Prefetto Gabrielli - Capo Dipartimento Protezione Civile |
"Rischio
Vesuvio: i piani nel cassetto" di MalKo
Il Prefetto Franco
Gabrielli, come tutti sanno, da novembre 2010 occupa lo scranno di capo
dipartimento della protezione civile. Sostituisce un personaggio scomodo e
inviso a molti: Guido Bertolaso.
Quest’ultimo, nel suo commiato pseudo pensionistico, scrisse che scendeva dalla
nave e che il suo successore (Gabrielli), era salito a bordo già dalle prime
ore del terremoto all’Aquila, senza
neanche rendersene conto: << gli lascio due medaglie d’oro, bofonchia, e
il sacrosanto diritto di reclamarne una terza>>. E ancora: gli lascio un
servizio nazionale che ha dato il meglio di se in Abruzzo …siamo riusciti per
la prima volta nelle grandi tragedie italiane a non far scrivere a nessuno che
i soccorsi erano in ritardo, che qualcuno non aveva ricevuto subito aiuto>>.
Franco Gabrielli, leggiamo,
è entrato in polizia nel 1985, ed è stato impegnato tantissimo
nell’antiterrorismo. A Dicembre del 2006 viene nominato direttore del SISDE.
Poi, su indicazioni di Bertolaso, nel 2009 assume l’incarico di Prefetto
dell’Aquila fino a quando non sostituirà alla guida del dipartimento il suo
chiacchierato predecessore.
Del Prefetto Gabrielli
sappiamo ben poco e il tempo ci dirà se la sua nomina è stata oculata per
riportare onore e competenza a una struttura “sporcata” da non pochi scandali e
zavorrata all’inverosimile dalla politica. Gli imbarazzi però non sono solo
quelli del malaffare fatti di appalti, sprechi, affitti e donnine. Gli scandali
sono anche altri. Un po’ più profondi e che attingono direttamente ai compiti
istituzionali del dipartimento stesso. Il riferimento è tutto rivolto al piano nazionale per l’emergenza Vesuvio
che ancora una volta è in cima alle nostre attenzioni.
Il capo dipartimento
Gabrielli si è recato a Napoli il 18 febbraio 2011 per incontrare le autorità
regionali e le istituzioni competenti in tema di rischio, con un occhio di
riguardo a quello vulcanico. Nelle prime battute il prefetto esordisce
chiarendo subito che:<< Il rischio si misura sull’antropizzazione del
territorio e questo è uno dei territori più antropizzati>>. Gli astanti
annuivano tutti. Parole sante! La missione napoletana comprendeva visita e
rilancio dei piani d’emergenza, soprattutto quelli a maggior… polemica; quindi,
in primis quello per il rischio Vesuvio; in secundis Campi Flegrei e a seguire
Ischia e qualcun altro a minore pericolosità.
Nel merito, il prefetto ha affermato che molto spesso questi piani sono
semplicemente chiusi nei cassetti e, quindi afferma << Si dice abbiamo i
piani: ma i cittadini di questi piani cosa sanno?
Non vorremmo ovviamente
contraddire il capo dipartimento della
protezione civile, il prefetto Gabrielli, che è di recente nomina e deve
ancora “guardarsi intorno”. Vorremmo però, che prima di affermare che i piani
d’emergenza sono chiusi nei cassetti, li verificasse questi piani. Perché i
cassetti potrebbero anche contenere tante carte accuratamente rilegate che non
costituiscono in se un piano d’emergenza. Un piano quando è pronto e
collaudato, si semplifica e si condensa per la parte che interessa la popolazione,
con linguaggio semplice che non lascia arbitrii interpretativi: disegni e carte
tematiche da questo punto di vista aiutano molto. Dopodiché, il piano si
distribuisce in forma cartacea ai possibili utenti da salvaguardare, con tanto
di firma del sindaco (autorità locale di protezione civile), avvisando che è
fatta salva la possibilità di aggiornamenti che vanno segnati a tergo e in
apposite pagine lasciate intenzionalmente in bianco.
Certamente la regione
Campania rappresentata dal governatore e soprattutto dall’assessore alla
protezione civile Edoardo Cosenza, vigilerà acchè i cassetti siano
effettivamente aperti, pratica questa che sarebbe dovuta iniziare, se diamo un
peso alle parole, il 19 febbraio 2011,
garantendo così alla popolazione vesuviana, in verità ottimista e poco
vigile, quell’imprescindibile diritto alla sicurezza che un po’ sembra manchi,
quando si toccano i tasti del rischio Vesuvio, Flegreo e, grazie alla famosa
frase del colpo in canna dell’isola d’Ischia.
Purtroppo pensiamo che ci
siano delle incongruenze fondamentali nelle affermazioni che rilasciano i
nostri rappresentanti istituzionali e amministrativi. Gabrielli ha detto una
cosa giustissima all’inizio del confronto con le autorità campane, tra l’altro
condivisa dal presidente Caldoro e dall’assessore Cosenza: l’antropizzazione
mina in termini di rischio il territorio!
Che cosa fa quindi il sindaco di Napoli il 4 marzo 2011? Leggiamolo dal
Mattino di Napoli: … oggi per lei normale pomeriggio di lavoro. Il primo
cittadino ha presieduto una giunta durante la quale è stata approvata la
variante PUA di Bagnoli e sono stati prorogati i termini del condono. Nel primo
caso è previsto un aumento di 600 case a uso residenziale, mentre per il
condono i termini sono stati prorogati al 31 dicembre 2011.
Bagnoli per chi non lo sa, è
un quartiere della città di Napoli ricadente nella zona rossa a maggior rischio
vulcanico dettato dalla caldera Flegrea, in un settore dove è maggiore la
probabilità che si riversino flussi piroclastici in caso d’eruzione o super
eruzione. Bagnoli è anche il sito dell’esperimento internazionale di
perforazione profonda (Deep drilling Project), progettato e finalizzato al
sondaggio per carpire dati fisici e chimici dal sottosuolo pieno zeppo di magma
sotterraneo. Una perforazione che potrebbe innescare terremoti o eruzioni,
affermano alcuni autorevoli scienziati nazionali e internazionali. Il sindaco
di Napoli quindi, prudentemente ha sospeso l’esperimento giudicandolo troppo
pericoloso per un simile territorio (Bagnoli), rimandando ogni responsabilità
decisionale al dipartimento della protezione civile che potrebbe non essere
super partes in questa faccenda. E le case?
La legge regionale n° 21 del
2003, era molto importante perché prevedeva l’inedificabilità assoluta nell’area
rossa a maggior rischio vulcanico, rappresentato in questo caso dal temibile
Vesuvio. Il 5 gennaio 2011, presso la regione Campania succede che passa un
emendamento che modifica il comma 2 articolo 5 della succitata legge del 2003.
La postilla in questione caldeggiata da una consigliera regionale di Somma
Vesuviana, consentirà interventi di ristrutturazione, anche mediante
demolizione e ricostruzione in altro sito, in coerenza con le previsioni
urbanistiche vigenti, a condizione che almeno il cinquanta per cento della
volumetria originaria dell’immobile sia destinata a uso diverso dalla
residenza.
L’assessore regionale alla
protezione civile, prof. Edoardo Cosenza, esattamente quello che ha incontrato
Gabrielli, dice che vigilerà su questa piccola postilla. La nostra
preoccupazione è che la modifica citata possa essere un primo passo per
favorire i tanti cittadini che premono per dar mano al cemento, oppure che
sperano attraverso questa prima opportunità e come atto successivo, che si
aprano anche i termini per richiedere provvidenziali condoni edilizi che sanino
decenni di abusi che si perpetrerebbero con fiducia.
Intanto il sindaco di Somma
Vesuviana e quello di Sant’Anastasia si scaldano perché la perimetrazione della
zona rossa gli va troppo stretta.
Anzi strettissima. Il sindaco di Boscoreale concorda e plaude. Bisogna
restringerla questa maledetta zona rossa! Un esponente regionale però, di lungo
corso, dice che non bisogna restringerla anzi: sarebbe opportuno allargarla.
Allarghiamola. Ovviamente senza queste limitazioni all’edificazione così
fiscali…
Leggiamo poi che un partito
politico si sta organizzando per presentare il numero di firme necessarie per
varare un referendum abrogativo della zona rossa. Siano i cittadini a decidere
è lo slogan… Qualcun altro parla di zona arancio, mentre da San Sebastiano si
alza il grido: resti pure la zona rossa: ma almeno dateci soldi in cambio.
Anche in questo caso dobbiamo precisare che la zona rossa non va bene a nessun
arco politico. La par condicio in questo caso è perfettamente rispettata. Se
gli togli il cemento, affogano tutti, generalizzando, nella mediocrità che li
caratterizza…
Intanto bisognerebbe capire
perché le autostrade meridionali hanno ingabbiato la popolazione di Portici,
vincolandola a un unico casello d’ingresso in autostrada da condividere con
Ercolano e da raggiungere attraverso un po’ di incroci e qualche galleria
realizzata per sotto passare un … giardino. Eppure l’autostrada è la via di
fuga per i comuni litorali… Al danno la beffa! Per fare questo magnifico
tracciato hanno dovuto pure utilizzare lo spazio vincolato nel piano di
urbanizzazione quale area atterraggio elicotteri per esigenze di protezione
civile… che dire. Se non lasciano qualche rampa praticabile almeno nelle
emergenze, i porticesi saranno come topi in gabbia. Il progetto ovviamente, è
stato cofinanziato dalla regione Campania.
Tra pochi giorni sarà un
mese che si aprono cassetti al dipartimento. Bisogna saper aspettare…Vorremmo
essere i primi a dare la notizia del piano d’emergenza Vesuvio che vede la
luce. Intanto vorremmo sottolineare che
il Vesuvio sarà anche il più grande problema di protezione civile che abbiamo
in Italia, ma è anche il più inestricabile problema politico.
Forse siamo pessimisti.
Ovviamente possiamo anche resettare le nostre apprensioni e dire così, tutti
insieme cittadini e politici, che abbiamo consapevolezza e giudizio
sufficiente per accettare il giochino del cerino acceso…
articolo pubblicato su hyde park il 10 marzo 2011.
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