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lunedì 27 maggio 2013

Vesuvio,isola d'Ischia e i Campi Flegrei



 
"Vesuvio,Isola d'Ischia e i Campi Flegrei: un
trittico pericoloso" di MalKo

 
 ll terremoto è sicuramente una delle calamità naturali che temiamo di più per la sua capacità di rilasciare tantissima energia in un lasso di tempo molto breve. Un’energia che scuote “la terra sotto i piedi” con effetti che possono anche amplificarsi o mitigarsi in ragione della qualità dei suoli attraversati dalle onde sismiche.
Il terremoto come si sa, è un fenomeno assolutamente naturale e sinonimo di un pianeta in continua evoluzione, anche per quanto riguarda l’inanimata roccia che, pur non avendo nulla di organico, partecipa con i suoi cicli geologici a quegli equilibri globali che garantiscono vita e diversità biologica sulla Terra.
Il terremoto dicevamo scuote il suolo che a sua volta trasmette sommovimenti alle cose che su di esso poggiano. Vengono quindi sbatacchiate le case, ma anche le rocce instabili dai pendii (frane), e le masse d’acqua dai mari che possono in determinate condizioni dare origini ai famosi tsunami, cioè onde altissime che invadono la terraferma.
L’Italia, si legge in ogni dove, è una Penisola geologicamente parlando giovane, e per questo soggetta a un evidente dissesto idrogeologico. Le forze sotterranee invece, primordiali nel loro genere, inducono attraverso i movimenti del magma astenosferico, inusitate tensioni tra le zolle, che sono estesissime porzioni di litosfera che, ogni tanto, scivolano o si sovrappongono l’una all’altra o si scontrano, procurando sussulti in prossimità delle linee di contatto (faglie).
Noi conosciamo poco di quello che è racchiuso nel sottosuolo in una condizione estrema di temperature e pressioni, se non analiticamente attraverso l’esplorazione indiretta. La geologia ha quindi un bel daffare per giungere a conclusioni utili per la previsione dei terremoti: i risultati fin qui ottenuti sono incoraggianti ma non hanno ancora una utilità pratica. Dobbiamo quindi affermare e rilevare che per difenderci dai terremoti dobbiamo far capo, almeno per il momento, alla prevenzione piuttosto che alla previsione. Da questo punto di vista ci piacerebbe discutere su un nuovo modo di affrontare i temi della previsione tirando in ballo il termine proiezione che forse più si avvicina ai concetti offertici di recente da alcuni ricercatori. Un modo non per predire ed evacuare, ma per allertare ragionevolmente…
Operare nell’ambito della prevenzione significa incidere sui tre fattori cardini della sicurezza: UOMO, CASA, TERRITORIO.
L’uomo deve conoscere le regole di autoprotezione e il modo di comportarsi in situazioni difficili e di emergenza. Per casa s’intendono tutti quegli ambienti “confinati” dove per un qualsiasi motivo (riposo, lavoro, studio, relax) siamo chiamati a dimorarci (abitazione, ufficio, fabbrica, scuola ed altro). Le case devono essere costruite nei luoghi dove è possibile costruirle e devono essere adeguate strutturalmente ai rischi insiti nel territorio. Purtroppo, e lo abbiamo detto altre volte, “l’uomo bada più a quello che costruisce che al dove lo costruisce”. Una tendenza fortemente autodistruttiva: eppure con il telerilevamento spaziale e la aerofotogrammetria anche tramite “droni”, dovrebbe essere una bazzecola individuare gli abusi solo se ce ne fosse la volontà.
Il territorio invece è una porzione di area geografica fatta di strutture, infrastrutture e servizi, che contiene in termini fisici l’uomo e la casa. Generalmente i limiti di questa zona corrispondono con i confini comunali e provinciali. Questo spiega moltissimo perché la sicurezza, ma più in generale la qualità della vita, dipende innanzitutto dalla classe amministrativa locale prima ancora che da quella nazionale.
Nell’area vesuviana il rischio Vesuvio è altissimo perché la maggior parte degli amministratori dei diciotto comuni della zona rossa non lo ritiene un problema né tantomeno intende misurarsi con esso. Tutti snobbano il pericolo che il vulcano induce e rimandano la risoluzione a quelli che verranno dopo, perché affrontare la prevenzione in quell’area, significa affrontare problemi e problematiche affini anche a una consistente fetta d’illegalità che usa un atteggiamento coercitivo e arrogante sul territorio e sulle istituzioni amministrative a tratti compiacenti.
Governare una cittadina del vesuviano è veramente difficile. La sicurezza dovrebbe passare attraverso prassi di debellamento degli illeciti, degli abusi, della delinquenza, puntando a un’organizzazione del territorio onesta e competente, minimamente moderna e tanto ma tanto istituzionale.
Che cosa abbiamo invece? Amministratori che addirittura vogliono eliminare la zona rossa e se potessero, eliminerebbero anche il concetto stesso di rischio Vesuvio per tessere poi lodi al cemento, “l’oro grigio” che ripaga, rivaluta, ricicla e arricchisce… C’è anche chi è a favore dell’allargamento della zona rossa, ma con una rivisitazione al ribasso dei divieti e dei vincoli. VesuvioIsola d’Ischia e i Campi Flegrei. La provincia di Napoli ha un campionario vulcanico di assoluto rispetto, sia in termini di quantità sia di qualità dei distretti. Ischia racchiude pure un rischio sismico da tenere sempre in debita considerazione e che ci riconduce al terribile terremoto che distrusse il comune di Casamicciola nel 1883. L’evento causò oltre duemila morti. Allora ci fu una notevole differenza fra la magnitudo dell’evento e gli effetti (disastrosi) sui fabbricati dovuti a un ipocentro molto superficiale. La macro zonazione sismica dell’isola d’Ischia quindi, forse andrebbe arricchita e perfezionata da microzonazioni sismiche  almeno nei comuni di Casamicciola,Forio e Lacco Ameno. Non possiamo escludere che tale operazione sia già stata fatta dagli stessi comuni o dalla Regione Campania, che ha stilato da poco un bando per le sovvenzioni in tal senso con la pubblicazione online di gare con annesso elenco dei vincitori e dei vinti.
Campi Flegrei invece sono teatro di una vistosa discrepanza tra zona rossa flegreadeep drilling project, compiti istituzionali dell’ Osservatorio Vesuviano e destinazione d’uso dei suoli di Bagnoli Futura. Il tutto misto a un sindaco, De Magistris, che dovrebbe essere, e non abbiamo motivi per dubitarlo, un baluardo della legalità.
Per risolvere gli annosi problemi delle indecenze che insistono sulle zone rosse vulcaniche campane, riteniamo che debba essere nominato un mini pool di magistrati antiabusi edilizi in aree a rischio. Qualcosa di simile al pool antimafia, perché di similitudini ce ne sono veramente tante… Basterebbe il consenso dei ministri competenti e una ricognizione tra i dipendenti, a iniziare dalla Procura della Repubblica di Torre Annunziata che, ricadendo in piena zona rossa, dovrebbe conoscere il problema e le sfaccettature e le implicazioni che lo caratterizzano.
 

Campi Flegrei: a Bagnoli il deep drilling project


"Campi Flegrei: Deep Drilling Project e Bagnoli Futura" di MalKo

Luigi De Magistris, sindaco del comune di Napoli, ha espresso il proprio consenso acchè si dia corso al progetto di perforazione profonda dei Campi Flegrei (deep drilling), esattamente nell’area della spianata dell’ex italsider di Bagnoli.
Esplorare il sottosuolo anche attraverso la trivellazione, è sempre scientificamente significativo e interessante e aggiungeremmo affascinante, e non si dovrebbe perdere occasione per farlo, purché non si incida sulla sicurezza dei cittadini.
In virtù di questo principio, infatti, è stato sancito dal diritto il dovere della precauzione di fronte a pericoli anche solo ipotizzati, remoti o da quantificare in termini percentuale di accadimento.
Gli scienziati con enfasi parlano dell’importanza di conoscere ai fini della previsione e della prevenzione delle catastrofi, che cosa nasconde la caldera flegrea. Un problema diremmo tutto scientifico, perché sappiamo perfettamente cosa nasconde il Vesuvio, e pur tuttavia non è stato prodotto un solo grammo di prevenzione, pianificazione o di organizzazione del territorio o di delocalizzazione di una parte degli abitanti, utile per scemare il valore esposto. Eppure ci troviamo di fronte a un arcinoto e ben documentato rischio tutt’altro da trapanare…
Addirittura alcuni sindaci del comprensorio vesuviano, sfidando il buon senso, si sono armati di populismo per tentare di strappare alle autorità regionali e nazionali un condono edilizio da lanciare lì sulle piazze vesuviane in pasto ai famelici professionisti dell’abuso cui non garbano le restrizioni all’edilizia residenziale imposte dalla legge regionale 21 del 2003 sulla zona rossa. Va da se che il provvedimento sanatorio nel vesuviano è atteso soprattutto da chi possiede case e palazzi fermi allo stato di spiccato o di pilastratura, e aspettano quindi con la bava alla bocca il prezioso condono per ultimare il manufatto e immetterlo sul mercato del mattone che tira sempre anche in tempi di crisi. Ovviamente la contropartita è il consenso…
A che cosa servirà quindi la strategica e improcrastinabile e fondamentale e rischiosa perforazione sotterranea dei Campi Flegrei? A produrre previsione nella ricerca vulcanologica per la mitigazione del rischio, come si legge nel progetto CFDDP (Campi Flegrei Deep Drilling Project) ?  Farà Prevenzione? Produrrà le basi per tirare fuori dal cratere energia a basso costo lì dove ci hanno provato le grandi società che di energia campano (Agip – Enel) ?  A cosa? Non siamo scienziati e parliamo da profani, ma condurre un’operazione a rischio per mettere sensori a fibre ottiche sotto terra capaci di monitorare deformazioni micrometriche in una zona avvezza a deformazioni decametriche, con cinquecento scosse al giorno in tempi di crisi, non ci sembra il massimo della previsione.
Le indicazioni che perverranno dal sottosuolo abbiamo garanzie che saranno poi utilizzate dal sindaco De Magistris e dalla sua giunta per dare corso a provvedimenti magari impopolari atti a ridurre il rischio nei quartieri di Bagnoli e Fuorigrotta e Soccavo e Pianura?  E com’è che da un lato si opera in via del tutto straordinario per valutare il pericolo vulcanico flegreo e dall’altra c’è chi valuta sempre a livello comunale di aumentare le licenze edilizie sugli stessi suoli da perforare (Bagnoli)? Analizziamo il rischio per mitigarlo e nel frattempo aggiungiamo abitanti agli abitanti? Anche il battere cassa dovrebbe avere un limite…
Il “suggerimento” che alla fine uscirà dalle viscere del vulcano se si farà la trivellazione, sarà sicuramente nella direzione della necessità di non sovrappopolare queste zone già classificate a rischio senza la trivella, e di mettere a punto un buon piano di protezione civile per fronteggiare i rischi potenziali offerti dal distretto vulcanico flegreo: lo sa bene il direttore Marcello Martini dell’Osservatorio Vesuviano, così come lo sanno tutti gli altri ricercatori interessati con finalità diverse al progetto.
In altre pagine della nostra rivista, parlando dei suoli di Bagnoli Futura, avevamo segnalato e suggerito di non urbanizzare a tappeto l’area della spianata dell’ex italsider, giacché per dimensioni e ubicazione potrebbe rappresentare una straordinaria area strategica di protezione civile. (Punto di riunione, area di smistamento, di ammassamento, di prima accoglienza; area atterraggio elicotteri ed altro). Il sito, infatti, può essere raggiunto con tutti i mezzi di trasporto: navali, terrestri, aerei e ferroviari.
Ecco. La città di Napoli per tutta una serie di rischi legati a pericoli naturali o indotti dall’uomo, avrebbe fatto bene a dotarsi pure di una struttura di protezione civile polifunzionale magari avanzando anche al Dipartimento di Protezione Civile e alla Regione e alla provincia un concorso finanziario.
D’altra parte se il comitato CFDDP avrà il definitivo nulla osta da parte di De Magistris (autorità locale di protezione civile – Legge 225/1992) e si procederà alla perforazione, sarà necessario produrre il famoso documento di analisi del rischio, tanto per i lavoratori chiamati a operare in loco quanto per gli abitanti di quella zona che hanno gli stessi diritti di tutela.
A fronte dei rischi prospettati poi, si dovrà procedere alla stesura del piano d’emergenza rispetto al pericolo massimo individuato. Dovrebbe poi essere circoscritta una zona rossa quale fascia di rispetto e nelle misure di sicurezza dovrebbe prevedersi il modo di sigillare il foro in caso di necessità, così come si dovrà procedere anche all’analisi dell’impatto ambientale.
Noi non siamo contro la scienza, ma la scienza deve pure capire che un’attività di ricerca che racchiude comunque dei rischi seppur minimi per gli abitanti, non è possibile che venga espletata esclusivamente perché non si possono perdere i finanziamenti ricevuti o attesi.
D’altra parte questo impianto dovrebbe sorgere su suoli destinati a parco urbano, con roseti, spazi verde, centri integrati per il turismo, la didattica, congressi, parcheggi, acquario per le tartarughe, e tanto altro ancora tra cui un polo per l’ambiente. Sussiste francamente una discordanza d’intenti… Purtroppo su questo sito così “goloso”, sussistono pure lotti edificabili in termini residenziali ma in una percentuale che si tenta di far battere al rialzo, visto che le gare di alienazione dei suoli edificabili sono andate deserte (speculazioni?). Si prospetta quindi di aumentare un po’ la percentuale destinata alla realizzazione di prestigiose residenze per invogliare i possibili acquirenti ad acquistare.

Il sindaco di Sant’Anastasia Carmine Esposito forse non ci ha pensato, ma nell’area flegrea c’è la stessa classificazione di zona rossa come nel vesuviano: eppure lì appaltano a cura del comune lotti anche edificabili in senso abitativo. Strana questa sorta di sperequazione territoriale, atteso che, i campi flegrei vissero una situazione di reale allarme addirittura nel recentissimo 1983 col bradisismo. Forse l’Osservatorio Vesuviano avrebbe dovuto fare una premessa nella riunione del 24 maggio 2012 col comune di Napoli (commissione urbanistica e beni comuni presieduta da Iannello), ricordando che Bagnoli è in zona rossa flegrea, e il primo passo verso la prevenzione non è il deep drilling, ma una legge regionale identica alla 21/2003 che stabilisce l’inedificabilità a scopo abitativo in zone vulcaniche a rischio. Non ci sembra una cosa da poco…
Limiti della vecchia zonazione di pericolo


domenica 26 maggio 2013

The Phlegraean Fields Deep Drilling Project: interview with Prof. G. Mastrolorenzo


Bagnoli - Campi Flegrei
 
"The Phlegraean Fields Deep Drilling Project: interview with
Professor Giuseppe Mastrolorenzo" by MalKo
 
There has recently been apprehensive discussion of the scientific proposal for the Deep Drilling Project.  This is a probe which would be pushed to four kilometres depth  in the area of the ex-Italsider of Bagnoli.  It would begin with a “pilot” well of five hundred metres that would then advance lower down at a certain slant.
Several important scientific journals and numerous scientists have warned against drilling in a caldera that forms part of an active volcanic area since it could cause eruptions and earthquakes.  On the other hand, an equal number of prestigious scientists from the national and international scientific world believe that the drilling would not set off any reactions and on the contrary could result in the discovery of new elements useful for understanding eruptive dynamics and the phenomenon of bradisism typical of the area.  Considering that the densely populated area is located in and around the city of Naples, there are fears that another eruption would add immeasurably to the already innumerable problems that beset the city.
The uninitiated obviously ask themselves what dynamics the drilling could trigger off.  None of the scientific articles we have gone through talk about the scientific and technical details at the basis of the fears but leap immediately to the conclusions: alarm yes or no?!
We think that the problem is considerably more complex than just the pricking of a balloon… and could perhaps be similar to a B.L.E.V.E. (Boiling Liquid Expanding Vapor Explosion), a phenomenon known above all to firemen, because of the high accident rate in industry and transport.  This type of explosion takes place in confined spaces containing superheated liquids.  The substance passes so rapidly to a vapor state by means of the reduction in pressure caused by the physical breakdown of the casing, that it sets off a shock wave.  We also know, however, that the reaching of critical pressure and temperature in many substances such as water brings the entire mass to a state of total vapor at enormous temperatures.  For other thermodynamic concepts, however, it should be remembered that perforating the cylinder (of an engine) with a hole of a tiny section would not automatically cause a hiss in the jet equal to the maximum pressure created in the cylinder itself as an effect of the explosion of the combustible.  There, however, the pressures at play are cyclical.
Professor Mastrolorenzo, this story of the drilling of the Phlegaean Fields is extremely complex, above all regarding the alarm over the risk of explosion…
The physics of  gas or vapor explosions in volcanic areas (gas and steam-blast eruptions) is amply covered in the scientific literature.  Simple calculations of the energy balance lead to worrying conclusions about the high energy in play and the unpredictability of systems such as the geothermic system in the Phlegraean Fields which is highly unhomogeneous in petrographic and chemical-physical terms, both horizontally and vertically and explored only indirectly by means of indirect investigation.
Thus the behavior of the system, in the case of the application of an external disturbance such as drilling, is intrinsically unpredictable.  There is a simplistic tendency to retain that there is always a proportion between the energy applied to a system and the modifications observed: but it is not always so.  In certain systems, and the drilling may belong to this category, small stresses can produce enormous effects.
In volcanology and geophysics, one of the problems of greatest interest is the propagation of the fracturation processes in relation to mechanical and thermal applied stress.  In the case of volcanoes, there is still no universally valid theory that explains how an eruption begins, but undoubtedly the triggering off of the fracturing of the crust surface represents the first stage in the rising of the magma towards the surface.
In the past I discussed the problem of thermal fluid dynamics in the Phlegraean Fields and I pointed out the danger of fluids in critical or super critical conditions in porous rock that could potentially trigger freatic explosions or explosive eruptions. Such risks should obviously not be undervalued.
Given that the project is international, why the Phlegraean Fields?
The Phlegraean Fields were proposed several years ago by Dr Giuseppe De Natale of the INGV as it is an active volcanic area of particular scientific interest due to its significant danger as well as well as being potentially suitable for the installation of geothermal power stations.  The project discussed within the ICDP of 2009 was approved with partial financing from the INGV.  The beginning of the drilling,  postponed serveral times, was planned for last October but was suspended after the alarm launched at an international level about the risks connected to deep drilling in a highly densely populated area at high seismic and volcanic risk.  The Mayor of Naples, Rosa Russo Iervolino ordered the suspension of the project and sent a request to the Department of Civil Protection for an evaluation of the danger related to the experiment.  Last October, at a meeting in Rome the Department approved further investigation into its safety by a commission of experts before authorisation for the drilling could  be released.  Since then, all activity has ceased.
Was the area of Bagnoli chosen because of its available space?
The choice of the area of Bagnoli as the operative seat for the deep drilling project was proposed early on.  The area falls within the industrial perimeter of the ex ILVA plant which is at present being reclaimed by theBagnoli futura consortium. Geologically, it lies on the south-eastern border of the Phlegraean caldera delimited by the hill of Posillipo.
Although the project is international there are also international alarms about a possible resumption of eruptions and earthquakes set off by the deep drilling…
The alarm launched by researchers in various international scientific journals, the Italian and foreign press and in parliamentary questions concerns the seismic and volcanic risks that the drilling operation could create when the drills go through the hydrothermal system at very high temperatures and pressures.  The risk of triggering eruptions in the event of crossing through superficial magmatic reservoirs has also been pointed out and recent research has theorised the possible injection of magma at shallow depths during recent bradisism crises.
Another risk of drilling could derive from polluting agents, leftover or reworked, that have been lying in the subsoil since the steel and eternit plants of Bagnoli were closed twenty years ago.
There has also been substantial criticism over the construction of industrial plants for the exploitation of geothermal energy in an area whose urban development plan is based on research, culture and recreation.
The director of the project, Dr Giuseppe De Naple, guarantees that there will be no danger because the project will proceed in phases. Is this procedure a real guarantee?
The situation has proven to be very complex because of the coexistence of scientific, management and administrative problems.
Although, according to those responsible for the project, the risks are minor, an evaluation carried out by independent scientific authorities has been held to be indispensable.  But it has also been emphasised that the Department of Civil Protection consulted by the Mayor of Naples, could not carry out its role of privileged interlocutor given that by statute it makes use of the consultancy of the INGV which is the board that has proposed the project.
Infact, the administrative excursus on the deep drilling plan highlighted the complexities involved in relation to the assumption of responsability in the case of scientific projects or other types of intervention in areas where the population is at risk.  In reality, any deep drilling presents a certain level of risk, since it passes through systems of extremely high energy at pressures that can reach thousands of atmospheres along with temperature of hundreds of degrees as well as the presence of fluids that can also be magmatic and whose behavior is highly unpredictable.  On this subject, it is enough to recall the recent ecological disaster in the Gulf of Mexico where the undervaluation of risk had serious consequences arising from the unstoppable flow of oil from the sea bed causing massive damage to the marine and coastal environments which were scourged by the oil slicks.  The accident was caused by the inadequate technology used which probably resulted in a superficial evaluation of the risks, despite the drilling being carried out by one of the largest international industrial giants in the field.  Nevertheless, provided that there is an adequate evaluation of the risks and benefits that must be understood and accepted by the community, deep drilling can be justified as a source of further scientific information if this is not available by other means.
In reality, deep drilling in the Phlegaean Fields has been carried out since the fascist period to a depth of 3200  metres by the AGIP company.
As has been pointed by some of the researchers most critical of the drilling project in Bagnoli, this precedent renders the present project uninnovative and superfluous to any further investigation, whether related to scientific aims or the exploitation of geothermal energy.  Indeed, during the AGIP campaign imminent risks caused the rapid closure of the wells and interest in the potential for the exploitation of geothermal energy faded due to the analyses showing the subterranean fluids to be too saline.  In compensation, however, detailed information about the geological characteristics of the subsoil was obtained by means of the probing.
It is evident that times have changed together with the sensitivity relating to natural and man-made risks.  Scientists, the authorities and the population at large have by now an awareness of their right to security and it is therefore not possible to operate in a territory without giving sufficient information about the risks deriving from a particular activity even if this affects research.
The fundamental problem now in the risk management of the Phlegraean Fields is the lack of an emergency plan.  It is clear that the Civil Protection or any other authority, in the absence of any preventive evaluation of possible events and therefore of emergency plans for seismic, volcanic or environmental risk, would not be able to approve an operation presenting such risks.
At the present, there is only a risk plan concerning volcanic eruption; but despite being announced twenty years ago it is still being studied by the national commission appointed by the Department of Civil Protection. I have urged on numerous occasions, without response, that the emergency plan be made public together with the studies on the drilling project in Bagnoli in the wake of recent alarms.  There is high risk in the area of the Phlegraean Fields, as shown in our maps of volcanological danger that delineate the various possible eruptive scenarios.  These maps should be the basis for the drawing up of an emergency plan.
(As always, our thanks to Professor Giuseppe Mastrolorenzo for his kind collaboration on matters of scientific interest that are not only complex but very relevant today)
In concluding this article, we would like to add a couple of points: first of all we are well aware that a degree of risk is always inherent in man’s activities.  However, if we take for example the conquest of space, it began with the launch of teleguided missiles, followed by rockets carrying monkeys and dogs and finally man (human life) which is the highest form of life to be protected.  What do we mean by this: that where unknowns fill important spaces that we need to protect, caution should be the rule of our modus operandi.Whoever is moderately familiar with problems of security knows that an operation of this kind could lead to situations if not of alarm, of pre-alarm.  In other words, it could be necessary to activate dispositions in the emergency plan without an emergency appearing in its maximum form in energy terms as we know that unknowns do exist.  This might simply be a precautionary measure, given that the perforation of a vapor sack could produce a loud boom or a bright fumarole which though probably innocuous could panic an already deeply worried population.  Obviously, this is just an example to help us understand the situation, even if drilling technology is by now highly sophisticated.
Deep drilling in the area of the Phlegraean caldera, which will certainly be furiously debated in the near future, should be approached in the spirit of prevention given that prediction is not possible.  Prevention entails techniques to mitigate risk, moderating the danger or the value of exposure (the inhabitants) or both.  In this case the minimisation of the danger would consist in employing recognitive and drilling techniques capable of choosing a path and containing the maximum theoretical pressures, and if necessary of remedying the situation.  It is more difficult, however, to predict the fracturation of the crust deep down.  In other words the experiment would have to be able to back out in useful terms if the results should become increasingly discouraging.
Just to clarify certain concepts, it is enough to think that industries at risk are obliged to produce an emergency plan inside and outside the plant including the procedures to spread the alarm.  If we remember well, the drilling activities are regulated by the directives relating to the safety and health of workers in the industries that extract by drilling according to the dictates of D.M. 25 novembre n°624, actuated in the directive 92/91/CEE, published in the Gazzetta Ufficiale 14 dicembre 1996.  These dispositions offer an excellent departure point for understanding the problems.
In the last analysis, scientific research should not be stopped, but the risks must always be measured with the available alternatives.  To explore a caldera is of great importance but the Phlegraean caldera should be taken into consideration only if there are no other calderas in the world located in deserts or other areas of low density population.  Infact, by lowering the exposure value, the risk immediately re-enters within acceptable parameters.
Translation by Lisa Norall
(In the figures below the two danger maps drawn up for the Phlegraean Fields by Professor G. Mastrolorenzo and collaborators)
The danger map relative to the dynamical overpressure represents the pressure exerted by a burning cloud on the unity of the surface.  Damage relevant to the structure begins at values above 5 kPa while the value of demolition goes from 10 kPa to 25 kPa depending on the building typology.
Other than the risk connected to pressure is the great danger associated with the high temperature of the clouds (up to 600°C) which they can maintain even at distances greater than 15 kilometres from the eruptive centre.



The map on the left shows the danger relative to the fallout, that is to say the deposits that fall back down.  It is evident that for such a type of phenomenon the entire city of Naples would be exposed to a very high risk value.
Both the maps are the result of the combinations of all the events possible obtained by the numerical simulation of thousands of eruptive episodes with diverse properties and probability values. 
 

Campi Flegrei Deep Drilling Project (CFDDP): intervista al Prof. G. Mastrolorenzo.


 "Campi Flegrei Deep Drilling Project: intervista al Prof. Giuseppe Mastrolorenzo" di MalKo
Da qualche anno, ma più ancora negli ultimi mesi, si parla e con una certa apprensione, del progetto scientifico di trivellazione profonda (Deep Drilling Project) ai Campi Flegrei. Si tratterebbe di una sorta di carotaggio spinto a quattro chilometri di profondità, da attuarsi nell’area ex italsider di Bagnoli. S’inizierebbe con un pozzo “pilota” di cinquecento metri, per poi avanzare in basso con una certa inclinazione.
Alcune importanti riviste scientifiche e diversi studiosi, hanno messo in guardia dal trivellare in un’area vulcanica attiva calderica, perché a loro dire si potrebbero innescare eruzioni o terremoti. Di parere opposto altrettanti autorevoli esponenti del mondo scientifico nazionale e internazionale, secondo cui la trivellazione non cagionerebbe nulla di che e, viceversa, porterebbe invece elementi nuovi utili per capire le dinamiche eruttive e il fenomeno del bradisisma caratteristico di quella zona.
Trattandosi di un’area densamente popolata, visto che si trova dentro e a ridosso della città di Napoli, le preoccupazioni sono tante perché per la martoriata cittadina partenopea un’eruzione sarebbe indubbiamente un fatto drammatico, che si sommerebbe agli innumerevoli problemi che già la attanagliano.
Da profani ovviamente, ci si chiede quali dinamiche potrebbe scatenare la perforazione. Tutti gli articoli scientifici che abbiamo scorso, non parlano dettagliatamente degli aspetti tecnico scientifici che sono alla base delle apprensioni, ma vanno subito alle conclusioni: allarme sì! Allarme no!
Pensiamo che il problema sia un tantino più complesso della bucatura di un palloncino… potrebbe ad esempio essere qualcosa di simile a un B.L.E.V.E. (Boiling Liquid Expanding Vapor Explosion), fenomeno noto soprattutto ai Vigili del Fuoco, perché esiste una certa casistica incidentistica nel ramo industrie e trasporti. Questo tipo di esplosione si verifica in spazi confinati contenenti liquidi surriscaldati. La sostanza passerebbe per riduzione di pressione, dovuto al cedimento fisico dell’involucro, a uno stato di vapore talmente velocemente da cagionare un’onda d’urto D’altro canto sappiamo pure che per molte sostanze esistono una pressione critica e una temperatura critica, come nel caso dell’acqua, dove il raggiungimento di questi valori limiti porterebbe l’intera massa a condizioni di totale vapore a pressioni enormi. Da altri concetti termodinamici invece, ricordiamo che forare un cilindro (di un motore) con un buco di sezione ridottissimo, non comporterebbe automaticamente un soffio a quell’ugello pari alla pressione massima che si genera nel cilindro stesso per effetto dello scoppio del combustibile. Lì però, le pressioni in gioco sono cicliche.
Professor Mastrolorenzo, questa storia della perforazione dei Campi Flegrei è un tantino complessa, soprattutto per quanto riguarda l’allarme per l’eventuale rischio di esplosione
La fisica delle esplosioni di gas o vapore in aree vulcaniche (Gas and steam-blast eruptions) è ampiamente trattata nella letteratura scientifica. Semplici calcoli di bilancio energetico portano a conclusioni preoccupanti per le elevate energie in gioco e l’imprevedibilità di sistemi come quello geotermico dei Campi Flegrei, altamente disomogeneo in termini petrografici e chimico-fisici, tanto in senso orizzontale che verticale ed esplorato per lo più con indagini indirette.
Pertanto il comportamento del sistema, in caso di applicazione di una perturbazione esterna quale una perforazione, risulta intrinsecamente non prevedibile. Semplicisticamente si tende a ritenere che esista sempre una proporzionalità tra l’energia applicata a un sistema e le modificazioni osservate: ma non sempre è così. In alcuni sistemi, e la perforazione potrebbe appartenere a questa categoria, piccole sollecitazioni possono produrre grandi effetti.
In vulcanologia e geofisica, uno dei problemi di maggiore interesse è quello della propagazione dei processi di fratturazione, in relazione agli stress meccanici e termici applicati. Nel caso dei vulcani non esiste ancora una teoria universalmente valida che spieghi come inizi un’eruzione, ma certamente l’innesco di un processo di fratturazione della crosta superficiale, rappresenta il primo stadio della risalita del magma verso la superficie.
Già in passato ho trattato l’argomento della termo fluidodinamica  dei Campi Flegrei ed ho segnalato la pericolosità connessa alla presenza di fluidi in condizioni critiche o super critiche in roccia porosa, quali possibile causa di innesco di esplosioni freatiche o eruzioni esplosive. Tali rischi ovviamente non devono essere sottovalutati.
Trattandosi di un progetto internazionale perchè i Campi Flegrei?
I Campi Flegrei furono proposti alcuni anni fa dal dott. Giuseppe De Natale dell’INGV (Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia), in quanto area vulcanica attiva di particolare interesse scientifico anche a causa dell’elevata pericolosità oltre che per la possibilità di installazioni di centrali geotermiche. Il progetto discusso in ambito ICDP nel 2009 fu approvato con il parziale finanziamento dell’INGV. L’inizio delle perforazioni, rinviato varie volte, era previsto per lo scorso mese di ottobre, ma è stato sospeso a causa dell’allarme lanciato a livello internazionale circa i rischi connessi all’effettuazione di perforazioni profonde in un’area densamente popolata e ad alto rischio sismico e vulcanico.  La sospensione fu imposta dal Sindaco di Napoli, Rosa Russo Iervolino che, quale autorità comunale di protezione civile, inoltrò una richiesta di intervento al  Dipartimento della Protezione Civile per la valutazione della pericolosità connessa appunto all’esperimento. Lo scorso ottobre, in una riunione a Roma, presso la sede del dicastero della Protezione Civile, fu sancita la necessità di ulteriori verifiche sulla sicurezza da parte di una commissione di esperti per rilasciare l’eventuale autorizzazione alla trivellazione. Da allora, tutte le attività risultato ferme.
La zona di Bagnoli è stata scelta per gli spazi a disposizione?
La scelta dell’area di Bagnoli come sede operativa del progetto di perforazione profonda fu proposta già nelle prime battute. L’area che rientra nel perimetro industriale dell’ex stabilimento ILVA, in corso di bonifica e risistemazione da parte del consorzio Bagnoli futura, geologicamente si trova al bordo sud-orientale della caldera flegrea delimitato dalla collina di Posillipo.
D’internazionale oltre al progetto ci sono anche gli allarmi per una possibile ripresa eruttiva o sismica cagionata appunto da un’eventuale trivellazione profonda…
L’allarme lanciato da alcuni ricercatori su diverse testate scientifiche internazionali e sui media italiani e stranieri, e ancora da parlamentari attraverso interrogazioni, riguarda appunto il rischio sismico e vulcanico che le operazioni di trivellazione potrebbero creare, quando le trivelle attraverseranno il sistema idrotermale con temperature e pressioni elevatissime. E’ stato inoltre segnalato il rischio d’innesco di eventi eruttivi nel caso di attraversamento di serbatoi magmatici superficiali. A tale proposito ricerche recenti hanno ipotizzato la possibile iniezione di magma a bassa profondità, durante le recenti crisi bradisismiche.
Un altro rischio potrebbe derivare dalle attività di perforazione per la possibilità che siano dispersi o rimaneggiati prodotti inquinanti probabilmente presenti nel sottosuolo dove fino a un ventennio fa erano funzionanti le acciaierie di Bagnoli e la eternit. Critiche sostanziali hanno riguardato anche gli eventuali insediamenti industriali per lo sfruttamento dell’energia geotermica, che sarebbero incompatibili con un’area soggetta a riconversione con una destinazioni d’uso votata alla ricerca, alla cultura e alle attività ricreative.
Il responsabile del progetto, dott. Giuseppe De Natale, assicura che non ci saranno pericoli perché si procederà sostanzialmente a tappe. La procedura offre garanzie?
La situazione si è rivelata alquanto complessa per la coesistenza di problematiche di natura scientifica, gestionale e amministrativa.
Benché secondo il responsabile del progetto i rischi sarebbero trascurabili, si è rivelata indispensabile una valutazione da parte di una autorità scientifica esterna. Ma è stato anche evidenziato che il Dipartimento della Protezione Civile, interpellato dal sindaco di Napoli, non potrebbe assolvere al ruolo di interlocutore privilegiato, in quanto si avvale per statuto della consulenza dell’INGV che è l’Ente proponente il progetto.
Di fatto, l’excursus amministrativo del piano di perforazione profonda, ha evidenziato la complessa problematica dell’assunzione di responsabilità nel caso di progetti scientifici o altri tipi di intervento su territori a rischio per la popolazione. In realtà, qualsiasi trivellazione profonda presenta un certo livello di rischio, perché attraversa sistemi ad altissima energia, con pressioni che possono raggiungere migliaia di atmosfere e temperature di diverse centinaia di gradi, con presenza di fluidi anche magmatici dal comportamento difficilmente prevedibile. A tale proposito basta ricordare il recente disastro ecologico nel Golfo del Messico. In quel caso la sottovalutazione del rischio ebbe conseguenze gravissime per l’inarrestabile flusso di petrolio dal fondo del mare. I danni furono ingenti per l’ambiente marino e quello costiero flagellati dalle chiazze di petrolio. L’incidente fu causato dall’inadeguatezza tecnologica messa in campo, tarata probabilmente rispetto a un’analisi dei rischi tutto sommato superficiale, nonostante le operazioni di perforazione fossero state eseguite da uno dei maggiori colossi internazionali del settore. Tuttavia, a patto di un’adeguata valutazione dei rischi e i benefici che devono essere conosciuti e accettati dalla collettività, l’esecuzione di perforazioni profonde in aree vulcaniche potrebbe essere giustificata come fonte di ulteriori informazioni scientifiche, se queste non sono disponibili e reperibili per altre vie.
In realtà già in epoca fascista e successivamente ad opera della società AGIP sono state effettuate trivellazioni profonde fino a tremila e duecento metri nei Campi Flegrei.
Come segnalato da alcuni tra i ricercatori più critici contro il progetto di perforazione a Bagnoli, tale precedente renderebbe non innovativo il progetto attuale e superflua ogni ulteriore indagine, sia per scopi scientifici, sia per fini legati allo sfruttamento dell’energia geotermica. Durante la campagna AGIP si sarebbero, infatti, manifestati rischi imminenti che avrebbero imposto la rapida chiusura dei pozzi. Per quanto riguarda invece le potenzialità di sfruttamento dell’energia geotermica ai Campi Flegrei, questa perse interesse perché i fluidi sotterranei all’analisi risultarono eccessivamente  salini. In compenso attraverso il carotaggio furono acquisite dettagliate informazioni sulle caratteristiche geologiche del sottosuolo.
E’ evidente che i tempi sono cambiati e con essi la sensibilità alle questioni attinenti i rischi naturali e indotti dall’uomo. I ricercatori, le autorità e la popolazione, hanno oramai una consapevolezza su quello che è il diritto alla sicurezza, e, quindi, non è più possibile operare sul territorio in assenza di un’adeguata informazione su quelli che sono i rischi derivanti da particolari attività, anche se queste afferiscono alla ricerca.
Ora un problema fondamentale nella gestione del rischio nell’area flegrea è l’assenza di un piano di emergenza. E’ evidente, infatti, come la Protezione Civile o qualsiasi altra autorità non sarebbe in grado di approvare un intervento a rischio in assenza di una preventiva valutazione degli eventi possibili e, quindi, di piani di emergenza per il rischio sismico, vulcanico e ambientale. Allo stato attuale l’unico piano programmato risulta essere quello relativo al rischio vulcanico, ma seppur annunciato da circa un ventennio, è ancora in una fase di studio da parte della Commissione nazionale incaricata e nominata dal Dipartimento della Protezione Civile. A tale proposito e anche in considerazione dell’allarme scaturito dal progetto di perforazione nell’area di Bagnoli, ho in più circostanze sollecitato, senza riscontro, affinché il piano fosse divulgato e reso disponibile. D’altra parte il rischio nell’area flegrea è estremamente alto, come evidenziato dalle nostre mappe di pericolosità vulcanica, stilate per i vari scenari eruttivi possibili. Queste carte tematiche dovrebbero rappresentare la base di riferimento per la realizzazione del piano di emergenza.
(Come sempre al Professor Giuseppe Mastrolorenzo va il nostro ringraziamento per la grande e cortese collaborazione che ci assicura puntualmente a tutto vantaggio dei nostri lettori e dell’informazione scientifica su argomenti, tra l’altro, molto  complessi e attuali).
Nel chiudere quest’articolo, vorremmo aggiungere come redazione alcune cose: innanzitutto siamo coscienti che una matrice di rischio è sempre insita nelle attività dell’uomo. Pur tuttavia se prendiamo ad esempio la conquista dello spazio, questa è iniziata col lancio di missili teleguidati. Poi di razzi con scimmiette e cani, e infine con l’uomo (la vita umana), che rappresenta il valore massimo da proteggere. Cosa vogliamo dire: che lì dove le incognite riempiono spazi importanti per la nostra tutela, la cautela dovrebbe essere  sostanzialmente il modus operandi. Chi mastica sicurezza sa che un’operazione di questo genere potrebbe portare a situazioni se non di allarme, di preallarme. In altre parole potrebbe rendersi necessaria l’attuazione dei disposti del piano d’emergenza senza che l’emergenza si manifesti in termini energetici nella sua forma massima. Perché esistono le incognite. Magari semplicemente a scopo precauzionale, perché la perforazione di una sacca di vapore potrebbe produrre un boato o un appariscente soffione magari innocuo ma certamente preoccupante per la popolazione in ansia. Ovviamente è un esempio per capirci, anche se la tecnologia perforativa certamente non è agli albori.
La perforazione profonda in area calderica flegrea, che sicuramente vedrà per il prossimo futuro accesissimi dibattiti, dovrebbe essere trattata secondo le filosofie della prevenzione, visto che non è possibile operare di previsione. La prevenzione comporta tecniche di mitigazione del rischio, moderando il pericolo o il valore esposto (abitanti) o entrambi.  In questo caso la minimizzazione del pericolo consisterebbe nell’adoperare tecniche ricognitive e perforative capaci di scegliere un percorso e contenere le massime pressioni ipotizzabili, all’occorrenza, ponendovi quindi rimedio. Un po’ più difficile è prevedere la fratturazione della crosta in profondità. L’esperimento in altre parole, dovrebbe avere la capacità di recedere in termini utili se i risultati di volta in volta dovessero scoraggiare.
Sempre per chiarire certi concetti, basti pensare che le industrie a rischio rilevante hanno l’obbligo di produrre un piano d’emergenza esterno e interno allo stabilimento, ivi compreso le procedure per diramare l’allarme. Se ricordiamo bene, le attività perforative sono regolamentate anche dalle direttive relative alla sicurezza e salute dei lavoratori nelle industrie estrattive per trivellazione, secondo di dettami del D.M. 25 novembre 1996 n° 624, attuazione della direttiva 92/91/CEE, pubblicato nella Gazz. Uff. 14 dicembre 1996. Questi disposti offrono un ottimo spunto per capire i problemi.
In ultima analisi, la ricerca scientifica non deve essere fermata, ma i rischi devono essere sempre misurati alle alternative disponibili. Esplorare una caldera è un fatto importante, anzi importantissimo, ma quella flegrea deve essere presa in considerazione solo se non si hanno altre caldere nel mondo, ubicate in zone a bassissima densità abitativa o deserte. Abbassando la quantità del valore esposto, infatti, il rischio rientrerebbe immediatamente in parametri accettabili.
(Nelle figure sottostanti le due carte di pericolosità redatte per i Campi Flegrei a cura del Prof. G. Mastrolorenzo e altri collaboratori)

La carta di pericolosità relativa alla dynamical overpressure (sovrappressione dinamica), rappresenta la pressione esercitata dalla nube ardente sull’unità di superficie. Per Valori superiori a 5 kPa iniziano i danni rilevanti alle strutture, mentre il valore degli abbattimenti va da 10 kPa a 25 kPa, a seconda dalla  tipologia di edificio.
Oltre al rischio connesso alla pressione è da considerare l’estrema pericolosità associata all’alta temperatura delle nubi (fino a 600 ° C) che può essere mantenuta dalle nubi anche a distanze superiori ai 15 km dal centro eruttivo.
A fianco è evidenziata la carta di pericolosità relativa al fallout, cioè i depositi di ricaduta. E’ evidente come per tale tipo di fenomeni , l’intera città di Napoli , risulta esposta ad un elevatissimo valore di rischio.
Entrambe le mappe sono il risultato di combinazione di tutti gli eventi  possibili ottenuti attraverso la simulazione numerica di migliaia di episodi eruttivi con diverse proprietà e valori di probabilità.