"Rischio Vesuvio parte settima " di MalKo
Nel famoso vademecum che dovrebbe essere
consegnato a ogni famiglia del vesuviano (quando sarà), a fronte del rischio
Vesuvio, probabilmente dovremmo trovare nelle prime pagine una tabella
contenente i 4
livelli di allerta vulcanica con le dovute spiegazioni.
Per meglio comprendere questi livelli,
dobbiamo partire dal principio che il Vesuvio è permanentemente tenuto sotto
osservazione dall’Osservatorio Vesuviano. L’osservazione ovviamente non è solo
diretta e a vista, ma anche e soprattutto attuata attraverso sensori che
registrano in modo continuo e in tempo reale i valori chimici e fisici che
caratterizzano la vita del
vulcano.
Gli indici che rappresentano la normalità,
da noi intesa di quiete del Vesuvio, non implicano un granché in termini di
azioni, ma l’allerta non potrà mai essere annullata. Questo significa che 24
ore su 24 e attraverso gli organismi scientifici che operano a mo’ di
“sentinelle”, dovrà essere mantenuto il controllo dei parametri strumentali del
vulcano. Si parlerà quindi e in questo caso, di primo livello (base)
caratterizzato dal colore verde… Un modo per far sapere che il vulcano dorme e lo si osserva.
Se uno o alcuni valori di monitoraggio del
Vesuvio dovesse presentare variazioni significative, si passerebbe al secondo
livello, ovvero di attenzione nell’allerta, contraddistinto dal colore giallo… il vulcano dormiente si è
girato sul fianco diremmo immaginariamente, cioè non sappiamo cosa farà
poi…
Se questi indici numerici dovessero
incrementarsi secondo una scala presumibilmente al rialzo, si passerebbe al
terzo livello (preallarme),
evidenziato dal colore arancione. Il monte ardente prima sopito ora si rigira e produce qualche
sbadiglio…
Una successiva progressione nella variazione
dei parametri chimici e fisici del vulcano, farebbe scattare il livello massimo
di allerta che è quello di allarme. Il colore rosso contraddistinguerebbe con
certezza il grado di pre-pericolo. Lo “sterminator Vesevo” si stropiccia gli
occhi…probabilmente si desterà dal sonno…
La tabella illustrativa sotto riportata che potete ingrandire cliccandoci sopra, è sufficientemente chiara in termini riassuntivi di quanto finora detto.
Appare abbastanza intuitivo che la
variazione dei parametri sarebbe sicuramente valutata secondo un indice
numerico, tenendo in debito conto anche la progressione temporale dei fenomeni,
cioè l’incalzare degli stessi. Va da se che i dati strumentali dovranno essere
interpretati dagli esperti cui spetta decifrare tutte le informazioni raccolte
in modo presumibilmente oggettivo, sulla scorta, pensiamo, delle conoscenze
“anamnestiche” che si hanno del Vesuvio con riferimenti comparativi
internazionali. Un compito indubbiamente arduo che verrebbe probabilmente
gestito già nelle prime battute dalla commissione grandi rischi (CGR) del Dipartimento della
Protezione Civile.
E’ utile ricordare che il passaggio da un
livello a un altro non è mono direzionale e tassativamente al rialzo. In
qualsiasi momento, infatti, potremmo registrare una diminuzione dei valori con
un logico ridimensionamento del livello d’allerta fino a quel momento
raggiunto.
Due cose bisogna intuire da questo quadro riassuntivo. Se
avessimo certezze matematiche incontrovertibili, dovremmo avere nel livello
base una probabilità di eruzione nulla e nel livello di allarme una
probabilità eruttiva certa. Non è così. Questo cosa significa? Che alla
fine forse spetterà alla politica stabilire il da farsi soprattutto al
raggiungimento del terzo livello (allarme), sulla scorta delle notizie che
perverranno tanto dal mondo scientifico quanto da quello tecnico istituzionale. Ancora
una volta notiamo, che gli elementi fin qui raccolti sono tutti convergenti
sulla necessità di favorire in ogni ambito le attività di prevenzione… I
segnali però, da questo punto di vista non sono incoraggianti. Il sindaco di Napoli ha già fatto sapere
che la sua città si dichiara fuori dall’area rossa, in controtendenza con il
recente pensiero di Guido Bertolaso, intenzionato a inserire parte della
metropoli partenopea nel perimetro a maggior rischio vulcanico. L’affermazione
ha fatto sollevare una marea di scudi. Siamo sicuri o forse lo speriamo, per
bagarre scientifica e non perché sulla zona orientale della città, gravano
importanti progetti…
A proposito di Napoli e progetti, è
altrettanto importante rilevare che l’ex area industriale di Bagnoli (colmata)
dovrebbe, seconda una sensata politica di prevenzione, rimanere un grosso
piazzale senza opere di urbanizzazione, ad eccezione di quelle concernenti
impianti tecnologici (acqua; luce; fogne). Questo perché rappresenta una
strategica area di protezione civile. La risorsa infrastrutturale aiuterebbe la
pianificazione relativa al rischio vulcanico che caratterizza i Campi Flegrei e
il Vesuvio ; ma anche l’isola d’Ischia che
annovera dalla sua pure un significativo rischio sismico.
Nella prossima puntata faremo una
comparazione tra i livelli di allerta e quelle che dovrebbero essere le
fasi operative del piano nazionale rischio Vesuvio, facendo notare alcune differenze
strategiche e i “campi” tabellari che ancora saranno vuoti. Ovviamente sono e
saranno dei semplici pareri o punti di vista. Il sito ufficiale del Dipartimento della Protezione
Civile, lo ricordiamo, è quello che fa testo...
articolo pubblicato su hyde park il 25 maggio 2010.
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