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martedì 28 maggio 2013

Rischio vulcanico ai Campi Flegrei: la geotermia democratica...di Malko


"Campi Flegrei Deep Drilling Project e la geotermia democratica" 
    di MalKo


Antonio Luongo, consigliere delegato dal sindaco di Napoli De Magistris ai problemi dell’energia, durante un convegno ha chiarito pochi giorni fa che, con una geotermia “democratica” di superficie, non invasiva e con impianti di nuova generazione a reiniezione, potremmo aprire un nuovo futuro per la città di Napoli (Ansa med).
Il consigliere pare abbia precisato che l’intendimento dell’amministrazione partenopea è quello di installare nell’area flegrea, ma non sui suoli di Bagnoli Futura (foto), un impianto geotermico supportato da altre fonti energetiche come il solare termodinamico e l’utilizzo di biomasse consistenti in oli vegetali e alghe.
In realtà, e non traspare bene nelle interviste, per utilizzare oli vegetali e oli prodotti dalla spremitura di alghe, temiamo sia necessario un bruciatore, anche se c’è da dire che brucerebbe una sorta di carburante oleoso, in termini di emanazioni però,  alquanto rispettoso dell’ambiente.
Inizialmente, afferma sempre il consigliere Luongo, il geotermico sarà utilizzato per il teleriscaldamento (calore nelle case) e in seguito anche per la generazione di energia elettrica.
L’individuazione del sito ove ubicare l’impianto, dovrà probabilmente tenere in debito conto prevalentemente le caratteristiche del sottosuolo, perché per le altre forme di energia, quali il solare e il biodiesel, la scelta del luogo dovrebbe presentare minori difficoltà per le opzioni tutte di superficie. Ovviamente il sito non potrà ricadere a ridosso o all’interno di aree urbanizzate, ma forse neanche dove si prevedono sommovimenti dei suoli dovuti al bradisismo flegreo.
Da questo punto di vista riteniamo che qualsiasi progettazione e pianificazione dello sviluppo nell’area Flegrea, debba essere momentaneamente sospesa, fino a quando non siano resi pubblici gli scenari eruttivi ipotizzati per la caldera flegrea con la definizione delle aree a differente pericolosità.
Infatti, sarebbe oltremodo sgradevole, dopo il paradosso dell’Ospedale del Mare costruito in zona rossa Vesuvio, proporre qualcosa di simile in quel di Bagnoli o PozzuoliFuorigrotta o Bacoli.  Peggio ancora varare un piano di insediamento residenziale in un’area a rischio di distruzione totale, delimitata dalla linea nera (black line) come al Vesuvio.
Intanto, con la storia della geotermia è entrato di nuovo negli interessi della popolazione, ma in modo più contenuto rispetto al recente passato, la querelle che riguarda il famoso Campi Flegrei Deep Drilling Project (CFDDP), cioè la perforazione profonda in area calderica.
Il pozzo pilota ha raggiunto sul finire del 2012 i cinquecento metri di profondità. A questo livello saranno collocate le attrezzature con dei sensori, particolarmente sensibili e precisi, al punto da captare sul nascere dicono, e con una precisione mai prima raggiunta, le eventuali variazioni di alcuni parametri geofisici e geochimici del supevulcano, quali precursori per la previsione dei fenomeni eruttivi nella caldera flegrea.
La trivella, in assenza di cambiamenti progettuali, riprenderà probabilmente la sua marcia per raggiungere nel 2014 i tremila e ottocento metri di profondità, proseguendo con una certa inclinazione in direzione di Pozzuoli.
A tali quote nel profondo, ci si dovrebbe imbattere in acque molto calde; superati gli acquiferi, ci s’incanalerebbe nel mezzo di rocce calde. Per interpolazioni che si riferiscono alla trasmissione del calore per conduzione, si potrebbe a questo punto stimare a che profondità sono ubicate le sacche magmatiche superficiali.
 All’inizio dei lavori di scavo le inquietudini della popolazione locale erano concentrate sui rischi in generale che le operazioni di perforazione comportano, stante alcuni episodi di pericolo verificatisi qua e là nel mondo, ampiamente  reclamizzati da articoli di stampa e anche dal nostro giornale.
Ovviamente e per molti versi, ha un valore di rischio diverso trapanare nella caldera poco abitata dello Yellowstone (Stati Uniti) piuttosto che in quella calderica di un quartiere metropolitano napoletano come Bagnoli. Così come uno scavo infracalderico a cinquecento metri di profondità ha un margine di rischio anche statistico molto diverso da una perforazione chilometrica profonda realizzata direttamente nella bocca del vulcano quiescente.
Nelle profondità calderiche si stimano temperature dell’ordine dei cinquecento gradi; imbattersi in una sacca di vapore surriscaldato o altro potrebbe non essere un fatto remoto. Comunque, il sistema a tenuta della trivella e i doppi sistemi di sicurezza, pare siano sufficienti a mitigare qualsiasi pericolo che possa presentarsi dal fondo.
In termini di autorizzazioni però, pensiamo che non possa procedersi oltre nello scavo senza il preventivo parere della commissione grandi rischi (CGR). Dovrebbe essere questo consesso di esperti, di cui fa parte anche l’Osservatorio Vesuviano come centro di competenza, a esprimersi sulla reale portata del pericolo insito in una perforazione infra calderica. Se il parere non sarà chiesto d’ufficio dal capo dipartimento della protezione civile Franco Gabrielli, dovrebbe essere sollecitato dal sindaco o, in surroga, dai comitati locali attraverso una petizione popolare.
Il mayor Luigi De Magistris dovrà analizzare il parere della commissione grandi rischi e pronunciarsi sulla fattibilità dell’esperimento, riservandosi nell’analisi del rischio, la valutazione di fattori che potrebbero anche non essere pertinenti al mondo scientifico e tecnico. Ad esempio potrebbero frapporsi ostacoli di ordine   sociale o di indice di affollamento ma anche di semplice opportunità, mettendo in conto pure i falsi allarmi che potrebbero scatenare panico soprattutto per una  mancata percezione del pericolo da parte di cittadini che solo oggi, recitano gli organi di stampa dipartimentale, sembrano scoprire il supervulcano quiescente.
Nel mondo s’inizia a discutere sui reali rischi che comporta lo sfruttamento della geotermia che, specie per la produzione di elettricità, richiede lo scavo di pozzi un tantino profondi e a volte tecniche di reiniezione o di emungimento dei fluidi.
In un recentissimo comunicato dell’INGV si mette in guardia sulle pratiche di pompaggio o di estrazione di fluidi geotermali sotterranei, per la possibilità che si verifichino  terremoti medio-piccoli (Vincenzo Convertito). Questo potrebbe spiegare una dichiarazione sibillina del Direttore dell’Osservatorio Vesuviano,Marcello Martini, rilasciata in un recente convegno sulla geotermia a proposito dei rischi:<<bisogna sempre rapportarli agli impieghi…ovviamente per tutte le cose umane, l’uso che se ne fa determina anche le condizioni di sicurezza>>.
comitati flegrei non devono schierarsi e manifestare simpatie nel senso della trivella si, trivella no. Devono molto più semplicemente chiedere che siano applicate le prassi di tutela previste dal nostro ordinamento anche in termini di cautela.  Le associazioni di cittadini possono pure esprimere un parere profondamente diverso dalle istituzioni: è lecito. In tal caso il problema diventerebbe non di contrapposizione tecnico scientifica, ma squisitamente di natura politica che, com’è noto, è l’arte della mediazione dei bisogni sociali.
La vocazione geotermica del comune di Napoli sia oggetto di valutazioni e non di speculazioni. La priorità che deve avere l’amministrazione comunale non è l’estrazione dei fluidi energetici dal sottosuolo o l’urbanizzazione della spianata ex italsider di Bagnoli, bensì mettere in sicurezza dal rischio sismico e vulcanico, chi nei Campi Flegrei ci vive o ci lavora.

Rischio Vesuvio: la zona rossa e la black line...di Malko



"Rischio Vesuvio: la black line segna la nuova zona rossa" di MalKo
La black line riportata dagli scienziati sulla mappa della macro zona rossa Vesuvio, dovrà alla fine e in ogni comune a rischio tradursi in qualcosa di necessariamente operativo, nel senso che dovrà avere una sua posizione georeferenziata sul territorio, senza alcuna lacuna o titubanza interpretativa.
Potrebbero usarsi pietre miliari, capisaldi, obelischi, oppure paletti o addirittura stele a confine, o altri strumenti ancora che in modo visivo e speditivo lascino capire il settore dove è possibile l’invasione delle colate piroclastiche in caso di eruzione.
Per fare questo probabilmente bisognerà assicurare agli uffici tecnici comunali un largo numero di coordinate geografiche, assolute o UTM, in modo che si possa tracciare con certezza la linea nera di demarcazione del pericolo. Altrimenti bisognerà dare ai medesimi direttamente le mappe comunali con il predetto limite già tracciato nei dettagli.
Per i comuni di fresca nomina il segmento nero che s’insinua sul loro territorio, rappresenta per i settori comunali ubicati a monte della line, una vera iattura perché segna o dovrebbe segnare la fine del provvido cemento. Occorre anche dire che dall’analisi delle mappe tali porzioni di territorio sono sostanzialmente residuali. Il problema principale probabilmente riguarda la città di Napoli, perché la black line passa in alcuni punti dei quartieri di Barra, Ponticelli e San Giovanni a Teduccio. Zone notoriamente con un notevole indice di affollamento comprendenti strutture importanti e forse anche qualche impianto con un rischio industriale che dovrebbe essere oggetto di attente valutazioni.
Intanto invitiamo il ricercatore L. Gurioli, autore del testo “Pyroclastic flow hazard assessment at Somma–Vesuvius based on the geological record” a tracciare la black line anche sul mare pur se a poca distanza dal litorale. Infatti, la linea nera che delimita la zona a maggiore rischio chiamata R1, sarà assunta, anzi è già stata assunta dagli abitanti del vesuviano, come una sorta di confine da tenere in debito conto (l’asimmetricità la rende importante e referenziata) e da superare, ovviamente nel senso diametralmente opposto al Vesuvio in caso di eruzione.
Chi abita in uno dei paesi costieri invece, potrebbe fare lo stesso ragionamento, individuando nella black line on the sea, il traguardo per mettersi al riparo dai flussi piroclastici, che sono il pericolo principale di cui tener conto nelle eruzioni esplosive.
D’altra parte la linea nera che si dovrà tracciare sul mare dovrebbe avere un’importanza anche strategica per i nuclei operativi preposti al soccorso.
I sindaci e gli abitanti delle zone rosse di recente individuazione, hanno avuto momenti di panico all’uscita della nuova demarcazione pubblicata dal Dipartimento della Protezione Civile. Per capire il dramma già accennato in precedenza, è utile riprendere una dichiarazione del sindaco di Palma Campania a proposito dei nuovi scenari: <<… sembra che abbiano creato un falso allarmismo sull’argomento, in quanto si tratta di adeguare i piani comunali di protezione civile o di crearli nei comuni dove non ci sono, e non di limitazioni sul piano dell’urbanistica>>.
Sulla scorta di un contributo alla chiarezza offerto dall’assessore regionale all’urbanistica Marcello Taglialatela, il sindaco di Poggiomarino pure rassicura i propri cittadini: <<il Comune verrà suddiviso in due zone rosse e la seconda non sarà soggetta ai vincoli previsti dalla legge regionale n. 21 del 2003>>.
Il polso della situazione è esattamente questo. Nessun dramma. A far paura non sono le nubi ardenti o la rovinosa pioggia di cenere e lapilli, ma l’impossibilità di mettere mano al cemento intorno al “placido” monte…
Questi nuovi limiti hanno portato una sperequazione in termini territoriali evincibili dalla figura in basso, in cui abbiamo simulato l’arretramento della linea rossa a ridosso di quella nera (possibilità prevista dal disposto del DPC) per i comuni di Scafati, Poggiomarino, San Gennaro Vesuviano, Nola, Palma Campania e Napoli. Per i restanti comuni della vecchia zona rossa, questa chiamiamola opportunità non è concessa. Ergo, si è ricreata un’incongruenza territoriale in termini di esposizione al pericolo, con anse e penisole, alla stregua delle vecchie demarcazioni oggetto di vecchie polemiche.
rischio vesuvio
Non escludiamo che comitati e associazioni e partiti politici dei comuni di Torre Annunziata, Pompei, Boscoreale, Somma Vesuviana e Sant’Anastasia, faranno sentire la loro voce per la palese discriminazione subita. Se non lo fanno sbagliano! L’elasticità della linea rossa deve essere una possibilità per tutti come fatto di principio, di serietà, ancorché come concreta possibilità di interventi nella direzione dello sviluppo. Siamo sicuri che un ricorso al tribunale amministrativo darebbe ragione agli esclusi.
Secondo la vecchia classificazione, nella zona rossa possono abbattersi flussi piroclastici oltre che prodotti di ricaduta. La mappa di L. Gurioli accettata dalla Commissione Grandi Rischi, sancisce quindi una diversa rideterminazione dei settori a rischio, stabilendo un perimetro per la parte ad altissimo pericolo (nube ardente), evincibile appunto dalla Black line. Nell’insieme allora, si rideterminino i confini con la linea di pericolo e non con i limiti amministrativi secondo una logica che deve valere per tutti i comuni esposti senza differenziazioni alcuna tra i nuovi e i vecchi classificati. Se occorrerà modificare leggi regionali come quella 21/2003 sul divieto di edificare per scopi residenziali, si proceda pure in tal senso senza esitazione.
Molte sono le perplessità circa i nuovi limiti assegnati alle aree esposte al rischio Vesuvio; intanto, però, sta ritornando in auge il progetto di geotermia per la spianata di Bagnoli. Il Deep Drilling Project (CFDDP), non sappiamo quanto sia correlato alla fame di energia e alla vocazione industriale della classe politica locale.
bagnoli MalKo
Agli amministratori della metropoli ma anche alla comunità scientifica partenopea, suggeriamo di evitare assunzioni di impegni e di decisioni in merito a scavi profondi e a insediamenti residenziali e industriali, fino a quando non siano stati presentati gli scenari eruttivi per i Campi Flegreila pianificazione del territorio infatti, dovrà avere quel documento come nastro di partenza. Sarà quel documento ufficiale a definire e a quantificare il pericolo. Sarà quel documento a tracciare una linea nera, una rossa e una gialla, secondo ipotesi che saranno interessantissime da consultare, visto che parliamo di area calderica e supervulcano con annesso bradisismo. Solo in seguito, il sindaco Luigi De Magistris o anche il suo vice Tommaso Sodano che non ci sembra marginale al discorso, sommando altri elementi ai dati che gli saranno consegnati dalla Commissione Grandi Rischi (CGR), valuterà in che modo bisognerà pianificare lo sviluppo sostenibile nell’area flegrea, ovviamente con una particolare propensione alla prevenzione che non può in alcun caso essere subalterna alle pur comprensibili necessità di battere cassa.