Cosa c’entra il Vesuvio con un meteorite? In realtà ben poco. Il corpo celeste fu tirato in ballo da un funzionario del dipartimento della protezione civile, quando fu paventata in alcune interviste la necessità di non eludere il rischio di una ripresa eruttiva del Vesuvio con fenomeni e scenari tipo Avellino. Questo invito indirettamente metteva in discussione i piani d’emergenza perché, accettando un livello di rischio superiore, mutavano gli scenari ipotizzati a iniziare dai limiti della zona rossa. Questa possibilità in definitiva fu accreditata all’uno per cento. Tant’è che il funzionario in questione profferì la frase:<<… Non possiamo però tenere conto di qualsiasi eventualità: io non ho un piano di emergenza in caso di caduta di un meteorite su Roma anche se in teoria potrebbe succedere».
I NOE (Near Earth Objects), cioè oggetti vicino alla Terra che orbitano dalle parti del Sole, non sono proprio un rischio statistico avvicinabile in termini di percentuale a quello di un’eruzione vulcanica. I NOE con raggio di circa un chilometro (asteroidi), diciamo subito che sono fortunatamente in numero esiguo. Quelli più piccoli invece (meteoroidi), sono in una quantità maggiore e, quindi, statisticamente con qualche possibilità in più di colpire la Terra. I danni da impatto con asteroide potrebbero essere incommensurabili. Quelli da meteoroide sarebbero proporzionati al loro volume, alla loro composizione, e ancora alla velocità e al punto d’impatto. Generalmente l’atmosfera ci protegge in modo utile, almeno dai frammenti più piccoli che sono anche i più numerosi.
Mediamente la probabilità che un NOE dal diametro di un chilometro impatti la Terra è bassissima: due per ogni milione di anni. Un meteorite lungo circa 75 metri, statisticamente potrebbe colpirci ogni mille anni. Questo rischio così basso, non può comunque definirsi definitivo nella sua valutazione perché è legato al numero di oggetti vaganti, non tutti scoperti, o alla loro orbita che potrebbe mutare nel tempo per effetto ad esempio di collisioni con altri elementi alla deriva.
Nella stima statistica sopra riportata però, il rischio impatto è stato calcolato in danno del pianeta Terra; parliamo quindi di collisioni con la massa globale terrestre. La già bassa percentuale a questo punto, si ridurrebbe ulteriormente e di molto se volessimo ipotizzare l’impatto di un meteorite (pochi metri) su di una località precisa del pianeta, come ad esempio la città di Roma, tanto per rimanere sui nomi tirati in ballo (facciamo gli scongiuri!).
I piani d’emergenza per i meteoriti di solito non si preparano perché non abbiamo cognizione né del pericolo, né del punto d’impatto.
In queste condizioni d’incertezza estrema, a voler fare dei piani di emergenza preventiva per ogni comune d’Italia ne occorrerebbero 8100. Calcolando almeno tre scenari di pericolo facente capo a tre diversi livelli energetici, i piani passerebbero a 24.300 con difficoltà crescenti perché si passerebbe da ipotesi di danno locale, provinciali e regionali ad altri ancora di livello nazionale e oltre che neanche prendiamo in esame.
Avendo nei cassetti 24.330 piani, sarebbe indispensabile per la loro efficacia avere un buon livello di previsione. Cioè individuare in tempo il pericolo e mettere in atto le difese previste per la popolazione esposta che consisterebbero in una rapida fuga fuori dalla zona soggetta all’onda d’urto o al maremoto.
Sempre rimanendo a tema con input da altri settori dell’informazione scientifica, leggiamo che Apophis è un asteroide lungo circa 300 metri che nel 2004 destò molta preoccupazione perché da una stima iniziale fatta sulla sua orbita, fu ricavato una possibilità d’impatto con il pianeta Terra nell’anno 2029.
In seguito e grazie a calcoli sempre più precisi, la data per questo che al momento rimane solo un remotissimo rischio, fu fissata per il 13 aprile 2036, tra l’altro domenica di Pasqua. I calcoli comunque sono in continuo aggiornamento. La probabilità di collisione di quest’asteroide col nostro pianeta è slittata in termini percentuali (ottobre 2009) a 1 su 250.000. Si attendono rilievi radar nel 2013 per poter definire ancora meglio l’orbita di Apophis e fino al 2070 . Elemento utile perché nel 2068 è previsto un nuovo passaggio ravvicinato del masso vagante nello spazio, ma con una possibilità d’impatto questa volta di 1 su300.000. Saranno quindi probabilmente tutte occasioni (speriamo) importanti per studiare il vecchio asteroide da “vicino” senza per questo preoccuparsi.
Nonostante il rischio sia veramente minimo (1/250.000), si paventa velatamente la possibilità d’intervenire con tecniche di deflessione che sembrano quelle maggiormente efficaci per il caso Apophis. Si attendono comunque misurazioni ancora più precise per vagliare la situazione che al momento in termini di rischio concreto neanche si pone.
Diciamo che gli asteroidi che sono avvistati e presi in considerazione sono quelli che hanno una certa larghezza. Quelli più piccoli (meteoroidi) difficilmente si riescono a individuare con largo anticipo. Attraverso la tecnologia dei razzi e delle armi nucleari, un qualche elemento di difesa incomincia a intravedersi all’orizzonte per questo rischio che ci proviene direttamente dalle profondità dello spazio e che comunque non ha posto fine alla vita sul pianeta nel procedere dei millenni.
L’Italia non ha tecnologie spaziali e nucleari che possano in qualche modo consentire una difesa attiva da questi apocalittici pericoli (almeno per il momento). Di conseguenza non abbiamo valutazione del rischio anzidetto innanzitutto perché non abbiamo alternative. Siamo soggetti alle superpotenze. D’altro canto però, così com’è successo per Apophis, non è da escludere che, con largo anticipo, si possano individuare i corpi celesti in avvicinamento; si tenterebbe quindi di deviarli e, soprattutto, se sono di modeste dimensioni, organizzare in poco tempo un piano d’evacuazione areale e regionale che, per le statistiche in gioco e le incertezze, non è possibile predisporre in anticipo.
Ovvio quindi, che anche se non è da escludere matematicamente un meteorite sul colosseo, va da se che se non c’è certezza del pericolo e della zona dove il pericolo potenziale potrebbe abbattersi, alla stregua non è neanche possibile tarare in anticipo alcun piano d’emergenza anti meteorite.
Per la questione iniziale all’origine della disquisizione, cioè il rischio Vesuvio e le nuove ipotesi eruttive, ci ha pensato Bertolaso a spazzare via ogni dubbio, dichiarando che bisogna allargare la zona rossa anche alla città di Napoli, perché non si può escludere un’eruzione dai livelli energetici sostenuti, esattamente come prospettato sulla rivista National Geographic nel 2007.
Evidentemente Il Capo Dipartimento, almeno lui, è ancora con i piedi per terra…
articolo pubblicato su hyde park il 6 maggio 2010.
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