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domenica 22 novembre 2015

Rischio Vesuvio, terremoto dell’Aquila e commissione grandi rischi: un unicum?... di MalKo



 


La cassazione il 20 novembre 2015 ha completamente e definitivamente scagionato non già la commissione grandi rischi, bensì il gruppo di accademici composto da Franco Barberi, Enzo Boschi, Giulio Selvaggi, Gian Michele Calvi, Claudio Eva e Mauro Dolce. Nella sostanza parliamo dell’equipe che si presentò all’Aquila il 31 marzo 2009 per discutere di rischio sismico e forse dell’indice di pericolosità incombente sulla cittadina abruzzese. Pur firmando in tempi diversi un verbale di riunione che sembrava da commissione, in realtà per il tribunale lo staff inviato da Guido Bertolaso era una cosa diversa dalla commissione grandi rischi, e quindi, probabilmente non aveva un particolare titolo giuridico responsabilizzante.

Gli scienziati escursionisti furono catapultati nel capoluogo abruzzese per rassicurare con la loro presenza e curriculum, gli abitanti in apprensione per gli incessanti eventi sismici a bassa intensità che da mesi toglievano il sonno. Non pochi invece pensarono e pensano ancora oggi, che forse gli esperti erano giunti fin lì anche e soprattutto per zittire un ricercatore locale, Giampaolo Giuliani, che profetizzava con previsioni al radon, l’imminenza di un terremoto distruttivo. In quel momento e in quel contesto politico, col dipartimento in tutt’altre faccende affaccendato, gli allarmi di Giuliani risultavano intollerabili per tutti gli uomini del presidente…

Bernardo De Bernardinis, vice capo Dipartimento della Protezione Civile, all’epoca dei fatti comandante di questa spedizione primaverile quale fido indiscusso del navigato Bertolaso, andò oltre nella missione elargitrice di sopore, offrendo alla stampa mediatici ottavini e tesi stupefacenti sugli scarichi energetici che a suo dire alleggerivano la tensione litosferica che non avrebbe così dato vita al micidiale colpo sismico che invece giunse puntuale una settimana dopo… le vittime furono 309.  Portavoce del gruppo, De Bernardinis si beccò la condanna senza menzione poi confermata nei vari gradi di giudizio a due anni di reclusione per negligenza e imprudenza. Parlò troppo e fu troppo in vista… Non sappiamo con quanta buona fede, ma riscatterebbe interamente la sua posizione di colpevole offrendo qualche verità recuperata dagli armadi delle quinte del potere.

La cassazione con la sentenza del 20 novembre 2015 ha allora prosciolto definitivamente da qualsiasi responsabilità il gruppo di esperti dichiaratosi tra l’altro ignaro delle rassicurazioni che improvvidamente il capo cordata dette alla popolazione aquilana quel giorno…

La faccenda non può ritenersi ancora conclusa però, perché rimane un appiglio giudiziario in danno a Guido Bertolaso in merito ad un’altra previsione che non ha nulla a che fare con la geologia, ma è tutta racchiusa in un’intercettazione telefonica in cui il potente Capo Dipartimento anticipa all’assessore regionale alla protezione civile, Daniela Stasi, che da quella riunione di esperti del 31 marzo 2009 usciranno solo rassicurazioni. Semplice preveggenza?

Da notare che nella settimana successiva al 31 marzo 2009, gli eventi sismici incominciarono a intensificarsi come le richieste di verifica statica ai fabbricati presentate ai Vigili del Fuoco. I pompieri in assenza di rassicurazioni avrebbero probabilmente accorpato i turni in modo da raddoppiare il personale disponibile in caso di necessità. Quando il terremoto colpì il 6 aprile 2009, il comando provinciale purtroppo era presidiato da un esiguo numero di soccorritori…

Questo processo, ma in realtà l’intera faccenda ha insegnato qualcosa: innanzitutto se a fronte di un rischio si riunisce la commissione grandi rischi in una qualsiasi delle sue branche specialistiche, bisogna chiedere il visto di certificazione istituzionale dell’adunata, per evitare che successivamente e a posteriori, si sancisca che non era affatto una riunione commissariale ufficiale. Chiedere sempre al portavoce poi, se le sue affermazioni sono state condivise con la commissione grandi rischi magari in quel momento distratta.
Il secondo elemento da cui trarre insegnamento è il ruolo di una certa parte della stampa particolarmente sbilanciata sulla difesa nel nostro caso degli imputati, al punto da creare ad arte la ridicola storia della scienza sotto processo. Si è gridato allo scandalo inquisitorio perché il tribunale dell’Aquila si permetteva, come i più classici tribunali dell’inquisizione, di processare la pseudo commissione grandi rischi per non aver previsto il terremoto. Il quarto potere in questo caso non è stato equidistante, forse per aiutare gli amici degli amici in un momento di difficoltà processuale: buttarla sul ridicolo funziona sempre.

Dopo questa storia aquilana, chi abita alle falde del Vesuvio dove il destino delle popolazioni potrebbe essere affidato come da programma a una decisione della commissione grandi rischi (ramo rischio vulcanico) che passerebbe poi alla politica la bandierina dello start evacuativo, quanto seguito avranno nei settecentomila abitanti le decisioni che si prenderanno? C’è ancora chi pensa sul serio di mandare i lettori vesuviani beatamente a letto sulla scorta dell’editoriale del direttore? Un dubbio amletico grava oramai sulla credibilità di una scienza forse concupiscente con la politica in un contesto di totale assenza di giornalismo investigativo…

Una scienza che ha applicato al Vesuvio la statistica nella definizione dell’eruzione massima da cui difenderci ridimensionandola *(VEI 4), in modo da mantenere fuori da una pliniana (VEI 5) dei territori su cui si costruiscono, ohibò, ancora case con licenza edilizia. I cittadini sono quindi alla mercé della probabilità statistica e delle politiche non dichiarate dei costi-benefici. L’ex assessore alla protezione civile della regione Campania, ing. Edoardo Cosenza, amava ripetere che nel vesuviano possiamo avere solo 4 matrici di possibilità: un’eruzione (VEI 4) senza evacuazione; un’eruzione (VEI 4) con evacuazione; un’evacuazione senza eruzione (VEI 4); un’evacuazione con eruzione (VEI 4). Il successo a suo dire era del 50%, concentrato sulle due possibilità favorevoli alla tutela, cioè eruzione con evacuazione e l’evacuazione con eruzione.

Già oggi e ancora di più col passare del tempo, stante la situazione attuale bisognerà aggiungere altre due matrici di probabilità: eruzione (VEI 5) con evacuazione; evacuazione con eruzione (VEI 5). Questo significa che se si dovesse verificare un’eruzione pliniana che nessun scienziato al mondo può escludere, anche in caso di successo evacuativo potremmo arrivare a settecentomila salvati e a un milione di morti.
Schema non in scala e semplicemente concettuale dei territori invadibili dai fenomeni 
eruttivi con differenti VEI. La linea nera è quella Gurioli...
Potrebbe anche essere un discorso drammaticamente valido quello dei costi benefici, cinicamente ineluttabile in un mondo dove il business ha il sopravvento su tutto, esseri umani compresi… Bisogna però dichiararlo questo cinismo, perché il cittadino non è un suddito e quindi bisogna dargli una possibilità di scelta attraverso l'informazione. D’altro canto non c’è nessuna moralità in queste criteri di realpolitik circa l’accettazione dell’ineluttabilità statistica…nessuna, se ancora oggi la politica si ostina e consente di costruire in quelle zone che potrebbero subire tutti gli effetti di un’eruzione pliniana, che può essere esclusa solo dalla politica ma non dalla scienza che avrebbe dovuto puntare il dito sulle facili costruzioni in zona rossa.

Per fronteggiare e sul serio il rischio vulcanico in Campania, bisogna sostenere le iniziative in corso circa la necessità di costituire una commissione d’inchiesta parlamentare, che faccia luce sui rapporti tra scienza e politica, a iniziare dai fatti legati al terremoto dell’Aquila, alla riunione del 31 marzo 2009, e anche e soprattutto cosa è successo e cosa si è fatto nella settimana che ha preceduto il sisma del 6 aprile 2009. Da queste risultanze bisognerà capire quale virata dare alle politiche di sicurezza nel loro insieme, ai compiti istituzionali dei vari corpi dello Stato comprensivi dei Prefetti, forse troppo sbilanciati sulle ragioni di Stato e sul principio di non allarmare… 

Terzigno-Poggiomarino : eruzione del Vesuvio 1944. I bombardieri americani non fecero 
in tempo  ad alzarsi in volo e furono "bombardati" dalla pioggia di cenere e lapillo.

Bisognerà rimettere il rischio Vesuvio e Campi Flegrei e anche Ischia di nuovo al centro dell’attenzione mediatica per varare delle serie politiche di prevenzione. Si proceda poi con l’analisi dei progetti di edilizia che gravano nel settore orientale e occidentale della città di Napoli, e sul piano urbanistico ischitano, onde evitare di accrescere il rischio vulcanico in queste aree già fortemente compromesse da una spiccata urbanizzazione mangia spazio. Lo sviluppo non è nelle pratiche cementizie di edilizia residenziale di cui non se ne sente francamente il bisogno in certi luoghi, esattamente come le trivellazioni in terreni che si gonfiano per la circolazione di fluidi caldi o per il magma che sale o da entrambe le cause all'origine di fenomeni bradisismici tutt'altro che rassicuranti...


* VEI: indice di esplosività vulcanica




martedì 6 gennaio 2015

Rischio Vesuvio e Campi Flegrei: la metropoli vulcanica... di Malko

Vesuvio al calar della sera

“Rischio Vesuvio: un vademecum per ogni famiglia...” di MalKo

Con la pubblicazione di molti articoli a tema il Vesuvio e il rischio vulcanico, riteniamo di aver fornito ai nostri lettori strumenti informativi sufficientemente ampi per la conoscenza del rischio vulcanico che sovrasta la metropoli partenopea. E’ necessario precisare che non sussistono segnali allarmanti per il Vesuvio che continua imperterrito la sua quiescenza, così come ai Campi Flegrei permane un prudenziale stato di attenzione vulcanica dettato qualche anno fa dalla ripresa del bradisismo, che già caratterizzò l’area puteolana negli anni ’70 e ’80, e che lascia sempre un po’ perplessi per la difficile interpretazione da dare al fenomeno.

Vogliamo poi ricordare che l’Osservatorio Vesuviano ha la responsabilità del monitoraggio dei vulcani campani, ma non quella di lanciare direttamente allarmi. Questo significa che eventuali variazioni dei parametri controllati dei vulcani devono essere trasmesse al Dipartimento della Protezione Civile, oggi retto dal Prefetto Franco Gabrielli, che consulterebbe la Commissione Grandi Rischi per un parere e la Presidenza del Consiglio dei Ministri per le direttive. Se dovessero presentarsi gli estremi, al termine dell’iter procedurale il Dipartimento emetterebbe il bollettino di variazione nello stato di allerta vulcanica, o verrebbe dichiarata una situazione di preallarme o allarme direttamente dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri. Tutte le decisioni sarebbero comunque oggetto di consulto con gli uffici campani della presidenza regionale.
Dopo queste formalità tecniche e politiche necessarie per assicurare a una ipotetica emergenza da fronteggiare l’impegno dello Stato centrale e periferico ai massimi livelli, l’informazione sul da farsi giungerebbe ai cittadini tramite l’autorità comunale di protezione civile, ovvero dal sindaco, che ha il compito di attivare tutti i canali di diffusione più idonei per far giungere notizie in ogni contrada e quartiere del territorio amministrato.
I sindaci, è bene ricordarlo, proprio perché usufruiscono del titolo di autorità locale di protezione civile, hanno l’onere ben preciso e ben prima che si presenti un’emergenza, di impegnarsi nel campo della previsione e della prevenzione delle catastrofi, attraverso l’individuazione di strumenti di difesa attivi e passivi che contemplino anche una organizzazione comunale di gestione delle emergenze (COC – COM).

Il piano di protezione civile comunale per il quale tutti i comuni campani volente o nolente hanno ricevuto un finanziamento per realizzarlo, deve contenere nelle premesse tutte le ipotesi di rischio che caratterizzano il territorio di pertinenza a fronte di ogni pericolo naturale o antropico conosciuto. Il piano d’emergenza dovrebbe essere un compendio di pubblica utilità visionabile pure online con spazi previsti per le osservazioni a cura degli utenti cittadini, secondo logiche di amministrazione condivisa.
Nel caso del rischio Vesuvio e Campi Flegrei, ad ogni famiglia dovrebbe essere distribuito un vademecum contenente i percorsi di allontanamento e l’ubicazione delle aree strategiche. Ed ancora istruzioni dettagliate da osservare a cura di chi si allontana con mezzo di trasporto personale verso dimore alternative; oppure e viceversa, se dovesse sussistere la necessità di dover ricorrere all’assistenza per il viaggio (mezzi collettivi) o per l’alloggio o per entrambe le esigenze.
Su ogni copertina del vademecum, dovrebbe essere stampigliato o incollato il codice a barre che identifica quella famiglia, onde consentire rapide procedure di identificazione lungo il percorso o alle varie destinazioni finali attraverso lettori ottici.

Le istruzioni dovrebbero contenere, in caso di emergenza vulcanica, le eventuali limitazioni di transito ai mezzi pesanti e indicazioni precise sul come lasciare e sigillare l’appartamento da evacuare. Non è detto infatti, che i prodromi preeruttivi diano sempre e come risultato finale l’eruzione, o che vada sicuramente distrutta la casa che si abbandona. L’allarme vulcanico, nessuno lo può escludere, è anche possibile che rientri… Da questo punto di vista è necessario che la popolazione acquisisca la necessaria conoscenza dei fenomeni vulcanici e la necessaria maturità per affrontare secondo logica l’emergenza che potrebbe presentarsi. Si ritenga sempre preferibile un falso allarme piuttosto che un allarme lanciato in ritardo; avremo poi l’intelligenza di lasciare in momenti successivi spazio per le polemiche, partendo dalle disquisizioni sull’operato personale prima ancora di esaminare quello degli altri. 

La nostra scienza è bene dirlo è all’avanguardia e i limiti nella previsione dei fenomeni vulcanici sono limiti planetari. Il nostro contributo alla sicurezza dovrà essere innanzitutto quello di rinunciare a piccole e grandi furbizie in nome di un bene più grande che è quello della comunità di cui facciamo parte. Occorre quindi consapevolezza e onestà per eleggere una classe dirigente e amministrativa che ci porti con le regole della prevenzione e della buona amministrazione fuori dalle grandi catastrofi e non dentro ai piccoli e personalissimi interessi.  

La metropoli vulcanica c’era già ieri anche se la scopriamo solo oggi. L’informazione che vi ha sempre accompagnato in questi anni allora non sempre è stata super partes e molto spesso, generalizzando, non è stata altro che una diramazione delle segreterie istituzionali e politiche di riferimento e una rinuncia al giornalismo investigativo.
Per riuscire a vivere sui fertili terreni tufacei o cinerei, è necessario che si giunga a un certo equilibrio in termini di densità abitativa e numero di abitanti, attraverso una deconcentrazione della popolazione da spalmare con incentivi su tutte le province campane. Sono poi necessarie strade a scorrimento veloce e ad alta capacità ricettiva con multi accessi e aree polifunzionali da attivare nell’emergenza. I porti vanno dragati e non più lasciati in balia delle maestranze locali, così come sarebbero necessarie banchine ad attracco rapido perché è sui litorali la maggiore concentrazione di abitanti da allontanare.

Se tutto andrà bene, sul finire del 2015 o forse 2016 sapremo anche cosa fare se dovessero attivarsi le fasi 2 (preallarme) e 3 (allarme) dei piani di emergenza Vesuvio e Campi Flegrei. Nel frattempo bisogna incominciare a tracciare gli scenari di rischio vulcanico per l’Isola d’Ischia.

In tutto questo incominciano a segnalarsi sui blog e sulle riviste la profezia di Nostradamus ad oggetto il Vesuvio e una catastrofica eruzione che si manifesterebbe nel 2015. E’ quasi superfluo aggiungervi che non crediamo nelle profezie…

sabato 19 aprile 2014

Rischio Vesuvio eCampi Flegrei: finanziamento dei piani d'emergenza...di Malko




All'orizzonte il Vesuvio visto da Capri
“Rischio Vesuvio e Campi flegrei: soldi per i piani d’emergenza...“ di MalKo

Un po’ di denari dalla comunità europea passeranno alle casse dei comuni della Campania tramite la Regione, in base al progetto di finanziamento per le amministrazioni locali e provinciali che vogliono redigere o aggiornare i piani d’emergenza a fronte di calamità naturali o antropiche.
Da una serie di quesiti inoltrati al competente ufficio regionale, sembra di capire che diverse amministrazioni comunali  sarebbero ben liete di appaltare l’impegno intellettuale di redazione del piano d’emergenza a istituzioni, esperti o professionisti esterni. La Regione ha risposto che ciò è possibile attraverso convenzioni stilate secondo le regole previste dalla pubblica amministrazione in tema di contratti e incarichi. Insomma, si può demandare la funzione …
Riteniamo poco utile una siffatta possibilità, perché in caso di necessità le responsabilità anche giuridiche di tutela della popolazione ricadono sempre e comunque in capo al sindaco (autorità locale di protezione civile) e agli uffici comunali pertinenti. L’esperto a cui si affida l’incarico, istituzionale  o non istituzionale che sia, non ha alcune responsabilità sull’efficacia  dell'elaborazione prodotta, e sovente si smarca dall'investitura, e non potrebbe essere diversamente, il giorno successivo alla risoluzione contrattuale. 

Se il piano d’emergenza e d’evacuazione non si partorisce in loco e con le forze a disposizione, seppur tra gli affanni, generalmente al primo intoppo si sbraca … 

D’altra parte la Regione ha molti esperti che possono rispondere a tutti i dubbi che dovessero presentarsi a livello locale nell'applicazione e interpretazione delle strategie  di pianificazione delle emergenze. I piani non possono essere elaborati liberamente ma devono rispettare almeno nelle linee principali i canoni previsti dalle direttive regionali e dipartimentali (Protezione Civile). Questo significa che l’aiuto preponderante e diretto non può che pervenire dagli uffici regionali di piano, che già hanno attivato una (FAQ) che abbiamo apprezzato per l'indubbia e immediata utilità consultiva.

Siamo sicuri che la richiesta di essere supportati da esperti esterni all’amministrazione, sarà comunque pervenuta esclusivamente da quei Comuni che non hanno partecipato alle campagne di formazione varate dalla Regione Campania in collaborazione con il Dipartimento della Protezione Civile e l'Osservatorio VesuvianoTali sessioni formativeinfatti, avevano appunto il precipuo compito di assicurare una valida preparazione professionale ad un certo numero di tecnici degli enti locali e provinciali e prefettizi, in tema di protezione civile e gestione delle emergenze, acchè si dedicassero poi e nelle rispettive sedi di appartenenza, alla redazione appunto dei piani d’emergenza e di evacuazione che, ricordiamo, non sono la stessa cosa. 

Il Decreto dirigenziale (Regione Campania) n° 60 del 29 gennaio 2014, nella tipologia degli investimenti ammissibili contempla e prevede elargizione di denari anche europei per le seguenti finalità:
o       Redazione di piani d’emergenza comunali o comprensoriali.
o    Aggiornamento di piani d’emergenza comunali o comprensoriali già redatti o da conformare alle direttive regionali e dipartimentali (Protezione Civile).
o  Diffusione informativa dei piani d’emergenza già redatti o da redigersi alla popolazione.
o   Potenziamento dei sistemi atti a gestire le emergenze da parte dei comuni e delle province.

Per molte municipalità tale redazione sarà sostanzialmente facile, ma non per quelle ricadenti in settori sottoposti al rischio vulcanico, dove il  piano d’emergenza dovrà contenere ineluttabilmente anche quello di evacuazione, altrimenti abbiamo perso tempo e dato input ai cittadini per altri ricorsi alla corte europea di Strasburgo sui diritti dell’uomo (CEDU).  I comuni che rientrano in aree vulcaniche sono:

Zona rossa Vesuvio
Zona rossa Flegrea
Zona rossa Ischia
BOSCOREALE
BACOLI
?
BOSCOTRECASE
MARANO
?
CERCOLA
MONTE DI PROCIDA
?
ERCOLANO
NAPOLI (quartieri )
?
MASSA DI SOMMA
POZZUOLI
?
NAPOLI  (3 quartieri)
QUARTO
?
NOLA       (parziale)

?
OTTAVIANO


PALMA CAMPANIA


POGGIOMARINO


POMIGLIANO D’ARCO (enclave)


POMPEI


PORTICI


SAN GENNARO VESUVIANO


SAN GIORGIO A CREMANO


SAN GIUSEPPE VESUVIANO


SAN SEBASTIANO AL VESUVIO


SANT’ANASTASIA


SCAFATI


SOMMA VESUVIANA


TERZIGNO


TORRE ANNUNZIATA


TORRE DEL GRECO


TRECASE






Nelle FAQ se non c’è già una tale domanda la anticipiamo noi: per Ischia quali sono i comuni da ritenere a rischio vulcanico? In altre parole è tutta l’isola che è sottoposta a un siffatto rischio? Urge velocemente una risposta…

Nuova Zona rossa Vesuvio
Lo stimolo regionale tratta soprattutto d’interventi immateriali da finanziare. Quindi, se le richieste vertono solo sull’acquisto di attrezzature e mezzi dovrebbero essere prontamente rigettate. Lo stesso dicasi per le attività di formazione che sono sancite da altre iniziative di tipo regionale come accennato in precedenza. Bisogna allora che si spremano le meningi e si elaborino piani d‘emergenza e di evacuazione ben concepiti e chiari, anche perché dovranno poi essere  pubblicati in rete sui portali comunali e provinciali, onde rispettare il patto dell’informazione corretta e puntuale da assicurare ai cittadini a cura del sindaco. 

Ricordiamo ai Comuni che ospitano industrie a rischio (nella figura sottostante i siti maggiormente rilevanti ubicati nella provincia di Napoli), che anche in questo caso bisogna acquisire se non lo si è già fatto, il piano d’emergenza redatto dalla direzione dello stabilimento, onde carpire tutte le informazioni utili e necessarie per affrontare eventualmente le emergenze ipotizzate nel documento di analisi del rischio, onde procedere a una pianificazione che contempli strategie comuni che limitino danni diretti e indiretti alla salute dei cittadini. 
Non sappiamo con esattezza quanti Comuni hanno aderito al bando per essere finanziati in tema di sicurezza. Semmai ci fosse qualche Comune che non ha inteso partecipare, la sicurezza di quei cittadini dovrà essere comunque assicurata attraverso provvedimenti in surroga utili per garantire in ogni caso l'imprescindibile diritto alla sicurezza.


giovedì 8 agosto 2013

Naples, the Vesuvius and the Phlegraean Fields: ...di Malko

The islands flegree
                              Naples, the Vesuvius and the Phlegraean Fields

The province of Naples is characterised by the three volcanic complexes of the Vesuvius, the Phlegraean Fields and the island of Ischia. Despite their closeness to each other, each of them has completely different characteristics as well as dissimilar form and extention.
The Vesuvius, the most famous of the three, easily recognisable by its distinctive shape and profile, gave rise to the most famous eruption in history. In 79 AD a plinian explosive eruption buried  the cities of Pompeii and Herculaneum thus providing us with a significant part of the world’s archaeological heritage. This was, however, only one of many eruptions the last of which took place in 1944.


The  island of Ischia is the upper part of a submarine volcano. About 55,000 years ago a violent explosive eruption took place known as the green tuff stone of Epomeo; the most important in terms of intensity and morphological transformation, its violence created a caldera which was invaded by the sea and later filled with the accumulation of piroclastic material that erupted from numerous eruptive vents on the island. 
Mount Epomeo is not a volcano but rather a sort of tuff stone column pushed up by the magma beneath. At an altitude of 787 metres, it is the highest point on the island. On the eastern side of its base are  numerous eruptive centres, the product of past effusive and explosive activity that has often taken place after long periods of quiescence. The last eruption was that of the Arso which took place in 1302 AD. Today, the island has important hydrothermal and fumarolic activity which is the manifestation of an uncalmed activity beneath the ground. A few years ago a loud rumble on the side of Forio caused alarm but it turned out to be only a vapour jet which had been suddenly released from beneath the hillside. 
Tuff stone is easily eroded by the elements – wind, sun and water. This explains the vast number of boulders balanced precariously on the steep slopes of Monte Epomeo. An earthquake could easily shake the ground and cause them to tumble down the mountain. Amazingly enough, one of the biggest of these did fall down in the past and was then chiselled and sculpted into a house which is now inhabited.
Monte Nuovo (1538)
The Phlegraean Fields are a particularly complex and extensive volcanic area with numerous eruptive centres. One of the most violent eruptions, the Campanian Ignimbrite, took place about 39,000 years ago while the Neapolitan Yellow Tuff Stone eruption took place 15,000 years ago. The most recent eruption was that of 1538 which in a week formed Monte Nuovo, destroying a village and transforming the landscape around it.
Classical iconography has always associated Naples with the Vesuvius. However the city’s real volcano is the Phlegraean Fields whose yellow tuff stone, the product of numerous eruptions over the centuries and millenia, lies beneath it. The construction of the city over the centuries has been characterised by the use of yellow tuff stone dug out from open air quarries, underground galleries and frequently even dug out in vertical shafts beneath the building that was then built with the extracted stone. This technique of stone extraction created large underground cavities which after being plastered served as cisterns for collecting rain water (see figure on the left). The subsoil is consequently riddled with cisterns and shafts which in the Greek and Roman period had already given rise to aqueducts with flowing water.
Cava sotterranea di tufo giallo appena scoperta
in località Piscinola (NA)

This incredible network of water canals, cisterns and wells which reached courtyards, and stairwells within houses needed maintenance from workers called the ‘pozzari’. To work in such narrow spaces they needed to be of small stature. They wore a light covering of sacking as protection from the cold and as protection for their clothes which would otherwise have been torn by scraping against the stone walls of the narrow shafts. It is likely that the figure of the ‘pozzaro’ gave rise to the legend of the ‘monaciello’ the ethereal child, generous if  at times also mischievous, so beloved by Neapolitans. The ‘monaciello’ however, is found not only in Neapolitan folk tradition but all along the Sorrento coast where there are also banks of tuff stone that have been perforated with shafts and  wells. And so we always leave a little piece of bread on the table after dinner for him…
The grey tuff stone of  Sorrento was produced by the fall of pyroclastic material from the Phlegraean Ignimbrite eruption (Archiflegreo). Surface lithoid banks are visible, above all, in cliffs overlooking the sea. Caves dug out over the centuries to extract stone for building and used as shelters or boat yards (monazeni) can also still be seen from the sea.
The figure above shows the "eye of the mountain", the initial, circular part that is dug out, widening as it descends, forming a bell shape. Stairs cut into the stone walls are also visible with signs of soot left by oil lamps.

Tratto dell'acquedotto romano sotterraneo che adduce a una
 cisterna  in zona Chiatamone (NA)
The photo on the left shows a branch of the aqueduct. In the foreground the base of the water canal in the shape of an upside down rectangle is plastered to protect it from  free flowing water (tuff stone is not impermeable) From canal to canal and cistern to cistern, the water network served the entire city. During the Greek and Roman periods the aqueduct, known as the Bolla, was second longest only to that of ancient Carthage. 
In 1629 Don Cesare Carmignano, assistant to the engineer Alessandro Ciminello, designed the enlargement of the aqueduct, by now inadequate to satisfy the increasing needs of the city. He provided it with new waters extracted from Sant'Agata dei Goti in the Benevento area. Known as the Carmignano after its planner, it remained in use until 1885 after which it was closed up following the numerous epidemies that hit the city.
The tuff stone, literally showered on the city by explosive volcanic eruptions together with lapilli and pozzolana were to be irreplaceable building materials while the incomparably fertile soils still provide nourishment for precious vines, fruit trees and tomatoes. Tuff stone has been transformed into tombs, cisterns, temples, castles, cathedrals and aqueducts. It has served to build city walls and fortifications. In the Second World War the subsoil of Naples was used for air raid shelters which saved the lives of hundreds of people.
The salubriousness of the Phlegraean Fields and the fertility of its soil still make it, together with the Bay of Naples a desirable destination for a cultured tourism that wishes to relive the splendours of Roman civilisation.


Neapolitans live out a strange relationship with their volcanoes, debateable and illogical, but also romantic and fatalistic. A bond that today is particularly difficult, given the excessive increase in population that instead of proliferating far from eruptive vents has created a demographic stranglehold around them. Like living in front of a cannon barrel; safety will depend on the length of the fuse and how early on we will be able to see the spark!

Translation: by Lisa Norall