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domenica 22 aprile 2018

Rischio vulcanico ai Campi Flegrei: il dovere di interrogarsi... di MalKo


Lago d'Averno - Campi Flegrei


Alcuni lettori manifestano la loro paura nel vivere all’interno della caldera flegrea, il distretto vulcanico che caratterizza l’area occidentale della metropoli napoletana. Una paura dettata dall’acuirsi di segnali poco rassicuranti provenienti dal profondo… 
In questa zona le recenti teorie ipotizzano che sussiste uno stress nella crosta calderica, dovuto prevalentemente all’azione del calore diffuso dalla circolazione di fluidi caldissimi e da quella meccanica dettata dai processi di innalzamento e abbassamento dei suoli. A immettere calore e acque juvenili nel sottosuolo flegreo, sarebbero state intrusioni magmatiche spintesi fino ad alcuni chilometri dalla superficie…


Qualora le dinamiche nel sottosuolo dovessero eccedere la resistenza statica della coltre litoidea, non è possibile definire in anticipo quale punto o punti della caldera flegrea, dall’Averno ai contrafforti di Posillipo, potrebbero cedere e dar vita a bocche eruttive. Tutta la zona rossa flegrea da questo punto di vista è a rischio, anche se il comune di Pozzuoli per estensione e centralità e numero di abitanti e fragilità del centro storico agli eventi sismici, presenta forse qualche indice di vulnerabilità più ampio. Tant’è che ancora oggi la cittadina puteolana è associata per antonomasia ai movimenti bradisismici, platealmente evidenti sulle colonne del macellum, un sito archeologico che finisce sott’acqua o al di sopra a seconda delle ascese o discese dei suoli rispetto al livello medio del mare.

il Macellum - Pozzuoli (Campi Flegrei)

Che prima o poi ci sarà un’eruzione nei Campi Flegrei purtroppo è indiscutibile, ma occorre precisare che nessuno è in grado di prevedere quando questa manifestazione dirompente ci sarà: potrebbero passare giorni, anni o secoli… Occorre poi aggiungere nel quadro delle incertezze, che la previsione dell’evento vulcanico non è una scienza deterministica, soprattutto perché bisogna mettere insieme una serie di dati offerti dal monitoraggio continuo, congiuntamente a osservazioni sul campo ma anche satellitari, che gli scienziati dovranno interpretare e confrontare con le esperienze più varie e senza grandi database a disposizione. I Campi Flegrei non eruttano dal 1538, e ogni eruzione non è mai un clone di quella precedente…  A dirla tutta quindi, non ci sono degli automatismi legati a valori di soglia strumentale, da carpire e validare per pigiare senza indugi il pulsante arancione o quello rosso di allarme.

Quindi non c’è certezza matematica sui tempi di preavviso eruttivo. Purtuttavia la maggior parte degli scienziati concorda sul fatto che difficilmente un tale evento ultra dinamico, foriero di dirompenze, possa manifestarsi all’improvviso. Qualcuno intuisce però, che forse il coperchio magmatico flegreo stressato dal calore e dai movimenti verticali alternati, è un po’ meno resistente staticamente, più vulnerabile e forse con una maggiore cedevolezza anche alle eruzioni freatiche (vapore) che potrebbero scatenare il panico. Che qualche cittadino manifesti paura, riteniamo che sia una risposta comprensibile e tutta umana a questa sequela di incertezze.

Non ci sono molte alternative per sottrarsi al risiko eruttivo finché si dimora in un distretto vulcanico esplosivo attivo, e questo a prescindere dal nome del comune o della municipalità: quello che vale è l’ubicazione interna alla caldera flegrea, dove la resilienza comporta, e gioco forza, a vivere bene o male su una depressione che grava sul calore magmatico.

L’alternativa alla delocalizzazione preventiva, cioè all’andarsene per motivi di sicurezza personale già da adesso, consiste unicamente nell’accettare il brivido di essere utenti di un piano di evacuazione che dovrebbe avere la potenzialità strategica di spostare 550.000 abitanti dalla zona rossa flegrea verso mete più sicure nel giro di 72 ore. Uno spostamento massivo che si renderebbe necessario alla diramazione dell’allarme, per anteporre un congruo numero di chilometri tra la vita umana e il fuoco astenosferico, che potrebbe intrufolarsi fino alla superficie per poi dilatarsi sotto forma di colate piroclastiche e caduta di  cenere e lapilli.

Campi Flegrei: zona rossa e gialla.

Un problema serio quello della previsione dell’evento eruttivo, in quanto c’è la necessità tutta operativa di evitare un falso allarme ma più ancora un mancato allarme. Quindi non si può né anticipare e né ritardare lo start evacuativo: bisognerà muoversi al momento giusto… Questo significa che l’ente di sorveglianza, l’Osservatorio Vesuviano, deve operare in chiave sì scientifica ma con un management di taglio operativo, spiccatamente operativo, cioè senza défaillance o incertezze come è successo con la localizzazione del terremoto di Casamicciola del 21 agosto 2017. Quattro giorni sono un tempo insopportabile per avere la giusta localizzazione dell’epicentro di un sisma… Che questa sezione periferica dell’INGV cerchi casa per sloggiare dalla zona rossa flegrea e un prima segnale di management operativo ma non basta. Si auspica che la prossima sede abbia una ubicazione maggiormente consona alle funzioni dell’ente e soprattutto alla carta di pericolosità regionale che è necessario valutare in anticipo. 

Nell’area flegrea attualmente vige la fase di attenzione. Un’attenzione che riguarda il mondo scientifico ma anche i cittadini che dovrebbero organizzarsi in senso familiare qualora gli eventi dovessero rendere necessario il passaggio alla fase di preallarme. Una fase operativa dove i cittadini sono i protagonisti ma non lo sanno…

I livelli di allerta vulcanica

Durante il preallarme infatti, la zona rossa verrebbe progressivamente presidiata dai soccorritori. Si provvederebbe poi alla evacuazione degli ospedali, delle case di cura, delle case circondariali e delle opere d’arti che verrebbero trasportate in luogo sicuro. In questa fase le famiglie che dispongono di una casa altrove e fuori dal perimetro a rischio, possono allontanarsi volontariamente, dopo aver comunicato alle autorità comunali il luogo di destinazione. In questo caso dovrebbero poter usufruire di un contributo di autonoma sistemazione. Chi va via però, non può ritornare nella zona rossa flegrea finché il livello di allerta non ritorni su attenzione. Questo vuol dire che potrebbero passare giorni, mesi se non anni: elemento non di poco conto da tenere in debita considerazione se ci si appoggia a parenti o amici.

Le uscite dalla zona rossa verrebbero regolamentate dai cancelli, che sono una sorta di posti di blocco. Lo stesso dicasi per gli ingressi, che sarebbero consentiti agli evacuati del preallarme solo in casi di effettiva necessità, avallati presumibilmente e in anticipo dagli uffici prefettizi in seno alla direzione di comando.

Chi all'occorrenza gradirà allontanarsi dalla zona rossa già nella fase arancione di preallarme, nel comune di domiciliazione dovrebbe poter ricevere tutta l’assistenza necessaria per gli adempimenti scolastici e anche sanitari e amministrativi e anagrafici e bancari o postali in ragione delle incertezze temporali legate proprio alla fase di preallarme. Per questo motivo si parla di opzione riservata soprattutto a chi ha la seconda casa… Tutto risolto? No! C’è un altro problema: cinque mesi fa il sindaco di Pozzuoli, Figliolia, organizzò una riunione con il capo dipartimento della protezione civile Angelo Borrelli. Tutti si aspettavano le solite rassicurazioni e le prese di distanza dagli allarmisti. Ebbene, Borrelli prese le distanze questa volta dai rassicuratori di professione… In merito all’incontro informativo sullo stato di attività dei Campi Flegrei, avvenuto martedì scorso, 15 novembre, a Pozzuoli presso la sede del Centro Operativo di protezione civile del Comune, è necessario sottolineare che i messaggi chiave emersi dalla riunione sono lontani dalla semplificazione “non ci sono rischi, rassicurata la popolazione”, così come riportato da alcuni organi di stampa. Perché questa precisazione? Lo si capisce al termine del comunicato: A questo proposito è utile sottolineare che, per ogni vulcano, il passaggio di livello di allerta può non avvenire necessariamente in modo sequenziale o graduale, essendo sempre possibili variazioni repentine o improvvise dell’attività, anche del tutto impreviste.

Che significano queste parole? Intanto che la previsione dell’evento vulcanico nel flegreo come nel vesuviano e come a Ischia non ha certezze deterministiche nonostante che si dica che queste zone siano le più monitorate del mondo. Una teoria che è innanzitutto una verità, ed è anche la tesi sostenuta dal Prof. Mastrolorenzo (INGV-OV), che da anni sposa la linea di informare correttamente i cittadini pure se sussiste il blando rischio di allarmare. E poi con quest’affermazione cambiano i termini di responsabilità circa la tutela dei cittadini, responsabilità che passano dal mondo scientifico a quello amministrativo, e soprattutto in capo ai Sindaci che sono autorità locali di protezione civile.

Il Sindaco Figliolia ma anche De Magistris, dovrebbero confrontarsi con i cittadini nell’ambito di tavole rotonde sulla bontà dei piani di evacuazione, senza bisogno di interventi da parte di terzi, che servono poco fino a quando non ci saranno novità di ordine scientifico sulla previsione degli eventi vulcanici o sulle variazioni delle zone rosse.
In assenza di previsione infatti, la sicurezza a fronte delle catastrofi ricade in capo alle competenze dei primi cittadini, perché il pericolo eruttivo è ben localizzato e conosciuto negli effetti, come le zone rosse dove potrebbero abbattersi le fenomenologie vulcaniche più devastanti. La ricetta è andarsene via all’occorrenza gambe in spalla: siamo pronti con i piani di emergenza e di evacuazione? No! Con i gemellaggi? Neanche...
Zona rossa Campi Flegrei: carta dei gemellaggi



lunedì 27 maggio 2013

Vesuvio,isola d'Ischia e i Campi Flegrei



 
"Vesuvio,Isola d'Ischia e i Campi Flegrei: un
trittico pericoloso" di MalKo

 
 ll terremoto è sicuramente una delle calamità naturali che temiamo di più per la sua capacità di rilasciare tantissima energia in un lasso di tempo molto breve. Un’energia che scuote “la terra sotto i piedi” con effetti che possono anche amplificarsi o mitigarsi in ragione della qualità dei suoli attraversati dalle onde sismiche.
Il terremoto come si sa, è un fenomeno assolutamente naturale e sinonimo di un pianeta in continua evoluzione, anche per quanto riguarda l’inanimata roccia che, pur non avendo nulla di organico, partecipa con i suoi cicli geologici a quegli equilibri globali che garantiscono vita e diversità biologica sulla Terra.
Il terremoto dicevamo scuote il suolo che a sua volta trasmette sommovimenti alle cose che su di esso poggiano. Vengono quindi sbatacchiate le case, ma anche le rocce instabili dai pendii (frane), e le masse d’acqua dai mari che possono in determinate condizioni dare origini ai famosi tsunami, cioè onde altissime che invadono la terraferma.
L’Italia, si legge in ogni dove, è una Penisola geologicamente parlando giovane, e per questo soggetta a un evidente dissesto idrogeologico. Le forze sotterranee invece, primordiali nel loro genere, inducono attraverso i movimenti del magma astenosferico, inusitate tensioni tra le zolle, che sono estesissime porzioni di litosfera che, ogni tanto, scivolano o si sovrappongono l’una all’altra o si scontrano, procurando sussulti in prossimità delle linee di contatto (faglie).
Noi conosciamo poco di quello che è racchiuso nel sottosuolo in una condizione estrema di temperature e pressioni, se non analiticamente attraverso l’esplorazione indiretta. La geologia ha quindi un bel daffare per giungere a conclusioni utili per la previsione dei terremoti: i risultati fin qui ottenuti sono incoraggianti ma non hanno ancora una utilità pratica. Dobbiamo quindi affermare e rilevare che per difenderci dai terremoti dobbiamo far capo, almeno per il momento, alla prevenzione piuttosto che alla previsione. Da questo punto di vista ci piacerebbe discutere su un nuovo modo di affrontare i temi della previsione tirando in ballo il termine proiezione che forse più si avvicina ai concetti offertici di recente da alcuni ricercatori. Un modo non per predire ed evacuare, ma per allertare ragionevolmente…
Operare nell’ambito della prevenzione significa incidere sui tre fattori cardini della sicurezza: UOMO, CASA, TERRITORIO.
L’uomo deve conoscere le regole di autoprotezione e il modo di comportarsi in situazioni difficili e di emergenza. Per casa s’intendono tutti quegli ambienti “confinati” dove per un qualsiasi motivo (riposo, lavoro, studio, relax) siamo chiamati a dimorarci (abitazione, ufficio, fabbrica, scuola ed altro). Le case devono essere costruite nei luoghi dove è possibile costruirle e devono essere adeguate strutturalmente ai rischi insiti nel territorio. Purtroppo, e lo abbiamo detto altre volte, “l’uomo bada più a quello che costruisce che al dove lo costruisce”. Una tendenza fortemente autodistruttiva: eppure con il telerilevamento spaziale e la aerofotogrammetria anche tramite “droni”, dovrebbe essere una bazzecola individuare gli abusi solo se ce ne fosse la volontà.
Il territorio invece è una porzione di area geografica fatta di strutture, infrastrutture e servizi, che contiene in termini fisici l’uomo e la casa. Generalmente i limiti di questa zona corrispondono con i confini comunali e provinciali. Questo spiega moltissimo perché la sicurezza, ma più in generale la qualità della vita, dipende innanzitutto dalla classe amministrativa locale prima ancora che da quella nazionale.
Nell’area vesuviana il rischio Vesuvio è altissimo perché la maggior parte degli amministratori dei diciotto comuni della zona rossa non lo ritiene un problema né tantomeno intende misurarsi con esso. Tutti snobbano il pericolo che il vulcano induce e rimandano la risoluzione a quelli che verranno dopo, perché affrontare la prevenzione in quell’area, significa affrontare problemi e problematiche affini anche a una consistente fetta d’illegalità che usa un atteggiamento coercitivo e arrogante sul territorio e sulle istituzioni amministrative a tratti compiacenti.
Governare una cittadina del vesuviano è veramente difficile. La sicurezza dovrebbe passare attraverso prassi di debellamento degli illeciti, degli abusi, della delinquenza, puntando a un’organizzazione del territorio onesta e competente, minimamente moderna e tanto ma tanto istituzionale.
Che cosa abbiamo invece? Amministratori che addirittura vogliono eliminare la zona rossa e se potessero, eliminerebbero anche il concetto stesso di rischio Vesuvio per tessere poi lodi al cemento, “l’oro grigio” che ripaga, rivaluta, ricicla e arricchisce… C’è anche chi è a favore dell’allargamento della zona rossa, ma con una rivisitazione al ribasso dei divieti e dei vincoli. VesuvioIsola d’Ischia e i Campi Flegrei. La provincia di Napoli ha un campionario vulcanico di assoluto rispetto, sia in termini di quantità sia di qualità dei distretti. Ischia racchiude pure un rischio sismico da tenere sempre in debita considerazione e che ci riconduce al terribile terremoto che distrusse il comune di Casamicciola nel 1883. L’evento causò oltre duemila morti. Allora ci fu una notevole differenza fra la magnitudo dell’evento e gli effetti (disastrosi) sui fabbricati dovuti a un ipocentro molto superficiale. La macro zonazione sismica dell’isola d’Ischia quindi, forse andrebbe arricchita e perfezionata da microzonazioni sismiche  almeno nei comuni di Casamicciola,Forio e Lacco Ameno. Non possiamo escludere che tale operazione sia già stata fatta dagli stessi comuni o dalla Regione Campania, che ha stilato da poco un bando per le sovvenzioni in tal senso con la pubblicazione online di gare con annesso elenco dei vincitori e dei vinti.
Campi Flegrei invece sono teatro di una vistosa discrepanza tra zona rossa flegreadeep drilling project, compiti istituzionali dell’ Osservatorio Vesuviano e destinazione d’uso dei suoli di Bagnoli Futura. Il tutto misto a un sindaco, De Magistris, che dovrebbe essere, e non abbiamo motivi per dubitarlo, un baluardo della legalità.
Per risolvere gli annosi problemi delle indecenze che insistono sulle zone rosse vulcaniche campane, riteniamo che debba essere nominato un mini pool di magistrati antiabusi edilizi in aree a rischio. Qualcosa di simile al pool antimafia, perché di similitudini ce ne sono veramente tante… Basterebbe il consenso dei ministri competenti e una ricognizione tra i dipendenti, a iniziare dalla Procura della Repubblica di Torre Annunziata che, ricadendo in piena zona rossa, dovrebbe conoscere il problema e le sfaccettature e le implicazioni che lo caratterizzano.