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sabato 9 maggio 2015

Rischio Vesuvio: Torre del Greco comune mediano... di MalKo

Porto di Torre del Greco

Ultimamente parlando del Vesuvio e del rischio vulcanico associato, gli argomenti di discussione vertono spesso sulla nuova zona rossa e su tutto ciò che ne concerne. Il tono discorsivo in prevalenza è ottimistico e la stampa da ampio spazio ai protagonisti di una pianificazione di emergenza che si arricchisce giorno dopo giorno di nuovi capitoli. La Regione Campania si è distinta per una decisa partecipazione alle operazioni di classificazione del territorio, in qualche caso sovraesponendosi addirittura al Dipartimento della Protezione Civile, che rimane comunque il soggetto principale e istituzionale di riferimento.
Nell’euforia generale i comuni della vecchia zona rossa che ricadono territorialmente nella fascia costiera sono passati nella sordina mediatica, anche perché non sono interessati dalla linea nera Gurioli e dalle complicazioni amministrative che questo tracciato sembra portare con se sul fronte orientale. Nel frattempo avendo intascato qualche soldo dai fondi europei, dovrebbero essere tutti presi dalla stesura dei piani comunali di protezione civile che devono comprendere anche quello per un’eventuale emergenza vulcanica dettata dal Vesuvio.
Nelle mappe tematiche ufficiali, la linea nera Gurioli è stata destinata a rappresentare una sorta di limite di pericolo dalle colate piroclastiche, che sono in assoluto il fenomeno più temuto in caso di eruzione. Non è stata allungata e riportata sul mare la black line, forse perché la campagna di indagini campali effettuata da Gurioli e altri non prevedeva la costosa pratica di prelievo e analisi dei campioni di sedimenti marini, tra l’altro sicuramenti rimaneggiati o definitivamente dispersi dalle onde.
Abbiamo quindi tracciato analiticamente il prolungamento del limite Gurioli, col solo scopo di rendere chiaro anche visivamente alle popolazioni costiere che si è ben dentro all’area ad alto rischio vulcanico, che addirittura, come noterete (fig.a), prosegue oltre la linea di costa. Questo significa una situazione di pericolo che per tutto il perimetro segnalato non comprende aree franche.
Come già abbiamo avuto modo di accennare in precedenti articoli, la fascia costiera a parità di condizioni è quella a maggior rischio perché è stretta tra mare e vulcano. Tecnicamente parlando due ambienti ostili, che in caso di allarme costringerebbero i cittadini a procedere parallelamente al tracciato Gurioli.
Torre del greco è il quarto comune campano per numero di abitanti con una densità abitativa ben più alta dei numeri ufficiali riportati nelle statistiche. Torre è anche il comune ubicato in una posizione mediana costiera, che genera qualche criticità aggiuntiva rispetto ad altre municipalità più defilate. In caso di allarme vulcanico l’evacuazione dei cittadini avverrebbe prevalentemente su ruote. Questa condizione di centralità mediana imporrebbe direzioni di marcia pressoché obbligate, secondo direttrici di fuga parallele alla linea nera Gurioli. Occorrerebbe che i cittadini torresi si accodassero ad altre masse in movimento dalle cittadine viciniori, che andrebbero a gravare su altre frange ancora in allontanamento rinforzandone le schiere.

D’altra parte se nella parte orientale vesuviana è ancora possibile e auspicabile costruire una strada sopraelevata che si protende verso l’autostrada A30 Caserta – Salerno, nel settore occidentale, appunto quello marittimo, l’indice di affollamento e di conurbazione è tale da rendere problematica qualsiasi nuova progettazione viaria che in tutti i casi non cambierebbe orientamento al percorso trasversale al vulcano. L’impegno in emergenza della viabilità ordinaria, come molti sanno è caldamente sconsigliato…
Come scrissero appena 23 anni fa (Quaderni Vesuviani), la via del mare nonostante la sua dipendenza dalle condizioni meteo marine, variabili e non preventivabili in anticipo, può essere una eccezionale risorsa da tenere in debita considerazione per i comuni della fascia costiera qualora si debba evacuare. Il mare è una strada che consentirebbe con adeguati mezzi e organizzazione, di mettersi al riparo dai fenomeni vulcanici più travolgenti percorrendo alcune miglia marine. Cosa che non fu possibile ai disperati ercolanesi che nel 79 d.C. si rifugiarono sotto i fornici della litoranea, mai prevedendo di essere in un attimo mortalmente surriscaldati dalle travolgenti colate piroclastiche.
Un catamarano in servizio nel Golfo di Napoli
Quando analizzammo la via del mare come risorsa strategica, ci rendemmo immediatamente conto che poteva essere una possibilità percorribile perché nel Golfo di Napoli sono normalmente in esercizio due tipi di battelli particolarmente utili in operazioni di evacuazione di massa: i catamarani e le monocarene. Un naviglio veloce che ha come caratteristica principale un basso pescaggio e una buona manovrabilità.
Gli equipaggi poi, hanno grande esperienza perché operano ordinariamente nei collegamenti con le isole napoletane, attraccando in porti di piccole dimensioni. Ognuno di questi traghetti potrebbe trasportare per ogni corsa e nel giro di pochi minuti, oltre 300 passeggeri in direzione porto di Napoli. Ovviamente lo sfruttamento di questa risorsa già disponibile in loco, richiede la necessità di avere nel porto oggetto di possibili operazioni marittime, un tratto di banchina permanentemente agibile e conformato e attrezzato per un attracco rapido. 

Durante l’esercitazione Vesuvio 2001 tenutasi a Portici, fu preteso e si ottenne di testare proprio la via del mare come risorsa alternativa evacuativa delle popolazioni appiedate, facendo giungere nel porto del Granatello un traghetto veloce. Seguimmo con attenzione le operazioni di attracco e imbarco e rimanemmo veramente meravigliati dalla rapidità della manovra e dalla velocità di crociera della monocarena, che alla partenza lasciò in coda tutti i pur veloci battelli d’appoggio.
Il Porto del Granatello (Portici)
L’assessore regionale Edoardo Cosenza potrebbe in seno all’attualissimo e interessantissimo progetto di sistemazione integrata del porto di Napoli, prevedere nel primo tratto portuale dai grandi piazzali, predisposizioni strutturali d’attracco rapido in banchina e anche una elisuperficie segnalata. Se ricordiamo bene, da quella posizione si accede tra l’altro e rapidamente anche alla rampa d’immissione in autostrada.
Lo stesso dovrebbe fare l’amministrazione comunale di Torre del Greco impegnando le migliori risorse umane disponibili in loco per strutturare al meglio il suo porto nelle logiche della prevenzione e della gestione delle emergenze, e non solo del turismo... L’assessore alla protezione civile potrebbe farsi parte diligente visto che nelle sue competenze rientra il rischio vulcanico e tutte le logiche della prevenzione delle catastrofi. L’esponente politico potrebbe proporre l’inclusione nel piano comunale urbano di tali interventi preventivi, compreso un’area atterraggio elicotteri che manca…
Per poter vivere con una certa serenità in un territorio vulcanico, occorre innanzitutto che sia bandita dalle genti l’indifferenza quale modus pensandi e operandi. Se non ci fosse stata l’indifferenza, non ci sarebbero stati venti anni di mancata sicurezza... 

lunedì 13 aprile 2015

Rischio Vesuvio: segreto di Stato?...di Malko


Rischio Vesuvio: segreto di Stato?”  di MalKo

L’ing. Fabrizio Curcio è il nuovo capo dipartimento della Protezione Civile. Una scelta fortemente voluta dal prefetto Franco Gabrielli che ha garantito al dipartimento l’ascesa di un interno ai massimi livelli scartando così la carta dell’intruso probabilmente poco gradita al personale e alle esigenze del Giubileo.
Della gestione Gabrielli se ne sentiva comunque il bisogno per riportare sobrietà in una struttura forse troppo contigua al potere e troppo sbilanciata su opere tutt’altro che riguardanti il rischio e le emergenze con le cricche in perenne agguato. Gabrielli da questo punto di vista ha riportato rigore in una struttura che a volerne parlare male si giocava facile…Al comando della Prefettura di Roma, in ambiente più affine come humus al suo curriculum vitae, probabilmente l’ex capo dipartimento potrà dimostrare il suo valore investigativo e organizzativo sull'emergenza scandali che attanaglia mafia capitale. Il nostro augurio è di fare bene…

L’ing. Curcio invece, è chiamato a dare risposte sui grandi temi della sicurezza e a offrire soluzioni anche sul problema più grande e più in vista che affligge il nostro Paese: il rischio Vesuvio. I media internazionali si chiedono come si coniuga un vulcano esplosivo all’interno di una metropoli. In realtà la domanda dovrebbe essere inversa: come si è arrivati a costruire una metropoli intorno a un vulcano esplosivo…
Il Vesuvio e i Campi Flegrei con le loro rispettive zone rosse e poi gialle e poi blu, contornano e lasciano emergere il quadro d’insieme di una città (Napoli) completamente segnata e serrata a est e a ovest dal Vesuvio e dal distretto calderico flegreo. Vulcani snobbati come monito e addirittura assaliti da un’urbanizzazione selvaggia, cresciuta decennio dopo decennio grazie a una viscerale ricerca del consenso elettorale da parte di non pochi amministratori che hanno trovato non di rado sponda in quella parte del mondo della cultura e della scienza che non rifugge per motivi diversi dal “cemento ristoratore”.
La clemenza geologica in troppi la interpretano erroneamente come vecchiezza di uno strato vulcano (Vesuvio) oramai disarmato e che di recente divide la scena mediatica con la non meno pericolosa caldera flegrea, che si fregia tra l’altro del titolo di supervulcano. Per chi non conosce i luoghi, sappia che I due distretti vulcanici sono in vista l’uno dell’altro…

A fronte di cotanto pericolo le strategie difensive del nostro Paese puntano tutte sulla mitigazione del rischio vulcanico attraverso la previsione del fenomeno eruttivo piuttosto che la prevenzione. Quest’ultima disciplina ha tempi lunghi, e necessita quale premessa d’attuazione di una staffetta tra un’amministrazione e l’altra, con atti politici illuminati e soprattutto protesi al futuro con l’obiettivo di offrire ai posteri una situazione territoriale meno scellerata.  Mettere ordine in un territorio gravemente compromesso come quello vesuviano, orfano di strateghi dello sviluppo sostenibile, e tra l’altro con un’opinione pubblica che nicchia su un argomento che implica certamente rinunce che nessuno vuole fare, è impresa veramente difficile. Alle generazioni che verranno, con quest’andazzo lasceremo nella migliore delle ipotesi un’eredità letteralmente parlando minata…

Per abbattere il rischio vulcanico nel nostro caso dovrebbe essere necessario rimuovere il pericolo (Vesuvio) o il valore esposto (popolazione). L’inamovibilità del Vesuvio non lascia dubbi sulla necessità di operare in termini di difesa esclusivamente sulla movibilità della popolazione che dovrà essere evacuata all’occorrenza in un’unica soluzione e poco prima che il pericolo si materializzi con tutta la sua virulenza distruttiva.
I nostri esperti prevedono di prevedere almeno 72 ore prima l’insorgere di un’eruzione... Il problema è che se la previsione contiene un errore (n…) la previsione della previsione conterrà un errore (n+n). Quindi bisognerà tendere all’errore zero per avere una previsione utile se non infallibile.

Ragionando cinicamente, con cotali strategie difensive il ruolo della scienza, soprattutto di quella deputata al monitoraggio delle aree vulcaniche, assurge a importanza non solo fondamentale, ma addirittura vitale per molte centinaia di migliaia di persone: un vero azzardo quella della sola previsione come tecnica di mitigazione del rischio vulcanico, perchè ha un indice di indeterminatezza alto, e su cui si sta comunque scommettendo e investendo nel vesuviano e nel flegreo, non sappiamo con quanta consapevolezza dei cittadini.
Con questa “filosofia” di fondo, le notizie che riguardano i dati geofisici e geochimici dei vulcani campani sono diventati dati oltremodo sensibili che non sono diffusi in tempo reale, grazie ad accordi che impongono in primis al collaborativo Osservatorio Vesuviano, la trasmissione di notizie di primissima mano al solo Dipartimento della Protezione Civile, secondo accordi che si potrebbero configurare addirittura come segreto di Stato (?).

Ritornando all’ing. Curcio e al suo ruolo apicale dipartimentale, dobbiamo annotare che nell’articolo pubblicato su Le Scienze nell’agosto del 2014, numero dedicato al rischio Vesuvio, argomentò la tesi dipartimentale e regionale sostenuta da Gabrielli e dall’assessore Edoardo Cosenza, a proposito dell’ospedale del mare, il più grande nosocomio dell'Italia meridionale, circa la discutibile dislocazione in zona rossa Vesuvio. Queste le parole: <<la zona rossa non è una zona in cui si smette di vivere e quindi di erogare servizi. Settecentomila persone hanno diritto ad avere un piano di emergenza esattamente come ad avere un ospedale, insomma. E non c’è nessun motivo per pensare che, siccome ad oggi abbiamo una nuova e più ampia zona rossa (sic ? n.d.r.), dobbiamo comportarci come se il Vesuvio dovesse eruttare domani senza che ci sia alcuna ragione scientifica per dirlo>>. 
Napoli (Barra e Ponticelli): limiti zona rossa 1
 e ubicazione Ospedale del Mare
Pensare che l’ing. Curcio potesse avere idee difformi dal capo dipartimento e dal Prof. Cosenza era francamente difficile. Il nostro auspicio però, è che il nuovo capo dipartimento, proprio perché proveniene dalle file dipartimentali e dall’ufficio emergenze, non avendo bisogno di un rodaggio iniziale, affronti immediatamente i problemi della prevenzione che sulla rivista mensile non sembrano emergere.
La nostra Penisola è mangiata dal cemento secondo logiche assurde che danno importanza a quello che si costruisce piuttosto che al dove si costruisce. In una realtà come quella vesuviana o flegrea, le esigenze dei piani di evacuazione avrebbero dovuto condizionare la metamorfosi del territorio e non viceversa, cioè piani che devono adattarsi a quello che rimane di una politica di sviluppo mangia spazio.

La gestione delle emergenze non dovrebbe preoccupare o distrarre il neo capo dipartimento, atteso che c’è il Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco che di mestiere fa proprio quello, con ispettorati e caserme e nuclei specializzati sparsi in tutto il Paese. Qualcosina in Italia in tema di organizzazione della sicurezza e della difesa civile bisognerebbe proprio rivederla, soprattutto in termini di ruoli e competenze per evitare doppioni che tra l’altro non hanno un costo zero. Chi fa chi e che cosa (?)… Attendiamo risposte.


lunedì 30 marzo 2015

Rischio Vesuvio: gli incubi del prefetto Gabrielli...di Malko


  
Rischio Vesuvio: un vulcano da incubo..." di MalKo

Recitano i giornali che il capo della protezione civile Franco Gabrielli ha raccontato che il Vesuvio e un possibile terremoto in Calabria sono le due condizioni di rischio che gli tolgono il sonno… L’analisi è assolutamente da condividere con qualche precisazione che riguarda il suo dicastero a proposito del piano di evacuazione che ancora non salta fuori dai famosi cassetti.

In molte pubblicazioni ad oggetto il rischio vulcanico si evidenziano come i danni subiti dalle popolazioni sarebbero generalmente rapportati all’energia che sprizzerebbe fuori dal sottosuolo, secondo alcune logiche che evidenziano uno stretto collegamento tra l’energia liberata sotto forma di eruzione, le fenomenologie vulcaniche e la superficie territoriale coinvolta.
Tutti dati che non è possibile reperire a priori perché l’incognita sul quando e con quanta energia si verificherà la prossima eruzione del Vesuvio, rimane un’irrisolvibile equazione matematica che grava sull’agglomerato urbano vesuviano. Almeno oggi…domani chissà!

Alcuni ricercatori per rispondere al duplice interrogativo appena prospettato, e soprattutto per fornire elementi di valutazione alla parte politica e istituzionale che ha responsabilità dirette nella gestione del territorio a rischio, hanno elaborato studi statistici pubblicando alla fine percentuali probabilistiche sull’eruzione che verrà. Una sorta di proiezioni con la differenza che qui il campione rappresentativo (eruzioni) è numericamente irrisorio e oltremodo datato. Diciamo che ci provano a ipotizzare le energie che verrebbero messe in gioco per capire quanto territorio verrebbe interessato dalle varie fenomenologie… ma sul quando avverrà nessuna proiezione al mondo potrebbe avere un minimo di utilità pratica. Lo stesso dicasi per il rischio sismico che è ancora più imprevedibile e meno puntiforme della bocca di un vulcano. Di contro però, strategie costruttive antisismiche possono ridurre significativamente le conseguenze per le popolazioni esposte. Di fronte a un flusso piroclastico invece, non c’è difesa di superficie che tenga.

Una ripresa eruttiva con eruzione di tipo VEI 3 viene data quantitativamente parlando probabile, semmai il Vesuvio dovesse interrompere il suo stato di quiete nell’arco dei prossimi 130 anni. Nella peggiore delle ipotesi assisteremmo a una VEI 4 dicono gli esperti analisti, cioè a una eruzione di tipo sub pliniana simile a quella che flagellò l’area vesuviana nel 1631. L’eruzione pliniana (VEI 5), quella famosa di Pompei e Avellino, è stata letteralmente esclusa negli scenari di rischio elaborati dall’insonne capo Dipartimento della Protezione Civile.

Il  Prefetto Gabrielli sa perfettamente che in Italia il rischio lo si vuole maneggiare senza rinunce e senza scontentare gli amministratori regionali e comunali che hanno dalla loro il disinteresse di non poca parte della popolazione vesuviana che affronta il problema Vesuvio con una semplice alzata di spalle.
C’è poi la minoranza silenziosa che vive con ansia la sua condizione di promiscuità con il vulcano, e se non va via dalla plaga a rischio è solo perché l’informazione gli propina un quadro di iniziative rassicuranti, edulcorate e senza approfondimenti. Le notizie date in un certo modo implicitamente diffondono fiducia nello Stato di diritto che dovrebbe garantire ad ogni cittadino il bisogno sociale di sicurezza. Purtroppo non è così e la storia dell’Aquila, del terremoto  e della commissione grandi rischi che poi non era commissione, così dicono in quel contesto generatosi il 31 marzo 2009, dovrebbe far riflettere sulle necessità di indipendenza della scienza dal mondo dei gatti e delle volpi. La sicurezza e le tutele non possono essere di apparenza…

Al Capo Dipartimento manca l’arma della prevenzione, e forse pure quella dell’interventistica perché non siamo sicuri che prima della sua prossima destinazione funzionale il prefetto Gabrielli riuscirà a battezzare un serio piano di evacuazione per l’area vesuviana di cui auspichiamo di avere presto notizie in rete. Un piano tra l’altro, che al Prefetto compete direttamente e istituzionalmente (piano di livello nazionale), anche se condivide il fardello con la Regione Campania rappresentata dall’assessore Edoardo Cosenza. Il vulcanico amministratore a tal proposito pubblicizza la carta strategica  evacuativa con la fine dei lavori per la realizzazione della terza corsia sull’autostrada A3 Napoli – Salerno, senza dare enfasi al fatto che da Pompei a Salerno le corsie sono e saranno tombalmente due e senza corsia di emergenza…

Lo spigoloso capo dipartimento ha dimostrato zelo da vendere, intimando ai parenti di alcune delle vittime del terremoto dell’Aquila la restituzione delle somme percepite in anticipo quali danni dovuti dalle rassicurazioni ricevute da un ex dirigente della protezione civile. Tecnicamente parlando avrebbe dovuto profondere pari piglio nel campo della prevenzione, magari valutando bene i contorni della nuova zona rossa e le complicanze tecniche e amministrative che tale scelta ha determinato.
Infatti, contrariamente al battiage pubblicitario, il diametro della zona rossa a maggior rischio vulcanico in realtà si è ristretto rispetto alla vecchia perimetrazione, mentre si è allargato il diametro dei territori da evacuare all’occorrenza, attraverso un piano di evacuazione che ricordiamo a noi e alla corte di  Strasburgo e alla Procura di Torre Annunziata, ancora non c’è.

Non è semplice spiegare bene questo concetto della zona rossa per chi non segue l’argomento da tempo e con attenzione, ma è necessario cercare di comprendere astuzie e ingenuità, visto che in gioco ci sono le vite dei burattini vesuviani odierni e futuri.
Il Comune di Boscoreale con sentenza del tribunale amministrativo regionale (TAR) n° 02561/del 05.08.2014 si è visto riconoscere il diritto ad estrapolare la parte di territorio comunale eccedente la linea nera Gurioli, in modo da uscire dalla tenaglia regionale che vieta l’edificato residenziale e i condoni edilizi nella zona vulcanica a maggior rischio (Rossa 1). La sentenza del TAR infatti, ha accolto il ricorso del Comune di Boscoreale e per tale motivo la Regione Campania nonostante il grande impegno dell'assessore Edoardo Cosenza, dovrà procedere alla ridefinizione della zona rossa 1 che sarà, in assenza di volontà specifiche dei comuni o decreti governativi, coincidente totalmente con l’area definita dalla linea nera Gurioli. La sentenza infatti, sostanzialmente lascia intendere che la Regione non può sostituirsi alla commissione grandi rischi (consesso scientifico) nella definizione della zona a maggior pericolo identificata appunto col perimetro Gurioli.

Boscoreale prima della sentenza TAR:
 intero territorio in rossa1
La mappa a sinistra mostra il comune di Boscoreale prima della sentenza del TAR. Tutto il comprensorio è in zona rossa 1 e quindi come detto soggetto alla legge regionale 21 del 2003 che vieta l’edilizia residenziale. La cartina sottostante invece,mostra il Comune di Boscoreale dopo la sentenza del TAR del 2014. Come vedete la parte eccedente la linea nera Gurioli deve 
Boscoreale dopo la sentenza TAR: territorio suddiviso
dalla linea nera in rossa 1 e rossa 2
intendersi amministrativamente in zona rossa 2. Cos’è la zona rossa 2? Una parte di territorio dove si dovrà scappare a gambe levate in caso di allarme vulcanico ma nel contempo è ancora possibile costruire con tanto di licenza edilizia e condonare gli abusi edilizi… Ovviamente le sentenza fanno giurisprudenza e,quindi, ciò che vale per Boscoreale vale pure per gli altri comuni attraversati dal segmento Gurioli, tra cui Pompei, Torre Annunziata e altri..

Con la sentenza del TAR tutte le casette in rosso nella mappa sottostante si trasformeranno in verde. La linea Gurioli sarà quindi destinata ad avere una crescente importanza al catasto quale limite di inedificabilità totale piuttosto che un limite scientifico di pericolo, tra l’altro di taglio deterministico…
Difficile dormire con queste schizofrenie amministrative… alla fine rimane solo l'amarezza nel constatare che lo stesso Stato è produttore di rischio in un mondo che pare quello di Collodi e l’informazione che dovrebbe puntare su un giornalismo investigativo quale valore della democrazia, si riduce invece alla pubblicazione in serie delle veline passate dalle varie segreterie... 


Le casette rosse identificano il territorio soggetto inizialmente all'inedificabilità residenziale. Con la sentenza del TAR del 2014  l'area compresa tra il tracciato rosso e nero diventa Rossa 2 e sarà quindi possibile edificare e condonare gli abusi edilizi.

sabato 8 novembre 2014

Rischio Vesuvio e lo strategico assessore regionale...di Malko




“Rischio Vesuvio e lo strategico assessore regionale...”

Il primo problema per gli strateghi del piano d’emergenza Vesuvio dovrebbe essere l’impossibilità di definire con certezza il territorio su cui potrebbero abbattersi gli effetti di una possibile eruzione vulcanica. La Commissione Grandi Rischi e il parterre della Protezione Civile Nazionale guidata dal prefetto Franco Gabrielli, hanno ufficializzato la linea nera Gurioli come limite di pericolo per marcare la zona a massima pericolosità corrispondente a quella invadibile dai flussi piroclastici per eruzioni non eccedenti un indice energetico VEI 4. Ovviamente queste certezze confluite nell’adozione di una linea geo referenziata sono discutibili, perché un tale decisionismo non è supportato da elementi concreti di valutazioni che consentano un fare deterministico. Parliamo di una struttura vulcanica emersa e sommersa che ad ogni eruzione muore e risorge senza nessun rapporto gemellare con la miscela magmatica precedente.

Le eruzioni pliniane (VEI 5) di fatto sono state scartate nella scenografia del pericolo, perché secondo gli esperti statistici e la commissione grandi rischi, la possibilità di una siffatta tipologia eruttiva è solo dell’1%. L’assessore regionale alla protezione civile, Ing. Edoardo Cosenza, ha aggiunto in alcune dotte disquisizioni che il rischio di essere colpiti da un meteorite supera la possibilità che ci colga una pliniana. Secondo la tabella statistica allo scopo adoperata, tra 130 anni la probabilità che una futura eruzione del Vesuvio assuma carattere da pliniana salirà secondo le stime all’11%, e forse bisognerà ridisegnare la nuova zona rossa Vesuvio che oggi già ricade nei limiti per niente periferici della metropoli partenopea.
L’assessore Ingegnere Edoardo Cosenza è stato il vero protagonista del consesso di geologi riunitisi a Napoli il 14 ottobre 2014 per discutere di rischio Vulcanico. Con fare deciso, il responsabile della protezione civile regionale Campania ha spiegato alla platea che i tempi di ritorno di un’eruzione pliniana sono di 23.000 anni, quelli sismici di 475 anni e quelli alluvionali legati al fiume Sarno di appena 100 anni.   Secondo il relatore, in zona rossa Vesuvio bisogna quindi occuparsi in primis della robustezza delle case che vanno riattate, adeguate in senso antisismico e dotate di tetto a spiovente per evitare pesanti accumuli di cenere e lapilli sulle coperture. Questa posizione è condivisa anche dal Prefetto Franco Gabrielli. Non ci hanno spiegato i due dirigenti però, i ruderi e gli spiccati che non contemplano oggi e per degrado alcun abitante, una volta ripristinati con quale legge se ne vieterà l’utilizzo a uso abitativo per non incrementare il valore esposto nel sedime a rischio. Diversamente perchè spendere? Non c’è tempo per una risposta, perché nelle attenzioni dell’ingegnere c’è già il fiume Sarno che dovrà essere dotato di una procedura o di un sistema di rapida ripulitura degli alvei dagli accumuli di piroclastiti per evitare fastidiosi alluvionamenti…

Il secondo elemento su cui ugualmente non si possono riporre certezze è il numero di abitanti che deciderà autonomamente di andare via, con o senza supporto economico dell’amministrazione statale, dalle zone prossime a quelle rosse ufficializzate, semplicemente per motivi precauzionali magari perché non si condividono le meteoritiche certezze… Un caso potrebbe offrirlo la cittadina di Striano che pur incastrata geograficamente tra Palma Campania e Poggiomarino non è stata contemplata nel settore da evacuare preventivamente in caso di allarme. In compenso però, nell’ultimo consiglio comunale strianese sono state approvate le linee regionali per la prevenzione del rischio sismico.

Zona rossa Vesuvio 1 e 2

Il terzo elemento che è di riflessione, riguarda la possibilità offerta agli abitanti ubicati a oriente del vulcano (Poggiomarino e Scafati), di continuare a costruire con licenza edilizia saturando metro dopo metro un territorio che con il passare degli anni ricadrà per intero nel settore dei flussi piroclastici pliniani. Questi comuni fanno parte della zona rossa 2 (R2), quella cioè, dove la ricaduta di prodotti piroclastici potrebbe creare fin dai primi momenti eruttivi problemi seri alla respirazione. Inoltre, la statica dei solai di copertura potrebbe essere compromessa dall’accumulo dei prodotti cinerei espulsi dal vulcano.  Una decisione miope la mancata prevenzione in quest’area, con disposti normativi che non vietano l’implemento della popolazione ma stabiliscono la fuga a gambe levate in caso di allarme vulcanico. Non vogliono comprendere gli amministratori che i decenni non sono eternità, e quindi non dovrebbero consentire ulteriori insediamenti nella plaga vesuviana, con cittadini che possono ritrovarsi esposti come birilli su un tracciato di bowling…

Il quarto elemento di incertezza riguarda i tempi a disposizione per evacuare all’occorrenza l’area vesuviana e che dovranno essere utili e di anticipo sull’evento eruttivo. L’autorità scientifica ci ricorda che lo start lo dovrà dare l’autorità politica su cui si faranno confluire tutti i dati rilevati dalle stazioni di monitoraggio. Sarebbe interessante capire qual è la percentuale di rischio che potrà essere assorbita dalle spalle della Presidenza del Consiglio e dalla commissione grandi rischi riunita, in caso di emergenza, in seno al dipartimento della protezione civile, e quale valore percentuale invece dovrà dare origine inevitabilmente all’evacuazione della plaga vesuviana. Ovviamente e condividiamo, in ultima analisi è preferibile un falso allarme piuttosto che uno tardivo… L’indice probabilistico eruttivo per far scattare l’evacuazione totale dovrebbe essere del 50% + 1. Purtroppo c'è un'assenza di riferimenti utili per indicizzare trend e percentuale statistica... La percezione degli scienziati allora, rimarrà quindi di fondamentale importanza.

Il quinto elemento di incertezza riguarda i Comuni che stanno lavorando con i fondi europei ai piani di emergenza nel rispetto delle linee guide ricevute. Come abbiamo accennato altre volte, speriamo che i municipi non affidino in toto ad esperti esterni la redazione dei piani di protezione civile, perché verrebbe meno il processo auto formativo degli addetti locali, particolarmente importante per la gestione delle emergenze e per l’aggiornamento degli elaborati tecnici.

Il Vesuvio nel frattempo è pregato di mantenere il suo stato di quiete almeno fino al 31 dicembre del 2015, che pare sia la data limite per la consegna e la pubblicazione dei piani comunali di protezione civile anche online. Nella tabella che segue sono riportati i livelli di allerta, le fasi operative e le autorità politiche che decideranno i vari passaggi. 



Il sesto elemento di perplessità riguarda le affermazioni rilasciate  dall’assessore regionale Edoardo Cosenza a proposito dei tempi di ritorno delle eruzioni pliniane misurate a 23.000 anni.  Trattasi di una colossale inesattezza…I maggiori organismi scientifici infatti, e fra tutti l’Osservatorio Vesuviano, rifuggono da una tale interpretazione perché non è possibile oggi definire i tempi di ritorno di una qualsivoglia tipologia di eruzione per tutti i vulcani in generale e in particolare per le eruzione pliniane del Vesuvio.   C’è allora da riflettere sul perché di certe affermazioni…

In realtà se fosse passato il principio che i piani d’emergenza devono contemplare l’evento massimo conosciuto e non quello maggiormente probabile, per prassi normativa all’intera metropoli partenopea segnata da tre distretti vulcanici, bisognava applicare il divieto di edificare in senso residenziale. Principi stabiliti dalla legge regionale numero 21 del 2003. Con tale modus operandi si avrebbe avuto l’indiscutibile vantaggio di una stabilizzazione del numero di abitanti della metropoli vulcanica. Di conseguenza si sarebbe dovuto pianificare lo sviluppo sostenibile in altre province campane che possono assorbire agilmente un certo numero di abitanti e, quindi, partire dalla progettazione di nuove vie di comunicazioni che si andrebbero a scostare da quelle tradizionali e parallele alla linea di costa. I nastri d’asfalto e le linee ferrate punterebbero verso gli appennini… L’edificato nascente comprenderebbe palazzi costruiti con criteri antisismici, in un contesto urbanistico più equilibrato, con ampi spazi e a misura d'uomo. Nel frattempo e auspicabilmente sarebbe iniziato il secolo del riordino territoriale, una sorta di primavera napoletana, con ambiziosi traguardi di rivalutazione del patrimonio paesaggistico e archeologico e storico della metropoli vulcanica, oggi sopraffatta dalla politica e dal cemento quali elementi per niente disgiunti fra di loro.

Vorremmo salutare al più presto il primo piano d’emergenza pubblicato online da qualche virtuoso comune campano per capire come si sta procedendo nel fronteggiare il rischio vulcanico vesuviano, calderico flegreo e ischitano. Sono soldi europei tra l’altro spesi su un argomento che dovrebbe essere nelle attenzioni della corte europea di Strasburgo sui diritti dell'uomo, a proposito delle azioni volte a difendere i vesuviani dal rischio vulcanico. Una problematica oggi nelle mani di un assessore talmente sicuro del fatto suo, che non ha avuto difficoltà ad affermare che ricostruirebbe di nuovo e in zona rossa il più grande e antisismico ospedale del sud Italia... Ipse dixit!

Ospedale del mare - Napoli -