzione del 1994 della caldera di Rabual in Nuova Guinea, ha dimostrato come i precursori possano precedere anche solo di pochi giorni l’inizio dell’attività eruttiva.
g) Che cosa prevede il piano d’emergenza per i Campi Flegrei?
Il piano d’emergenza dei Campi Flegrei è di competenza del Dipartimento della Protezione Civile (Presidenza del Consiglio dei Ministri) ed è in corso di aggiornamento con la consulenza di una commissione scientifica nazionale (commissione grandi rischi – rischio vulcanico).
Sulla base dei risultati delle mie ricerche, ho più volte evidenziato sia in ambito scientifico-istituzionale sia attraverso i mass media, l’urgenza della stesura di un piano d’emergenza, che tenga conto della reale pericolosità dei Campi Flegrei, ampiamente riconosciuta dalla comunità scientifica nazionale e internazionale.
Nel corso dell’ultimo decennio ho prodotto le prime e uniche mappe vulcanologico-probabilistiche di pericolosità per tutti gli scenari possibili, che a fronte di un vasto interesse in ambito scientifico, ma anche da parte dei mass media col supporto di specifiche interrogazioni parlamentari, non sono ancora state trasferite nel piano di emergenza.
Resta il fatto che una crisi bradisismica potrebbe iniziare in qualsiasi momento e sfociare in un’eruzione che potrebbe rivelarsi catastrofica in assenza di un adeguato piano d’emergenza. Infatti, le attuali conoscenze vulcanologiche e le tecniche di monitoraggio esistenti, non consentono di prevedere quando e dove avverrà la prossima eruzione e quale sarà la sua entità. Dall’istante in cui dovessero manifestarsi i fenomeni precursori, l’unica soluzione possibile consisterebbe nell’allontanamento immediato della popolazione residente nell’area a rischio, comprendente anche interi settori della città di Napoli. Ovviamente con prassi successiva d’attesa fino all’evolversi in negativo o in positivo degli eventi.
In più contesti ho evidenziato come in assenza di un dettagliato piano d’emergenza, che preveda tutti gli scenari sismici e vulcanici, si renda praticamente impossibile qualsiasi pianificazione territoriale e qualsiasi intervento nell’area a rischio. Tra questi ad esempio, il progetto di perforazione del sottosuolo a scopo scientifico e industriale nel territorio di Bagnoli, per cui recentemente è stato sollevato un forte allarme da parte di colleghi vulcanologi e geofisici, autorità e popolazione.
(La redazione esprime un particolare  ringraziamento al Prof. Giuseppe Mastrolorenzo, per la cortese e preziosissima collaborazione scientifica che assicura ai lettori di Hyde ParK).