Valle dell'inferno (Vesuvio) con l'orlo calderico del Mt. Somma in evidenza con Punta Nasone |
“ Il 2013 è stato per la Campania un anno di clemenza geologica tranne per il post-it marcato Matese. E il 2014? ”
di MalKo
Anche
il 2013 si è rivelato per i napoletani un anno di clemenza geologica suffragata
dalla perdurante quiescenza del Vesuvio,dei Campi Flegrei e dell’isola d’Ischia: tutti distretti
vulcanici molto caratteristici e tutti ubicati nell’area metropolitana di
Napoli. Il 29 dicembre 2013 la zona del Matese ha sussultato
litosfericamente per ricordare anche ai campani che vivono su un suolo non
sempre immoto e non lontanissimo dai magmi sotterranei viscosi. La
caratteristica della scossa, vivacemente vibrante, è stata breve al punto da non
causare danni, ma intensa abbastanza da essere un post-it geologico. Un monito
insomma…
Per
quanto riguarda il Vesuvio e i piani d’emergenza, le uniche novità di quest’anno
riguardano l’introduzione della linea Gurioli che delimita la prima fascia a rischio d’invasione delle
nubi ardenti e la relativa rivisitazione della zona rossa che si allarga ad altri sette comuni,
compreso la città di Napoli che dopo anni di “resistenza” è stata costretta a
cedere alla perimetrazione a rischio Vesuvio, i quartieri orientali di Barra,
San Giovanni a Teduccio e Ponticelli. Il numero degli abitanti sottoposti al pericolo
allora, è aumentato da cinquecentocinquantamila a circa settecentomila persone.
Il
famoso vulcano continua a essere citatissimo dai media e si classifica come il più
menzionato in assoluto, sia da un punto di vista paesaggistico che archeologico
e turistico e per il rischio a esso associato, che sembra incutere maggiori apprensioni
all’estero piuttosto che in Italia.
I
piani di evacuazione devono ancora essere confezionati e nulla lascia presagire che questo sia l’anno giusto,
atteso che, sono sempre gli stessi consulenti e le stesse commissioni a
elaborare sistemi di pseudo tutela attraverso un work in progress che pare abbia come unico obiettivo quello di
mettere le carte a posto.
Se
uno dei vulcani che citiamo nell’articolo dovesse ridestarsi e causare danni
alle persone, state pur certi che l’unico responsabile sarà alla fine la sola e
ignara e stupenda e immacolata natura.
Ai
Campi Flegrei la trivella sonnecchia sul fondo dei cinquecento metri fin qui
raggiunti col pozzo pilota. Quando proseguirà il lavoro dello scalpello rotante
che dovrà raggiungere i 4000 metri di profondità in direzione della gobba
litosferica puteolana, è un dato che dovremmo conoscere a breve. Il deep drilling project (CFDDP), intanto sembra che abbia cavato dal
sottosuolo tufaceo di Bagnoli dei carotaggi molto interessanti e inediti. I sistemi e le attrezzature innovative da
calare nell’attuale pozzo ai fini della prevenzione vulcanica, dovrebbero
essere probabilmente ancora in una fase di collaudo ma presto entreranno in
azione.
Intanto
nell’area flegrea permane uno stato di attenzione vulcanica innescato qualche anno fa dal fenomeno del bradisismo,riaccesosi
per la fase ascendente. Oggi, il
sollevamento, fortunatamente sembra attraversare un momento di stanca.
Il
piano “emerecuativo” (emergenza più evacuazione), non è stato ancora elaborato in
questo settore calderico, perché l’autorità scientifica col vaglio della
commissione grandi rischi, deve ancora depositare il carteggio contenente gli
scenari eruttivi comprensivi dei territori su cui si possono abbattere tutte le
fenomenologie vulcaniche previste: dati questi, senza i quali non si può
procedere con la redazione dei piani di sicurezza areali.
Sull’isola
d’Ischia pure si gode di una certa pace geologica e da un po’ non si avvertono
terremoti particolarmente significativi. Questa fase di calma potrebbe essere utilmente sfruttata per
analizzare il rischio statico rappresentato da un po’ di massi isolati posti in
alto, specie a Forio e sui terreni acclivi degli altri rilievi. Anche per
Ischia dovrebbero preparare il piano emerecuativo che è particolarmente
complesso perché trattasi di un’isola i cui confini corrispondono con il mare:
tecnicamente parlando è un problema in più.
Nella
zona dell'epicentro del sisma localizzato nei contrafforti del Matese il 29
dicembre 2013, si è notata la fragilità delle chiese che dalla loro hanno un
certo numero di anni che gravano appunto sul groppone delle mura e delle volte
degli antichi edifici.
Nel
terribile terremoto di Lisbona del 1755, chiese e conventi furono le strutture
più colpite. Un filosofo annotò che in quel cataclisma morirono moltissime
suore e non le prostitute ricoverate in baracche di legno… La citazione la
riportiamo come concetto statico e non moralistico o religioso.
E’
necessario, specialmente in area appenninica, organizzare dei sopralluoghi
negli edifici più vecchi ubicati all’interno della fascia appenninica a maggior
rischio sismico, individuando alcune soluzioni tecniche per rendere i vecchi
luoghi di culto e altre strutture almeno collettive, più resistenti alle sollecitazioni
litosferiche. Nelle more degli interventi preventivi, si possono già affiggere
alle pareti delle chiese avvisi e manifesti contenenti istruzioni operative in
caso di terremoto.
Da
notare inoltre, che le notizie sull’epicentro del sisma del 29 dicembre 2013,
sono state date sui media forse un po’ in ritardo…
Finiamo
segnalando come appunto, che i tre distretti vulcanici qui citati, di cui
quello flegreo già sottoposto al primo livello di allerta vulcanica (attenzione),
mancano completamente di piani di evacuazione. Non lasciatevi ingannare da
quello che leggete sulla carta stampata e sul web: anche se remotamente e
generalizzando, nessun ambiente o settore è asettico e imparziale.
Il
2014 sarà l’anno del cambiamento. Dedicatevi di più alla vita sociale e alla
partecipazione, utile per comprendere e maturare anche una coscienza critica
verso le istituzioni politiche, tecniche e scientifiche. Strutture che
dovrebbero essere intercomunicanti per garantire attraverso una sana
interazione l’imprescindibile diritto alla sicurezza. Buon anno!
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