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martedì 28 maggio 2013

Rischio Vesuvio edizione straordinaria


"Rischio Vesuvio:edizione straordinaria" di MalKo
Il tema dei costi della politica pare abbia assorbito interamente la seduta del consiglio regionale della Campania del 26 settembre 2012, ed è stata quindi rimandata la discussione sul famoso decreto Taglialatela contenente “Norme in materia di tutela e valorizzazione del paesaggio in Campania”, che, di fatto, avrebbe consentito di rimettere mano al cemento nella zona rossa Vesuvio e in altre aree regionali paesaggisticamente parlando di notevole interesse naturale e culturale.
Al ministro Corrado Passera a leggere certe cose gli è venuta la pelle d’oca:<< è una follia edificare nella zona rossa>>. Pari perplessitàperil ministro dei Beni Culturali Lorenzo Ornaghi, che ha preso le distanze dallo sconcertante piano paesaggistico campano attraverso una nota diffusa dal direttore regionale dei Beni Culturali Gregorio Angelini:<< è improprio affermare che il testo presentato in consiglio regionale sia stato condiviso con il ministero>>.
Per tutti quelli che speravano nell’approvazione di questo piano per rimettere mano alle betoniere con tutti i falsi distinguo che la propaganda sulla sicurezza recita, è stato un colpo durissimo. Il decreto regionale rappresentava il passepartout per ripristinare casali diroccati e ultimare quel cumulo di case congelate allo stato rustico su cui si erano accesi gli interessi degli assopiti palazzinari destati dalle trombe anastasine.
Molti sindaci del vesuviano non sono stati dei semplici spettatori in questa querelle legata al piano paesaggistico, ma dei veri promoter del primo cittadino di Sant’Anastasia Carmine Esposito, che è notoriamente contrario alla zona rossa, alla legge 21 del 2003 contenente disposti d’inedificabilità totale, e al rischio Vesuvio in genere che a suo dire non fa parte dei problemi di tutti i giorni. Almeno il major di Sant’Anastasia non pecca d’ipocrisia…
In una lettera indirizzata all’Espresso, l’assessore regionale all’urbanistica Marcello Taglialatela afferma: <<Per quanto concerne la “zona rossa” (ex l.r. n.21/2003), le modifiche proposte non hanno alcuna incidenza sul relativo regime di tutela e non consentiranno alcun aumento di volumetrie. Si tratta, infatti, di norme che limitano gli interventi edilizi agli adeguamenti funzionali sismici e a quelli finalizzati a eliminare il degrado degli immobili mediante interventi di riqualificazione e ristrutturazione edilizia. A ciò si aggiunga che il nuovo testo vieta ogni possibilità di frazionamento, proprio per evitare l’aumento dei carichi abitativi>>.
Per meglio capire i concetti intrinseci a questa lettera che non punta il nocciolo della questione, bisognerebbe chiedere all’assessore Taglialatela in modo netto e diretto: ma le case diroccate, i cosiddetti ruderi, inevitabilmente disabitati perché pericolanti, possono essere ristrutturati e riqualificati e adeguati alle norme antisimiche? Se sì, per quale motivo tanti cittadini dovrebbero spendere non pochi soldi per riqualificare un casolare cadente se non per abitarci, affittarlo o venderlo e rivenderlo? In tal caso la logica non lascia ritenere che il carico abitativo aumenterebbe nella zona rossa ?
Il passo successivo degli speculatori che già rumoreggiano, sarebbe quello di mettere mano (in nome della sicurezza) anche ai manufatti nuovi ma allo stato di pilastri e solai ancorché abusivi e pregni di sigilli. Grazie a qualche opinion leader, infatti, alla fine si arriverà all’ultimatum: o si abbatte o bisogna consentire di tompagnare e impermeabilizzare questi scheletri a tre e a quattro piani…
Dietro a questo piano paesaggistico c’è il tentativo non dimostrato di giungere furbescamente a un condono edilizio che sani tutti gli abusi almeno fino al ’94, senza escludere la possibilità che si condoni fino al 2003 come spera qualche sindaco appartenente alla cordata cementizia.
Non sappiamo come andrà a finire perché i voti fanno gola a destra e a sinistra. Forse le indagini della magistratura sul come sono spesi i soldi della politica nel grattacielo che ospita la regione Campania guidata da Caldoro potrebbero ritardare notevolmente l’approvazione della legge betoniera o viceversa accelerarla .
Ovviamente ci riproveranno con altre iniziative ed escamotage vari chiamando a raccolta il popolo degli imprenditori dell’abuso. Siamo sicuri che non demorderanno: la posta in gioco, credeteci, è molto alta.
La prossima eruzione del Vesuvio, commenta il Prof. Giuseppe Mastrolorenzo, vedrà gli abitanti scappare a piedi come fecero quattromila anni fa i nostri antenati lasciando le proprie orme sulla cenere ancora calda.
Concetto sostanzialmente inattaccabile, ma siamo convinti che oggi, in caso di emergenza, i fuggitivi le orme le lasceranno sulla schiena di quelli che soccomberanno alla massa, e che inevitabilmente saranno calpestati .
In caso di allarme, che sarà sostanzialmente diretto e percepito, le auto si riempiranno all’inverosimile di masserizie e partirà una corsa verso la salvezza che durerà qualche metro e non vedrà vincitori.
I soprusi si conteranno a migliaia, mentre gli elicotteri di tutte le armi gireranno a vuoto sulle cittadine impossibilitati ad atterrare per non essere presi d’assalto dalla folla inferocita. Intanto i media mondiali dal cielo invieranno cronaca e immagini della tragedia, in barba al divieto di sorvolo lanciato dalle autorità che diventeranno schizofreniche e incapaci di prendere decisioni, maledicendo il mondo scientifico che non è in grado di produrre alcuna previsione… Intanto si preparerà il comunicato stampa: <<un’eruzione assolutamente imprevedibile sta interessando il Vesuvio e i cittadini vesuviani in preda al panico hanno fatto saltare tutti gli schemi rendendo vane le procedure previste dal perfetto piano d’emergenza Vesuvio stilato da anni dalle autorità competenti per mettere in sicurezza i vesuviani attraverso rapide vie di fuga verso le regioni gemellate>>.
Nel frattempo i salotti televisivi si affolleranno e i conduttori incominceranno a produrre domande inutili in quello che sarà un vero festival dell’ipocrisia.
Ovviamente gli ultimi diciannove righi sono frutto dell’immaginazione dell’autore senza attinenza con fatti,persone e luoghi reali. XDXDXD

Rischio Vesuvio:eutanasia della sicurezza


"Rischio Vesuvio:eutanasia della sicurezza" di MalKo
Il sindaco di San Giorgio a Cremano qualche giorno fa, durante una conferenza stampa, ha lanciato un appello affinché si rimetta mano al piano d’emergenza Vesuvio e al suo fantomatico aggiornamento, perché in caso di eruzione sarà il caos totale…  Nel frattempo il vice sindaco, nello stesso giorno e alla stessa ora, presenziava ad una riunione alla Regione Campania indetta dal primo cittadino di Sant’Anastasia, Carmine Esposito, per avere rassicurazioni dall’assessore regionale Taglialatela, che il cemento prestissimo ritornerà in auge nella zona rossa Vesuvio insieme ai condoni.
Il firmatario del piano paesaggistico (Taglialatela) che introduce il risanamento residenziale e forse amministrativo nel settore a rischio eruzione, ha assicurato che nella prima seduta consiliare regionale di settembre, si darà il giro di chiave alle betoniere …
Il comune di San Giorgio a Cremano con Giorgiano e Zinno, hanno mostrato come siano controverse le anime dei comuni vesuviani: Hyde e Jekyll. Bisogna dire però, che anche il commissario prefettizio di Boscoreale Michele Capomacchia non scherza: ha inviato nel gruppo pro cemento, il sub commissario Augusto Polito. Anche lo Stato evidentemente è interessato a sanare gli abusi che a Boscoreale si contano a moltissime cifre. Un modus operandi che è “fulgido esempio di elette virtù amministrative”, a proposito di come vanno le cose nel comprensorio vesuviano a rischio…
Ci sorge il dubbio che nessuna legge regionale o nazionale può rilasciare un condono edilizio in zona rossa vulcanica, visto che lo stesso Stato ha scritto e sancito che in caso di eruzione del Vesuvio la zona rossa verrà probabilmente distrutta. Condonare significa, secondo il principio giuridico noto come dolo eventuale e colpa cosciente, assumersi la responsabilità che la zona dichiarata a rischio vulcanico dall’autorità scientifica nazionale e internazionale, in realtà non sia così pericolosa e, quindi, non siano necessari atti di tutela particolari come ad esempio il divieto di favorire gli insediamenti abitativi in zona rossa. Condonare allora, potrebbe essere un’assunzione di responsabilità penale per le zone a rischio, per non parlare del principio giuridico di precauzione, che è letteralmente obliato in questa pratica annunciata di riattamento degli edifici “spenti” e inagibili e inabitati.
Cosa c’entri la zona rossa Vesuvio poi, con i piani paesaggistici non si capisce. Che c’entra Amalfi, i Monti Lattari e gli scavi di Velia con il rischio Vesuvio? La zona rossa non deve essere confusa con gli scempi al paesaggio e alle zone di particolare valenza paesistica che pure sono un delitto. La zona rossa è un’area dove potrebbero riversarsi colate piroclastiche dall’inaudita potenza distruttiva. E poi lava e bombe vulcaniche e cenere e lapillo in quantità tali da sprofondare i solai e seppellire le mura. Qui non è in gioco il panorama… ma la pelle.
Chi decide cosa si può fare nella zona rossa dovrà essere lo stesso che dovrà mettere su il piano d’emergenza Vesuvio. Ne siamo convinti. In modo che la mano destra sappia cosa fa la mano sinistra, senza alibi o scusanti.
Il piano d’emergenza Vesuvio è a cura dello Stato. Sia lo Stato allora a decidere se è possibile favorire nuovi insediamenti nella zona rossa. Se così non è, si rimandi alla Regione Campania la stesura del piano d’evacuazione, così vediamo come concilierà le due cose il presidente Stefano Caldoro e l’invisibile assessore alla protezione civile Prof. Edoardo Cosenza.
Gli abitanti insediati nella zona rossa all’ombra dello sterminator vesevo, sono numerosi quanto quelli che affollano la città di Genova. Lo sapevate? Un dato non da poco per chi doveva assicurare il diritto alla sicurezza a quei cittadini troppo spesso ciechi in loro danno sulle necessità di tutela, che utilizzano un sistema amministrativo, generalizzando, un tantino marcio, che si presta a soddisfare richieste eufemisticamente classificabili come irragionevoli.
Il piano d’emergenza Vesuvio è sempre stato una fonte di lavoro per moltissimi esperti o presunti tali che, asservendosi alle cosiddette istituzioni competenti, hanno ricavato qualche soldo senza per questo districare una matassa ingarbugliatissima relativa alla sicurezza di un comprensorio da seicentomila abitanti disseminati su di una superficie di circa 200 Km2, tutta vulcanica. La loro giustificazione che poi non giustifica un bel niente, è che l’humus in cui ci si muoveva, non riconosce il pericolo Vesuvio, la zona rossa e il piano d’emergenza ed è ostile alle istituzioni. Un piano per niente  richiesto dalle masse, che rifuggono dal concetto stesso di esposizione al rischio, al punto da evitare di chiamare il Vesuvio vulcano, bensì  montagna…
Come abbiamo più volte scritto, agli abitanti del vesuviano manca la percezione del pericolo vulcanico perché mancano segnali percepibili con uno dei cinque sensi. Sono i sensi che captano il pericolo. Il famoso pennacchio che si alzava dal cono era un segnale importante, simbolo di un fuoco vulcanico ancora ardente che lasciava temere quel monte carico di allume e bitume e ferro… come recita l’inutile epitaffio posto nella città di Portici, ad ammonimento, un anno dopo l’eruzione del Vesuvio nel 1631.
Il presidente dell Repubblica Giorgio Napolitano recentemente ha detto parole molto importanti sulla sicurezza dei lavoratori sui luoghi di lavoro. Ci aspettiamo parole ugualmente decise sulla sicurezza di un territorio a rischio vulcanico come quello vesuviano, la cui pericolosità il presidente l’ha raccolta direttamente dalle parole del Professor Annibale Mottana, all’adunanza di chiusura dell’anno accademico dei Lincei a Roma.
L’emerito Presidente concorderà con noi che un aumento degli abitanti nella zona rossa Vesuvio, comporterà automaticamente l’eutanasia di qualsiasi pratica di salvaguardia. Siamo ancora in tempo per fermare un processo altrimenti irreversibile.
Nell’area vesuviana sono tutti riqualificatori del territorio. Tutti progressisti ispirati e rimodellatori di una società in rapida evoluzione. Nessuno pensa al Vesuvio e alla necessità di dar corso alla politica degli spazi… neanche nei comuni di Portici e San Giorgio a Cremano che occupano rispettivamente il primo e il secondo posto nella classifica dei comuni italiani più densamente abitati. Un vero paradosso suicida…

lunedì 27 maggio 2013

Campi Flegrei: Deep Drilling Project e Marsili Project




"Deep Drilling Project ai Campi Flegrei e Marsili project nel Tirreno" di MalKo
I composti fermenti popolari che stanno accompagnando il famoso Deep Drilling Project nei Campi Flegrei, devono portarci a riflettere sui motivi per cui si è creato questo fronte del No alla trivellazione. Eppure la proposta scientifica riguarda nel concreto la possibilità di applicare strumenti di precisione nel sottosuolo calderico, capaci di cogliere ogni minima variazione dei parametri fisici e chimici del vulcano. Dovrebbe essere un vantaggio per le popolazioni, ovviamente in assenza di rischi provenienti dalla trivellazione e dal profondo. I pericoli in questo caso non sono palesi, ma più semplicemente prospettati da emeriti studiosi dei fenomeni vulcanici.
Quelli dell’INGV, con qualche eccezione, hanno un po’ taciuto sui risvolti che hanno caratterizzato alcune famose trivellazioni nel mondo. Altri invece, hanno parlato e illustrato quegli elementi di rischio insiti nelle perforazioni soprattutto in area vulcanica.
I fautori del deep drilling hanno argomentato la scelta dei Campi Flegrei come necessità legata alla mitigazione del rischio vulcanico; bisogna dire però, che inizialmente la grancassa era battuta prevalentemente sullo sfruttamento dell’energia geotermica.
La necessità di spingere la ricerca nell’individuazione di energie rinnovabili con il raggiungimento d’importanti traguardi entro il 2020, ha forse spinto l’INGV a entrare in azione sul terreno della geotermia industriale, assicurando un impegno scientifico alla società Eurobuilding S.p.a. che già nel 2005 avviò indagini e studi sul vulcano sottomarino Marsili, qualche anno fa assurto alle cronache prevalentemente per un’ipotesi catastrofica senza fondamento scientifico.
Importanti sinergie abbiamo detto, furono stabilite dalla società marchigiana oltre che con l’INGV con Enzo Boschi inserito nel comitato scientifico, anche con il CNR ISMAR di Bologna, e l’Università di Chieti e Bari.
Nel 2006 una crociera oceanografica sul vulcano sottomarino evidenziò la presenza all’interno dell’apparato del Marsili di flussi geotermici ad alto contenuto energetico. I vertici dell’Eurobuilding spa, quindi, hanno progettato con i partner istituzionali il primo pozzo geotermico al mondo da realizzare in ambiente sottomarino: si dovrà trivellare il fianco roccioso del monte vulcanico da una piattaforma semisommergibile.   Il Marsili Project prevede l’acquisizione di dati, la perforazione e quindi l’estrazione di energia dal fondo. Sarà il primo impianto geotermico offshore nell’area tirrenica o forse del mondo .
Il Ministero per lo Sviluppo Economico ha rilasciato all’Eurobuillding nel Novembre del 2009, un permesso di ricerca esclusivo per fluidi geotermici nel tirreno meridionale .
Il progetto Deep Drilling Project ai Campi Flegrei invece, fu presentato dall’INGV a Poznan nel 2008, nell’ambito della conferenza mondiale sui cambiamenti climatici.  Enzo Boschi profferì: “… oltre alle più citate energie eoliche e solari, ci sono senz’altro anche quelle geotermiche che consistono nello sfruttamento del calore interno della Terra. Quello che ci proponiamo di fare è cogliere contemporaneamente due opportunità offerte dall’area dei Campi Flegrei: una migliore conoscenza del suo sistema di alimentazione magmatico e dell’interazione fra il magma e gli acquiferi profondi dell’apparato vulcanico, e uno sfruttamento pratico di una parte dell’energia in esso immagazzinata…”.
Nel 2010 sempre Enzo Boschi e a proposito del Marsili, precisò che il cedimento delle fragili pareti del vulcano subacqueo potrebbero muovere milioni di metri cubi di materiali che potrebbe generare un’onda anomala devastante.  Nell’occasione affermò:<< Il Marsili non solo è sommerso ma è privo di sonde pronte ad ascoltare le sue eventuali cattive intenzioni. Bisognerebbe installare una rete di sismometri attorno all’edificio vulcanico collegati a terra a un centro di sorveglianza. Ma tutto ciò è al di fuori di qualsiasi bilancio di spesa… Quello che serve – concluse Boschi – è un sistema continuo di monitoraggio per garantire attendibilità. Ma è costoso e complicato da realizzare. Di sicuro c’è, che in qualunque momento potrebbe accadere l’irreparabile e noi non lo possiamo stabilire>>.
Il gigantesco vulcano sommerso misconosciuto fino a qualche anno fa, improvvisamente diventa il braccio distruttivo della profezia Maya e contemporaneamente il più importante sito di energia rinnovabile del Pianeta…Da più parti si levarono voci un po’ critiche circa la necessità di pensare un po’ meno al Marsili e molto di più al Vesuvio a proposito di catastrofi e di eruzioni.
Il Deep Drilling Project ai Campi Flegrei, è stato approvato dal comitato internazionale nel 2009,  con dibattiti prevalentemente tra esperti del settore anche d’oltralpe . Non c’è dato di sapere se in quei consessi si siano sollevate voci dubitative a proposito degli indici di sicurezza per la popolazione.
Il Prof. Benedetto De Vivo dell’Università Federico II di Napoli ha espresso tutte le sue contrarietà sul progetto di perforazione profonda. Il sindaco Rosa Russo Iervolino, sentite le discordanze sui rischi, operò una sintesi decisionale molto ferma dettata forse anche dalla sua precedente esperienza di Ministro dell’Interno. Infatti sentenziò: <<la perforazione deve attendere il parere vincolante del Dipartimento della protezione civile. >>.
Su richiesta municipale al Dipartimento fu indetta una riunione nell’ottobre del 2010, per esaminare nei dettagli il progetto di perforazione profonda coordinato dal Prof. G. De Natale. La risposta finale fu abbastanza chiara e così riassumibile: Il progetto che prevede l’attività di trivellazione ai Campi Flegrei, <<…non è tra quelli che vede coinvolto il Dipartimento della Protezione Civile, e la società Bagnoli Futura,il cui Comune di Napoli detiene la maggioranza, ha già sottoscritto un accordo che autorizza le attività relative al progetto.>>.
Ovviamente nel momento in cui il dipartimento della protezione civile se ne lavò le mani, la palla ripassò tutta al sindaco Iervolino che, nella sua veste di autorità locale in tema di sicurezza pubblica, pronunciò un secco No alle trivelle.
Con le elezioni del 2011 e il passaggio di mano tra primi cittadini a favore di Luigi De Magistris, ex magistrato, i termini della questione si sono rovesciati. I promotori del deep drilling project sono tornati alla carica. La perforazione ha preso quindi corpo e vigore e oggi ha raggiunto i duecento  metri di profondità.  Il responsabile del progetto CFDDP, Prof. De Natale, ha chiarito che entro il mese di ottobre 2012 si porrà fine alla trivellazione dei primi cinquecento metri cui seguirà una pausa di riflessione per l’analisi dei dati fin lì raccolti per pianificare il proseguimento a quote chilometriche del pozzo che deve essere debitamente e diversamente autorizzato.
Il quartiere di Bagnoli così come quelli vicini con l’aggiunta di alcuni comuni limitrofi, ricade territorialmente direttamente nella caldera flegrea,  delimitata verso sud dalla collina di Posillipo.  Trattandosi di uno dei dieci vulcani più pericolosi del mondo non c’è da stare allegri.  Esattamente alla stregua di chi vive all’ombra del Vesuvio o negli alvei fluviali o sui pendii franosi.
I promotori del deep drilling parlano molto spesso di mitigazione del rischio vulcanico attraverso sensori capaci di allertare un sistema di protezione civile che nei Campi Flegrei come al Vesuvio e come ormai sanno tutti non c’è.
La mitigazione del rischio vulcanico non può essere racchiusa solo nei sensori ubicati in profondità, di cui ancora non palesiamo durata ed efficacia,  ma in tanti altri aspetti della sicurezza, come ad esempio la stesura dei piani d’emergenza e di evacuazione, identificabili  come strumenti di difesa attiva, che diventerebbero operativi allo scattare dell’allarme e su decisione politica non locale.
C’è quindi bisogno di  pianificare uno sviluppo sostenibile anche su lungo termine, che tenga in debito conto le realtà territoriali comprensive sì di risorse, ma anche di rischi naturali. Così come c’è bisogno di istituzioni sane e competenti capaci di suggerire con fermezza alla politica in tutte le sue diramazioni nazionali regionali e locali, le scelte possibili che possono essere anche,udite udite,  di inevitabile rinuncia.
Scrive Le Science, che è più facile carpire segnali eruttivi da uno strato vulcano ma non da una caldera come quella flegrea che risiede in buona parte sott’acqua. Con le caldere, si legge, siamo fortunati se abbiamo un preavviso eruttivo di qualche giorno o ore.
L’autorità che ha presentato il progetto di perforazione profondo presso il Comune di Napoli, oltre a richiedere il permesso per il deep drilling avrebbe dovuto mettere nero su bianco e con la stessa veemenza, che è una vera ipocrisia continuare a costruire in senso residenziale all’interno di un vulcano.
Quelli del deep drilling per fronteggiare le polemiche hanno indossato recentemente la stella di sceriffo del dipartimento della protezione civile per gli aspetti vulcanici e sismici in Campania. C’è da presumere quindi, che avranno bacchettato duramente il presidente della Regione, Caldoro, che ha appena firmato un decreto (Taglialatela) per attenuare i disposti e gli effetti della legge regionale 21/2003 sull’inedificabilità assoluta in zona rossa.
Avranno pure rappresentato ai sindaci del vesuviano e dell’area flegrea l’assurdità di ammonticchiare ulteriormente attraverso condoni e piani casa , genti alle genti sui vulcani dormienti che racchiudono in sé una pericolosità  notoriamente esplosiva.
Sicuramente poi, avranno fatto notare, che anche la più stupida delle eruzioni distruggerà un bel po’ di case sul Vesuvio, perché il vulcano campano non ha le dimensioni e le distanze dell’Etna. Avranno detto pure che non ci sono neanche le condizioni per deviare la lava, laddove fosse possibile, perché la corona di base del Vesuvio è interamente urbanizzata e non si può salvare, legge alla mano, un abitato a scapito di un altro. Avranno pure fatto notare che nei Campi Flegrei la situazione è ancora più complessa e il pericolo può essere ancora più subdolo: può venire dagli abissi marini, ed è imponderabile nella sua intensità…
I politici, generalizzando, sono contentissimi quando la scienza propone di mettere sensori di allarme, così possono continuare a urbanizzare le zone a rischio perché c’è la sirena… Se la situazione dovesse precipitare, la colpa poi è della scienza, incapace di prevedere e non della politica che ha affollato le aree a rischio vulcanico.
Si ha la sensazione che la perforazione dei Campi Flegrei sia stata presentata come operazione di mitigazione, ma in realtà abbia scopi ben più precisi e pratici legati all’approccio tecnologico e scientifico ai fluidi critici ad alta temperatura e pressione posti nel profondo della Terra.
Nessuna industria geotermica dovrebbe sorgere su di un vulcano esplosivo ubicato in una metropoli affollata come quella partenopea, col bradisismo che potrebbe minare gli impianti, l’acqua salata le turbine, i terremoti la tranquillità della zona, e le eruzione l’intero panorama.
Ci rendiamo conto dell’importanza che rivestono gli studi e gli esperimenti per accedere alle energie rinnovabili, e l’INGV fa bene a scendere in campo in un settore strategico per la Nazione. Bisogna individuare però, situazioni geologicamente parlando un po’ più tranquille di una caldera sede di un possibile supervulcano, con fluidi e magma che tra l’altro deformano la superficie già in tempo di pace… Occorrerebbe qualcosa di simile a Larderello in Toscana: soffioni caldissimi  in un paesino  in parte di proprietà dell’ENEL, che conta  850 abitanti .
In una Terra di terremoti e sollevamenti misurabili a metri, il problema non è captare la microscossa sismica o il micromillimetro, bensì se le scosse sono prodromi e se il sollevamento è inarrestabile…