"Rischio Vesuvio parte sesta" di MalKo
Per dare una completa informazione ai lettori interessati al problema rischio Vesuvio, dobbiamo specificare ed ancora una volta ribadire un concetto fondamentale che riguarda il piano d’emergenza.
Non c’è bisogno che un esperto precisi se i piani esistono e se hanno una valenza operativa. Un piano d’emergenza per essere tale deve essere immancabilmente conosciuto dai possibili e potenziali utilizzatori. Non se ne può fare a meno. Ne consegue quindi, che finché non viene recapitato (parliamo ovviamente dei cittadini del vesuviano), a ogni singola famiglia, una sorta di vademecum a firma del Sindaco in cui s’informano i cittadini sulla necessità di attenersi a delle procedure in caso di allarme vulcanico, il piano d’emergenza di fatto non esiste.
Quando sarà pronto questo famoso aggiornamento del piano d’emergenza Vesuvio, come annunciato dalla Regione Campania da oltre un anno, molto probabilmente questo documento contenente linee guida dovrà poi essere elaborato e attagliato alle realtà e alle esigenze di ogni singolo comune.
Saranno quindi i sindaci, in armonia con le indicazioni sancite a livello nazionale dall’apposita commissione incaricata delle strategie, a varare le istruzioni a livello locale circa il da farsi in caso di emergenza vulcanica.
Quando un sindaco firma un piano d’emergenza, automaticamente dovrebbe anche adoperarsi acchè il territorio non sia stravolto da quella frenesia tutta politica di costruire ovunque e comunque, pensando, di fatto, più a quello che si costruisce che dove si costruisce.
Tuttavia e proprio in virtù di modifiche che possono portare cambiamenti alle realtà territoriali, i piani d’emergenza Vesuvio (uno per ogni comune), dovranno essere periodicamente aggiornati alla luce di eventuali modifiche che dovessero subentrare nel tempo, riguardanti quegli aspetti che possono avere una valenza operativa, come ad esempio la viabilità. Dovrebbe essere una commissione comunale a redigere il piano e, quindi, la stessa dovrebbe riunirsi per apportare eventuali varianti.
Il rischio Vesuvio non è stato mai trattato nella sua vera dimensione che implica trecentossessanta gradi di competenze. Ogni settore di sviluppo regionale, provinciale e comunale dovrebbe, infatti, tener conto delle necessità operative del piano d’emergenza Vesuvio per evitare assurdità in altri articoli evidenziate. La mano destra dovrebbe sempre sapere cosa fa la mano sinistra, perché altrimenti assisteremo a delle contrapposizioni paradossali.
L’informazione in questo campo, e parliamo del piano Vesuvio, non è mai stata genuina. Un esempio concreto lo offre fra i tanti un articolo apparso sulla famosissima rivista del Reader’s Digest, datato marzo 1998. L’articolo che riportava i nomi reali di alcuni protagonisti istituzionali s’intitolava: E se si sveglia il Vesuvio? … pagina 29 esattamente al capitolo Diciassette giugno.
<<… oramai era stato raggiunto il quinto livello e non si poteva più tornare indietro: il vulcano era ad alto e immediato rischio di eruzione. La zona rossa era completamente deserta. Se n’erano andati non solo gli abitanti, ma anche gli ultimi addetti alle operazioni del piano d’emergenza. Pattuglie di agenti e di soldati sorvegliavano il perimetro per impedire agli sciacalli di entrare o uscire. Ogni giorno venivano arrestate decine e decine di persone. Il 25 giugno l’emergenza giunse al sesto livello. Alle 21 una densa colonna di fumo rossastro si levò ribollendo verso il cielo, e il vulcano, sembrò minuscolo sotto la sua immensità. Il giorno dopo nubi ardenti e colate di fango bollente spazzarono i pendii del Vesuvio e cancellarono dalla carta geografica alcuni centri. Onde di marea si abbatterono sulla costa , e la terra fu scossa da violenti terremoti.
Guardando il telegiornale dalla casa nei pressi di Roma dove aveva trovato alloggio, F. R. provò un’immensa tristezza, ma anche un profondo senso di orgoglio. Grazie a una minuziosa pianificazione fatta in anticipo da un piccolo esercito di esperti e pubblici funzionari di cui anche lui aveva fatto parte, e grazie al lavoro senza risparmio delle migliaia di uomini che avevano fronteggiato l’emergenza, il vulcano non aveva fatto neanche una vittima.
Era stata un’impresa degna delle fatiche di Ercole, ma l’avevano portata a termine. E per quanto grandi fossero le difficoltà future, nulla poteva essere paragonato a ciò che aveva appena compiuto. Era bello poter cominciare una nuova vita con questa sensazione dentro>>.
Non c’è bisogno che un esperto precisi se i piani esistono e se hanno una valenza operativa. Un piano d’emergenza per essere tale deve essere immancabilmente conosciuto dai possibili e potenziali utilizzatori. Non se ne può fare a meno. Ne consegue quindi, che finché non viene recapitato (parliamo ovviamente dei cittadini del vesuviano), a ogni singola famiglia, una sorta di vademecum a firma del Sindaco in cui s’informano i cittadini sulla necessità di attenersi a delle procedure in caso di allarme vulcanico, il piano d’emergenza di fatto non esiste.
Quando sarà pronto questo famoso aggiornamento del piano d’emergenza Vesuvio, come annunciato dalla Regione Campania da oltre un anno, molto probabilmente questo documento contenente linee guida dovrà poi essere elaborato e attagliato alle realtà e alle esigenze di ogni singolo comune.
Saranno quindi i sindaci, in armonia con le indicazioni sancite a livello nazionale dall’apposita commissione incaricata delle strategie, a varare le istruzioni a livello locale circa il da farsi in caso di emergenza vulcanica.
Quando un sindaco firma un piano d’emergenza, automaticamente dovrebbe anche adoperarsi acchè il territorio non sia stravolto da quella frenesia tutta politica di costruire ovunque e comunque, pensando, di fatto, più a quello che si costruisce che dove si costruisce.
Tuttavia e proprio in virtù di modifiche che possono portare cambiamenti alle realtà territoriali, i piani d’emergenza Vesuvio (uno per ogni comune), dovranno essere periodicamente aggiornati alla luce di eventuali modifiche che dovessero subentrare nel tempo, riguardanti quegli aspetti che possono avere una valenza operativa, come ad esempio la viabilità. Dovrebbe essere una commissione comunale a redigere il piano e, quindi, la stessa dovrebbe riunirsi per apportare eventuali varianti.
Il rischio Vesuvio non è stato mai trattato nella sua vera dimensione che implica trecentossessanta gradi di competenze. Ogni settore di sviluppo regionale, provinciale e comunale dovrebbe, infatti, tener conto delle necessità operative del piano d’emergenza Vesuvio per evitare assurdità in altri articoli evidenziate. La mano destra dovrebbe sempre sapere cosa fa la mano sinistra, perché altrimenti assisteremo a delle contrapposizioni paradossali.
L’informazione in questo campo, e parliamo del piano Vesuvio, non è mai stata genuina. Un esempio concreto lo offre fra i tanti un articolo apparso sulla famosissima rivista del Reader’s Digest, datato marzo 1998. L’articolo che riportava i nomi reali di alcuni protagonisti istituzionali s’intitolava: E se si sveglia il Vesuvio? … pagina 29 esattamente al capitolo Diciassette giugno.
<<… oramai era stato raggiunto il quinto livello e non si poteva più tornare indietro: il vulcano era ad alto e immediato rischio di eruzione. La zona rossa era completamente deserta. Se n’erano andati non solo gli abitanti, ma anche gli ultimi addetti alle operazioni del piano d’emergenza. Pattuglie di agenti e di soldati sorvegliavano il perimetro per impedire agli sciacalli di entrare o uscire. Ogni giorno venivano arrestate decine e decine di persone. Il 25 giugno l’emergenza giunse al sesto livello. Alle 21 una densa colonna di fumo rossastro si levò ribollendo verso il cielo, e il vulcano, sembrò minuscolo sotto la sua immensità. Il giorno dopo nubi ardenti e colate di fango bollente spazzarono i pendii del Vesuvio e cancellarono dalla carta geografica alcuni centri. Onde di marea si abbatterono sulla costa , e la terra fu scossa da violenti terremoti.
Guardando il telegiornale dalla casa nei pressi di Roma dove aveva trovato alloggio, F. R. provò un’immensa tristezza, ma anche un profondo senso di orgoglio. Grazie a una minuziosa pianificazione fatta in anticipo da un piccolo esercito di esperti e pubblici funzionari di cui anche lui aveva fatto parte, e grazie al lavoro senza risparmio delle migliaia di uomini che avevano fronteggiato l’emergenza, il vulcano non aveva fatto neanche una vittima.
Era stata un’impresa degna delle fatiche di Ercole, ma l’avevano portata a termine. E per quanto grandi fossero le difficoltà future, nulla poteva essere paragonato a ciò che aveva appena compiuto. Era bello poter cominciare una nuova vita con questa sensazione dentro>>.
articolo pubblicato su hyde park il 6 dicembre 2009.
RispondiEliminahttp://www.rivistahydepark.org/rischio-vesuvio-campania/rischio-vesuvio-di-malko-parte-sesta/