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martedì 23 maggio 2017

Campi Flegrei: eruzione o non eruzione?... di MalKo



Campi Flegrei - Macellum di Pozzuoli -

In questi giorni a tenere banco sul rischio vulcanico ci hanno pensato i giornali che hanno riportato in prima pagina la notizia che, dallo studio - Progressive approach to eruption at CampiFlegrei caldera in southern Italy -, condotto dai ricercatori Christopher R. J. Kilburn, Giuseppe De Natale e Stefano Carlino, risulta che un’eruzione ai Campi Flegrei è più vicina del previsto.

Lo studio in questione pubblicato il 15 maggio 2017 sulla rivista Nature Communications, segue a distanza di tempo i primi allarmi lanciati dal geochimico dell’INGV Chiodini e altri (2012) dalle pagine di Geology - Early signals of new volcanic unrest at Campi Flegrei caldera? Insightsfrom geochemical data and physical simulations - e poi da Amoruso e Crescentini e altri, che nel 2014 con la loro ricerca Clues to the cause of the 2011–2013 Campi Flegrei caldera unrest,Italy, from continuous GPS data - orientativamente assegnavano una sorgente magmatica all'origine del sollevamento dei suoli flegrei.

C’è poi un’ulteriore studio di Chiodini -  Vandemeulebrouck ed altri del 15 marzo 2015 - Evidence ofthermal-driven processes triggering the 2005–2014 unrest at Campi Flegrei caldera -  dove si evidenzia un ruolo fondamentale del riscaldamento delle rocce causato da fluidi magmatici, quale fattore che indebolisce la resistenza degli strati tra magma e superficie.

In un altro lavoro ancora datato agosto 2015:<< Magma injection beneath the urban area of Naples: a new mechanism forthe 2012–2013 volcanic unrest at Campi Flegrei>>,  i ricercatori D’Auria e Pepe ed altri ipotizzano la presenza di magma a bassa profondità (3 Km) nel flegreo anche marino.

Significance of the 1982–2014 Campi Flegrei seismicity: Preexisting structures, hydrothermal processes, and hazard assessment è un ulteriore rapporto scientifico firmato da Di Luccio, Pino, Piscini e Ventura, pubblicato il 28 settembre del 2015, dove anche in questo caso si richiama un’intrusione magmatica nei suoli del bradisismo.

Magmas near the critical degassing pressure drive volcanic unresttowards a critical state, è un altro lavoro scientifico pubblicato da Chiodini e Paonita su Nature Communications il 20 dicembre del 2016, dove, in conclusione, si pone in rilievo ancora una volta e per i Campi Flegrei, un indirizzo geologico di criticità. 

Nel compendio scientifico - Space-weighted seismicattenuation mapping of the aseismic source of Campi Flegrei 1983–1984 unrest - di De Siena, Amoruso e altri pubblicato il 22 febbraio 2017, si ipotizza magma nella parte marina prospiciente Pozzuoli.

La relazione pubblicata su Nature Communications da Kilburn, De Natale e Carlino, ci sembra che evidenzi maggiormente e come elemento capace di indebolire la crosta flegrea, i movimenti meccanici dovuti al bradisismo, inteso come fenomeno destabilizzante dell’elasticità delle rocce che viene persa a favore di una maggiore fragilità complessiva della coltre crostale.

L’allarme eruzione di questi giorni dicevamo, è stato prevalentemente consumato a livello giornalistico e mediatico , in quanto l’attenzione della popolazione puteolana e napoletana non ha avuto un particolare picco di interesse alla faccenda, con De Natale che ha poi tranquillizzato in Italia e Kilburn invece, che pare abbia allarmato in Inghilterra…

Il Prof. De Natale al momento dell’ondata giornalistica allarmistica si trovava a un seminario a Rotterdam. E’ subito intervenuto cercando di chiarire il senso che si voleva dare alla ricerca pubblicata su Nature C. che non paventava un’eruzione vicina, rimandando al suo rientro in patria le spiegazioni del caso. Cosa che poi ha fatto intervenendo innanzitutto a un seminario assicurato dalla struttura comunale di Pozzuoli e dall’attento sindaco Figliolia a capo della municipalità dai terreni ballerini.

Tornando a fattori più generali, una caldera che ha visto imponenti eruzioni partorite nel corso dei millenni da circa una quarantina di bocche eruttive con fenomeni sussidiari di bradisismo negativo e positivo in suoli e sottosuoli pregni di liquidi e vapori soprassaturi con temperatura fra le più calde riscontrabili in Italia, sono tutti elementi che pongono e presentano all’investigatore scientifico, indizi di un tessuto crostale diciamo monoliticamente un tantino compromesso.

Un po’ tutti gli studi vanno nella direzione dell’indebolimento crostale ipotizzato ci sembra per primo da Chiodini. Una matrice magmatica sembra plausibile quale fonte di calore e di riscaldamento dei fluidi nel sottosuolo, anche se qualche lavoro scientifico va verso la direzione di un’intrusione magmatica presente sì nei primi chilometri, ma datata e in via di raffreddamento. Tutti i lavori scientifici concorrono con pari dignità a fare chiarezza sulla fragilità dei suoli flegrei e su cosa spinge dal basso, e quindi la proposta di Chiodini di invitare le massime autorità scientifiche mondiali a pronunciarsi su un eventuale stato pre eruttivo dei Campi Flegrei, ci sembra particolarmente sensata.

In questo panorama d’incertezza, c’è chi offre la certezza che procedendo nella trivellazione profonda dei suoli di Bagnoli verso il mare e fino a profondità dell’ordine dei 4000 metri, si riuscirà a prelevare campioni di rocce su cui “leggere” lo stato attuale della caldera flegrea incidendo così e positivamente sulla previsione del fenomeno eruttivo.

Bagnoli - Napoli
Senza entrare nel dibattito scientifico che non ci compete, entriamo con qualche argomentazione in quello tecnico e forse politico. Tutte le disquisizioni scientifiche sull’argomento flegreo sono corredate dall’incertezza e non potrebbe che essere così.

Il quadro d’insieme a proposito del deep drilling project (CFDDP) inteso come progetto scientifico internazionale, intanto è stato inquinato in partenza da una certa euforia legata al geotermico piuttosto che alla scienza,  da una propaganda iniziale che accomunava CFDDP ed energia geoelettrica da produrre nell’area in un momento in cui il progetto geotermico Scarfoglio era scientificamente supportato direttamente o indirettamente dall’INGV, nonostante una certa contrarietà locale degli abitanti dettata anche da uno stato di attenzione vulcanica che non è regredito: anzi...

Riferire che il progetto di trivellazione profonda sia esente da rischi è molto azzardato perché dire flegreo significa dire area metropolitana di Napoli, ovvero 550.000 abitanti. Tentare di raggiungere il magma superficiale (4 km) interagendo attraverso le trivellazioni in strati rocciosi dichiarati nell’ultimo lavoro scientifico fragili, è francamente incomprensibile e forse sconsigliabile, anche perché bisognerà trapanare porzioni di territorio ad elevata temperatura e pressione dei fluidi in quello che è considerato da tutti, ripetiamo,  un territorio ballerino e non certo per propensione artistica.

I Campi Flegrei godono di un livello di allerta vulcanica tarato sullo stato di attenzione, che potrebbe essere forse poca cosa nelle condizioni di unrest attuale. Nessuno è in grado di dirlo però, e a dirla tutta, attualmente in termini di allerta vulcanica, si sta campando un po’ alla giornata sperando che gli strumenti di monitoraggio non virino al rialzo…

Il progetto di sfruttamento geotermico denominato Scarfoglio (Solfatara), è oggetto dal 2015 a Valutazione di Impatto Ambientale a cura della commissione tecnica ministeriale incaricata di decidere sulla fattibilità e innocuità del progetto. Commissione a cui sono giunte tutte le osservazioni possibili ad oggetto trivellazioni e reiniezione dei fluidi in quell’area calderica, con relazioni non favorevoli di Mastrolorenzo e Vanorio e Ortolani e altri. Il CFDPP non prevede reiniezioni, ma trivellazioni accentuate in area vulcanica agitata sì. Le valutazioni del Ministero dell’Ambiente quando saranno pronte porteranno quindi ulteriori e nuovi elementi su cui riflettere anche da questo punto di vista (trivellazioni).

Se la valutazione del rischio eruttivo fosse solo una competenza scientifica, la diramazione dello stato di pre allarme e allarme sarebbe lanciato all’occorrenza dal direttore dell’Osservatorio Vesuviano. Ma non è così. Per contratto il monitoraggio dei Campi Flegrei è affidato all’INGV – OV classificato - Centro di Competenza - per gli affari vulcanici, i cui bollettini, analisi e indagini, sono leggermente imbavagliati da una clausola di riservatezza imposta dal dipartimento della protezione civile che invece decide livelli e fasi di allerta vulcanica  in seno alla presidenza del consiglio.

tavola allerta vulcanica e livelli decisionali
Il rischio però, per sua natura, non è la valutazione di un solo fattore critico per quanto importante. Il rischio prevede l’analisi di più fattori fisici, geochimici, statistici, filosofici, giuridici, meteorologico, compreso il modello di società e i livelli di garanzia e di valore assoluti che si assegnano alle popolazioni, anche in nome del diritto europeo (CEDU) e di precauzione… Tutti gli elementi che possono condizionare le scelte confluiscono quindi sui tavoli politici fino al primo dei politici, a cui è demandata l’unica estrema risposta possibile al pericolo eruttivo manifesto, cioè la dichiarazione dello stato di allarme con evacuazione preventiva della popolazione esposta.

Non essendoci eruzioni pregresse di riferimento, non sappiamo se lo stato di preallarme e allarme saranno dichiarati quando i precursori vulcanici incominceranno ad essere un elemento percepibile da uno dei cinque sensi e direttamente dalla popolazione. In questo caso si scatenerebbe il panico e qualsiasi piano di allontanamento, termine per chiarire che si procede in assenza di panico ovvero di pericolo palpabile, fallirebbe già nei primi minuti.
Guardate la strategia evacuativa prevista nel piano di evacuazione del Vesuvio: 500 Bus per portare gente dall’interno del vesuviano, ad alcuni punti posti fuori dalla zona rossa come ad esempio il cortile della stazione Trenitalia di Nocera. 500 Bus attaccati l’uno all’altro formano una colonna di 6 chilometri. Infilare una “supposta” di 6 chilometri in un culo per quanto grande da elefante (zona rossa), è praticamente impossibile. Se la si spezzetta questa colonna, formerà alfine un tappo… Allora?

In Italia non siamo riusciti a sconfiggere mafia e camorra, a gestire il fenomeno migratorio, a risolvere il problema della corruzione, ad avere una giustizia giusta, ad avere forze di polizia che siano di prevenzione e non di constatazione, una sanità che non lascia indietro nessuno, un fisco equo, l'integrità dei parchi e del territorio anche marino invece trivellato. Non siamo riusciti a combattere l’evasione fiscale, a risolvere i conflitti con le banche, a varare una legge elettorale degna di questo nome, una buona scuola che sia davvero competitiva e creativa, a creare posti di lavoro, a non vedere più figli all'estero per sopravvivere, a sconfiggere il caporalato, a sconfiggere l’abusivismo edilizio, le caste, i vitalizi, auto blu, ecc. L’elenco potrebbe continuare per molto ancora...

Noi siamo forse la protezione civile più bella del mondo, dicono. Sicuramente la più costosa. In termini di pianificazione e di manipolazione mediatica delle realtà siamo al top: all’epoca di Bertolaso del piano di emergenza Vesuvio si diceva che ci era addirittura invidiato  all’estero, come affermavano con piglio d’orgoglio gli addetti dipartimentali: eppure l’invidiato piano nazionale Vesuvio, mancava come oggi del piano di evacuazione…una piccolezza.

In questo contesto di ampia democrazia non molto partecipata ma subita, cosa vi fa ritenere che l’organizzazione scientifica e tecnica e politica salverà milioni di persone dal rischio vulcanico flegreo, vesuviano o ischitano? L'attuazione di un piano aritmetico di evacuazione? Il piano con certe premesse fallirà, ma la colpa sarà addossata al popolo popolino in preda al panico... 
E dov'è la prevenzione delle catastrofi se sui suoli d Bagnoli, in piena caldera, si possono costruire ancora palazzi e palazzoni per la mancanza di una legge anti edilizia residenziale? E l'abusivismo di necessità vale anche in zona rossa ad alta pericolosità vulcanica? Bisogna essere davvero degli inguaribili ottimisti per credere nella salvezza proveniente da questo modello effimero di società... Speriamo solo che l’evacuazione non si traduca magari dovesse verificarsi nel periodo estivo ad alberghi pieni, in un imbarco degli sfollati sui treni verso l’estero, come la monnezza…



giovedì 2 gennaio 2014

Rischio Vesuvio: il 2013 annovera clemenza geologica e una nota sismica dal Matese...di Malko

Valle dell'inferno (Vesuvio) con l'orlo calderico del Mt. Somma in evidenza con Punta Nasone

“ Il 2013 è stato per la Campania un anno di clemenza geologica tranne per il post-it marcato Matese. E il 2014? ”
di MalKo

Anche il 2013 si è rivelato per i napoletani un anno di clemenza geologica suffragata dalla perdurante quiescenza del Vesuvio,dei Campi Flegrei e dell’isola d’Ischia: tutti distretti vulcanici molto caratteristici e tutti ubicati nell’area metropolitana di Napoli. Il 29 dicembre 2013 la zona del Matese ha sussultato litosfericamente per ricordare anche ai campani che vivono su un suolo non sempre immoto e non lontanissimo dai magmi sotterranei viscosi. La caratteristica della scossa, vivacemente vibrante, è stata breve al punto da non causare danni, ma intensa abbastanza da essere un post-it geologico. Un monito insomma…
Per quanto riguarda il Vesuvio e i piani d’emergenza, le uniche novità di quest’anno riguardano l’introduzione della linea Gurioli che delimita la prima fascia a rischio d’invasione delle nubi ardenti e la relativa rivisitazione della zona rossa che si allarga ad altri sette comuni, compreso la città di Napoli che dopo anni di “resistenza” è stata costretta a cedere alla perimetrazione a rischio Vesuvio, i quartieri orientali di Barra, San Giovanni a Teduccio e Ponticelli. Il numero degli abitanti sottoposti al pericolo allora, è aumentato da cinquecentocinquantamila a circa settecentomila persone.
Il famoso vulcano continua a essere citatissimo dai media e si classifica come il più menzionato in assoluto, sia da un punto di vista paesaggistico che archeologico e turistico e per il rischio a esso associato, che sembra incutere maggiori apprensioni all’estero piuttosto che in Italia.
I piani di evacuazione devono ancora essere confezionati e nulla lascia presagire che questo sia l’anno giusto, atteso che, sono sempre gli stessi consulenti e le stesse commissioni a elaborare sistemi di pseudo tutela attraverso un work in progress che pare abbia come unico obiettivo quello di mettere le carte a posto.
Se uno dei vulcani che citiamo nell’articolo dovesse ridestarsi e causare danni alle persone, state pur certi che l’unico responsabile sarà alla fine la sola e ignara e stupenda e immacolata natura.
Ai Campi Flegrei la trivella sonnecchia sul fondo dei cinquecento metri fin qui raggiunti col pozzo pilota. Quando proseguirà il lavoro dello scalpello rotante che dovrà raggiungere i 4000 metri di profondità in direzione della gobba litosferica puteolana, è un dato che dovremmo conoscere a breve. Il deep drilling project (CFDDP), intanto sembra che abbia cavato dal sottosuolo tufaceo di Bagnoli dei carotaggi molto interessanti e inediti.  I sistemi e le attrezzature innovative da calare nell’attuale pozzo ai fini della prevenzione vulcanica, dovrebbero essere probabilmente ancora in una fase di collaudo ma presto entreranno in azione.
Intanto nell’area flegrea permane uno stato di attenzione vulcanica innescato qualche anno fa dal fenomeno del bradisismo,riaccesosi  per la fase ascendente. Oggi, il sollevamento, fortunatamente sembra attraversare un momento di stanca.
Il piano “emerecuativo” (emergenza più evacuazione), non è stato ancora elaborato in questo settore calderico, perché l’autorità scientifica col vaglio della commissione grandi rischi, deve ancora depositare il carteggio contenente gli scenari eruttivi comprensivi dei territori su cui si possono abbattere tutte le fenomenologie vulcaniche previste: dati questi, senza i quali non si può procedere con la redazione dei piani di sicurezza areali.
Sull’isola d’Ischia pure si gode di una certa pace geologica e da un po’ non si avvertono terremoti particolarmente significativi. Questa fase di calma potrebbe essere utilmente sfruttata per analizzare il rischio statico rappresentato da un po’ di massi isolati posti in alto, specie a Forio e sui terreni acclivi degli altri rilievi. Anche per Ischia dovrebbero preparare il piano emerecuativo che è particolarmente complesso perché trattasi di un’isola i cui confini corrispondono con il mare: tecnicamente parlando è un problema in più.
Nella zona dell'epicentro del sisma localizzato nei contrafforti del Matese il 29 dicembre 2013, si è notata la fragilità delle chiese che dalla loro hanno un certo numero di anni che gravano appunto sul groppone delle mura e delle volte degli antichi edifici.
Nel terribile terremoto di Lisbona del 1755, chiese e conventi furono le strutture più colpite. Un filosofo annotò che in quel cataclisma morirono moltissime suore e non le prostitute ricoverate in baracche di legno… La citazione la riportiamo come concetto statico e non moralistico o religioso.
E’ necessario, specialmente in area appenninica, organizzare dei sopralluoghi negli edifici più vecchi ubicati all’interno della fascia appenninica a maggior rischio sismico, individuando alcune soluzioni tecniche per rendere i vecchi luoghi di culto e altre strutture almeno collettive, più resistenti alle sollecitazioni litosferiche. Nelle more degli interventi preventivi, si possono già affiggere alle pareti delle chiese avvisi e manifesti contenenti istruzioni operative in caso di terremoto.
Da notare inoltre, che le notizie sull’epicentro del sisma del 29 dicembre 2013, sono state date sui media forse un po’ in ritardo…
Finiamo segnalando come appunto, che i tre distretti vulcanici qui citati, di cui quello flegreo già sottoposto al primo livello di allerta vulcanica (attenzione), mancano completamente di piani di evacuazione. Non lasciatevi ingannare da quello che leggete sulla carta stampata e sul web: anche se remotamente e generalizzando, nessun ambiente o settore è asettico e imparziale.

Il 2014 sarà l’anno del cambiamento. Dedicatevi di più alla vita sociale e alla partecipazione, utile per comprendere e maturare anche una coscienza critica verso le istituzioni politiche, tecniche e scientifiche. Strutture che dovrebbero essere intercomunicanti per garantire attraverso una sana interazione l’imprescindibile diritto alla sicurezza. Buon anno! 

lunedì 27 maggio 2013

Campi Flegrei, il Deep Drilling Project è un problema?


"Campi Flegrei e Deep Drlling Project: un problema nazionale" di MalKo
Attraverso le problematiche attinenti il famoso progetto di perforazione profonda nei Campi Flegrei (Deep Drilling Project), un certo numero di cittadini ha memorizzato che nel nostro sistema nazionale di protezione civile il Sindaco (legge 225/92) assume il titolo di autorità.
Autorità, ricordiamo, è chi decide ed emana disposizioni vincolanti per i destinatari. L’articolo 12 della legge 03-08-1999 n° 265 poi, ha trasferito sempre al primo cittadino, anche le competenze che una volta erano del Prefetto a proposito dell’informazione da dare alla popolazione su situazioni di pericolo.
Il Sindaco quindi, non è un terminale passivo, ma è il fulcro di un sistema di tutela per molti versi complesso, perché rientrano nelle competenze della protezione civile non solo il soccorso e il ripristino della normalità post catastrofe, ma anche la previsione e la prevenzione delle calamità tanto naturali quanto antropiche.
Per previsione s’intendono tutte quelle attività capaci di prevedere l’insorgere di un pericolo, generalmente inquadrabile come calamità, e le zone su cui questo può abbattersi con violenza.
La prevenzione invece, si compone di più discipline capaci di valutare e adottare misure idonee a mitigare gli effetti e le conseguenze delle calamità preventivabili oppure non prevedibili come i terremoti. Queste misure comprendono tra l’altro la stesura dei piani d’emergenza e d’evacuazione ove occorra.
Nella legge di istituzione del sistema nazionale di protezione civile (225/92), all’art. 2 sono distinti gli eventi calamitosi in tre categorie:
a) eventi naturali o connessi con l’attività’ dell’uomo che
possono essere fronteggiati mediante interventi attuabili dai singoli enti e amministrazioni competenti in via ordinaria;
b) eventi naturali o connessi con l’attività’ dell’uomo che per loro natura ed estensione comportano l’intervento coordinato di più enti e amministrazioni competenti in via ordinaria;
c) calamità naturali, catastrofi o altri eventi che, per intensità ed estensione, devono essere fronteggiati con mezzi e poteri straordinari.
Gli eventi di tipo (a) sono generalmente affrontati in ambito comunale, intercomunale e provinciale col supporto delle istituzioni competenti.
Quelli di tipo (b) afferiscono invece, a eventi calamitosi naturali o antropici di una certa importanza, che implicano e chiamano in causa più comuni e province con responsabilità di coordinamento e d’intervento su scala comunale e regionale.
Gli interventi di tipo (c) riguardano calamità naturali o catastrofi che, per intensità, estensione e importanza, diventano un problema nazionale.
Questo breve excursus serve per inquadrare alcuni aspetti e spunti alquanto interessanti emersi proprio dalle disquisizioni che stanno accompagnando il progetto di perforazione profonda (deep drilling project) da avviarsi, almeno così sembra e a breve, nel quartiere napoletano di Bagnoli.
Esperti e cittadini hanno chiamato in causa il Sindaco De Magistris che in realtà non appare e non commenta.
Le ipotesi di rischio fin qui formulate dai vari geologi e ricercatori ancorché emerse come dibattito su molte riviste nazionali e straniere, si dividono in contrari e favorevoli al deep drilling. Per capire il livello di responsabilità decisionale del sindaco su questo argomento, dobbiamo avere le idee più chiare circa le ipotesi di rischio che sono emerse nei vari dibattiti scientifici. In altre parole il pericolo insito nella perforazione profonda, se c’è deve essere quantificato.
Secondo le opinioni più allarmistiche, il progetto di trivellazione andrebbe a intaccare un sottosuolo che, per effetto delle sollecitazioni perforanti, potrebbe innescare terremoti, esplosioni ed eruzioni con implicazioni anche di carattere ambientale perché smuoverebbe terreni e fanghi particolarmente inquinati dalle precedenti attività siderurgiche.
Occorrerebbe quindi sapere con quale intensità e con quale estensione s’ipotizzano questi pericoli. I sismi che potrebbero generarsi avrebbero un’incidenza in un ambito territoriale particolarmente ristretto (quartieri)? E il rischio eruttivo che s’ipotizza, anche se come ipotesi remota,  sarebbe anch’esso limitato a un fatto locale? Dire che potrebbe innescarsi un’eruzione in piena regola è un’esagerazione della stampa per fare notizia? Domande tutt’altro che ingenue…
Dalle ipotesi di rischio che si ventilano, ovviamente ne discenderà una competenza in termini di responsabilità decisionale: se gli effetti dannosi della perforazione si stimano e s’ipotizzano che rimangano circoscritti a un livello locale, il Sindaco in questo caso rappresenterebbe la figura di riferimento.
Se il deep drilling racchiude in se uno o più rischi che potrebbero assurgere per intensità a problema regionale o nazionale, seppure in percentuali minime, allora il discorso cambia completamente. In questo caso dovrebbe esprimersi sulla fattibilità del progetto la commissione grandi rischi del dipartimento della protezione civile, organo scientifico per eccellenza e istituzionalmente competente. Ovviamente la commissione non potrebbe omettere di sentire comunque anche il parere del sindaco o dei sindaci interessati prima di assumere decisioni importanti.
In tema di piani d’emergenza si tenga presente che il dipartimento della protezione civile il 7 maggio 2003 varò un’altra commissione nazionale per l’aggiornamento dei piani d’emergenza dell’area vesuviana e dell’area flegrea per il rischio vulcanico. Una sorta di annosa continuità pianificatrice per quanto riguarda il Vesuvio, e una new entry che sancì l’ingresso dell’area flegrea nella classifica delle maggiori aree a rischio vulcanico. Presidente della commissione Guido Bertolaso. Per l’Osservatorio Vesuviano Giovanni Macedonio e per la regione Campania Franco Barberi.
La pianificazione nazionale d’emergenza per l’area vesuviana e flegrea per il rischio vulcanico, era ed è gestita dal dipartimento della protezione civile, perché un evento eruttivo del Vesuvio o dei Campi Flegrei, diventerebbe immediatamente un evento di tipo (c), cioè d’importanza nazionale.
Se così non fosse, a furor di logica la commissione nazionale per l’aggiornamento dei piani d’emergenza Vesuvio e Campi Flegrei, perderebbe l’altisonante titolo di nazionale per assumere quello più modesto di comunale o regionale.
Vorremmo chiarire ancora una volta il motivo per il quale dalle nostre pagine si ripete spesso che non esiste nessun piano d’emergenza, tanto per il Vesuvio quanto per i Campi Flegrei. In realtà i piani d’emergenzasono stati redatti anche se con molte incongruità e lacune gravi che ci piacerebbe discutere. Il problema principale però, consiste nella mancata pianificazione dei piani d’evacuazione che sono una cosa diversa dai piani d’emergenza e che invece tutti analogicamente accomunano. In sintesi, sostanzialmente sappiamo quali sono i vari livelli di pericolo, l’organizzazione da mettere in campo, le regioni di gemellaggio, ecc… non sappiamo però in che modo metterci in salvo. Ergo, manca lo strumento di reale tutela…il foglio dietro la porta!
Al Prefetto Gabrielli quindi, rinnoviamo la necessità che si realizzino i piani d’evacuazione, operando in surroga per i comuni inadempienti.
Ai cittadini che si stanno organizzando in comitati nel comprensorio di Bagnoli, suggeriamo di pretendere ovviamente chiarezza in tutti i sensi ma senza pregiudizi di partenza. L’ultima decisione spetta al sindacoDe Magistris, che dovrà comunque spiegare come si conciliano certi programmi di prevenzione “spinta”, con altri di rivalutazione nel senso della lottizzazione e urbanizzazione del settore a rischio ancorché sede dei sondaggi.
Il geologo Annibale Mottana dell’accademia dei lincei, il 22 giugno scorso in occasione della chiusura dell’anno accademico, alla presenza del Capo dello Stato Giorgio Napolitano, nella sua relazione finale ha mantenuto un taglio molto critico sulle amministrazioni che concedono troppe deroghe in tema di edificazioni e condoni anche in area vulcanica. Un problema, ha detto, non più tecnico o scientifico ma di coscienza, con amministratori che non prendono in considerazione i rischi naturali anche sulla scorta di una sorta di complicità semi-istituzionale forte di un credo assurdo che non lancia allarmi per non scatenare panico. Nel caso del Vesuvio poi, ha affermato che un eventuale eruzione sarebbe una catastrofe inaccettabile. Che dire: complimenti al cattedratico che ha riassunto molto bene i problemi irrisolti, anche se, queste parole, forse doveva pronunciarle qualche autorevole rappresentante che nell’area flegrea e sul Vesuvio ha importanti sedi istituzionali.

Campi Flegrei: a Bagnoli il deep drilling project


"Campi Flegrei: Deep Drilling Project e Bagnoli Futura" di MalKo

Luigi De Magistris, sindaco del comune di Napoli, ha espresso il proprio consenso acchè si dia corso al progetto di perforazione profonda dei Campi Flegrei (deep drilling), esattamente nell’area della spianata dell’ex italsider di Bagnoli.
Esplorare il sottosuolo anche attraverso la trivellazione, è sempre scientificamente significativo e interessante e aggiungeremmo affascinante, e non si dovrebbe perdere occasione per farlo, purché non si incida sulla sicurezza dei cittadini.
In virtù di questo principio, infatti, è stato sancito dal diritto il dovere della precauzione di fronte a pericoli anche solo ipotizzati, remoti o da quantificare in termini percentuale di accadimento.
Gli scienziati con enfasi parlano dell’importanza di conoscere ai fini della previsione e della prevenzione delle catastrofi, che cosa nasconde la caldera flegrea. Un problema diremmo tutto scientifico, perché sappiamo perfettamente cosa nasconde il Vesuvio, e pur tuttavia non è stato prodotto un solo grammo di prevenzione, pianificazione o di organizzazione del territorio o di delocalizzazione di una parte degli abitanti, utile per scemare il valore esposto. Eppure ci troviamo di fronte a un arcinoto e ben documentato rischio tutt’altro da trapanare…
Addirittura alcuni sindaci del comprensorio vesuviano, sfidando il buon senso, si sono armati di populismo per tentare di strappare alle autorità regionali e nazionali un condono edilizio da lanciare lì sulle piazze vesuviane in pasto ai famelici professionisti dell’abuso cui non garbano le restrizioni all’edilizia residenziale imposte dalla legge regionale 21 del 2003 sulla zona rossa. Va da se che il provvedimento sanatorio nel vesuviano è atteso soprattutto da chi possiede case e palazzi fermi allo stato di spiccato o di pilastratura, e aspettano quindi con la bava alla bocca il prezioso condono per ultimare il manufatto e immetterlo sul mercato del mattone che tira sempre anche in tempi di crisi. Ovviamente la contropartita è il consenso…
A che cosa servirà quindi la strategica e improcrastinabile e fondamentale e rischiosa perforazione sotterranea dei Campi Flegrei? A produrre previsione nella ricerca vulcanologica per la mitigazione del rischio, come si legge nel progetto CFDDP (Campi Flegrei Deep Drilling Project) ?  Farà Prevenzione? Produrrà le basi per tirare fuori dal cratere energia a basso costo lì dove ci hanno provato le grandi società che di energia campano (Agip – Enel) ?  A cosa? Non siamo scienziati e parliamo da profani, ma condurre un’operazione a rischio per mettere sensori a fibre ottiche sotto terra capaci di monitorare deformazioni micrometriche in una zona avvezza a deformazioni decametriche, con cinquecento scosse al giorno in tempi di crisi, non ci sembra il massimo della previsione.
Le indicazioni che perverranno dal sottosuolo abbiamo garanzie che saranno poi utilizzate dal sindaco De Magistris e dalla sua giunta per dare corso a provvedimenti magari impopolari atti a ridurre il rischio nei quartieri di Bagnoli e Fuorigrotta e Soccavo e Pianura?  E com’è che da un lato si opera in via del tutto straordinario per valutare il pericolo vulcanico flegreo e dall’altra c’è chi valuta sempre a livello comunale di aumentare le licenze edilizie sugli stessi suoli da perforare (Bagnoli)? Analizziamo il rischio per mitigarlo e nel frattempo aggiungiamo abitanti agli abitanti? Anche il battere cassa dovrebbe avere un limite…
Il “suggerimento” che alla fine uscirà dalle viscere del vulcano se si farà la trivellazione, sarà sicuramente nella direzione della necessità di non sovrappopolare queste zone già classificate a rischio senza la trivella, e di mettere a punto un buon piano di protezione civile per fronteggiare i rischi potenziali offerti dal distretto vulcanico flegreo: lo sa bene il direttore Marcello Martini dell’Osservatorio Vesuviano, così come lo sanno tutti gli altri ricercatori interessati con finalità diverse al progetto.
In altre pagine della nostra rivista, parlando dei suoli di Bagnoli Futura, avevamo segnalato e suggerito di non urbanizzare a tappeto l’area della spianata dell’ex italsider, giacché per dimensioni e ubicazione potrebbe rappresentare una straordinaria area strategica di protezione civile. (Punto di riunione, area di smistamento, di ammassamento, di prima accoglienza; area atterraggio elicotteri ed altro). Il sito, infatti, può essere raggiunto con tutti i mezzi di trasporto: navali, terrestri, aerei e ferroviari.
Ecco. La città di Napoli per tutta una serie di rischi legati a pericoli naturali o indotti dall’uomo, avrebbe fatto bene a dotarsi pure di una struttura di protezione civile polifunzionale magari avanzando anche al Dipartimento di Protezione Civile e alla Regione e alla provincia un concorso finanziario.
D’altra parte se il comitato CFDDP avrà il definitivo nulla osta da parte di De Magistris (autorità locale di protezione civile – Legge 225/1992) e si procederà alla perforazione, sarà necessario produrre il famoso documento di analisi del rischio, tanto per i lavoratori chiamati a operare in loco quanto per gli abitanti di quella zona che hanno gli stessi diritti di tutela.
A fronte dei rischi prospettati poi, si dovrà procedere alla stesura del piano d’emergenza rispetto al pericolo massimo individuato. Dovrebbe poi essere circoscritta una zona rossa quale fascia di rispetto e nelle misure di sicurezza dovrebbe prevedersi il modo di sigillare il foro in caso di necessità, così come si dovrà procedere anche all’analisi dell’impatto ambientale.
Noi non siamo contro la scienza, ma la scienza deve pure capire che un’attività di ricerca che racchiude comunque dei rischi seppur minimi per gli abitanti, non è possibile che venga espletata esclusivamente perché non si possono perdere i finanziamenti ricevuti o attesi.
D’altra parte questo impianto dovrebbe sorgere su suoli destinati a parco urbano, con roseti, spazi verde, centri integrati per il turismo, la didattica, congressi, parcheggi, acquario per le tartarughe, e tanto altro ancora tra cui un polo per l’ambiente. Sussiste francamente una discordanza d’intenti… Purtroppo su questo sito così “goloso”, sussistono pure lotti edificabili in termini residenziali ma in una percentuale che si tenta di far battere al rialzo, visto che le gare di alienazione dei suoli edificabili sono andate deserte (speculazioni?). Si prospetta quindi di aumentare un po’ la percentuale destinata alla realizzazione di prestigiose residenze per invogliare i possibili acquirenti ad acquistare.

Il sindaco di Sant’Anastasia Carmine Esposito forse non ci ha pensato, ma nell’area flegrea c’è la stessa classificazione di zona rossa come nel vesuviano: eppure lì appaltano a cura del comune lotti anche edificabili in senso abitativo. Strana questa sorta di sperequazione territoriale, atteso che, i campi flegrei vissero una situazione di reale allarme addirittura nel recentissimo 1983 col bradisismo. Forse l’Osservatorio Vesuviano avrebbe dovuto fare una premessa nella riunione del 24 maggio 2012 col comune di Napoli (commissione urbanistica e beni comuni presieduta da Iannello), ricordando che Bagnoli è in zona rossa flegrea, e il primo passo verso la prevenzione non è il deep drilling, ma una legge regionale identica alla 21/2003 che stabilisce l’inedificabilità a scopo abitativo in zone vulcaniche a rischio. Non ci sembra una cosa da poco…
Limiti della vecchia zonazione di pericolo


domenica 26 maggio 2013

The Phlegraean Fields Deep Drilling Project: interview with Prof. G. Mastrolorenzo


Bagnoli - Campi Flegrei
 
"The Phlegraean Fields Deep Drilling Project: interview with
Professor Giuseppe Mastrolorenzo" by MalKo
 
There has recently been apprehensive discussion of the scientific proposal for the Deep Drilling Project.  This is a probe which would be pushed to four kilometres depth  in the area of the ex-Italsider of Bagnoli.  It would begin with a “pilot” well of five hundred metres that would then advance lower down at a certain slant.
Several important scientific journals and numerous scientists have warned against drilling in a caldera that forms part of an active volcanic area since it could cause eruptions and earthquakes.  On the other hand, an equal number of prestigious scientists from the national and international scientific world believe that the drilling would not set off any reactions and on the contrary could result in the discovery of new elements useful for understanding eruptive dynamics and the phenomenon of bradisism typical of the area.  Considering that the densely populated area is located in and around the city of Naples, there are fears that another eruption would add immeasurably to the already innumerable problems that beset the city.
The uninitiated obviously ask themselves what dynamics the drilling could trigger off.  None of the scientific articles we have gone through talk about the scientific and technical details at the basis of the fears but leap immediately to the conclusions: alarm yes or no?!
We think that the problem is considerably more complex than just the pricking of a balloon… and could perhaps be similar to a B.L.E.V.E. (Boiling Liquid Expanding Vapor Explosion), a phenomenon known above all to firemen, because of the high accident rate in industry and transport.  This type of explosion takes place in confined spaces containing superheated liquids.  The substance passes so rapidly to a vapor state by means of the reduction in pressure caused by the physical breakdown of the casing, that it sets off a shock wave.  We also know, however, that the reaching of critical pressure and temperature in many substances such as water brings the entire mass to a state of total vapor at enormous temperatures.  For other thermodynamic concepts, however, it should be remembered that perforating the cylinder (of an engine) with a hole of a tiny section would not automatically cause a hiss in the jet equal to the maximum pressure created in the cylinder itself as an effect of the explosion of the combustible.  There, however, the pressures at play are cyclical.
Professor Mastrolorenzo, this story of the drilling of the Phlegaean Fields is extremely complex, above all regarding the alarm over the risk of explosion…
The physics of  gas or vapor explosions in volcanic areas (gas and steam-blast eruptions) is amply covered in the scientific literature.  Simple calculations of the energy balance lead to worrying conclusions about the high energy in play and the unpredictability of systems such as the geothermic system in the Phlegraean Fields which is highly unhomogeneous in petrographic and chemical-physical terms, both horizontally and vertically and explored only indirectly by means of indirect investigation.
Thus the behavior of the system, in the case of the application of an external disturbance such as drilling, is intrinsically unpredictable.  There is a simplistic tendency to retain that there is always a proportion between the energy applied to a system and the modifications observed: but it is not always so.  In certain systems, and the drilling may belong to this category, small stresses can produce enormous effects.
In volcanology and geophysics, one of the problems of greatest interest is the propagation of the fracturation processes in relation to mechanical and thermal applied stress.  In the case of volcanoes, there is still no universally valid theory that explains how an eruption begins, but undoubtedly the triggering off of the fracturing of the crust surface represents the first stage in the rising of the magma towards the surface.
In the past I discussed the problem of thermal fluid dynamics in the Phlegraean Fields and I pointed out the danger of fluids in critical or super critical conditions in porous rock that could potentially trigger freatic explosions or explosive eruptions. Such risks should obviously not be undervalued.
Given that the project is international, why the Phlegraean Fields?
The Phlegraean Fields were proposed several years ago by Dr Giuseppe De Natale of the INGV as it is an active volcanic area of particular scientific interest due to its significant danger as well as well as being potentially suitable for the installation of geothermal power stations.  The project discussed within the ICDP of 2009 was approved with partial financing from the INGV.  The beginning of the drilling,  postponed serveral times, was planned for last October but was suspended after the alarm launched at an international level about the risks connected to deep drilling in a highly densely populated area at high seismic and volcanic risk.  The Mayor of Naples, Rosa Russo Iervolino ordered the suspension of the project and sent a request to the Department of Civil Protection for an evaluation of the danger related to the experiment.  Last October, at a meeting in Rome the Department approved further investigation into its safety by a commission of experts before authorisation for the drilling could  be released.  Since then, all activity has ceased.
Was the area of Bagnoli chosen because of its available space?
The choice of the area of Bagnoli as the operative seat for the deep drilling project was proposed early on.  The area falls within the industrial perimeter of the ex ILVA plant which is at present being reclaimed by theBagnoli futura consortium. Geologically, it lies on the south-eastern border of the Phlegraean caldera delimited by the hill of Posillipo.
Although the project is international there are also international alarms about a possible resumption of eruptions and earthquakes set off by the deep drilling…
The alarm launched by researchers in various international scientific journals, the Italian and foreign press and in parliamentary questions concerns the seismic and volcanic risks that the drilling operation could create when the drills go through the hydrothermal system at very high temperatures and pressures.  The risk of triggering eruptions in the event of crossing through superficial magmatic reservoirs has also been pointed out and recent research has theorised the possible injection of magma at shallow depths during recent bradisism crises.
Another risk of drilling could derive from polluting agents, leftover or reworked, that have been lying in the subsoil since the steel and eternit plants of Bagnoli were closed twenty years ago.
There has also been substantial criticism over the construction of industrial plants for the exploitation of geothermal energy in an area whose urban development plan is based on research, culture and recreation.
The director of the project, Dr Giuseppe De Naple, guarantees that there will be no danger because the project will proceed in phases. Is this procedure a real guarantee?
The situation has proven to be very complex because of the coexistence of scientific, management and administrative problems.
Although, according to those responsible for the project, the risks are minor, an evaluation carried out by independent scientific authorities has been held to be indispensable.  But it has also been emphasised that the Department of Civil Protection consulted by the Mayor of Naples, could not carry out its role of privileged interlocutor given that by statute it makes use of the consultancy of the INGV which is the board that has proposed the project.
Infact, the administrative excursus on the deep drilling plan highlighted the complexities involved in relation to the assumption of responsability in the case of scientific projects or other types of intervention in areas where the population is at risk.  In reality, any deep drilling presents a certain level of risk, since it passes through systems of extremely high energy at pressures that can reach thousands of atmospheres along with temperature of hundreds of degrees as well as the presence of fluids that can also be magmatic and whose behavior is highly unpredictable.  On this subject, it is enough to recall the recent ecological disaster in the Gulf of Mexico where the undervaluation of risk had serious consequences arising from the unstoppable flow of oil from the sea bed causing massive damage to the marine and coastal environments which were scourged by the oil slicks.  The accident was caused by the inadequate technology used which probably resulted in a superficial evaluation of the risks, despite the drilling being carried out by one of the largest international industrial giants in the field.  Nevertheless, provided that there is an adequate evaluation of the risks and benefits that must be understood and accepted by the community, deep drilling can be justified as a source of further scientific information if this is not available by other means.
In reality, deep drilling in the Phlegaean Fields has been carried out since the fascist period to a depth of 3200  metres by the AGIP company.
As has been pointed by some of the researchers most critical of the drilling project in Bagnoli, this precedent renders the present project uninnovative and superfluous to any further investigation, whether related to scientific aims or the exploitation of geothermal energy.  Indeed, during the AGIP campaign imminent risks caused the rapid closure of the wells and interest in the potential for the exploitation of geothermal energy faded due to the analyses showing the subterranean fluids to be too saline.  In compensation, however, detailed information about the geological characteristics of the subsoil was obtained by means of the probing.
It is evident that times have changed together with the sensitivity relating to natural and man-made risks.  Scientists, the authorities and the population at large have by now an awareness of their right to security and it is therefore not possible to operate in a territory without giving sufficient information about the risks deriving from a particular activity even if this affects research.
The fundamental problem now in the risk management of the Phlegraean Fields is the lack of an emergency plan.  It is clear that the Civil Protection or any other authority, in the absence of any preventive evaluation of possible events and therefore of emergency plans for seismic, volcanic or environmental risk, would not be able to approve an operation presenting such risks.
At the present, there is only a risk plan concerning volcanic eruption; but despite being announced twenty years ago it is still being studied by the national commission appointed by the Department of Civil Protection. I have urged on numerous occasions, without response, that the emergency plan be made public together with the studies on the drilling project in Bagnoli in the wake of recent alarms.  There is high risk in the area of the Phlegraean Fields, as shown in our maps of volcanological danger that delineate the various possible eruptive scenarios.  These maps should be the basis for the drawing up of an emergency plan.
(As always, our thanks to Professor Giuseppe Mastrolorenzo for his kind collaboration on matters of scientific interest that are not only complex but very relevant today)
In concluding this article, we would like to add a couple of points: first of all we are well aware that a degree of risk is always inherent in man’s activities.  However, if we take for example the conquest of space, it began with the launch of teleguided missiles, followed by rockets carrying monkeys and dogs and finally man (human life) which is the highest form of life to be protected.  What do we mean by this: that where unknowns fill important spaces that we need to protect, caution should be the rule of our modus operandi.Whoever is moderately familiar with problems of security knows that an operation of this kind could lead to situations if not of alarm, of pre-alarm.  In other words, it could be necessary to activate dispositions in the emergency plan without an emergency appearing in its maximum form in energy terms as we know that unknowns do exist.  This might simply be a precautionary measure, given that the perforation of a vapor sack could produce a loud boom or a bright fumarole which though probably innocuous could panic an already deeply worried population.  Obviously, this is just an example to help us understand the situation, even if drilling technology is by now highly sophisticated.
Deep drilling in the area of the Phlegraean caldera, which will certainly be furiously debated in the near future, should be approached in the spirit of prevention given that prediction is not possible.  Prevention entails techniques to mitigate risk, moderating the danger or the value of exposure (the inhabitants) or both.  In this case the minimisation of the danger would consist in employing recognitive and drilling techniques capable of choosing a path and containing the maximum theoretical pressures, and if necessary of remedying the situation.  It is more difficult, however, to predict the fracturation of the crust deep down.  In other words the experiment would have to be able to back out in useful terms if the results should become increasingly discouraging.
Just to clarify certain concepts, it is enough to think that industries at risk are obliged to produce an emergency plan inside and outside the plant including the procedures to spread the alarm.  If we remember well, the drilling activities are regulated by the directives relating to the safety and health of workers in the industries that extract by drilling according to the dictates of D.M. 25 novembre n°624, actuated in the directive 92/91/CEE, published in the Gazzetta Ufficiale 14 dicembre 1996.  These dispositions offer an excellent departure point for understanding the problems.
In the last analysis, scientific research should not be stopped, but the risks must always be measured with the available alternatives.  To explore a caldera is of great importance but the Phlegraean caldera should be taken into consideration only if there are no other calderas in the world located in deserts or other areas of low density population.  Infact, by lowering the exposure value, the risk immediately re-enters within acceptable parameters.
Translation by Lisa Norall
(In the figures below the two danger maps drawn up for the Phlegraean Fields by Professor G. Mastrolorenzo and collaborators)
The danger map relative to the dynamical overpressure represents the pressure exerted by a burning cloud on the unity of the surface.  Damage relevant to the structure begins at values above 5 kPa while the value of demolition goes from 10 kPa to 25 kPa depending on the building typology.
Other than the risk connected to pressure is the great danger associated with the high temperature of the clouds (up to 600°C) which they can maintain even at distances greater than 15 kilometres from the eruptive centre.



The map on the left shows the danger relative to the fallout, that is to say the deposits that fall back down.  It is evident that for such a type of phenomenon the entire city of Naples would be exposed to a very high risk value.
Both the maps are the result of the combinations of all the events possible obtained by the numerical simulation of thousands of eruptive episodes with diverse properties and probability values.