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martedì 28 maggio 2013

Rischio Vesuvio:eutanasia della sicurezza


"Rischio Vesuvio:eutanasia della sicurezza" di MalKo
Il sindaco di San Giorgio a Cremano qualche giorno fa, durante una conferenza stampa, ha lanciato un appello affinché si rimetta mano al piano d’emergenza Vesuvio e al suo fantomatico aggiornamento, perché in caso di eruzione sarà il caos totale…  Nel frattempo il vice sindaco, nello stesso giorno e alla stessa ora, presenziava ad una riunione alla Regione Campania indetta dal primo cittadino di Sant’Anastasia, Carmine Esposito, per avere rassicurazioni dall’assessore regionale Taglialatela, che il cemento prestissimo ritornerà in auge nella zona rossa Vesuvio insieme ai condoni.
Il firmatario del piano paesaggistico (Taglialatela) che introduce il risanamento residenziale e forse amministrativo nel settore a rischio eruzione, ha assicurato che nella prima seduta consiliare regionale di settembre, si darà il giro di chiave alle betoniere …
Il comune di San Giorgio a Cremano con Giorgiano e Zinno, hanno mostrato come siano controverse le anime dei comuni vesuviani: Hyde e Jekyll. Bisogna dire però, che anche il commissario prefettizio di Boscoreale Michele Capomacchia non scherza: ha inviato nel gruppo pro cemento, il sub commissario Augusto Polito. Anche lo Stato evidentemente è interessato a sanare gli abusi che a Boscoreale si contano a moltissime cifre. Un modus operandi che è “fulgido esempio di elette virtù amministrative”, a proposito di come vanno le cose nel comprensorio vesuviano a rischio…
Ci sorge il dubbio che nessuna legge regionale o nazionale può rilasciare un condono edilizio in zona rossa vulcanica, visto che lo stesso Stato ha scritto e sancito che in caso di eruzione del Vesuvio la zona rossa verrà probabilmente distrutta. Condonare significa, secondo il principio giuridico noto come dolo eventuale e colpa cosciente, assumersi la responsabilità che la zona dichiarata a rischio vulcanico dall’autorità scientifica nazionale e internazionale, in realtà non sia così pericolosa e, quindi, non siano necessari atti di tutela particolari come ad esempio il divieto di favorire gli insediamenti abitativi in zona rossa. Condonare allora, potrebbe essere un’assunzione di responsabilità penale per le zone a rischio, per non parlare del principio giuridico di precauzione, che è letteralmente obliato in questa pratica annunciata di riattamento degli edifici “spenti” e inagibili e inabitati.
Cosa c’entri la zona rossa Vesuvio poi, con i piani paesaggistici non si capisce. Che c’entra Amalfi, i Monti Lattari e gli scavi di Velia con il rischio Vesuvio? La zona rossa non deve essere confusa con gli scempi al paesaggio e alle zone di particolare valenza paesistica che pure sono un delitto. La zona rossa è un’area dove potrebbero riversarsi colate piroclastiche dall’inaudita potenza distruttiva. E poi lava e bombe vulcaniche e cenere e lapillo in quantità tali da sprofondare i solai e seppellire le mura. Qui non è in gioco il panorama… ma la pelle.
Chi decide cosa si può fare nella zona rossa dovrà essere lo stesso che dovrà mettere su il piano d’emergenza Vesuvio. Ne siamo convinti. In modo che la mano destra sappia cosa fa la mano sinistra, senza alibi o scusanti.
Il piano d’emergenza Vesuvio è a cura dello Stato. Sia lo Stato allora a decidere se è possibile favorire nuovi insediamenti nella zona rossa. Se così non è, si rimandi alla Regione Campania la stesura del piano d’evacuazione, così vediamo come concilierà le due cose il presidente Stefano Caldoro e l’invisibile assessore alla protezione civile Prof. Edoardo Cosenza.
Gli abitanti insediati nella zona rossa all’ombra dello sterminator vesevo, sono numerosi quanto quelli che affollano la città di Genova. Lo sapevate? Un dato non da poco per chi doveva assicurare il diritto alla sicurezza a quei cittadini troppo spesso ciechi in loro danno sulle necessità di tutela, che utilizzano un sistema amministrativo, generalizzando, un tantino marcio, che si presta a soddisfare richieste eufemisticamente classificabili come irragionevoli.
Il piano d’emergenza Vesuvio è sempre stato una fonte di lavoro per moltissimi esperti o presunti tali che, asservendosi alle cosiddette istituzioni competenti, hanno ricavato qualche soldo senza per questo districare una matassa ingarbugliatissima relativa alla sicurezza di un comprensorio da seicentomila abitanti disseminati su di una superficie di circa 200 Km2, tutta vulcanica. La loro giustificazione che poi non giustifica un bel niente, è che l’humus in cui ci si muoveva, non riconosce il pericolo Vesuvio, la zona rossa e il piano d’emergenza ed è ostile alle istituzioni. Un piano per niente  richiesto dalle masse, che rifuggono dal concetto stesso di esposizione al rischio, al punto da evitare di chiamare il Vesuvio vulcano, bensì  montagna…
Come abbiamo più volte scritto, agli abitanti del vesuviano manca la percezione del pericolo vulcanico perché mancano segnali percepibili con uno dei cinque sensi. Sono i sensi che captano il pericolo. Il famoso pennacchio che si alzava dal cono era un segnale importante, simbolo di un fuoco vulcanico ancora ardente che lasciava temere quel monte carico di allume e bitume e ferro… come recita l’inutile epitaffio posto nella città di Portici, ad ammonimento, un anno dopo l’eruzione del Vesuvio nel 1631.
Il presidente dell Repubblica Giorgio Napolitano recentemente ha detto parole molto importanti sulla sicurezza dei lavoratori sui luoghi di lavoro. Ci aspettiamo parole ugualmente decise sulla sicurezza di un territorio a rischio vulcanico come quello vesuviano, la cui pericolosità il presidente l’ha raccolta direttamente dalle parole del Professor Annibale Mottana, all’adunanza di chiusura dell’anno accademico dei Lincei a Roma.
L’emerito Presidente concorderà con noi che un aumento degli abitanti nella zona rossa Vesuvio, comporterà automaticamente l’eutanasia di qualsiasi pratica di salvaguardia. Siamo ancora in tempo per fermare un processo altrimenti irreversibile.
Nell’area vesuviana sono tutti riqualificatori del territorio. Tutti progressisti ispirati e rimodellatori di una società in rapida evoluzione. Nessuno pensa al Vesuvio e alla necessità di dar corso alla politica degli spazi… neanche nei comuni di Portici e San Giorgio a Cremano che occupano rispettivamente il primo e il secondo posto nella classifica dei comuni italiani più densamente abitati. Un vero paradosso suicida…

lunedì 27 maggio 2013

Rischio Vesuvio ipse dixit.


"Ipse dixit: il rischio Vesuvio non ha nulla a che vedere con la vita quotidiana" di MalKo
L’approvazione qualche giorno fa del piano paesaggistico regionale, varato dalla giunta Caldoro, porta la firma e la zampata dell’assessore all’urbanistica Marcello Taglialatela. Il piano sarà riproposto in consiglio regionale per essere approvato in via definitiva. La legge Taglialatela, ahinoi, attenuerà anche i rigidi vincoli all’edilizia previsti dalla legge regionale 21 del 2003 nella zona rossa vesuviana.
Il simpaticissimo sindaco Carmine Esposito di Sant’Anastasia, esulta per il grandissimo risultato “politico” che ha raggiunto per interposta persona col disposto regionale, perché così si ridanno toni e muscoli alle betoniere che rischiavano di arrugginirsi con la legge varata da quel “semplicista” di Marco Di Lello nel 2003.
Il sindaco degli anastasiani avvilisce il rischio Vesuvio ma è un grande sostenitore delle ristrutturazioni via abbattimento e rifacimento per contrastare il suo pericolo preferito: quello sismico. << Il rischio Vesuvio non ha nulla a che vedere con la vita quotidiana…>>. Così afferma con sapienza il Mayor Esposito. E’ opinione di molti invece, che forse tutta questa bagarre che di politica non ha niente, sia stata architettata per dare risposte alla viscerale voglia di condoni edilizi.
Chissà come saranno interpretate dalla nuova normativa le case bloccate allo stato di rustico, cioè pilastri e solai in bella mostra senza pareti. Abbattibili, condonabili o fatiscenti da recuperare? Oggi ci passa il vento in quei palazzi senza infissi e senza intonaco. Un venticello che scendendo dal monte reca con sé un penetrante odore di ginestre racimolato lungo il cammino da zefiro, di fiore in fiore, tra gli ammassi di cenere e lapillo che lambiscono e sovrastano le costruzioni disabitate ancora per poco…
I sostenitori di Carmine Esposito e degli altri 13 primi cittadini della zona rossa che si sono riuniti nel feudo del sindaco esultante, saranno contenti di un agire volto a dare un “solido” tetto ai propri figli e nipoti e parenti e amici, aggiungendo solo un po’ di gente alla gente già ammonticchiata sul vulcano dormiente.
Il rischio sismico comunque sarà domo, alla faccia dei Soloni e dei menagramo dell’eruzione! Per quanto riguarda l’incondonabile nube ardente a ottocento gradi di temperatura che potrebbe precipitare in caso di eruzione giù dai declivi sommesi e vesuviani spazzando tutto, ci sarà tempo per pensarci e si farà affidamento al calcestruzzo soprattutto quello armato da opporre inutilmente a mo’ di scudo alla coltre plumbea infuocata…
<< Il rischio legato alle abitazioni nell’area del Vesuvio è un problema di coscienza, non solo di tecnici e geologi… >>. Il Professore Annibale Mottana così ha concluso la sua relazione a Roma il 22 giugno 2012 al termine dell’anno accademico dei Lincei: presente anche il Capo dello Stato Giorgio Napolitano.
In una relazione non certo rassicurante, Mottana in qualità di geologo ha ricordato come il Vesuvio sarà inesorabilmente destinato a una nuova eruzione. Allora, ha detto: <<saremo di fronte ad un problema sociale immane e insolubile, una situazione impensabile in un Paese civile>>. Una situazione, rileva l’esperto, dove le autorità ”tacciono e lasciano correre, quando non deliberano addirittura deroghe alle norme di sicurezza o condoni.
Ai cittadini e alle associazioni che sentono forte il bisogno di sicurezza e di giustizia sociale e d’istituzioni che funzionano e di esempi da seguire, invitiamo a una maggiore partecipazione anche se fatta di sola consapevolezza. Bisogna rinascere ideologicamente: cambiare cioè, stile di vita.
Il consiglio regionale dovrà riunirsi per approvare definitivamente la legge Taglialatela che rimette,come detto, mano al cemento nella zona rossa Vesuvio. I voti come diceva Annibale Mottana, devono essere dettati in questo caso dalla coscienza. Seguiremo quindi con attenzione gli interventi, gli emendamenti proposti e il voto finale.
Intanto fotografate i famosi rustici presenti nelle vostre zone. Metteteci la data. Li rifotograferemo tra qualche tempo. Se sono rimasti nello stesso stato faremo ammenda pubblica per aver dubitato della buona politica. Viceversa, confezioneremo un album fotografico da inviare al Prof. Edoardo Cosenza, che forse c’è ancora alla Regione Campania, quale assessore ai lavori pubblici e capo del servizio prevenzione e previsione della protezione civile regionale. Esattamente quello che concordò il 18 febbraio del 2011 e senza mezzi termini col Prefetto Gabrielli capo dipartimento della protezione civile in visita a Napoli, che:<< il rischio si misura anche sull’antropizzazione dei territori…>>.
Già sul finire del 2010 si notavano i preamboli all’odierna notizia cementiera. Un emendamento alla legge regionale numero 1 del 2011 (piano casa) presentata da un consigliere regionale del Pdl di Somma Vesuviana, comportò nei disposti la possibilità per i residenti della zona rossa di dar corso a interventi di ristrutturazione edilizia anche mediante demolizione e ricostruzione in altro sito.
Il responsabile della protezione civile regionale, appunto il Prof. Edoardo Cosenza, dichiarò nel merito quanto segue:<< Lo prometto! Neanche un cittadino in più dovrà entrare nella zona rossa (“Corriere della Sera” 12/01/2011)>>.
Il sindaco Esposito intanto ha riferito che utilizzerà il satellite per braccare gli abusivi. Da oggi in poi però. Intanto vuole sapere dalla Regione se ci sono soldi per le vie di fuga (in realtà il terremoto non prevede vie di fuga ma l’individuazione di aree sicure).
Che dire. Quest’articolo proveremo a tradurlo in inglese in modo che all’estero si sappia cosa succede all’ombra del vulcano più famoso del mondo, che ascrive nella sua storia formidabili “terremoti” pliniani e sub pliniani avvenuti nel 79 dopo Cristo, nel 1631,nel 1906 e l’ultima scossa si ebbe nel 1944. Da allora non si avverte più niente. Qualcuno dice che il terremoto più intenso avvenne circa duemila anni prima di Cristo e si chiamò il terremoto pliniana di Avellino. Sulla polvere ancora i segni dei piedi dei fuggitivi… eruzioni? No!no! Terremoti, da quelli dobbiamo difenderci; parola di sindaco, abbattendo case fatiscenti da ricostruire sempre in loco con ferro zigrinato e zelo cementizio…

Campi Flegrei, il Deep Drilling Project è un problema?


"Campi Flegrei e Deep Drlling Project: un problema nazionale" di MalKo
Attraverso le problematiche attinenti il famoso progetto di perforazione profonda nei Campi Flegrei (Deep Drilling Project), un certo numero di cittadini ha memorizzato che nel nostro sistema nazionale di protezione civile il Sindaco (legge 225/92) assume il titolo di autorità.
Autorità, ricordiamo, è chi decide ed emana disposizioni vincolanti per i destinatari. L’articolo 12 della legge 03-08-1999 n° 265 poi, ha trasferito sempre al primo cittadino, anche le competenze che una volta erano del Prefetto a proposito dell’informazione da dare alla popolazione su situazioni di pericolo.
Il Sindaco quindi, non è un terminale passivo, ma è il fulcro di un sistema di tutela per molti versi complesso, perché rientrano nelle competenze della protezione civile non solo il soccorso e il ripristino della normalità post catastrofe, ma anche la previsione e la prevenzione delle calamità tanto naturali quanto antropiche.
Per previsione s’intendono tutte quelle attività capaci di prevedere l’insorgere di un pericolo, generalmente inquadrabile come calamità, e le zone su cui questo può abbattersi con violenza.
La prevenzione invece, si compone di più discipline capaci di valutare e adottare misure idonee a mitigare gli effetti e le conseguenze delle calamità preventivabili oppure non prevedibili come i terremoti. Queste misure comprendono tra l’altro la stesura dei piani d’emergenza e d’evacuazione ove occorra.
Nella legge di istituzione del sistema nazionale di protezione civile (225/92), all’art. 2 sono distinti gli eventi calamitosi in tre categorie:
a) eventi naturali o connessi con l’attività’ dell’uomo che
possono essere fronteggiati mediante interventi attuabili dai singoli enti e amministrazioni competenti in via ordinaria;
b) eventi naturali o connessi con l’attività’ dell’uomo che per loro natura ed estensione comportano l’intervento coordinato di più enti e amministrazioni competenti in via ordinaria;
c) calamità naturali, catastrofi o altri eventi che, per intensità ed estensione, devono essere fronteggiati con mezzi e poteri straordinari.
Gli eventi di tipo (a) sono generalmente affrontati in ambito comunale, intercomunale e provinciale col supporto delle istituzioni competenti.
Quelli di tipo (b) afferiscono invece, a eventi calamitosi naturali o antropici di una certa importanza, che implicano e chiamano in causa più comuni e province con responsabilità di coordinamento e d’intervento su scala comunale e regionale.
Gli interventi di tipo (c) riguardano calamità naturali o catastrofi che, per intensità, estensione e importanza, diventano un problema nazionale.
Questo breve excursus serve per inquadrare alcuni aspetti e spunti alquanto interessanti emersi proprio dalle disquisizioni che stanno accompagnando il progetto di perforazione profonda (deep drilling project) da avviarsi, almeno così sembra e a breve, nel quartiere napoletano di Bagnoli.
Esperti e cittadini hanno chiamato in causa il Sindaco De Magistris che in realtà non appare e non commenta.
Le ipotesi di rischio fin qui formulate dai vari geologi e ricercatori ancorché emerse come dibattito su molte riviste nazionali e straniere, si dividono in contrari e favorevoli al deep drilling. Per capire il livello di responsabilità decisionale del sindaco su questo argomento, dobbiamo avere le idee più chiare circa le ipotesi di rischio che sono emerse nei vari dibattiti scientifici. In altre parole il pericolo insito nella perforazione profonda, se c’è deve essere quantificato.
Secondo le opinioni più allarmistiche, il progetto di trivellazione andrebbe a intaccare un sottosuolo che, per effetto delle sollecitazioni perforanti, potrebbe innescare terremoti, esplosioni ed eruzioni con implicazioni anche di carattere ambientale perché smuoverebbe terreni e fanghi particolarmente inquinati dalle precedenti attività siderurgiche.
Occorrerebbe quindi sapere con quale intensità e con quale estensione s’ipotizzano questi pericoli. I sismi che potrebbero generarsi avrebbero un’incidenza in un ambito territoriale particolarmente ristretto (quartieri)? E il rischio eruttivo che s’ipotizza, anche se come ipotesi remota,  sarebbe anch’esso limitato a un fatto locale? Dire che potrebbe innescarsi un’eruzione in piena regola è un’esagerazione della stampa per fare notizia? Domande tutt’altro che ingenue…
Dalle ipotesi di rischio che si ventilano, ovviamente ne discenderà una competenza in termini di responsabilità decisionale: se gli effetti dannosi della perforazione si stimano e s’ipotizzano che rimangano circoscritti a un livello locale, il Sindaco in questo caso rappresenterebbe la figura di riferimento.
Se il deep drilling racchiude in se uno o più rischi che potrebbero assurgere per intensità a problema regionale o nazionale, seppure in percentuali minime, allora il discorso cambia completamente. In questo caso dovrebbe esprimersi sulla fattibilità del progetto la commissione grandi rischi del dipartimento della protezione civile, organo scientifico per eccellenza e istituzionalmente competente. Ovviamente la commissione non potrebbe omettere di sentire comunque anche il parere del sindaco o dei sindaci interessati prima di assumere decisioni importanti.
In tema di piani d’emergenza si tenga presente che il dipartimento della protezione civile il 7 maggio 2003 varò un’altra commissione nazionale per l’aggiornamento dei piani d’emergenza dell’area vesuviana e dell’area flegrea per il rischio vulcanico. Una sorta di annosa continuità pianificatrice per quanto riguarda il Vesuvio, e una new entry che sancì l’ingresso dell’area flegrea nella classifica delle maggiori aree a rischio vulcanico. Presidente della commissione Guido Bertolaso. Per l’Osservatorio Vesuviano Giovanni Macedonio e per la regione Campania Franco Barberi.
La pianificazione nazionale d’emergenza per l’area vesuviana e flegrea per il rischio vulcanico, era ed è gestita dal dipartimento della protezione civile, perché un evento eruttivo del Vesuvio o dei Campi Flegrei, diventerebbe immediatamente un evento di tipo (c), cioè d’importanza nazionale.
Se così non fosse, a furor di logica la commissione nazionale per l’aggiornamento dei piani d’emergenza Vesuvio e Campi Flegrei, perderebbe l’altisonante titolo di nazionale per assumere quello più modesto di comunale o regionale.
Vorremmo chiarire ancora una volta il motivo per il quale dalle nostre pagine si ripete spesso che non esiste nessun piano d’emergenza, tanto per il Vesuvio quanto per i Campi Flegrei. In realtà i piani d’emergenzasono stati redatti anche se con molte incongruità e lacune gravi che ci piacerebbe discutere. Il problema principale però, consiste nella mancata pianificazione dei piani d’evacuazione che sono una cosa diversa dai piani d’emergenza e che invece tutti analogicamente accomunano. In sintesi, sostanzialmente sappiamo quali sono i vari livelli di pericolo, l’organizzazione da mettere in campo, le regioni di gemellaggio, ecc… non sappiamo però in che modo metterci in salvo. Ergo, manca lo strumento di reale tutela…il foglio dietro la porta!
Al Prefetto Gabrielli quindi, rinnoviamo la necessità che si realizzino i piani d’evacuazione, operando in surroga per i comuni inadempienti.
Ai cittadini che si stanno organizzando in comitati nel comprensorio di Bagnoli, suggeriamo di pretendere ovviamente chiarezza in tutti i sensi ma senza pregiudizi di partenza. L’ultima decisione spetta al sindacoDe Magistris, che dovrà comunque spiegare come si conciliano certi programmi di prevenzione “spinta”, con altri di rivalutazione nel senso della lottizzazione e urbanizzazione del settore a rischio ancorché sede dei sondaggi.
Il geologo Annibale Mottana dell’accademia dei lincei, il 22 giugno scorso in occasione della chiusura dell’anno accademico, alla presenza del Capo dello Stato Giorgio Napolitano, nella sua relazione finale ha mantenuto un taglio molto critico sulle amministrazioni che concedono troppe deroghe in tema di edificazioni e condoni anche in area vulcanica. Un problema, ha detto, non più tecnico o scientifico ma di coscienza, con amministratori che non prendono in considerazione i rischi naturali anche sulla scorta di una sorta di complicità semi-istituzionale forte di un credo assurdo che non lancia allarmi per non scatenare panico. Nel caso del Vesuvio poi, ha affermato che un eventuale eruzione sarebbe una catastrofe inaccettabile. Che dire: complimenti al cattedratico che ha riassunto molto bene i problemi irrisolti, anche se, queste parole, forse doveva pronunciarle qualche autorevole rappresentante che nell’area flegrea e sul Vesuvio ha importanti sedi istituzionali.